Bibliografia

venerdì 18 ottobre 2019

Ritorna il fantasma dei fallimenti bancari





di Alasdair Macleod


Il caos recente nel mercato statunitense dei pronti contro termine potrebbe aver avuto a che fare con la cessione da parte di Deutsche Bank a BNP della sua divisione di brokeraggio privilegiata, gettando un'ombra sulla banca tedesca in difficoltà e su altre banche straniere con prime broker in America. Ci sono anche preoccupanti analogie tra Deutsche Bank e la Credit-Anstalt nel 1931, solo che la scala è molto più grande e comprende inoltre derivati ​​con un valore lordo di $50.000 miliardi.

Se il problema dei pronti contro termine si diffondesse, potrebbe sollevare interrogativi sull'industria degli ETF, che potrebbero affrontare rischi crescenti di controparte in alcune delle grandi banche e nei loro primi broker. I gestori di ETF dovrebbero rivalutare urgentemente le loro relazioni contrattuali.

A prescindere dai pronti contro termine, è probabile che stiamo vivendo un momento spartiacque dove i banchieri statunitensi stiamo mettendo in discussione la loro esposizione al rischio di controparte e ai prestiti rischiosi, in particolare i prestiti a leva e la loro forma collateralizzata in CLO. Il deterioramento delle prospettive commerciali globali, così come le prospettive economiche statunitensi e la probabilità che l'abbassamento dei tassi d'interesse sul dollaro si rivelino insufficienti per invertire un declino, assumeranno una nuova rilevanza nel futuro prossimo.



Problemi sotto la superficie

Qualche settimana fa è successo qualcosa di insolito: invece di concentrarsi sui contratti pronti contro termine inversi, la FED ha intensificato le sue attività riguardo i pronti contro termine (repos). Un pronti contro termine inverso prevede che la FED prenda in prestito denaro dalle banche commerciali in cambio di garanzie, in genere bond del Tesoro USA. I pronti contro termine inversi drenano liquidità dal sistema bancario. Con un pronti contro termine normale accade il contrario: la FED riceve garanzie dal sistema bancario e presta denaro, iniettando liquidità nel sistema. L'uso di pronti contro termine inversi può essere considerato il principale strumento di gestione della liquidità da parte della FED quando le banche hanno riserve sostanziali parcheggiate presso la banca centrale stessa.

Avendo gonfiato il proprio bilancio a seguito della crisi della Lehman, acquistando bond del Tesoro USA e aumentando così le riserve bancarie, dal 2011 fino al 2017 la FED ha iniziato a far levitare la sua posizione di pronti contro termine inversi. In altre parole, drenava liquidità dal sistema bancario, avendone precedentemente iniettato grandi quantità mediante i vari quantitative easing. Dall'inizio del 2017 all'ottobre 2018 i pronti contro termine inversi sono stati dimezzati, ma poi sono stati aumentati a $325 miliardi.

Ciò che ha spaventato i commentatori finanziari è stato l'inaspettato aumento del tasso dei pronti contro termine, che martedì 17 settembre è balzato improvvisamente dal 2,19% al 10%. Con la FED che si è esposta ulteriormente ai pronti contro termine, ha avviato un'iniezione mirata di liquidità in modo da mantenere il controllo sul tasso relativo, portando i suoi pronti contro termine da meno di $20 miliardi a $53 miliardi. Il giorno successivo la FED ha abbassato il tasso dei Fed funds tra l'1,75-2,0%.

Mercoledì 18 settembre la posizione di pronti contro termine della FED è salita di nuovo, da $53 miliardi a $75 miliardi. Inoltre la posizione di pronti contro termine della FED è continuata a salire, raggiungendo $105 miliardi il lunedì successivo. È interessante notare che il Libor overnight ha subito una leggera flessione, in linea con l'abbassamento del Fed Funds Rate e apparentemente non influenzato dai tassi dei pronti contro termine negli Stati Uniti, confermando che si tratta specificamente di un problema degli Stati Uniti che coinvolge le grandi banche.

Ci sono state diverse spiegazioni da parte di commentatori esperti sul perché il tasso dei pronti contro termine sia salito alle stelle, nessuno delle quali soddisfacente.

