Bibliografia

venerdì 27 settembre 2019

L'Italia sta seppellendo i giovani e i non nati sotto una pila gigantesca di debiti





di Francesco Simoncelli


Quanto contano le promesse elettorali di un gruppo politico ormai "costretto" a ripetere sempre le stesse cose e non adempiervi mai? È molto curioso come la maggior parte degli italiani confidi ancora in una classe politica che perennemente delude le aspettative e preferisca perseverare negli errori piuttosto che portare la memoria a qualche anno indietro. La verità è che esistono molto specchietti per le allodole in questo campo d'indagine ed è alquanto imperscrutabile la realtà che conta davvero. Qual è questa realtà? Se non vi occupate dell'economia, sarà l'economia ad occuparsi di voi. Senza una sound theory che permetta una visione chiara delle cose, è pressoché impossibile identificare quelle cose che davvero contano nell'attuale ambiente economico. Una di queste, ad esempio, è l'aumento delle entrate fiscali dello stato italiano, a fronte però di un debito in continua ascesa. Nonostante lo stato stia spremendo fino all'osso il suo bacino di contribuenti, le passività a cui deve far fronte aumentano.

Ecco come funziona il debito pubblico: il denaro deve essere riscosso nel presente e nel futuro per pagare i conti del passato. Più aumenta la mole di debito da pagare, più rallenterà la crescita economica e di conseguenza più salirà l'impoverimento generale. Questa affermazione è sempre vera poiché coincide con quanto dimostrato da Mises in Economic Calculation in the Socialist Commonwealth, ovvero, lo stato e le sue istituzioni miste non sono in grado di soddisfare un calcolo economico in sintonia con le forze di mercato. In caso di fallimento gli basta ricorrere all'estrazione forzosa delle risorse per compensare le sue storture. Cos'è che non si vede? La seguente domanda: a che prezzo? Privare il settore imprenditoriale delle risorse di capitale (tempo, lavoro, materie prime) con cui far crescere genuinamente l'ambiente economico. Le distorsioni si accumulano ed è praticamente impossibile fermare questa slavina di errori economici, a meno di operare adeguati aggiustamenti o andare in bancarotta.

Debito pubblico italiano (milioni di euro)

In cosa consistono tali aggiustamenti? Austerità per il settore pubblico. Sebbene se ne sia parlato sin dall'inizio della crisi europea, come vediamo dal grafico qui sotto l'Italia non ha fatto praticamente niente per far dimagrire le sue spese. Quando abbiamo sentito parlare di "spending review" si trattava di un gioco semantico che in realtà voleva significare ridimensionamento delle spese future, non riduzione. Senza contare le operazioni di window dressing, volte a togliere dal lato dei passivi quelli che a tutti gli effetti sono spese e trasformarle magicamente (attraverso artifici contabili) in investimenti. E no, gli interessi sul debito non sono un problema da quando la BCE ha avviato i suoi programmi QE e TLTRO, sopprimendone artificialmente i rendimenti. Voglio dire, chi sano di mente presterebbe denaro ad un Paese dove il suo tessuto industriale è stramazzato al terreno e continua a spendere denaro senza curarsi del come venga speso? In questo contesto solo i front-runner che poi rivendono il pattume obbligazionario alle banche centrali sono interessati a cimentarsi in questa operazione, il che rende un ambiente altamente speculativo uno strumento che è alla base dei fondi pensione e delle assicurazioni.

Spesa pubblica italiana (milioni di euro)

Queste due entità, infatti, dovendo far fronte all'ingente domanda artificiale che si è venuta a creare intorno ai bond statali, sono stati costretti ad investire in asset sempre più rischiosi per mettere una toppa a questa situazione paradossale. Anche perché, sebbene il rischio sia stato mascherato dagli interventi centrali, è latente nell'ambiente economico perché il libero mercato è superiore a qualsiasi tentativo di controllo. Il dinamismo alla base della sua essenza gli conferisce un notevole spazio di manovra rispetto alla staticità a cui la società viene abituata dalle istituzioni centrali. Infatti queste ultime possono solo influenzare nel breve termine l'andamento dei mercati, ma nel medio/lungo termine emergono errori economici che chiedono dazio delle sconsideratezza del passato. Perché? Perché non esistono pasti gratis e la struttura di produzione, quando deformata dal denaro facile, tende a segnalare input fasulli che a catena mandano in crisi il tessuto produttivo.


