Bibliografia

martedì 8 ottobre 2019

De-dollarizzazione: l'Europa si unisce alla festa





di Ronald-Peter Stöferle


La "guerra mondiale tra valute", come l'ha definita il giornalista tedesco Daniel D. Eckert, è una battaglia per il futuro del sistema monetario mondiale e non è un film d'azione superficiale ma è più simile alla serie il Trono di Spade.

La morale della favola è che ciò che è stato vero per decenni vale ancora: il dollaro USA continua a godere della fiducia di mercati, governi e banche centrali. Ma ogni anno che passa la fiducia nel dollaro USA si indebolisce un po' di più. Europa, Cina, Russia e molti piccoli Paesi organizzano ogni anno nuove iniziative per rendersi indipendenti. E anche l'oro svolge un ruolo importante in questo lento abbandono del dollaro USA. Ma per il sistema finanziario mondiale, nessuna delle loro valute rappresenta una valida alternativa al dollaro USA, motivo per cui qualsiasi notizia della morte del dollaro USA è decisamente esagerata.



La piccola rivolta europea

Sin dalla crisi greca del 2012, i media americani hanno spesso dato l'impressione che l'UE e l'euro fossero alle loro battute finali. Non è così ed a vent'anni dalla sua creazione nel 1999, l'area Euro è più vasta che mai. Naturalmente nulla è perfetto nell'UE ed i problemi di debito degli stati del sud non sono stati affatto risolti. Anche la struttura della stessa zona Euro è spesso criticata e descritta come necessitante di rinnovamento.

In questo contesto, le celebrazioni in occasione del XX anniversario dell'euro non sono state particolarmente grandi e pompose. Nel suo discorso sullo "Stato dell'Unione" del settembre 2018, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha chiesto un ruolo più forte per l'euro nel sistema monetario internazionale: "[L'euro] è ora la seconda valuta più usata nel mondo e ci sono 60 Paesi che collegano le loro valute all'euro. Ma dobbiamo fare di più per consentire alla nostra moneta unica di svolgere appieno il suo ruolo sulla scena internazionale".[1]

Attualmente l'euro rappresenta circa il 20% delle riserve monetarie globali. Tale percentuale supera la quota della produzione economica globale della zona Euro. Circa il 36% dei pagamenti globali è già effettuata in euro, mentre il dollaro USA è al 40%. L'UE importa petrolio e gas per un valore di circa €300 miliardi all'anno, ma l'80% di questi sono ancora fatturati in dollari USA oggi. In considerazione del fatto che solo il 2% delle importazioni di energia proviene dagli Stati Uniti, Juncker ha commentato: "È anche assurdo che le compagnie europee acquistino aerei europei in dollari anziché in euro."[2] Nonostante tutti i problemi economici, politici e strutturali all'interno dell'area Euro, questa è una dichiarazione fiduciosa.



Il dollaro americano come arma

Perché l'Europa, la Cina e la Russia stanno accelerando il processo di de-dollarizzazione? Ciò può essere compreso solo se capiamo il significato dell'accordo iraniano. L'Iran è un caso di studio su ciò che Washington può fare se si è considerati amici o nemici.

Naturalmente Teheran non è considerata particolarmente amica degli Stati Uniti, ma per partecipare al commercio internazionale, gli iraniani hanno dovuto fare affidamento sul dollaro USA e sul sistema SWIFT. Quest'ultimo appartiene ad un consorzio bancario internazionale e ha persino sede in Belgio, tuttavia gli Stati Uniti sono stati in grado di esercitare una pressione sufficiente per escludere l'Iran dallo SWIFT. Questo è ciò che intende il governatore della Oesterreichische Nationalbank (OeNB), Ewald Nowotny, quando dice: "Gli Stati Uniti usano il dollaro come arma. […] E con ogni transazione in dollari si è tenuti a seguire le sanzioni americane contro l'Iran. Anche se gli Stati Uniti non sono direttamente coinvolti in uno scambio. Ad esempio, quando si tratta di esportazioni di petrolio verso un Paese europeo".[3]

