Bibliografia

giovedì 31 ottobre 2019

Il capitalismo non alimenta il consumismo sfrenato, è lo stato che lo fa





di Ryan McMaken


Condannare il consumismo va praticamente di moda nei media generalisti di oggi e nella cultura popolare. Chiunque abbia visto "A Charlie Brown Christmas", prodotto nel 1965, sa bene quello di cui sto parlando. Ogni volta che vediamo Charlie Brown che vuol passare un Natale "autentico" (acquistare un piccolo albero di Natale vero piuttosto che uno vistoso in alluminio rosa prodotto in serie) ci viene ricordato che è importante non rivolgersi ai rivenditori aziendali.

Da allora poco è cambiato: "9 modi per resistere al richiamo delle sirene del consumismo", recita un titolo di una rivista; "4 cose da fare invece di fare shopping nella frenesia del Black Friday", recita un altro titolo dell'HuffPo.

Poi c'è Papa Francesco che ha ripetutamente condannato il consumismo negli ultimi mesi, mentre il politico inglese Ken Livingstone insiste sul fatto che il consumismo provoca cambiamenti climatici e quindi "distruggerà il mondo".

Spesso i difensori dei mercati e del capitalismo considerano queste critiche come attacchi diretti ai mercati stessi e spesso si lanciano in appassionate difese del consumismo, come se tale atto sia necessariamente una difesa del capitalismo.

È un errore. Consumismo e capitalismo non sono la stessa cosa, né sono necessariamente collegati.

La sinistra anti-capitalista vuole invece che ci sia questa connessione e vuole generare un'opposizione pubblica nei confronti del consumismo affinché poi possa fungere da opposizione ai mercati in generale. Permettendo alla sinistra di stabilire una connessione tra mercati e consumismo la aiutiamo solamente a perpetuare un falso mito.



Che cos'è esattamente il consumismo?

Troppo spesso il dibattito sul consumismo è carente di precisione. Quindi, prima di poter continuare, dobbiamo prima definire cos'è esattamente il consumismo. Per farlo potremmo consultare Wikipedia, che è generalmente utile per la definizione popolare delle cose. Wikipedia definisce il consumismo come "un ordine sociale ed economico che incoraggia l'acquisizione di beni e servizi in quantità sempre maggiori". Il Mirriam-Webster fornisce anche due definizioni che sono utili per i nostri scopi:
  1. "la teoria secondo cui un consumo crescente di beni sia economicamente desiderabile";
  2. "preoccupazione e propensione all'acquisto di beni di consumo".

In tutte queste definizioni troviamo un certo elemento di insaziabilità: il consumismo è la convinzione che sia una buona cosa aumentare continuamente il proprio consumo di beni.



La teoria che i mercati creino consumismo e dipendano da esso

Queste definizioni sono tutte abbastanza giuste, ma perché il capitalismo dovrebbe essere il colpevole?

Dopotutto è stato spesso associato agli avari ed a teorici di economia che hanno posto una notevole enfasi su lavoro, risparmio e parsimonia. Ebenezer Scrooge è forse il capitalista cattivo più famoso della letteratura inglese. Tuttavia Scrooge è noto per la sua famosa condanna del Natale, proprio perché secondo lui il Natale ha incoraggiato il consumismo. Allo stesso modo i pro-capitalisti della cosiddetta "etica protestante del lavoro" (come descritto da Max Weber) hanno ripetutamente condannato un consumo eccessivo, esaltando il risparmio e il duro lavoro. Gli studiosi hanno sottolineato il ruolo della "parsimonia" come imperativo sia morale che capitalista nella cultura americana durante il diciottesimo e diciannovesimo secolo.

Quindi, se una volta i capitalisti erano associati all'uso prudente del denaro, perché ora sono accusati della presunta ossessione di un consumo infinito?

La teoria che la sinistra usa è sostanzialmente questa: se il capitalismo deve sopravvivere, richiede livelli di consumo sempre maggiori. Se le persone smettono di spendere, il capitalismo crollerà su sé stesso. Questo è il riassunto di una spiegazione (sorprendentemente sgrammaticata) del consumismo presentata da Ahmad Jansiz nel Journal of Politics and Law.

Sfortunatamente per i promotori di questa teoria, tale descrizione del capitalismo è sbagliata.

Sembrerebbe dare una visione accurata di alcuni settori: i produttori di auto di lusso e scarpe di alta gamma traggono vantaggio quando riescono a convincere gli attori sul mercato a consumare cose molto al di sopra e al di là di ciò che Jansiz chiama "bisogni biologici". Allo stesso modo, il bisogno di scarpe eleganti potrebbe essere annoverato tra i cosiddetti "falsi bisogni", giusto per usare la terminologia di Jansiz.

Ma le aziende che vendono abbigliamento costoso e grandi SUV non sono gli unici attori sul mercato. Infatti ci sono aziende che vendono servizi come conti di previdenza o strumenti di investimento progettati per fornire investimenti a lungo termine allo scopo di posticipare i consumi.

