Bibliografia

lunedì 30 settembre 2019

Taroccare i mercati col mito fasullo del MAGA





di David Stockman


Non diamo tanto retta alle chiacchiere della CNN/MSM secondo cui Donald rappresenti una fonte di bugie senza fine.

La maggior parte di ciò che definiscono "bugie" sono fatti discutibili su proposizioni che non gli piacciono, come la verità che la storia della Russia non solo fosse falsa sin dal primo giorno, ma fosse in realtà un tentativo da parte dei Democratici e dei loro compari del Deep State di invertire incostituzionalmente l'esito delle elezioni presidenziali.

Ma non ci sono dubbi sul fatto che Donald abbia detto una frottola quando di recente ha visto il mercato dei futures immerso nel rosso; quindi, per arginare la marea, Donald ha affermato da Biarritz, in Francia, che "la Cina ha chiamato ieri sera" e ha indicato il desiderio di riprendere i colloqui commerciali, dicendo successivamente che due funzionari cinesi di "alto livello" avevano contattato la Casa Bianca chiedendo di riavviare i negoziati in stallo.

Non sorprende che i cinesi abbiano immediatamente negato tutto, ma a quel punto i robo-trader avevano già premuto le loro chiavi di accensione e avevano trascorso il resto della settimana a tentare di cancellare le ferite del venerdì precedente.

Ma ora è anche abbondantemente chiaro che le presunte chiamate cinesi non sono mai avvenute e che Donald ha cercato di manipolare in modo grottesco i mercati, cosa per la quale qualsiasi CEO o altri addetti ai lavori sarebbero stati accusati in un baleno.
Anche gli addetti ai lavori della Casa Bianca hanno confessato il maldestro stratagemma. Il nostro punto non è quello di puntare il dito contro Donald, ma di sottolineare come la sua strategia (MAGA) sia sciocca e come il mercato azionario che cerca continuamente di far salire sia una testimonianza di decenni di follia monetaria delle banche centrali.

Quindi bisogna dirlo di nuovo: Donald è uno sconclusionato le cui opinioni su commercio, debito e denaro sono un chiaro pericolo per la prosperità; e ciò sta accadendo in un momento in cui i frutti economici marci di 30 anni di eruzione del debito e stampa di denaro da parte della FED stanno avvelenando definitivamente l'economia.

Per quanto riguarda la questione dei nostri banchieri banchieri centrali keynesiani, Trump ha superato sé stesso, dimostrando che la nave di sciocchi domiciliata nell'Eccles Building non può reggere il confronto con e sue gigantesche insensatezze.

Ed è anche un promemoria del perché Donald non si preoccupi dei conti fiscali emorragici della nazione. Durante i suoi primi 31 mesi in carica, e nel più lungo ciclo economico della storia, ha aggiunto $2,700 miliardi al debito pubblico, ma pensa che sia solo una fortuna che il governo tedesco venga pagato per prendere in prestito denaro.

Al contrario, la corsa verso il basso da parte dei tassi d'interesse è una catastrofe finanziaria storica, non una sorta di competizione internazionale che Donald sta perdendo; e se gli altri leader del G-7 fossero "ignari" della distruzione al rallentatore dei loro mercati obbligazionari e dei sistemi bancari europei, allora scemi sarebbe un termine migliore per le loro condizioni mentali.

  • Germania............... -0,71%
  • Belgio.................... -0,38%
  • Olanda.................... -0,58%
  • Francia................... -0,44%
  • Italia........................ 0,98%
  • Spagna..................... 0,05%
  • Portogallo................ 0,09%
  • Grecia...................... 1,57%

I rendimenti ridicoli qui sopra ci dicono che gli speculatori e gli sciocchi hanno spinto i prezzi delle obbligazioni a livelli ben al di sopra della parità e, quindi, assisteremo ad enormi perdite di capitale al momento del rimborso o della correzione del mercato.

