mercoledì 25 settembre 2019

I regolatori non sono coloro che rendono sicuro il cibo





di Jeffrey Tucker


La lattuga romana ha causato un grande panico nel settore alimentare lo scorso novembre, con la FDA, il CDC e decine di migliaia di notizie che mettevano in guardia le persone a causa di infezioni di E. coli. Il prodotto è sparito da scaffali e ristoranti in un giorno.

(Non pensate che questo sia solo un problema del settore privato, scrivo da Atlanta, dove l'amministrazione locale sta dicendo ai residenti di far bollire l'acqua dei rubinetti a causa di una contaminazione.)

Facciamo un passo indietro e prendiamo in considerazione i fattori di rischio: al momento della sostituzione del prodotto, 43 persone erano state infettate. Nel peggiore dei casi la probabilità di essere ricoverati in ospedale mangiando un prodotto contaminato è di 1 su 28 milioni.

Come ha osservato Jim Prevor sul Wall Street Journal: "La probabilità di ottenere una scala reale a poker è 1 su 649.740. [...] Se questo focolaio fosse attivo ogni giorno e mangiaste un'insalata al giorno, in media verreste ricoverati in ospedale per E. coli una volta ogni 77.000 anni."

Quindi, sì, tutti si sono lasciati prendere la mano ed è stato un disastro per l'industria della lattuga. Un panico all'inizio del 2018 è costato all'industria $77 milioni e un calo del 44% delle vendite. Quello dello scorso novembre invece è stato anche peggio e l'industria sta cercando soluzioni, anche per prevenire un'infezione, per quanto le probabilità siano basse. Alcuni stanno addirittura parlando dell'utilizzo della blockchain per tracciarne meglio la provenienza.



Normativa alimentare

È una delle affermazioni più sconcertanti dell'ideologia pro-regolamentazione: produttori e venditori di alimenti hanno un debole incentivo nell'assicurarsi che il loro cibo sia sicuro per il consumo. Un breve sguardo alla dinamica di questo panico ci suggerisce il contrario. La vendita di un prodotto non sicuro è catastrofica per l'industria, eppure si presume quasi universalmente che tutti noi compreremmo e consumeremmo quotidianamente veleni se non fosse per i regolatori alimentari di Washington che dicono alle persone come mantenere il cibo sicuro. Devono essere pronti a multare, altrimenti saremmo condannati.

Il mito è nato nei primi anni del XX secolo, con The Jungle di Upton Sinclair del 1904. Era tutta finzione, ma molto avvincente. Gli orrori dell'industria del confezionamento della carne ivi descritti (comprese le scene di lavoratori che cadono in vasche di grasso bollente) hanno ispirato la prima normativa federale su larga scala in materia di sicurezza alimentare: il Meat Inspection Act del 1906. Theodore Roosevelt considerava questo come un primo passo necessario "per eliminare l'avidità arrogante ed egoistica del capitalista".

Ed è di solito qui che finisce la memoria storica: il governo federale ci ha salvato dalla carne non sicura, e basta. Ora ci tiene al sicuro dalla lattuga velenosa. Questa storia ci spiega il supporto per il coinvolgimento dello stato nell'arrestare le malattie di origine alimentare. È il modello fondante per cui lo stato è coinvolto nel l'approvare il cibo e salvaguarda presumibilmente la nostra salute.



La normativa ha funzionato?

Torniamo un attimo al confezionamento della carne. Le normative hanno raggiunto i loro obiettivi? La situazione è migliorata e, in tal caso, questo miglioramento è dovuto alle normative o alle innovazioni private? O il problema è peggiorato e, in tal caso, il peggioramento può essere ricondotto alle normative stesse? Queste sono le domande che dobbiamo porci.

C'è qualcosa di ancora poco conosciuto in tutta questa storia, che va a smontare la tesi secondo cui lo stato debba occuparsi della nostra salute. La legislazione impone che gli ispettori federali possano presentarsi sul posto a qualsiasi ora in ogni impianto di confezionamento delle carni. I regolatori hanno escogitato un metodo che fa acqua da tutte le parti per rilevare la carne cattiva: introdurre un bastoncino nella carne e annusarlo. Se l'odore è buono, inseriscono il bastoncino nel pezzo di carne successivo e continuano ad odorare. Eseguono questa procedura in tutto lo stabilimento. Questa è la presunta soluzione...