Le aziende che offrono fondi pensione e conti di risparmio non sono meno "capitaliste" delle aziende che vendono jeans firmati. Ebenezer Scrooge sorriderebbe senza dubbio di fronte ai fondi pensione, mentre condannerebbe i venditori di auto di lusso.

Quindi perché dobbiamo credere che i mercati e il capitalismo siano incarnati solo dalle imprese che chiedono ai consumatori di spendere tutti i loro soldi in consumo immediato?



Cattiva economia = La convinzione che la spesa alimenti la crescita economica

Risposta: le nozioni popolari di crescita economica insistono sul fatto che un sistema economico sano si debba basare quasi esclusivamente sul consumo.

Questo viene ricordato ogni volta che ci viene detto che la domanda dei consumatori deve essere aumentata per aumentare la crescita economica o sostenere il boom. Ci viene ricordato quando, durante un periodo di crisi economica, gli economisti dicono alle persone che devono spendere, o l'economia crollerà.

A volte questa visione diventa così estrema che ci viene detto che la spesa è il nostro dovere patriottico. Questa non è una semplice iperbole, gli scrittori finanziari ed economici lo dicono davvero. Già nel 2001, ad esempio, quando entrò in scena la recessione e gli Stati Uniti reagirono all'11 settembre, Dick Cheney disse che gli americani non avrebbero dovuto farsi veder deboli agli occhi dei terroristi e non avrebbero dovuto permettere che quello che era successo potesse in qualche modo inficiare la loro quotidianità. Ciò che intendeva in realtà era: "Comprate più roba o i terroristi vinceranno".

La stessa idea è emersa di nuovo nel 2009, quando gli "esperti" di economia hanno insistito sul fatto che il modo di salvare l'economia dalla Grande Recessione fosse una spesa maggiore da parte delle persone. Ci avvertivano che il "paradosso della parsimonia" ci avrebbe condannati tutti ad una depressione perpetua, quindi dar fondo ai propri risparmi era inteso come una sorta di dovere agli occhi della patria.

Ma le economie non funzionano affatto in questo modo. Come ha riassunto Lew Rockwell nel 2010:
Il problema è che la spesa non alimenta la crescita economica. Gli investimenti, che iniziano dal risparmio, sono la radice della crescita economica. Non importa se il consumo rappresenta una certa percentuale di attività economica. Spendere e consumare senza risparmi e investimenti è una ricetta per erodere le prospettive di prosperità futura. La cosa migliore che i ricchi possono fare per un futuro di crescita economica non è spendere, ma di risparmiare mediante gli investimenti.

Ciò dovrebbe essere evidente se riflettessimo su come le persone e le economie diventano più ricchi. Se i lavoratori vogliono spendere in beni di consumo, devono prima produrre abbastanza beni e servizi di valore da ritrovarsi poi un surplus. E come possono i lavoratori produrre beni di maggior valore in meno tempo? Coi beni di capitale: macchine, computer, trattori e fabbriche. Prima che tutte queste cose fossero disponibili, la maggior parte degli esseri umani viveva ad un livello di sussistenza.

Fu solo dopo secoli di accumulo di capitale, reso possibile dal risparmio e dagli investimenti, che ebbe luogo l'industrializzazione e che i lavoratori furono in grado di diventare abbastanza produttivi da produrre e consumare tutti i beni e servizi che ora associamo ad una società orientata al mercato.

Senza risparmio, si deteriora la capacità di mantenere, migliorare, inventare, sviluppare e costruire macchine e fabbriche. E quando questo accade, tutti torniamo al livello della sussistenza.

Alcuni faranno notare: "Ma senza consumo, nessuno comprerà ciò che fanno queste aziende e fabbriche e tutto andrà in crash!"

Sì, è vero che le economie richiedono sia il consumo che il risparmio per funzionare, ma uno non è più importante dell'altro. Fortunatamente i mercati hanno un meccanismo intrinseco per bilanciare risparmi e investimenti e si chiama "tasso d'interesse". I tassi d'interesse sono segnali che il mercato invia ai consumatori e dicono loro se è una buona idea risparmiare o consumare. Quando i risparmi sono scarsi, i tassi d'interesse salgono e i consumatori risparmiano più denaro per trarne vantaggio. Quando i risparmi sono abbondanti, i tassi d'interesse scendono, segnalando ai consumatori che è un buon momento per approfittarne e prendere in prestito di più (es. consumare più auto, case e altri beni).



Quando gli stati intervengono per stimolare più spese

Questo equilibrio va in frantumi quando stati e banche centrali intervengono per "stimolare" l'economia attraverso una maggiore spesa pubblica e attraverso un abbassamento artificiale dei tassi d'interesse.