Il decennale italiano, ad esempio, è stato emesso di recente con un coupon del 3,0%, il che significa che l'acquirente di oggi riceverà una perdita del 65% al momento del rimborso. Allo stesso modo, un anno fa le obbligazioni portoghesi venivano scambiate con un rendimento dell'1,87% e le obbligazioni spagnole all'1,46%, il che implica enormi perdite di capitale per gli speculatori che comprano ai rendimenti minimi di oggi.

Inutile dire che se la BCE è abbastanza sciocca da riavviare il QE e portare il suo tasso di deposito persino più in basso dell'attuale -0,40%, causerà letteralmente l'esplosione del sistema finanziario europeo con la Deutsche Bank in prima fila.

Eppure Donald vuole che la FED emuli questa follia, perché secondo lui la FED è "mentalmente" incapace di tenere il passo con le altre banche centrali del pianeta.

Quando si tratta di commercio, ovviamente, Donald è ancora più fuori di testa e la sua escalation nella guerra commerciale contro la Cina non ha lasciato spazio a dubbi.

Spingendo i dazi al 30% sui $250 miliardi di importazioni cinesi già tassate (più il 15% promesso per i restanti $300 miliardi), Donald si è spinto letteralmente oltre i limiti di qualsiasi parvenza di razionalità.

Vale a dire, quando l'intero pacchetto di dazi entrerà in vigore il 15 dicembre, e non abbiamo dubbi sul fatto che le cose andranno così, Donald avrà imposto una tassa di $122 miliardi, o il 22%, sull'afflusso annuale di $543 miliardi di merci dalla Cina.

Questo è così esagerato che possiamo dire con assoluta fiducia che nessun occupante dell'Ufficio Ovale, o consulente economico di alto livello, ha mai contemplato qualcosa di così tanto remoto. Infatti nessuno nell'attuale Casa Bianca, a parte Donald e forse Peter Navarro, ha mai contemplato questo livello di insensatezza.

Il fatto è che tutto questo è sui generis. È la strana azione dell'ego scatenato di un uomo e della semplice idea che il sistema commerciale globale da $18.000 miliardi non sia altro che uno sport all'aria aperta in cui gli arbitri sono corrotti e l'America viene derubata.

Perfino il dazio del 10% di Nixon nel 1971 su tutte le importazioni era molto, molto meno stupido di questi di oggi. Venne progettato per costringere i governi esteri a rivalutare i loro tassi di cambio rispetto al dollaro (sic!), ma venne rapidamente abbandonato dopo che l'Accordo Smithsonian stabilì nuove parità, sebbene di breve durata, pochi mesi dopo.

Inoltre il dazio di Nixon era generale, non un missile termonucleare mirato singolarmente al più grande partner commerciale americano.

Tuttavia quest'ultimo aspetto è ciò che rende i dazi attuali di Donald così minacciosi per l'intera economia globale: sta danneggiando le complesse catene di approvvigionamento che riforniscono di prodotti finiti i magazzini della Cina e che poi quest'ultima esporta.

Pertanto, al fine di generare $543 miliardi di esportazioni negli Stati Uniti l'anno scorso e $2.490 miliardi in tutto il mondo, la Cina ha importato $2.130 miliardi di roba.

Ciò includeva $342 miliardi di semiconduttori, parti e apparecchiature di produzione, $175 miliardi di altri macchinari elettrici, $202 miliardi di macchinari meccanici e $102 miliardi di dispositivi ottici, fotografici, di misurazione e relativi beni strumentali d'alta ingegneria.

Ha anche importato $348 miliardi di petrolio, carbone e altri combustibili, $202 miliardi di ferro, alluminio, nichel e altri minerali metallici, e $83 miliardi di semi di soia, cereali, frutta, carne e altri prodotti agricoli.

Inutile dire che questo potenziale cuneo fiscale del 22% contro i prodotti finiti cinesi rispetto a quelli di tutti i suoi concorrenti globali, ha innescato un frenetico re-indirizzamento verso Paesi a basso salario: Vietnam, Indonesia, India, Malesia, Cambogia, Thailandia, Bangladesh, Pakistan, Brasile e Messico, solo per citarne alcuni.

