Bibliografia

martedì 15 ottobre 2019

L'innovazione tecnologica non è qualcosa di cui aver paura





di Jean Vilbert


Negli ultimi decenni l'innovazione sempre più rapida in medicina, istruzione, mezzi di trasporto, archiviazione dei dati e comunicazione ha contribuito ad un miglioramento generale degli standard di vita. Di tanto in tanto, però, questo successo viene oscurato da preoccupazioni infondate riguardo il presunto "effetto distruttivo che l'automazione ha sul mondo del lavoro", un concetto che purtroppo rimane nella mente di molte persone.

Un sondaggio di Pew Research Internet rileva che gli americani hanno circa il doppio delle probabilità di esprimere preoccupazione (72%) piuttosto che entusiasmo (33%) nei confronti di un futuro in cui le innovazioni saranno in grado di svolgere compiti che sono attualmente svolti dagli esseri umani. Perché queste paure sono così forti e persistenti? Perché così tante persone hanno paura della tecnologia?

Per diverse ragioni, tra cui autori intellettualmente disonesti (per vendere i loro libri distopici) o anche lo scopo (sempre presente) politico-ideologico, insieme ad altri scopi secondari. Ma concentriamoci su due cause che forse sono le più importanti: (1) disinformazione e (2) la paura di rimanere indietro.

Dobbiamo gettare luce su questi punti per scrollarci di dosso l'ampio pessimismo (prevalente oggigiorno) e sostituirlo con il realismo sul ruolo che la tecnologia gioca nelle nostre vite, in particolare nel mercato del lavoro.



Guerra contro le macchine

L'idea di un'eterna battaglia tra uomini e macchine è profondamente radicata nell'immaginazione popolare grazie a film popolari come Io, Robot o Terminator, in cui le macchine tentano di conquistare il mondo.

Ma ben radicate nella mente di molti ci sono anche presunte minacce minori, come l'idea che le macchine ci faranno perdere il nostro lavoro.

Tutto questo non è affatto qualcosa di nuovo. I luddisti, ad esempio, erano artigiani le cui abilità manuali venivano sostituite dalla meccanizzazione durante la prima rivoluzione industriale e che decisero di reagire distruggendo le macchine. Nel 1753, ad esempio, presero di mira John Kay, inventore dello "shuttle volante" (uno dei primi miglioramenti nella meccanizzazione della tessitura), e diedero alle fiamme la sua casa. Non sorprende che il loro movimento sia diventato sinonimo di resistenza ai cambiamenti tecnologici.

I luddisti sono stati in grado di fermare l'innovazione tecnologica? Certamente no. Inoltre oggi sappiamo che le brillanti invenzioni di quel tempo (macchine per la produzione di massa) abbassarono costi e prezzi, consentendo ai consumatori della classe operaia di acquistare cose a cui prima avevano accesso solo gli aristocratici e che oggi diamo per scontate (zucchero, tè, caffè, orologi, porcellana, vetro, tende, abiti colorati, ecc.).

Fu una cosa ottima... ma per quanto riguarda i lavori persi? A volte una singola macchina può sostituire dozzine di lavoratori, quindi le macchine non sono una minaccia? Nel 1930 John Maynard Keyes scrisse un saggio in cui suggeriva che ci sarebbe stata una disoccupazione di massa a seguito dell'automazione della produzione.

Non sorprende che Keynes sia stato smentito: la disoccupazione non è diventata endemica nell'economia moderna nonostante la meccanizzazione abbia comportato un calo della produzione dal 32% della forza lavoro nel 1910 al 24% nel 1970 e all'8,5 percento nel 2018. I lavori creati in nuove aree hanno sostituito i lavori nel settore manifatturiero.

Inoltre, con l'avanzare del ventesimo secolo, la forza lavoro è cresciuta fino al punto in cui la partecipazione femminile alla forza lavoro è cresciuta a livelli mai visti prima.

Quale conclusione possiamo trarre da tutto ciò? Se la tecnologia ha eliminato alcuni lavori, ne ha chiaramente creati di nuovi. Keynes sembra aver dimenticato (tra le altre cose) che lo stock di lavoro nell'economia non è fisso: dove una porta è chiusa, altre (quelle più grandi) sono aperte.



La tecnologia cambia il modo di lavorare

Nel 1901 la popolazione in Inghilterra e Galles era di 32,5 milioni e 200.000 persone erano impegnate a lavare i panni. Poi sono nati elettricità e impianti idraulici per interni, tecnologie che hanno reso possibile la lavatrice automatica. La fatica del lavaggio a mano è diventata un ricordo del passato. Nel 2011, con una popolazione di 56,1 milioni, in suddetto settore lavoravano solo 35.000 persone, la maggior parte delle quali in lavanderie commerciali.

Sembra che abbiamo perso molti lavori, vero? Ma non è proprio quello che è successo. Dobbiamo esaminare attentamente le fonti dei dati per ottenere risposte migliori. Le cifre citate sopra, per esempio, provenivano da uno studio condotto dagli economisti della società di consulenza Deloitte dove veniva indicato che l'innovazione non ci toglie lavoro, cambia radicalmente la struttura del mercato del lavoro.

Non possiamo negare che, in alcuni settori, la tecnologia costa posti di lavoro (specialmente in quelli poco qualificati). Tuttavia, in un gran numero di casi, le nuove tecnologie facilitano il nostro carico di lavoro, o ci consentono di non fare più ciò che non vogliamo più fare (qualcosa di noioso, sporco, o pericoloso, in generale). Quindi, la domanda precedente è se i lavori persi siano davvero lavori a cui vorremmo restare aggrappati.

Un documento dell'Ufficio per le statistiche nazionali mostra che nel 1841 circa il 20% dei lavoratori era concentrato nel settore dell'agricoltura e della pesca (lavori noiosi, sporchi e pericolosi). Questo numero è sceso a meno dell'1% nel 2011. Le statistiche indicano che oggi la robotica costituisce il 29% delle applicazioni di saldatura. La saldatura richiede ai professionisti di lavorare sia con reazioni chimiche (fumi pericolosi e luce ultravioletta), sia con temperature estremamente calde; ciò la rende particolarmente adatta alla robotica quando si tratta di sicurezza: quando si utilizzano robot per la saldatura, gli esseri umani rimangono dietro recinzioni di sicurezza o porte ad incastro. Questo è solo un esempio di come i robot potrebbero integrare i nostri ruoli rendendoli meno pericolosi di prima.

Infatti negli ultimi secoli abbiamo assistito ad un profondo cambiamento nel mercato del lavoro, che sta passando da attività ad energia muscolare a professioni assistenziali. Nel 1871 le occupazioni ad energia muscolare (inclusi lavoratori agricoli, addetti alle pulizie, domestici, operai di routine, operai edili e minatori) rappresentavano il 23,7% dell'occupazione totale; nel 2011 questo numero è sceso all'8,3%. Nello stesso periodo i professionisti nelle cure assistenziali (compresi i professionisti della salute e dell'insegnamento e gli assistenti domestici) sono balzati dall'1,1 al 12,2%.

Né l'innovazione porta necessariamente ad un calo dei salari. Come riportato da Brookings nel 2011:
La compensazione oraria reale è aumentata da una media di $9,88 l'ora nel 1947 a $35,44 l'ora oggi. Questi miglioramenti nella compensazione e il crescente tenore di vita che offrono riflettono innovazioni che hanno reso le aziende e le persone più produttive.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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