In questo contesto, riempirsi la bocca del cosiddetto "spread" è un esercizio futile. E sebbene i dati mensili si focalizzino principalmente sul breve periodo, laddove le istituzioni centrali hanno influenza, le persone vengono bombardate da variazioni prive di significato. Ma nella vita di tutti i giorni sanno, seppur inconsciamente, come stanno le cose. Grazie all'inflation targeting al 2%, gli stati stanno stanno riscuotendo una nuova imposta e stanno facendo cassa sulla pelle delle persone. Qui mi tocca dar ragione a Keynes in uno dei suoi rari momenti di lucidità: "L'inflazione è quel fenomeno che nemmeno una persona su un milione riesce a comprendere." Infatti non è contabilizzata in nessuno conto del settore pubblico o privato, e finora ha creato poco o nessun risentimento tra coloro che sono soggetti al suo peso. Molti vivono nell'illusione che sia possibile una fuga continua. Questa è una tassa nascosta, ma con tutti questi nuovi termini che vengono coniati per giustificare una repressione monetaria continua la sua essenza si perde ancor di più nei meandri dei tecnicismi. Gli esattori possono riscuoterla senza troppi patemi d'animo, poiché l'efficienza a livello di riscossione è nettamente migliorata. Per quanto riguarda l'efficienza economica, invece, i suoi effetti sono devastanti. Ne sanno qualcosa Argentina e Venezuela, e in entrambi i Paesi bitcoin sta diventando una valuta a tutti gli effetti oltre ad essere bene rifugio.

Di conseguenza l'inflazione dei prezzi è l'effetto di lungo termine che è impossibile da controllare da parte delle banche centrali, scaturita appunto dai loro programmi di acquisto di asset. Per salvare grandi banche e stati nel breve periodo, si condannano all'impoverimento intere società. Infatti basta guardare alla situazione di Main Street in Italia per capire come stanno davvero le cose, consultando però dati di lungo termine. Inutile dire che gli italiani non sono i principali acquirenti di titoli di stato, quindi non è attraverso di essi che stanno risparmiando. Anzi, gli italiani non stanno risparmiando affatto come vediamo dal seguente grafico.

Tasso di risparmio italiano (percentuale)

Con i tassi negativi che vengono trasferiti dagli istituti finanziari a depositanti ed investitori, è diventato pressoché impossibile per la gente comune. Non solo, ma c'è anche da considerare il fatto che per sostenere il peso eccessivo di burocrazia e fisco, le persone tendono ad accendere prestiti per pagare le tasse. Questo macigno trattiene una porzione significativa degli stipendi delle famiglie, le quali ormai vivono di mese in mese con quello che guadagnano. Come vediamo dai grafici qui in basso, i salari sono rimasti al palo mentre il peso del debito sulle famiglie è rimasto pressoché identico a quello del periodo pre-crisi. Questo per dire che la preferenza temporale degli italiani è spinta in alto dalle politiche dei pianificatori centrali, impedendo loro di formare un flusso genuino di risparmi con cui sostenere il tessuto produttivo e personale. L'orientamento al futuro è annebbiato dall'azzardo morale partorito dallo stato e supportato dalle banche centrali. Il deleveraging sin dalla scorsa crisi non è affatto avvenuto ed esistono ancora molti errori che non sono stati corretti. La BCE si è limitata solamente a rimandarli nel tempo.

Indebitamento delle famiglie italiane (rapporto debiti/entrate)

Salari italiani (percentuale di aumento)

Poi c'è il mercato del lavoro strettamente connesso a salari ed imprese, il quale finisce per darci il quadro completo dello stato delle cose con l'economia italiana. Come mostrato dai grafici qui sotto, i lavori part-time sono esplosi sin dall'inizio della crisi, mentre i posti da capofamiglia hanno subito una lenta e progressiva discesa. Questi ultimi non solo permettevano di mettere qualcosa da parte, ma introducevano i giovani nel mondo delle responsabilità: famiglia, figli, prima casa, ecc. Con le distorsioni economiche cui è stato permesso di imperversare da parte di stati e banche centrali, il futuro della società è stato ipotecato per permetter a delle entità politicamente connesse di sopravvivere un giorno in più ed a continuare ad erodere il bacino dei risparmi reali. I giovani non possono più mettere su famiglia, costretti quindi ad emigrare o a vivere con i genitori, e con la paga magra che in gran parte devono versare al fisco, la loro unica strada è il nero. Con quale coraggio, quindi, politici e scribacchini parlano ancora di evasione fiscale da debellare? Quale razza di cretini può avallare misure ulteriormente draconiane su un'economia già devastata?