Nel processo, ovviamente, le catene di approvvigionamento saranno massicciamente distrutte, gli investimenti sommersi nelle attuali rotte commerciali cinesi saranno deprezzati e l'incertezza e l'indecisione delle imprese diverranno dilaganti.

E in che momento storico l'economia globale viene inserita in questo tritacarne economico senza precedenti?

Beh, proprio nel momento in cui è stata sepolta sotto un debito da $250.000 miliardi, a riflesso di un'eruzione di $100.000 miliardi solo per disinnescare l'ultima crisi e le banche centrali hanno spinto i mercati obbligazionari globali sotto lo zero.

Vale a dire, hanno poco spazio per tagliare i tassi e qualsiasi ritorno al QE ucciderà qualsiasi rendimento positivo ancora in circolazione e quindi segnali di prezzo razionali nei mercati obbligazionari mondiali.

Quindi questa volta non ci sarà alcun salvataggio da parte delle banche centrali, o una rapida reflazione come dopo il marzo 2009. La grande recessione trumpiana si diffonderà ai quattro angoli del pianeta e durerà per diversi anni a venire, mentre il debito pubblico, delle famiglie e commerciale accumulatosi sin dal 2007 innescherà fallimenti e svalutazioni di entità mai viste prima.

Quindi la domanda è: perché Donald sta rischiando la grande recessione trumpiana nella sua sciocca guerra commerciale contro la Cina?
  1. La presunta minaccia tecnologica della Cina;
  2. Il coro di K-Street sul presunto furto commerciale cinese di segreti commerciali e brevetti;
  3. La piagnucolosa campagna Fortune 500 su come i loro investimenti vengono maltrattati quando scelgono volontariamente di mettere in campo beni e operazioni nello Schema Rosso di Ponzi;
  4. Lo squilibrio commerciale bilaterale che ha visto le importazioni cinesi da $543 miliardi nel 2018 ridotte a soli $120 miliardi esportati in Cina da società domestiche statunitensi.

Basti pensare che il n° 1 è un caso palese del bue che dà del cornuto all'asino. La fonte delle intrusioni informatiche ostili negli affari di altri Paesi, e in particolare i loro settori militari e tecnologici connessi, è il budget da $80 miliardi della cosiddetta US Intelligence Community (IC).

Qualunque misura difensiva possa essere attribuita a Paesi del calibro di Iran, Russia e soprattutto Cina sono minuzie a confronto. La causa della celebre e presunta "backdoor" nei prodotti Huawei, è in realtà esattamente l'opposto: la società tecnologica n° 1 in Cina ha semplicemente rifiutato di impiantare le capacità di cyber-intrusione richieste dalla CIA e dalla NSA (così la società è stata dichiarata una minaccia alla sicurezza nazionale da parte dell'IC).

Per quanto riguarda il presunto furto cinese di segreti commerciali e brevetti commerciali, bisogna solo ricordare che qualcosa come 15.000 azioni legali contro la violazione di brevetti sono depositate presso i tribunali degli Stati Uniti ogni anno.

Questo perché replicare, riorganizzare e retroingegnerizzare i prodotti di altre aziende è ciò che fanno naturalmente le aziende competitive e se si avvicinano troppo alla proprietà intellettuale protetta all'interno dei confini del brevetto in questione, perdono la causa e devono risarcire i danni.

Ma ecco il punto: il costo della protezione della proprietà intellettuale è un costo per fare affari nel mondo odierno del commercio globale.

Non è compito delle commissioni a Washington svolgere il ruolo di procuratori giudiziari; e soprattutto non è la funzione dello stato prendere in ostaggio $21.000 miliardi del PIL nazionale al fine di far valere le denunce di violazione di brevetti di una manciata di società nazionali.

Allo stesso modo, la risposta al lamento dei CEO di Fortune 500 sull'obbligo di entrare in joint venture e condividere la tecnologia quando scelgono di investire e operare nello Schema Rosso di Ponzi rosso è abbastanza diretta: Basta!