Con la firma del Piano d'azione globale congiunto (JCPOA), questa fase si riteneva conclusa. Ma Donald Trump si è ritirato dal JCPOA a maggio 2018. Inoltre è riuscito a far espellere nuovamente l'Iran dallo SWIFT. È stato uno shock per gli altri firmatari dell'accordo. L'UE ha preso provvedimenti e per la prima volta dall'introduzione dell'euro è stata proposta l'idea di un'agenzia di pagamento separata: INSTEX. L'abbreviazione sta per "Strumento a sostegno degli scambi commerciali". Il fatto che Cina e Russia abbiano promesso il supporto ad INSTEX non dovrebbe sorprenderci.[4]



Le banche centrali scelgono l'oro

Per molto tempo gli acquisti di oro da parte delle banche centrali non sono stati un problema per i media generalisti. Ma quando si è saputo all'inizio di quest'anno che le banche centrali avevano acquistato più oro nel 2018 rispetto al 1971, allora era chiaro che qualcosa fosse cambiato. Nel solo 2018 hanno acquistato 651 tonnellate d'oro. Questa cifra corrisponde ad un aumento del 74% rispetto all'anno precedente.[5] Gli analisti del World Gold Council prevedono nuovi acquisti per circa 750 tonnellate quest'anno.

Fonte: World Gold Council, Incrementum AG

Ma i numeri da soli raccontano solo la metà della storia. Bisogna anche chiedersi perché le banche centrali sono diventate acquirenti di oro così solerti.

La risposta è la de-dollarizzazione. L'oro, che molte banche centrali ora includono nei loro bilanci al valore di mercato,[6] offre un'alternativa. È davvero l'unica risorsa veramente neutrale per i governi e le banche centrali. Circa un terzo delle riserve auree del mondo sono detenute nei caveau delle banche centrali. Niente descrive meglio la logica di questa scelta di DNB, la banca centrale dei Paesi Bassi: “Azioni, obbligazioni e altri titoli non sono privi di rischio ed i prezzi possono scendere. Ma una barra d'oro conserva il suo valore, anche in tempi di crisi. […] L'oro è il salvadanaio perfetto: è l'ancora della fiducia nel sistema finanziario. Se il sistema crolla, lo stock d'oro può servire come base per ricostruirlo. L'oro rafforza la fiducia nella stabilità del bilancio della banca centrale e trasmette un senso di sicurezza.”[7]



Conclusione

C'è una cosa da non dimenticare: gli Stati Uniti non hanno ancora perso la fiducia dei mercati nonostante tutte le azioni di Donald Trump. I mercati del dollaro USA sono ancora di gran lunga i più grandi e importanti del mondo.

Solo la prossima grande crisi mostrerà se l'euro, lo yuan o l'oro saranno davvero in grado di arrecare danno allo status di valuta di riserva mondiale del dollaro USA, o se quest'ultimo sarà ancora in grado di imporsi. Fino ad allora, la perdita di fiducia nella valuta dominante degli ultimi sette decenni continuerà molto probabilmente ad andare avanti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Juncker, Jean-Claude: “State of the Union 2018 – The hour of European sovereignty”, 12 settembre 2018, p. 10.

[2] Juncker, Jean-Claude: “State of the Union 2018 – The hour of European sovereignty”, 12 settembre 2018, p. 10.

[3] Ewald Nowotny: Die USA setzen den Dollar als Waffe ein”, (“Ewald Nowotny: The US are using the dollar as weapon”), Die Presse, 21 dicembre 2018.

[4] Si veda “Europa legt sich mit König Dollar an”, (“Europe invests with King Dollar”), Die Presse, 4 febbraio 2019.

[5] Si veda “Central Banks Are on the Biggest Gold-Buying Spree in Half a Century”, Bloomberg, 31 gennaio 2019.

[6] L'Eurosistema riconosce guadagni e perdite dai movimenti di prezzo dell'oro in ‘revaluation accounts’, il che significa che i guadagni non sono distribuiti come profitti.

[7] DNB’s gold stock”, De Nederlandsche Bank, 1 maggio 2019.

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