Questo "stimolo" viene attuato per indurre i consumatori a spendere di più. Ma non è qualcosa che i mercati o i capitalisti possono fare. Richiede l'intervento dello stato e quindi non fa parte dell'economia di mercato.

Non si può negare che ciò porti a maggiori spese... almeno per un po'. Ma questo tipo di intervento centrale produce anche livelli di debito insostenibili, bassi livelli di risparmio e spese eccessive. In altre parole, sono le politiche dello stato che causano quello che ora chiamiamo "consumismo".

Stranamente, però, è al capitalismo e ai mercati che danno la colpa.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


5 commenti:

  1. No infatti vogliono solo toglierci tutti i diritti e farci morire di fame.
    A proposito tutto bene in Cile?
    Ma non era un modello da seguire??
    Dove il Mercato bla bla bla
    Ma per favore!

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    1. Salve Anonimo.

      Fino al 2010 infatti il governo cileno ha ridotto costantemente la sua mano sull'economia, portando il rapporto debito/PIL fino al 5% e restringendo la spesa pubblica. Poi lo stato ha iniziato a saccheggiare il bottino (tasse + inflazione monetaria) che gli individui avevano potuto accumulare nel corso del tempo. Il modello da seguire è quello di un governo limitato e quando si evidenziano Paesi che lo fanno, si è pressoché sicuri di osservare una crescita economica. Così è stato per il Cile.

      La libertà non è tale se viene concessa. La libertà è tale perché esiste quanto essenza delle azioni degli individui. Ecco, Bitcoin può mettere un freno alla predazione arbitraria dello stato e più in generale alla credenza (purtroppo) comune che bisogna mendicare per le libertà individuali.

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  2. Anonimo è l'ennesimo subumano vigliacco capace di dare senso al detto:
    "Quando il sole è basso, anche i nani fanno le ombre lunghe".

    R.G.

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  3. Molto bello Francesco, pero' ho l'impressione che qualcosa sfugga a questa logica, non vanificandola, ma rendendola incompleta. Nel contesto attuale come distinguiamo il capitalismo dalla finanza? Nell'articolo si fa riferimento a capitalismo e mercati, come se fossero la stessa cosa, ma di quali mercati si parla? Sarebbe sbagliato dire che almeno per ora chi ha tratto maggior beneficio da queste sbagliatissime (sono d'accordo e per nulla sarcastico) politiche monetarie interventiste sono stati i mercati finanziari? Non sono capitalisti ed investitori quelli che vi operano? Un'altra faccenda spinosa e' quell'1% di popolazione piu' ricca che e' diventata piu' ricca allargando il divario con il restante 99% che in parallelo s'impoveriva. E che dire del lobbismo dell'UE, certamente penalizza i risparmiatori, ma chi se ne avvantaggia cosa sono se non capitalisti? Sono tutto fuorche' un comunista o socialista, decisamente favorevole al concetto di capitalismo, ma che gli unici che hanno tratto vantaggio da questo perverso circolo vizioso siano gli stati mi sembra pretestuoso, infondo di questi tempi si rema verso precarieta' e tagli al welfare per la maggiore o almeno questa e' l'impressione, gli stati in parallelo accrescono il loro debito senza ed alzano le tasse, ma chi risulta fisiologicamente immune a questi effetti nefasti di certo e' un capitalista o un investitore, non un semplice lavoratore. Non contesto la logica dell'economia sana, ma dubito si possa assolvere tutto il capitalismo dalla situazione attuale, infondo chi sono i proprietari della Fed se non un manipolo di capitalisti privati senza scrupoli. Non e' stata una certa JP Morgan a scatenare il panico sui REPO per forzare i nuovi "non QE" della loro controllata banca centrale?

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    1. Ciao Giacomo.

      La confusione che mette in risalto è figlia dell'origine del termine capitalismo. Tchakeray è stato il primo a coniarlo e poi Marx l'ha usato in senso dispregiativo. Quando Weber ha cercato di confutare gli scritti marxisti, ha usato la stessa terminologia negativa di Marx avallando di conseguenza l'esistenza di tale termine. In realtà potremmo benissimo eliminarlo, perché ciò che conta sono i mercati liberi; e se non lo sono, allora saremo in presenza di mercati ostacolati e pilotati. Gli economisti Austriaci è così che definiscono l'ambiente economico: o è libero, o è di comando. Utilizzando questa linea di ragionamento possiamo capire meglio e con più facilità quando un settore dell'economia è sottoposto a controllo centrale oppure no. Secondo la terminologia popolare, quindi, ciò di cui parla l'articolo è il capitalismo di libero mercato; mentre mette in guardia dal capitalismo clientelare, l'altra faccia della medaglia che sfrutta la pianificazione centrale per vivere al massimo col minimo sforzo.

      Ecco perché, nonostante questi articoli che purtroppo devono utilizzare questa terminologia spicciola per far passare meglio il messaggio, dovremmo ricorrere alla distinzione semplificata di economia di mercato ed economia di comando.

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