Inutile dire che è un oltraggio sacrificare Main Street in modo che i CEO possano vantarsi delle loro "strategie di crescita" in Cina senza dover affrontare l'inconveniente di vivere secondo le Regole Rosse.

A quanto pare, l'unico vero problema nelle relazioni commerciali bilaterali con lo Schema Rosso di Ponzi è in realtà il deficit commerciale da $423 miliardi. Ha ragione sul problema, ma ha torto sul perché esiste e su cosa fare al riguardo, come vedremo più avanti. Nel frattempo, però, spieghiamo bene perché reinventare i prodotti della concorrenza, il reverse engineering e la modifica dei prodotti in conformità ai brevetti è ciò che i buoni dipartimenti di ricerca e sviluppo fanno ovunque. Sono affari, non furti.

Il Wall Street Journal, nel suo zelo di fornire servizi di stenografia al Deep State e in particolare all'FBI, ha pubblicato una storia senza senso intitolata: "U.S. Prosecutors Probe Huawei on New Allegations of Technology Theft" che dimostra quanto sia davvero ridicola l'intera faccenda.
Un esempio riguarda un ex-ingegnere a contratto in Svezia per Huawei, Robert Read, che nel 2002-2003 ha aiutato l'azienda a reclutare lavoratori licenziati dagli uffici vicini di Ericsson AB.

Ma per favore!

Quale concorrente degno del suo nome non avrebbe mandato i reclutatori in un'area in cui un'altra società si era messa prima ma non aveva abbastanza fondi per mantenere ingegneri esperti e qualificati? Questo è chiamato libero mercato: riallocare manodopera e competenze in luoghi in cui possono essere sfruttati al meglio e al massimo.

Questo esempio non solo è ridicolo e tradisce una totale ignoranza su come le aziende gestiscono lo sviluppo dei loro prodotti e il processo di acquisizione delle competenze dei dipendenti, ma solleva una domanda ancora più cruciale: Che diavolo c'entra l'FBI nel processo di applicazione dei brevetti?
Questa non è assolutamente una funzione legittima dello stato. Questo perché quando le aziende ottengono il privilegio di proteggersi con i brevetti, spesso raccolgono profitti redditizi durante il periodo di monopolio; e se desiderano massimizzare la raccolta di tali profitti al di sopra del normale, devono spendere soldi nelle controversie per far rispettare i loro monopoli conferiti dallo stato.

Inoltre, poiché la violazione dei brevetti il ​​più delle volte coinvolge aree grigie tecnicamente complesse, perché dovrebbe essere un'azione criminalizzata?

I brevetti sono nella migliore delle ipotesi una componente economica discutibile da giudicare, infatti i procuratori e l'FBI sono in questo settore perché arruolati dallo stato di guerra. Nel presente caso, la riallocazione di decine di milioni di risorse dell'FBI per perseguire il presunto furto di proprietà intellettuale cinese è l'ultimo smacco in ordine cronologico. Durante le prime fasi di sviluppo economico anche le società giapponesi, sudcoreane e taiwanesi hanno reclutato talenti da società statunitensi o europee affermate e hanno reinventato i loro prodotti per replicarli.

Ma dal momento che i loro Paesi di origine erano presumibilmente "alleati" di Washington, nessuno ha iniziato una guerra commerciale contro loro o ha tentato di demonizzarli come minacce alla sicurezza nazionale.

Nella fattispecie i palesi, goffi e spesso ridicoli tentativi di minacce contro lo Schema Rosso di Ponzi da parte delle forze dell'ordine statunitensi vi dicono tutto ciò che dovete sapere. Ad esempio, nella succitata storia del WSJ si fa anche menzione del presunto furto di un dispositivo di test robotico T-Mobile 2012-2013 da parte degli ingegneri Huawei.

In realtà sembra la sceneggiatura di un film. Sembra che T-Mobile avesse un robot chiamato "Tappy" in grado di testare gli schermi degli smartphone toccandone il vetro e ottenendo una lettura su tutte le funzioni del dispositivo in fase di test.