Ho il forte sospetto che stiamo vedendo i fantasmi dei fallimenti bancari passati, più di recente nel Regno Unito con la triste storia di Northern Rock che ho osservato da vicino. Per i lettori non britannici, un breve promemoria: Northern Rock ha iniziato ad affrontare gravi difficoltà nel settembre 2007, prima di essere nazionalizzata il febbraio successivo. Una classica corsa agli sportelli, con clienti in coda fuori dalle sue filiali che cercavano di ritirare i loro depositi. Non è stata in grado di attingere ai mercati monetari, perché altre banche non erano disposte a concedergli prestiti senza garanzie.

Come scrisse Gillian Tett sul Financial Times all'epoca, c'erano forti preoccupazioni sul funzionamento del Libor. C'era un'ampia divergenza nei tassi che le banche quotavano per le varie valute legate al Libor, discriminando i debitori più piccoli (in realtà, un'indicazione del rischio crescente di controparte, non di un presunto fallimento del Libor). Inoltre le banche più grandi stavano riducendo la loro esposizione al Libor, acquistando titoli dalle operazioni di tesoreria di grandi società e utilizzando il mercato dei pronti contro termine (che è garantito, a differenza del Libor, un'ulteriore indicazione di forti preoccupazioni sistemiche) per sostenere i loro saldi overnight.

Ricordo che mi trovavo nell'ufficio di RP Martin (allora uno dei broker più famosi, ora partner di BGC) a dicembre di quell'anno, quando tutte le offerte del Libor scomparvero misteriosamente, lasciando i mutuatari bloccati. Avendo previsto da tempo che la bolla del credito sarebbe scoppiata, ho ritenuto che ciò costituisse un segnale significativo di una crisi imminente.

Il febbraio seguente Northern Rock, che per i suoi finanziamenti dipendeva dai mercati monetari, venne nazionalizzata e scoppiò la grande crisi finanziaria.

L'attuale anomalia nel mercato repo potrebbe essere il fantasma di Northern Rock che torna a perseguitarci? Ora abbiamo una bolla del credito molto più grande e le cifre nel mercato dei pronti contro termine superano le decine di miliardi, anziché decine di milioni. Questa volta è forse meno ovvio per il grande pubblico, perché le corse agli sportelli vecchio stile sono probabilmente un ricordo del passato.

La crisi nel 2007 è stata attribuita alle proprietà residenziali e ai prestiti eccessivi in America, cartolarizzati in obbligazioni di debito garantite (CDO), suddivise e tagliate in tranche apparentemente prive di rischio e altre molto più rischiose (equity e mezzanine). Se ripeteremo quell'esperienza, è probabile che coinvolgerà i successori dei CDO, le obbligazioni di prestito garantite (CLO). Sono all'incirca la stessa cosa, ma il protagonista in questo caso è un debito aziendale di bassa qualità.

Questo è il motivo per cui dobbiamo evidenziare i problemi nel mercato dei pronti contro termine e non considerarli come una tantum. La ragione del caos in tal mercato ha poco a che fare con una generale carenza di liquidità. Tale tesi è sconfessata dall'aumento dell'attività della FED coi pronti contro termine da $230 miliardi nell'ottobre 2018 a $325 miliardi il 18 settembre scorso, cosa che non sarebbe stata perseguita in caso di carenza generale di liquidità. Piuttosto sembra essere un problema sistemico; un'altra Northern Rock, ma molto più grande. Oggi definiremmo un tale evento un cigno nero.



Chi è oggi Northern Rock? O dovremmo dire Credit-Anstalt?

Non possiamo respingere la possibilità che una grande banca non americana che opera attraverso una consociata autorizzata negli Stati Uniti sia percepita dai suoi pari come troppo rischiosa. Stando così le cose, il candidato più probabile è Deutsche Bank, che potrebbe aver bisogno di una significativa iniezione di liquidità per i depositi in fuga, avendo appena concluso la vendita del suo prime brokerage a BNP. Una cosa è rimuovere un'attività dal lato degli attivi di una banca, un'altra è garantire i depositi molto più grandi che ne derivano.

Lo scorso luglio Bloomberg ha riferito che quando l'accordo BNP è stato presentato, i clienti di Deutsche Bank stavano ritirando un miliardo di dollari ogni giorno. Una situazione presumibilmente gestibile, data la liquidità sul bilancio di Deutsche Bank per risolvere eventuali difficoltà e l'accesso al mercato dei pronti contro termine negli Stati Uniti.

