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giovedì 21 novembre 2019
Il senso della libertà
di Jeffrey Tucker
Lasciate che vi ponga una domanda: qual è l'obiezione più forte all'idea di libertà, mercati liberi e una società autogestita? Ce ne sono tante in giro. Qual è la più convincente?
Alcune persone dicono che l'obiezione chiave sia il problema della disuguaglianza. In una società libera, ci saranno sempre risultati diseguali e persino opportunità disuguali. L'esperienza umana elude l'identificazione con equazioni matematiche. Alcune persone non possono tollerarlo e vogliono che lo sconvolgimento sociale finisca.
Altri sostengono che i mercati liberi non affrontano adeguatamente la casualità del dove si nasce. Venire al mondo in una famiglia ricca, in una città bella e tranquilla e con grandi opportunità educative, offre certi vantaggi rispetto a chi viene al mondo in povertà e conosce solo criminalità e ignoranza. La libertà, dicono, non si occupa bene di questo aspetto. Il problema con questa idea è che nessun sistema a parte la libertà l'ha affrontata con successo; qualsiasi sistema gestito dallo stato finisce solo per esacerbare e consolidare la causalità del dove si nasce.
Potete moltiplicare queste obiezioni, del tutto prive di fondamento, senza limiti: monopoli, instabilità economica, beni pubblici, avidità, poveri, strade. Oggi più che mai stiamo vivendo la meravigliosa produttività dei mercati, ciononostante siamo bombardati da attacchi incessanti sulla loro funzionalità.
Cosa significa?
La mia opinione sulla massima obiezione al liberalismo classico riguarda qualcosa di un po' più opaco e filosofico. La gente dice che l'idea di libertà non risolve il grande problema umano: il senso della vita. Dal punto di vista storico questa è stata la critica politicamente più efficace. Gli oppositori del liberalismo hanno deriso la società di mercato come consumista, nichilisticamente materialista e irrimediabilmente impantanata nel vuoto morale.
La libertà non è un sistema che dà senso alle nostre vite, dicono; infatti, la libertà ci distrae dal trovare un significato. Negoziare, lavorare, accumulare, investire, acquistare giocattoli più belli, andare d'accordo con gli altri, vivere in una casa migliore, creare una famiglia, ritagliarsi forme sempre più piacevoli di svago... che senso ha tutto questo? Questo percorso di vita è troppo lineare, troppo prevedibile, troppo noioso!
I due assalti più efficaci al liberalismo borghese hanno seguito questo copione. Karl Marx ipotizzò nel diciannovesimo secolo che questo sistema era intrinsecamente reazionario, perché non riusciva a venire a patti con la dialettica della storia che secondo lui stava inesorabilmente portando al socialismo (attraverso un'enorme lotta di classe) e infine al comunismo in cui proprietà, famiglia, religione, classe, salari, capitale e così via, sarebbero stati resi obsoleti. La sua visione era avvincente, perché infondeva il passare del tempo con la direzione e lo scopo, mentre la società di mercato parlava solo di vivere una vita migliore. La sua soluzione fu una potente lotta contro il capitale e una dittatura del proletariato guidata da un'avanguardia dell'apparato statale per tutto il tempo necessario.
Una svolta diversa su questo tema avvenne nel XX secolo con Carl Schmitt, i cui lavori stanno vivendo un'enorme rinascita accademica oggi. Si dice che sia stato il critico più efficace del liberalismo nel XX secolo (e non importa che fosse un nazista). Il suo punto principale era che la vita del commercio, della pace e della prosperità mancasse di qualcosa di significativo. Secondo lui le gloriose virtù classiche includevano il coraggio, l'essere parte di qualcosa di grandioso, partecipare ai cambiamenti sismici della storia. Niente di tutto ciò lo considerava possibile con il liberalismo.
In Schmitt crebbe un inesorabile disgusto all'idea di limitarsi ad andare d'accordo con gli altri e ottenere più cose. Si chiedeva: "Cosa può significare la vita in queste condizioni? Andare d'accordo con gli altri, come suggerisce il liberalismo? No, no, questo approccio cancellerà completamente la vostra identità religiosa, razziale, sessuale, linguistica o ancestrale. Ciò di cui si ha bisogno è un certo senso di attaccamento a qualcosa di più grande, più grande della propria vita e più grande dei propri tempi. C'è bisogno di una lotta e di un agente che vi rappresenti in questa lotta."
In questi giorni la maggior parte delle critiche alla libertà, da sinistra e da destra, non si spostano molto da questi temi marxiani e schmittiani. Scegliete la critica che più vi aggrada; tutto dipende dalla tristezza della vita con il liberalismo. Gli oppositori di quest'ultimo chiedono l'abbandono di tutte queste sciocchezze borghesi solo per andare d'accordo con le persone e l'impegno nella dialettica della storia come veri giocatori.