Huawei stava tentando di vendere smartphone a T-Mobile, ma "Tappy" scartava i dispositivi dell'azienda cinese. Quindi, al fine di migliorare la propria offerta di smartphone, Huawei ha cercato ripetutamente di ottenere in licenza Tappy per usi di controllo di qualità nelle proprie fabbriche in Cina. Questa richiesta è stata ripetutamente respinta da T-Mobile, poiché la tecnologia di test incorporata nel braccio di Tappy era proprietaria e rappresentava un enorme risparmio di costi rispetto agli umani.

Alla fine, un ingegnere zelante di Huawei chiamato "AX" è stato inviato negli Stati Uniti per indagare sulla tecnologia di Tappy e ha letteralmente preso in mano la situazione.

Forse dovremmo semplicemente dire che questo episodio è stata una dimostrazione di dilagante stupidità da parte del personale di laboratorio di T-Mobile. Tuttavia, come si è scoperto, T-Mobile ha portato Huawei in tribunale e ha vinto una causa civile da $4,8 milioni, suggerendo che tutto ciò che i cinesi hanno appreso dal braccio preso in prestito da Tappy non equivaleva a niente di concreto.

Tuttavia questo contrattempo puramente commerciale è stato attaccato dall'FBI e ha provocato un'accusa penale tra cui la cospirazione per rubare segreti commerciali, tentativi di furto di segreti commerciali, frode e ostruzione della giustizia... come se il braccio preso in prestito da Tappy rappresentasse una sorta di atto di guerra!

In breve, il furto di proprietà intellettuale, le Regole cinesi per le aziende che operano in Cina e i meme sull'intrusione informatica, sono ragioni assolutamente false per una guerra commerciale di Donald contro la Cina.

I primi due sono promossi dalle lobby commerciali e dalle creature della palude come Robert Lighthizer, che si sono guadagnati una vita redditizia inducendo Washington a funzionare come baby sitter per conto delle società statunitensi.

Nel loro insieme equivalgono ad una serie di menzogne e falsificazioni progettata per gonfiare la "minaccia" cinese e quindi mantenere lo stato in guerra e ricolmo di deficit straripanti.

Quindi ciò che rappresenta la guerra commerciale di Donald in termini di commercio ed economia reali, sono i conti commerciali bilaterali orribilmente sbilanciati che l'anno scorso hanno provocato un deficit da $443 miliardi con la Cina.

Come abbiamo spesso sottolineato, questo squilibrio non è dovuto a cattivi accordi commerciali, all'OMC, o ai nefasti sussidi governativi cinesi agli esportatori.

È una funzione del regime globale della moneta fiat, in base al quale la FED ha gonfiato i salari, i prezzi ed i costi interni degli Stati Uniti al 2,00% all'anno, quando le circostanze competitive globali richiedevano un'inflazione a zero o persino una deflazione; e la banca centrale cinese ha ricambiato negli ultimi 25 anni mantenendo artificialmente basso il suo tasso di cambio acquistando dollari, portandola all'accumulo bizzarro di $4.000 miliardi di riserve di valuta estera.

Il risultato, ovviamente, è stato di $30 all'ora per i salari negli Stati Uniti e $5 per i salari equivalenti in Cina. A sua volta, il conseguente enorme arbitraggio sui costi ha causato la migrazione delle catene di approvvigionamento dagli Stati Uniti alla Cina e ai suoi fornitori nell'Asia orientale.

Quindi dopo diversi decenni di questa cattiva migrazione industriale, l'ormai massiccio deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina è radicato in un profondo divario economico che non si sarebbe mai sviluppato in un mondo con denaro onesto.

Cioè, secondo il vecchio gold standard, gli Stati Uniti avrebbero sperimentato un deflusso autocorrettivo di asset monetari (oro) a fronte di deficit commerciali e delle partite correnti. A sua volta, tale perdita di riserve auree avrebbe causato la contrazione del credito interno e la deflazione dei costi e dei salari interni, limitando così le importazioni e aumentando le esportazioni.