Lavori part-time in Italia

Lavori a tempo pieno in Italia

La risposta è presto data in questo articolo del Foglio in cui il neo-ministro all'economia spiega le sue ricette. Nonostante l'evidente stagnazione dell'economia italiana, ciò che preoccupa il nuovo ministro è attuare una politica espansiva. In poche parole, si vuole aumentare il deficit (on balance, perché quello off balance è a livelli stratosferici grazie soprattutto alla CDP ed ecco perché gli analisti generalisti non vedono la recessione). Ormai Keynes è stato superato e la MMT è la nuova frontiera di questa gente che non ha la minima idea di cosa sia l'economia e come le sue leggi, sebbene aggirate, non possano essere violate. Infatti la domanda che questo saltimbanco non si pone è la seguente: chi paga? Lo zio ricco ormai ha finito i soldi. Non solo, ma da quanto abbiamo appena visto i contribuenti italiani ed il suo tessuto industriale sono allo stremo. Come si farà a ripagare da sola questa manovra se verranno sottratte più risorse al settore privato e poi verranno sprecate?

Ecco quindi che, di punto in bianco, la retorica a sfavore di aumenti dell'Iva cambia registro, con stuoli di esperti che si affrettano a rassicurarci che, forse sì, un aumento è proprio quello che ci vorrebbe per rilanciare il Paese e che i sacrifici devono farli tutti (soprattutto la classe media e bassa, perché è lì che si trova il bacino più ampio di risorse). Allorché balzeranno agli onori delle cronache proposte singolari a supporto di una maggiorazione della tassazione sulle cose, come ad esempio lo sciocco sovranismo dei prodotti italiani che tanto piace alla Coldiretti. Ma se davvero bastasse così poco per sbaragliare la concorrenza estera, perché non portare l'Iva al 50%? Non solo, ma prima di ciò potrebbe verificarsi un altro fatto, ovvero, un aumento futuro e progressivo dell'Iva coperto attualmente da emissioni di titoli di stato. Il regno della follia a livello finanziario c'ha regalato il centennale austriaco, quindi è lecito aspettarsi una mossa simile anche dal Belpaese.

Ma pensateci un attimo: non è questo un'affermazione palese, seppur indiretta, che lo stato non ha intenzione di ripagare i suoi debiti? Le scadenze obbligazionarie a breve distanza sono contemplate solo per dare l'idea che lo stato sia affidabile come pagatore, ma questa strada rivela la sua vera natura. Perché? Perché lo stato ha una "contabilità" stupida: prende in prestito a breve (tasse) e spende a lungo termine. Ora immaginate che lo stato italiano emetta un bond centennale, non esiste alcun asset al mondo (nemmeno nelle grandi opere pubbliche) che possa durare così tanto e per la data di scadenza quell'asset avrà perso da tempo la sua utilità.

In parole povere, l'economia sta viaggiando su due binari paralleli: uno reale e l'altro illusorio. le storie di una ripresa economica e di un'economia in procinto di crescere sono specchietti per le allodole, anche perché, seguendo il ragionamento fino in fondo, dovrebbe essere questo il momento di tirare la cinghia. Invece si persegue lungo la tesi di una maggiore espansione, abbandonando definitivamente il credo keynesiano e abbracciando quello ancora più demente della MMT. Attenzione, però, perché l'Italia non è sola in questo viaggio.



NON SOLO L'ITALIA

Se guardiamo agli stessi grafici per gli Stati Uniti, ad esempio, scopriamo una storia simile. Inutile dire che possiamo utilizzarli come benchmark per capire quanto sia distante una recessione. Soprattutto per capire quanta resilienza rimane a Main Street prima di capitolare. Inutile sottolineare come il discorso appena fatto per l'Italia valga anche per gli USA, quindi mi limiterò ad evidenziare i grafici pertinenti. Il primo dato che salta subito all'occhio è la disconnessione tra profitti delle aziende e resa delle azioni sottostanti.