Avete notato le somiglianze tra i due approcci? Entrambi insistono sul fatto che il significato implichi qualcosa al di fuori della propria mente ed esperienza. Non potete definirlo voi stessi. Il significato è reso operativo in virtù del vostro attaccamento al collettivo, motivo per cui questa critica si rivolge sempre alle forme populiste di organizzazione politica. Ma la realtà impone anche che un collettivo non possa agire o pensare; sarà sempre fratturato in parti. I campioni del collettivismo denigrano questa evidenza empirica come divisione sociale. Sinistra e destra la vedono in questo modo perché la loro società ideale riguarda sempre gruppi nel contesto di una grande lotta; questo è ciò che secondo loro dà significato alla vita.
Un senso falsato
E cosa rappresenta questo grande collettivo? Sia per la sinistra che per la destra la risposta è ovvia: lo stato. Solo lo stato ha una pretesa plausibile di rappresentare gli scopi del collettivo. Sia il socialismo che il nazionalismo dipendono da questa idea. Donald Trump ha affermato: "Lo stato-nazione rimane la vera base per la felicità e l'armonia". Alexandria Ocasio-Cortez gli ha fatto eco con la sua richiesta di "una nuova mobilitazione nazionale, sociale, industriale ed economica intorno ad un nuovo New Deal".
Altri nella destra religiosa stanno spingendo lo stesso tema: Daniel McCarthy ha scritto per First Things un ampio rigetto del liberalismo economico e un appello affinché venga sostituito da una "economia politica nazionalista", non riuscendo a capire che l'economia stessa non riguarda i collettivi ma piuttosto la scelta umana. E l'ormai famoso dissenso di Tucker Carlson fa eco allo stesso tema, mettendo a tacere l'idea di lasciare che la società si evolva da sola senza una direzione decisa dall'alto.
Ciò che sta dietro tutto questo è la lotta per controllare la direzione del mostruoso e potente governo federale secondo i desideri particolari di intellettuali e politici. Gli intellettuali e gli esperti che abbandonano l'idea di libertà, inconsapevolmente o no, alimentano la politicizzazione della società e della bestia che si nutre dell'ideologia collettivista. Nessuna delle due squadre vincerà alla fine; la lotta per controllare lo stato non finirà mai e il resto di noi sarà crivellato dal fuoco incrociato.
Il senso all'interno della libertà stessa
C'è un'altra scuola di pensiero che considera la libertà come priva di significato, una nave vuota che dobbiamo riempire. Denigra la componente significativa della libertà: i diritti individuali, l'opportunità di vivere una vita migliore, l'incentivo e il bisogno di cooperazione umana, la prosperità che deriva dal commercio, il coraggio che richiede essere imprenditori di fronte ad un futuro incerto, l'opportunità di creare qualcosa di nuovo. Queste sono tutte cose che danno un senso, cose virtuose e che derivano dall'opportunità e dall'energia fornite dalla libertà. Lo stato non può sostituirle.
E questo è il punto che il senso nello statalismo trascura sempre: ogni azione statale, ogni programma, ogni priorità nazionalizzata, ogni visione di ciò che dovremmo fare insieme che dipende da una qualche forma di applicazione, tutto fluisce nella stessa cosa: l'imposizione della violenza. Non esiste affatto un senso se avete puntata contro una pistola; il senso è sostituito da paura e timore.
Il nocciolo della questione è che il senso è individuale. Scaturisce dal singolo cuore, dalla singola mente, dalla singola anima. Ciò non significa che sia disconnesso dagli altri. Le nostre comunità hanno un impatto più profondo sulle nostre percezioni se viviamo una vita buona, o in disperata solitudine. Tuttavia spetta a ciascuno di noi trovarlo, interpretarlo e applicarlo.
Il fallimento dello scopo calato dall'alto
Per almeno un secolo, abbiamo costruito istituzioni pubbliche che hanno cercato di fornire uno scopo superiore a quello che possiamo trovare da soli. Lo stato ha invaso ogni area della vita: istruzione, famiglia, cultura, produzione e distribuzione di tutto. L'intera struttura ci ha deluso, perché il progetto era errato sin dall'inizio. Ha lasciato solo carneficine, vite spezzate, sogni infranti, relazioni di dipendenza con burocrazie, un'ignoranza dilagante e una perdita del senso di responsabilità personale. Piuttosto che abbandonare l'idea che si possa trovare un senso attraverso lo stato, molti cittadini sono entrati in un ciclo di creduloneria che li ha portati ad aver fede in qualsiasi fandonia proveniente da sinistra o da destra. Altri hanno preso una strada diversa, per forgiare i propri percorsi, e da qui la popolarità di Jordan Peterson.
Rivolgiamoci infine a Victor Frankl, l'autore di quella che potrebbe essere la più profonda riflessione sulla ricerca dello scopo mai scritta. Il testo lo scrisse in un campo di concentramento: "Alla fine l'uomo non dovrebbe chiedere quale sia il significato della sua vita, ma riconoscere che è lui a cui viene chiesto. In una parola, ogni uomo è messo in discussione dalla vita; e può solo rispondere alla vita rispondendo per la propria vita; alla vita può solo rispondere essendo responsabile".
La ricerca dello scopo deve iniziare con la singola mente umana; diventa operativa attraverso la volontà individuale e la cooperazione volontaria con gli altri, vale a dire, attraverso la libertà. Nessun sostituto è possibile.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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