In concomitanza con gli eventi attuali, l'accordo BNP è stato firmato e annunciato solo lunedì scorso, anche se nei circoli bancari di New York era già un evento noto la settimana precedente, quando sono emerse le difficoltà nel mercato dei pronti contro termine. Inoltre i grandi depositanti sarebbero stati quasi certamente informati in anticipo per rassicurarli, e alcuni di loro potrebbero aver scelto di ritirare i loro depositi indipendentemente dall'accordo.

Le somme coinvolte potrebbero facilmente sposarsi con il sostegno fornito dalla FED attraverso l'aumento del livello di esposizione ai pronti contro termine. Inoltre non possiamo respingere la probabilità che il problema si diffonda ai primary dealer statunitensi di altre banche estere, inclusa la stessa BNP.

Per fare un confronto, il lasso di tempo tra il caos nel mercato del Libor e la nazionalizzazione di Northern Rock è stato inferiore a due mesi. Non possiamo sapere con certezza se i problemi nel mercato dei pronti contro termine americani e le evidenti difficoltà di Deutsche Bank siano collegati, per non parlare di paragoni in termini di tempo e risultati con l'esperienza di Northern Rock. Ma le banche, gli hedge fund e gli operatori di ETF seguiranno il tutto da vicino.

Gli ETF sono costituiti da liquidità, quasi liquidità e obbligazioni (che sono pensate per essere liquide ma spesso non lo sono), mentre fanno corrispondere la loro performance di prezzo ad un indice tramite derivati. Dopo essere cresciuto a circa $4.000 miliardi, il settore degli ETF ha accumulato notevoli quantità di liquidità e depositi bancari presso grandi banche.

Se i problemi dei pronti contro termine peggiorano, esiste il pericolo che l'industria della gestione degli investimenti inizi a ritirare questi fondi dalle banche che ritengono abbiano un rischio operativo e di controparte crescente, con conseguenze potenzialmente devastanti per tutti i soggetti coinvolti. I cinici da tempo avvertono che l'industria degli ETF sarebbe stata un disastro per gli investitori, senza però avere una spiegazione convincente di come sarebbe potuto accadere. Forse ora stiamo cominciando a vedere le prime prove che indicano la fine del fenomeno ETF e quindi essere in grado di anticipare gli effetti a catena sui mercati finanziari e dei derivati ​​in generale.

Tornando al tema delle relazioni bancarie, un confronto più preoccupante tra l'episodio Deutsche Bank e Northern Rock potrebbe essere quello con la crisi Credit-Anstalt del maggio 1931. Era la banca più grande in Austria, proprio come Deutsche è la più grande in Germania, un Paese molto più grande con un'economia più importante. Allora in Austria le economie europee si stavano avvicinando alla recessione (cosa che sta accadendo anche oggi), cosa che si manifestava con grandi perdite sulle spalle delle banche. Dopo la crisi del 1931, in pochi mesi non solo l'Austria ma altri paesi Europei finirono in difficoltà finanziarie; il gold-exchange standard iniziò a disintegrarsi e il flusso internazionale di merci fu interrotto dal crescente protezionismo, mentre gli stati cercavano di barcamenarsi in ogni modo.

La fuga di creditori esteri innescata da questi eventi trasformò rapidamente una grave crisi in un piccolo Paese in una grave crisi in tutta l'Europa e non solo. Oggi se dovesse ripetersi lo stesso destino per Deutsche Bank, non solo parleremmo di una scala molto più ampia, ma c'è anche il valore nozionale lordo del suo portafoglio di derivati ​​di quasi $50.000 miliardi e il futuro dell'euro stesso. C'è da meravigliarsi se Deutsche sia al centro della recente crisi dei pronti contro termine e che altre grandi banche abbiano deciso di fare un passo indietro rifiutando di accettare le sue garanzie nel mercato repo?

Le altre principali banche sembrano aver lasciato la FED a raccogliere i cocci nel mercato dei pronti contro termine. Un altro potenziale problema è la Cina, con il Financial Times che dice che i gruppi cinesi stanno sganciando $40 miliardi di asset global ed i disinvestimenti statunitensi stanno salendo. Poi c'è l'inaspettata escalation dei requisiti di finanziamento interni affrontati dall'Arabia Saudita a seguito dell'attacco ai suoi impianti di raffinazione del petrolio, quasi certamente coperti dalla vendita di dollari a New York.