Su quest'ultimo tema MarketWatch di recente ha pubblicato un pezzo in cui si sottolinea l'aumento del rapporto tra salari di CEO e dipendenti, che l'anno scorso è arrivato allo strabiliante picco di 278 a 1 (mentre invece era 58 a 1 nel 1989 e 20 a 1 nel 1965). La paga dei CEO è salita del 1008% tra il 1978 e il 2018, mentre la paga del lavoratore medio è salita del 12%. Questo per ricordare come l'Effetto Cantillon abbia remunerato profumatamente coloro vicini alla stampante monetaria mentre ha impoverito coloro che hanno ricevuto il denaro creato ex novo in ritardo o non l'hanno ricevuto affatto. Ancor più importante è il secondo grafico qui sotto, il quale ci mostra come l'unica cosa che stia tenendo in piedi le azioni in questo momento sono i riacquisti da parte delle aziende stesse che le emettono.



E anche qui Main Street esce fuori dai giochi per quanto riguarda acquisti di azioni o obbligazioni, visto che il 78% degli impiegati a tempo pieno vive di stipendio in stipendio e che i giovani continuano a languire in un limbo senza fine.

Sin alla crisi finanziaria del 2008-2009, la crescita economica globale è stata lenta rispetto alle riprese economiche del passato. Il problema nel 2008 era il debito eccessivo e gli errori economici accumulati del passato, e la sinergia di queste due cause continua ad avere ripercussioni nel presente. Permettere un deleveraging completo era la strada da seguire, nonostante avrebbe significato più default e liquidazione diffusa di asset. Questo dolore economico, ma necessario, è ed era la soluzione, ma il danno collaterale all'elettorato è troppo grande per essere contemplato da qualsiasi amministrazione politica. Sebbene la risposta alla crisi sia arrivata in tempi diversi da Paese a Paese, ha assunto in tutti la medesima forza: nascondere sotto il tappeto i problemi e ignorarli attraverso la stampa ancor più sconsiderata di denaro.

La Federal Reserve ha tagliato i tassi d'interesse lanciando il suo QE e il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti ha introdotto il Troubled Asset Relief Program, consentendo alle istituzioni finanziarie statunitensi di mettere una pezza ai loro prestiti in sofferenza. In Europa la BCE ha tagliato i tassi d'interesse in modo ancora più aggressivo rispetto alle controparti statunitensi, attuando successivamente il proprio QE.

Inutile dire che questi esiti erano tutti prevedibili dopo che abbiamo visto il Giappone lottare e fallire continuamente sin dal 1989 contro due forze insormontabili: una popolazione che invecchia e una bolla del credito i cui strascichi si sentono ancora oggi. Il prossimo passo per l'Occidente è il Quantitative and Qualitative Easing (QQE), il quale ha consentito alla BoJ di acquistare obbligazioni societarie e persino azioni. A gennaio 2016 è seguita la politica dei tassi d'interesse negativi. Il QQE rimane ancora un esperimento prevalentemente giapponese, ma una volta che il presidente della BCE Mario Draghi ha capito che dicendo "salvare l'Europa a qualunque costo" avrebbe spinto i mercati finanziari a testare la forza della sua risoluzione, quindi la BCE ha anche iniziato ad acquisire obbligazioni societarie. Deve ancora passare alle azioni, ma è noto che sta contemplando l'offerta di "capitale permanente" per la prossima crisi.

L'ultimo stratagemma in ordine cronologico della BoJ è il "controllo della curva dei rendimenti", il quale mira a mantenere a zero i rendimenti dei decennali giapponesi. Ciò consente ancora ai fondi pensione la libertà di abbracciare il debito a più lunga scadenza, al fine di raccogliere alcuni punti base di reddito. Per gli stati i tassi d'interesse zero sulle obbligazioni statali sono sia una benedizione che una maledizione. Per la prima volta nella storia possono raccogliere capitali quasi gratis, o persino ricevere interessi piuttosto che darli. Tuttavia gran parte di tale vantaggio è dovuto agli acquisti da parte delle proprie banche centrali, che, acquistando queste obbligazioni con rendimenti negativi e mantenendoli fino a scadenza, incorrono in perdite effettive che dovranno essere coperte dai governi. Senza dimenticare anche altri acquirenti di queste obbligazioni, come fondi pensione e compagnie assicurative, che sono obbligati ad acquistarle.

Oltre ad una riduzione della redditività, tutto pare andare bene fino a quando l'inflazione non riprende vita e i tassi d'interesse iniziano a salire. Un invecchiamento demografico, che indebolisce la propensione di una nazione a consumare, aumenti di prezzo per i decenni a venire ed una cronica mancanza di investimenti aziendali alla fine porterà ad un redde rationem forzato. Immaginate l'impatto sulle finanze pubbliche se i rendimenti obbligazionari tornassero alla media. Ed i rendimenti tornano sempre alla media. Attualmente la FED è l'unica che sta snellendo lentamente il suo bilancio, ma stanno già emergendo i primi problemi (naturali) dovuti a questa operazione.