In alternativa se ci fosse stato un libero mercato nei tassi di cambio, quello cinese sarebbe salito alle stelle a fronte di enormi avanzi commerciali con gli Stati Uniti, rendendo le sue esportazioni meno interessanti nei mercati statunitensi e le esportazioni statunitensi più competitive in Cina.

Inutile dire che in realtà non esiste nessuna delle due cose. Gli Stati Uniti accumulano deficit delle partite correnti con la Cina e gran parte del resto del mondo, che ad oggi ammontano a circa $19.000 miliardi sin dalla fine degli anni '70. Allo stesso tempo, la Cina ha enormi avanzi con gli Stati Uniti, mediante cui finanzia le sue massicce importazioni di materiali e componenti e accumula asset finanziari esteri.

Anche una rapida revisione degli enormi squilibri nel commercio cinese a livello di prodotto dimostra che il colpevole è l'economia basata sul denaro cattivo, non le pratiche commerciali nefaste che possono essere eliminate attraverso un accordo commerciale.

Prendiamo il caso dei mobili e dei prodotti correlati, dove un tempo gli Stati Uniti avevano una fiorente industria nella regione sud-orientale, ormai scomparsa da tempo.

Questo perché nel 2018 gli Stati Uniti hanno importato $13,7 miliardi di mobili cinesi, ma ne hanno esportati solo $93 milioni in Cina. Questo è un rapporto di 147 volte tra le importazioni e le esportazioni, ma non deriva da un divieto sui mobili americani in Cina o da massicci sussidi agli esportatori cinesi.

No, è solo l'arbitraggio di salari e costi dovuto all'effetto cumulativo dell'inflazione del denaro cattivo negli Stati Uniti e della deflazione in Cina.

Allo stesso modo, nel 2018 gli Stati Uniti hanno importato dalla Cina $12,5 miliardi di beni che includono giocattoli, tricicli, scooter ecc., mentre ne esportano solo $43 milioni in Cina. Ciò equivaleva ad un rapporto di 291 volte tra le importazioni rispetto alle esportazioni e, sicuramente, anche si basa su un gigantesco gap di costi, non su una presunta frode cinese.

Se si aggiungono altri tre prodotti a quelli precedenti, tra cui lampade, illuminazione e sedie, otteniamo $46,6 miliardi di importazioni dalla Cina nel 2018 rispetto ad un microscopico $136 milioni di esportazioni.

Ciò rappresenta un rapporto import/export di 343 volte in queste categorie di prodotti ad alta intensità di manodopera e non esiste un accordo commerciale concepibile che possa colmare il divario.

Ed i prodotti finora discussi non sono aberrazione uniche. Se prendiamo in considerazione computer, componenti e dispositivi informatici, smartphone e monitor per cellulari, schermi e apparecchiature di proiezione, la storia è ancora più evidente.

Durante il 2018 gli Stati Uniti hanno importato dalla Cina $155 miliardi di merci in queste categorie, ma ne hanno esportato solo $3,1 miliardi in Cina.

Proprio così. Da soli suddetti beni hanno generato un deficit commerciale bilaterale di $152 miliardi.

Infatti il disavanzo combinato dei beni qui elencati ammonta a quasi $200 miliardi, o il 45% dell'intero deficit commerciale con la Cina. E non vi è dubbio che la ragione di questo gigantesco squilibrio sia stata l'enorme differenza di costi e salari tra Cina e Stati Uniti.

Detto in altro modo, Foxcon ora impiega oltre 1,1 milioni di lavoratori in dozzine di fabbriche cinesi che fabbricano ed assemblano iPhone, MacBook, ecc., ma non perché Pechino ha funzionato come il governo dello stato del Wisconsin e ha corrotto Foxcon affinché delocalizzasse nello Schema Rosso di Ponzi.