Ciò conferma che alcuni dei problemi di liquidità esposti dal mercato dei pronti contro termine potrebbero essere dovuti ad una riduzione dei saldi in dollari da parte di società che di governi stranieri, contrariamente alla convinzione diffusa che in una crisi gli stranieri dovrebbero cercare di acquistare dollari. Ciò potrebbe porre un occhio di bue sulle banche statunitensi, comprese quelle di proprietà straniera, con collegamenti diretti e indiretti cinesi e sauditi. Con $307,9 miliardi ritirati finora, i prelievi stranieri sembrano essere un problema più diffuso di quanto esposto dagli eventi attuali. Il tutto dovrebbe essere considerato alla luce della performance del dollaro sugli scambi con l'estero, la quale è stata notevolmente stabile nelle ultime settimane.



Prestiti collateralizzati e a leva potrebbero essere i prossimi

Una crisi inizia spesso con uno shock iniziale seguito dalla scoperta di problemi più profondi. Quasi tutti restano sorpresi dallo shock iniziale, non rendendosi conto della sua importanza come segnale di un cambiamento dell'atteggiamento dei banchieri nei confronti del rischio. Spiegare il caos nel mercato dei pronti contro termine con ragioni puramente tecniche presuppone che non vi siano altri fattori coinvolti; solo un errore di giudizio da parte delle autorità in quei mercati. In realtà è proprio questo l'errore, perché i mercati sono dinamici e ci sono tre ragioni distinte per cui nessuno dovrebbe adagiarsi sugli allori:
  1. Un rallentamento dell'economia statunitense, che non si riflette nelle statistiche, porterà ad una riduzione dei livelli di liquidità delle imprese e ad un calo del credito revolving per finanziare l'accumulo di azioni. Le banche statunitensi potrebbero già averne riscontrato prova in alcuni settori.

  2. Vi è stata una riduzione dei saldi in dollari da parte di società e governi stranieri detenuti tramite banche corrispondenti (si noti che nei dodici mesi fino a luglio 2019, si sono registrati prelievi netti di $307,9 miliardi). I banchieri avranno ipotizzato che si trattasse di un fenomeno temporaneo, dato lo status di riserva del dollaro. Questa speranza sta evaporando.

  3. Le banche americane stanno diventando più caute nei confronti del rischio di controparte nei mercati monetari in generale.

In base al caos nel mercato dei pronti contro termine, è probabile che una combinazione di tutti e tre questi fattori porti ad un cambiamento nel pensiero dei banchieri commerciali. Se poi il problema può essere considerato temporaneo o foriero di ulteriori grattacapi, lo si può capire scavando più a fondo nel settore dei margin loan che potrebbe far cadere le banche in una crisi collettiva, anche se il problema attuale dei pronti contro termine si dovesse attenuare. Un candidato ovvio sono i CLO ed i prestiti a leva scoperti.

Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, le obbligazioni collateralizzate dai prestiti sono suddivise tra $1.200 miliardi in USA e €200 miliardi in Europa. L'esposizione in dollari rappresenta la metà di tutti i prestiti a leva nel sistema finanziario statunitense, quindi la dimensione totale del mercato dei prestiti a leva negli Stati Uniti è circa $2.400 miliardi, mentre il valore contabile del capitale azionario totale delle banche commerciali negli Stati Uniti è di $1.950 miliardi. Sebbene l'esposizione bancaria diretta ai CLO sia stimata a soli $250 miliardi, fanno la parte del leone nel resto del mercato dei prestiti a leva con un'esposizione totale di $1.500 miliardi (senza prendere in considerazione l'esposizione indiretta). Inutile dire che la maggior parte del capitale azionario delle banche americane è a rischio.

Collateralizzati o no, i prestiti a leva sono prestiti bancari a società fortemente indebitate con alti costi di servizio degli interessi e a malapena coperti dagli utili, per lo più classificati ad un livello inferiore ad investment grade. In una fase di recessione economica, queste sono le prime imprese a fallire e la qualità degli asset sottostanti è destinata a peggiorare. Inoltre, poiché i tassi d'interesse globali ed i rendimenti obbligazionari sono scesi a livelli negativi, è salita la domanda di CLO a più alto rendimento ed è scesa la qualità sottostante. Il rapporto debito/utili dei debitori in CLO è aumentato ed i CLO senza maintenance covenant sono aumentati dal 20% nel 2012 all'80% nel 2018.