Ciononostante Powell ha dimostrato poca spina dorsale e quindi è prevedibile un'inversione del tightening nel futuro. Il prossimo passo nell'esperimento monetario delle banche centrali potrebbe essere quello di abbracciare tassi profondamente negativi e non solo una manciata di punti base. Le banche dovranno addebitare ai singoli clienti commissioni più elevate per i servizi di deposito. Una crisi di solvibilità bancaria sarà l'esito più probabile, dal momento che i clienti preleveranno contanti per imbottire i loro materassi.


In una recente pubblicazione della Federal Reserve Bank di San Francisco, gli autori osservano che il taglio dei tassi in Giappone ha portato a ridurre le aspettative sull'inflazione, sostenendo che le banche centrali debbano preservare l'attività economica mediante tassi al di sotto dello zero. Se i tassi d'interesse sono spinti in territorio negativo dalle azioni della banca centrale, la preferenza temporale viene invertita e gli incentivi economici tradizionali vengono corrotti. Gli individui e le società sono pagati per accendere prestiti e consumare beni.

Ciò che non si vede è che affinché l'economia possa crescere in modo sostenibile, sono necessari investimenti produttivi. Prima che ci possa essere capitale disponibile per gli investimenti, ci deve essere risparmio. Con tassi d'interesse negativi vi è un chiaro incentivo al prestito e un disincentivo al risparmio. Questa è finanza di Ponzi: prendere in prestito dal domani per consumare oggi.

Al fine di migliorare i suoi utili per azione, una società può differire gli investimenti di capitale. Funziona nel breve termine, ma se lo fa indefinitamente alla fine andrà fallita. Se un Paese sceglie la stessa linea d'azione, genererà una crescita economica (illusoria) nel breve termine ma impoverirà la sua popolazione a lungo termine, diminuendo il tasso di tendenza della crescita economica fino a raggiungere il punto in cui i rendimenti saranno decrescenti. Siamo in prossimità di questo punto ormai. Le leggi dell'economia finiranno per schiacciare le promesse politiche. Ad un certo punto in futuro, non oltre il prossimo mezzo secolo, l'interesse sul debito nazionale divorerà il bilancio federale nella misura in cui il rimborso di una parte sostanziale del debito sarà irrealizzabile e fiscalmente impossibile.



L'USCITA DI SICUREZZA

Prima di arrivare alla fine della strada, però, l'oppressione sull'ambiente economico verrà esarcebata affinché stati e banche centrali riescano a mantenere il controllo quanto più a lungo possibile. A questo proposito ci basta guardare cosa sta accadendo in Argentina e in Venezuela per capire come andrà a finire, perché l'esperimento che è iniziato a Tokyo ha come destinazione finale Caracas e Buenos Aires. Non è un caso infatti che, nel bel mezzo di una nuova crisi, siano scattati controlli sui capitali in Argentina; e non è nemmeno un caso che il cappio intorno al collo di depositanti e contribuenti si stia stringendo sempre di più in Italia. In questo contesto, Buones Aires e Caracas si stanno dimostrando ottimi esperimenti anche per una soluzione: adozione delle criptovalute. Non solo, ma uno sviluppo più importante di quello di acquistare semplicemente criptovalute e tenerle in un wallet, è il pagamento dei salari in criptovalute stesse.

Salari pagati in criptovalute decentralizzate stanno diventando la norma in tutto l'ambiente crypto e non crypto. In molte giurisdizioni ciò è legale anche in assenza di una "legge" ad hoc. Svizzera, Giappone, Russia, Nuova Zelanda ed Estonia sono alcuni degli esempi; le aziende in queste nazioni traggono vantaggio dai benefici di effettuare pagamenti in criptovalute. E tra questi vantaggi, oltre alla disintermediazione, c'è il nuovo potenziale di ampliare enormemente l'evoluzione di settori industriali esistenti. Inutile dirlo, uno di questi è quello bancario che si appresta a ricevere il colpo del KO da parte delle criptovalute. Dapprima hanno assistito alla nascita spontanea di una forma migliore di denaro con Bitcoin, poi a servizi di custodia migliori rispetto ai loro (come dimostrato da wallet come Melis grazie alla miriade di funzionalità che incorpora) e adesso è tempo dei servizi di prestito. In sostanza, tutto ciò che possono fare le banche, Bitcoin può farlo meglio.