Al contrario, quest'ultimo incarna un'economia statale comunista radicata in debiti a basso costo, manodopera a basso costo e denaro cattivo. Di conseguenza i prodotti ad alta intensità di manodopera saranno intrinsecamente attraenti per i rivenditori, gli importatori ed i consumatori statunitensi.

Inoltre è davvero puerile il tentativo dei negoziatori commerciali di Trump, guidati da Robert Lighthizer, di definire scorrette le pratiche e le politiche statali cinesi, perché tutto nella terra dello Schema Rosso di Ponzi è mispriced. Se vogliono eliminare i disavanzi commerciali bilaterali nelle categorie sopraccitate, dovrebbero seguire la vecchia rotta di Cuba ed emarginare interamente i beni cinesi inventandosi qualche scusa politica.

Infatti quando si esamina l'altro lato dell'equazione (i $120 miliardi di esportazioni statunitensi in Cina l'anno scorso), i prodotti coinvolti sono materie prime e materiali ad alta intensità di capitale, dove gli Stati Uniti sono ragionevolmente competitivi sui mercati mondiali.

Ad esempio, 17 beni in questa categoria rappresentavano $42 miliardi, ovvero il 35%, delle esportazioni statunitensi in Cina lo scorso anno. Stiamo parlando di petrolio, GNL, soia, legname, carta straccia recuperata, rottami di rame e alluminio, cotone, pasta, pesce congelato, pelli, mais, carta non patinata, coke di petrolio e altri prodotti.

Nel caso di questi articoli la Cina ne ha esportato solo $8,1 miliardi negli Stati Uniti. Vale a dire, il commercio in queste categorie di prodotti era soggetto alle stesse distorsioni dello Schema Rosso di Ponzi, ma poiché comportano costi di manodopera de minimis, gli Stati Uniti hanno fatto registrare un enorme surplus commerciale.

Alla fine, Donald sta camminando verso un vicolo cieco che alla fine porterà ad un'enorme dislocazione commerciale globale e alla Grande Recessione Trumpiana.

Forse anche le scimmie a Wall Street stanno iniziando a fiutare questo scenario.



[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. Bellissimo, Stockman e’ in assoluto il miglior autore del tuo blog Francesco. Inutile soffermarsi su quel 99% di quello che dice che mi fa senso al 100%, quindi cerco il pelo nell’uovo, forse le politiche della BCE faranno secca la DB, ma al contrario del sistema bancario europeo sono scettico che questa sia la causa del collasso con eventuale prossimo fallimento di questa banca. Siamo sicuri che tra i bond spazzatura acquistati dalla BCE per tenere in piedi il castello di carte non ci siano quelli della stessa DB, che so magari qualcosa come i COCO bonds da rifinanziare? Adesso un commento piu’ esteso, personalmente invecchiando divento sempre piu’ allergico alle dottrine, magari apprezandone di piu certe rispetto ad altre, ma sempre con una punta di scetticismo per il fatto stesso che ci siano delle barriere e rigidità, forse essenziali, di una dottrina in quanto tale. Il tuo blog ed i suoi autori sono intrisi di questa dottrina classica, un qualcosa che apprezzo se paragonato dai kaynesiani, ma considerata in quanto tale non mi convince del tutto. Ha una sua logica e fila, ma la mia repulsione spontanea viene da rifiuto di bianco o nero, personalmente sono tifoso del grigio. Intendo dire che l’equilibrio generalmente sta nel mezzo o comunque da qualche parte a meta’ tra 2 estremi. Stockman ha una visione che temo, ma che non mi convince fino in fondo. In paralllelo ne conosco altre, non necessariamente estreme come la sua, che mi convincono di piu’. Sono anni che aspetto di vedere quale delle due previsioni s'avverera', chissa' magari solo per prima, ma per ora lo psicodramma inflattivo e del debito USA sta perdendo, a vincere e' una deflazione da debito ed all’apocalisse credero’ quando la vedo, al momento vedo solo una lenta soporifera agonia dell’economia, un qualcosa che ricorda la vita sospesa e come tale mi domando se verra' a mancare senza che qualcuno stacchi la spina

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