Nel suo documento la BRI avverte che ci saranno ulteriori conseguenze che potrebbero verificarsi in caso di illiquidità del mercato, una dichiarazione particolarmente interessante considerando l'attuale caos nel mercato dei pronti contro termine. Dato il coinvolgimento di hedge fund, fondi comuni d'investimento a reddito fisso e fondi di prestito bancario, quando il ciclo del credito avrà imboccato la fase di bust, quasi sicuramente ci sarà una corsa alla vendita di questi CLO, cosa che probabilmente porterà a maggiori vendite con perdite potenziali a cascata viste l'ultima volta con i CDO sulle proprietà residenziali undici anni fa.

Prendete in considerazione per un momento la posizione di una tipica grande banca americana e le mutevoli motivazioni commerciali dei suoi amministratori. A seguito della crisi della Lehman, i margini di prestito alle società non finanziarie non hanno mai compensato il rischio di estendere il credito a qualcosa di diverso dalle grandi società e dai consumatori disposti a pagare tassi d'interesse delle carte di credito. Man mano che l'economia si è gradualmente ripresa, i prestiti ai mutuatari di livello investment grade sono aumentati. Insieme a rendimenti più elevati e con un rating AAA, i prestiti a mutuatari di qualità inferiore a investment grade sono diventati sempre più gettonati tramite i CLO. Una volta che il ghiaccio dei CLO era stato rotto, erano disponibili rendimenti ancora migliori prestando direttamente ai mutuatari sub-investment grade: migliori prospettive economiche alla base degli utili dei mutuatari. Inoltre anche istituti concorrenti alle banche hanno stanziato quantità crescenti di credito verso mutuatari di questo tipo, quindi è stato quasi impossibile per la tipica grande banca non seguire il trend.

Finora tutti i prestiti sembreranno conformi ai criteri di rischio di prestito delle banche, presupponendo ovviamente che le prospettive economiche stiano migliorando. Nel momento in cui si invertiranno, gli amministratori delle banche si sentiranno esposti e cercheranno di contenere il rischio, quindi ridurranno la loro esposizione ai prestiti. A questo proposito, il cambiamento nella politica dei tassi d'interesse da parte della FED è il segnale più chiaro di un rallentamento economico. Ciò include anche il rischio sistemico, in altre parole il rischio di prestare denaro ad altre banche e istituti finanziari ritenuti esposti sia a CLO che ad altri prestiti a leva.

Come per tutta l'umanità, il passaggio dall'avidità alla paura affligge anche i banchieri. L'aspettativa che la FED avrebbe abbassato il tasso sui fondi federali potrebbe agire da catalizzatore per la paura. Ed i banchieri hanno buone ragioni per essere estremamente preoccupati quando rivolgono la loro attenzione alla geopolitica, alle prospettive economiche globali e interne, e alla crescente minaccia di tassi d'interesse negativi.



Geopolitica e distruzione del commercio globale

Quando il presidente Trump ha intrapreso una politica di penalizzazione della Cina, l'ipotesi generale sui mercati finanziari era che un accordo sarebbe stato raggiunto in breve tempo. Invece la situazione è peggiorata e non è vicina alcuna soluzione. L'effetto della controversia commerciale non è stato solo un danno per entrambe le parti, ma ha anche provocato un danno collaterale.

La Germania, il cui mercato in più rapida crescita è stato quello cinese, è stata spinta in recessione, con l'indice dei gestori degli acquisti definito "orribile". Dato che la Germania è la locomotiva che trascina con sé tutti gli altri membri dell'Eurozona, ciò sta già portando ad un aumento delle preoccupazioni per le prospettive economiche europee e per novembre è prevista una ripresa degli acquisti di asset da parte della BCE (quantitative easing). È anche una pessima notizia per la comunità bancaria tedesca, rappresentata a New York da Deutsche Bank.

Le banche statunitensi saranno senza dubbio consapevoli dell'impatto negativo dei dazi di Trump sul commercio internazionale grazie alle richieste di credito dei loro clienti. Ora vedono l'America verso un nuovo conflitto in Medio Oriente contro l'Iran. La produzione di petrolio saudita è stata colpita da droni e missili, presumibilmente dall'Iran, e di conseguenza il prezzo del petrolio potrebbe aumentare notevolmente. Potrebbe persino trascinare la Russia e la Cina in un conflitto. Hong Kong è stata paralizzata dalle rivolte, con la Cina che sospetta la provocazione americana.