È così che si abbatte l'obsolescenza. È così che si progredisce. È così che si correggono gli errori economici del passato. Ancora meglio, tutto ciò che la pianificazione centrale pretende di fare, il libero mercato può farlo meglio. E questo è soprattutto vero quando si pensa a Bitcoin, visto che l'auto-evidenza delle regole insite nel suo codice (es. teoria dei giochi, crittografia, matematica, incentivi economici, ecc.) indica la presenza già di regolamentazione. Perché aggiungere un ulteriore strato di regolamentazione solo per giustificare l'esistenza di un apparato che ormai ha fatto il suo corso? La cui violenza ha fatto il suo corso. Lo stato e la sua pianificazione centrale sono il problema contro il quale si sono ribellati Satoshi Nakamoto ed i cypherpunk. Le banche centrali, non il denaro privato, rappresentano il rischio per liquidità, insolvenze e cambio estero, per non parlare dell'inflazione, dei salvataggi, dei tassi d'interesse negativi e di molte altre storture riguardo il monopolio monetario.

In altre parole, le persone preferiscono spostare le proprie attività per sfuggire all'elevata inflazione e al fallimento delle banche piuttosto che lasciare le loro scelte finanziarie nelle mani delle stesse autorità che hanno causato l'inflazione elevata e il collasso delle banche. È una questione di indipendenza finanziaria e ciò di cui abbiamo bisogno è meno stato, non di più. State pur certi, cari lettori, che una regressione dell'oppressione burocratica statale significherà meno crimini in quei settori che le regole AML dovrebbero essere progettate per "proteggere". Ma visto che la maggior parte delle persone preferisce esempi dal mondo reale, eccone uno (sebbene il settore d'applicazione sia diverso, i concetti sviluppati sin qui si applicano lo stesso).



CONCLUSIONE

L'investitore medio non legge le fonti d'informazione che leggo io, perché preferisce fare affidamento sulla stampa finanziaria generalista, che è supportata dalle stesse aziende di cui parla bene. Preferisce leggere articoli favorevoli alle azioni, ciò che gli inserzionisti della stampa finanziaria generalista pagano per pubblicare. Ma i dubbi stanno crescendo... Giorno dopo giorno le notizie delle banche, dell'industria automobilistica, del settore dell'edilizia e del settore dei debiti agli studenti sono deprimenti. Stanno erodendo le basi della fiducia necessaria per sostenere l'ottimismo nei mercati azionari.

Stiamo assistendo all'indebolimento delle credenze dei permabull: l'ottimismo degli investitori. Le buone notizie riguardano aziende specifiche, mentre quelle cattive si applicano ad interi settori dell'economia. E questi ultimi sono ora totalmente dipendenti dal debito a lungo termine e non possono sopravvivere senza ingenti debiti permanenti. Questo è anche il presupposto dei vari Ministeri del Tesoro, tra cui spicca quello italiano. Il suo debito è perpetuo ed è uno dei peggiori perché destinato al consumo (l'acquisto di voti), non alla produzione. Gli elettori hanno accettato la filosofia del debito permanente, ad un ritmo in continua espansione, come base per la politica.

"I deficit non contano", questo è ciò che i politici proclamano agli elettori e poi gli economisti al loro soldo (gente come Bagnai e Borghi tanto per fare un esempio) lo ripetono come profeti di corte moderni. Il debito è per sempre. Stati e banche centrali stanno salvando le grandi banche sconsiderate attraverso prestiti a tassi ridicoli e finanziamenti diretti. Fintanto che lo stato interviene per mantenere viva la struttura del debito, agli elettori non importa se i loro soldi vengono utilizzati per salvare questa categoria.

Il debito a basso costo crea dipendenza, ma man mano che la dipendenza cresce, diventa troppo grande per non fallire. E infatti fallirà. La domanda è: in che modo? Default totale o inflazione galoppante? Io dico inflazione galoppante.


2 commenti:

  1. Molto bello. Se posso permettermi, i grafici all'inizio del paper non hanno una descrizione sufficientemente completa, difficile capire la scala, l'oggetto al quale si riferiscono, mancano di una legenda chiara..... per il resto sempre ottimo anche se un po lungo. Grazie.

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    1. Ciao Travis.

      Grazie per la segnalazione, ho provveduto ad inserire le informazioni richieste.

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