Ma come sottolinea Baylen J. Linnekin in "La fallacia della sicurezza alimentare: più normative non rendono necessariamente più sicuro il cibo" (Northeastern University Law Journal, vol. 4, n. 1), questo metodo è a dir poco imperfetto. Non si possono rilevare i patogeni nella carne dall'odore. Ci vuole molto tempo affinché i batteri inizino ad emettere gas puzzolenti. Nel frattempo i batteri possono diffondere la malattia attraverso il tocco. Il bastoncino può raccogliere i batteri e trasmetterli da un pezzo di carne ad un altro, e gli ispettori non possono saperlo. Questo metodo per testare la carne diffonde qualsiasi agente patogeno dalla carne cattiva alla carne buona, garantendo che un'intera industria diventi un coacervo di agenti patogeni.

Come spiega Linnekin: "Gli ispettori dell'USDA hanno indubbiamente trasmesso batteri nocivi da un pezzo di carne contaminato ad altri pezzi non contaminati in quantità indicibili e, di conseguenza, sono stati direttamente responsabili di aver fatto ammalare un numero imprecisato di americani con le loro azioni".

È molto tempo che persiste una cattiva pratica normativa ed in fondo è così che funziona con le normative. Una volta che una regola è in atto, nessuno può fermarla, non importa quanto poco abbia senso. E lo sapete bene se siete mai stati in fila per i controlli della TSA in aeroporto. L'irrazionalità alla base dei loro regolamenti mi colpisce ogni volta e colpisce anche i dipendenti della TSA. Sequestrano bottiglie di shampoo, ma lasciano passare gli accendini. A volte confiscano un cavatappi e altre volte no.

Ogni volta che lo stato impone una normativa, inizia a funzionare come se fosse un pilota automatico. Non importa quanto sia priva di logica, dannosa, irrazionale, o fuori moda, la normativa finisce per superare il ragionamento della mente umana. Questa diventa una questione molto seria per quanto riguarda la salute. Regolamentare questo settore non deve significare un signore supremo che non risponde a nuove informazioni, nuove prove e innovazione; nessuno vorrebbe un sistema specializzato nel seguire una routine, non importa quanto sia folle.

Questo è il motivo per cui nelle società in cui si intromette lo stato, le cose finiscono per diventare statiche e stagnanti. Ecco perché ancora oggi Cuba sembra un tableau degli anni '50. Questo è il motivo per cui quando il sipario è calato sulla Germania orientale e sull'Unione Sovietica nel 1989-91, abbiamo scoperto società che sembravano bloccate nel passato. Ecco perché il servizio postale non innova e perché le scuole pubbliche sono ancora strutturate come se fossimo negli anni '70. Una volta stabilito un piano statale, si tende a rimanervi fedeli, anche quando non raggiunge i suoi obiettivi.

Il caso del confezionamento della carne dovrebbe servire da avvertimento per tutte le misure normative dello stato, progettate per proteggerci dalle malattie o renderci sicuri. Viviamo in un mondo di cambiamento e di crescente conoscenza. Le nostre vite e il nostro benessere dipendono da sistemi economici che possono rispondere al cambiamento, elaborare con successo tale conoscenza e consentirne l'utilizzo in modi che soddisfino i bisogni umani. Un'economia di mercato competitiva è specializzata nel fare proprio questo.

Se dovessi scegliere tra fidarmi di un'industria della lattuga autoregolata che paga a caro prezzo per eventuali errori commessi nella sicurezza alimentare, o conferire poteri speciali a dipendenti distanti e distaccati del settore pubblico senza conoscenze localizzate o specializzate in qualsiasi settore particolare, la scelta sembra piuttosto ovvia. Come dimostra l'ultimo caso della lattuga romana, il contributo dei regolatori può essere discutibile, ridondante, generativo di panico inutile, o addirittura contrario all'obiettivo della sicurezza.

È una storia che è andata avanti per oltre 100 anni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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