Chiaramente il conflitto tra America e Cina si è intensificato ben oltre i semplici dazi, rendendo difficile correggere il danno al commercio globale. Le prospettive economiche sono pertanto destinate a deteriorarsi ulteriormente. Dal punto di vista di un banchiere, una recessione globale è la più grande minaccia alla sua attività di intermediario finanziario, può sopravvivere solo intraprendendo misure preventive per evitare potenziali perdite.

Alcuni banchieri si aggrapperanno alla speranza che la FED, abbassando i tassi d'interesse e, se necessario, reintroducendo il quantitative easing, salverà l'economia americana dalla recessione e che la crescita economica riprenderà magicamente. Senza dubbio questo è il consiglio che gli economisti interni danno alla direzione, i quali non hanno familiarità con le dinamiche distruttive odierne dei dazi combinati con un ciclo creditizio in fase di bust. Queste condizioni furono osservate l'ultima volta nel 1929, quando i dazi dello Smoot-Hawley coincisero con la fine di una lunga fase di espansione del credito. Finora ci sono poche prove statistiche che l'economia americana debba affrontare qualcosa di più di una pausa nella crescita economica, motivo per cui i prezzi delle azioni e di altri asset hanno mantenuto i loro valori.

La realtà è che una crisi del credito non può essere evitata, solo rinviata. È anche difficile vedere come i tassi d'interesse a zero possano essere sufficienti per salvare mercati che, sulla base delle evidenze nei pronti contro termine, stanno iniziando a determinare un aumento del rischio di controparte nei prestiti interbancari. L'esperienza recente e i modelli delle banche centrali suggeriscono che i tassi d'interesse in dollari dovrebbero essere abbassati di almeno il quattro o il cinque per cento per stabilizzare la situazione, portandoli in territorio profondamente negativo. E per quanto riguarda i tassi negativi, lo sviluppo più probabile è che i depositanti compreranno oro, argento e bitcoin per sfuggire alla tassazione indiretta sui depositi.



Risultati e tempistica

Avendo ricevuto un chiaro avvertimento che le cose stanno iniziando a puzzare nel mercato dei pronti contro termine, i banchieri più lungimiranti inizieranno a prendere in considerazione i rischi che ne risulteranno. Si spera che Deutsche Bank non subisca un destino simile a quello di Credit-Anstalt nel 1931 con le conseguenze che ne seguirono, ma non si può escludere la possibilità, dato che la Germania è già in recessione e le prospettive per le sue banche indebolite e non capitalizzate è estremamente triste.

Stando così le cose, una nuova crisi bancaria non solo è già in via di sviluppo, ma potrebbe intensificarsi abbastanza rapidamente. Quindi i banchieri guarderanno non solo alla loro esposizione a Deutsche, ma anche alle implicazioni per la loro esposizione creditizia ad altre controparti americane, in particolare quelle di proprietà di banche straniere.

Comprendere che ci sarà una transizione dall'investimento in CLO e prestiti a leva ad una preoccupazione per la loro solidità è la chiave per capire come si evolverà una crisi del credito. Questa volta, oltre ad una montagna di contratti derivati, c'è l'ulteriore problema degli ETF, molti dei quali sono sponsorizzati e gestiti dalle banche stesse. Ad esempio, Deutsche Bank controlla 42 ETF solo sul mercato statunitense, per un valore di $14,6 miliardi.

Supponendo che questa analisi sia corretta, probabilmente non c'è molto che la FED possa fare, oltre a reagire agli eventi. Come tutte le banche centrali, la FED si basa su modelli che non sono in grado di incorporare le attitudini mutevoli degli operatori del mercato. Se la FED avesse individuato in anticipo una crisi e avesse chiamato i principali banchieri nel tentativo di aiutarli a stabilizzare la situazione, avrebbero probabilmente pensato che le cose stessero peggio e il loro dovere nei confronti degli loro azionisti sarebbe quello di liquidare tutte le posizioni a rischio.

Se ci sono voluti due mesi tra il congelamento del Libor nel dicembre 2007 e Northern Rock salvata dal governo britannico, e se tale tempistica viene replicata oggi, una nuova crisi bancaria arriverà a novembre. Potrebbe volerci più tempo per materializzarsi, ma non c'è garanzia che non si intensifichi ancora più rapidamente di così.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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