Bibliografia

lunedì 30 settembre 2019

Taroccare i mercati col mito fasullo del MAGA





di David Stockman


Non diamo tanto retta alle chiacchiere della CNN/MSM secondo cui Donald rappresenti una fonte di bugie senza fine.

La maggior parte di ciò che definiscono "bugie" sono fatti discutibili su proposizioni che non gli piacciono, come la verità che la storia della Russia non solo fosse falsa sin dal primo giorno, ma fosse in realtà un tentativo da parte dei Democratici e dei loro compari del Deep State di invertire incostituzionalmente l'esito delle elezioni presidenziali.

Ma non ci sono dubbi sul fatto che Donald abbia detto una frottola quando di recente ha visto il mercato dei futures immerso nel rosso; quindi, per arginare la marea, Donald ha affermato da Biarritz, in Francia, che "la Cina ha chiamato ieri sera" e ha indicato il desiderio di riprendere i colloqui commerciali, dicendo successivamente che due funzionari cinesi di "alto livello" avevano contattato la Casa Bianca chiedendo di riavviare i negoziati in stallo.

Non sorprende che i cinesi abbiano immediatamente negato tutto, ma a quel punto i robo-trader avevano già premuto le loro chiavi di accensione e avevano trascorso il resto della settimana a tentare di cancellare le ferite del venerdì precedente.

Ma ora è anche abbondantemente chiaro che le presunte chiamate cinesi non sono mai avvenute e che Donald ha cercato di manipolare in modo grottesco i mercati, cosa per la quale qualsiasi CEO o altri addetti ai lavori sarebbero stati accusati in un baleno.
Anche gli addetti ai lavori della Casa Bianca hanno confessato il maldestro stratagemma. Il nostro punto non è quello di puntare il dito contro Donald, ma di sottolineare come la sua strategia (MAGA) sia sciocca e come il mercato azionario che cerca continuamente di far salire sia una testimonianza di decenni di follia monetaria delle banche centrali.

Quindi bisogna dirlo di nuovo: Donald è uno sconclusionato le cui opinioni su commercio, debito e denaro sono un chiaro pericolo per la prosperità; e ciò sta accadendo in un momento in cui i frutti economici marci di 30 anni di eruzione del debito e stampa di denaro da parte della FED stanno avvelenando definitivamente l'economia.

Per quanto riguarda la questione dei nostri banchieri banchieri centrali keynesiani, Trump ha superato sé stesso, dimostrando che la nave di sciocchi domiciliata nell'Eccles Building non può reggere il confronto con e sue gigantesche insensatezze.

Ed è anche un promemoria del perché Donald non si preoccupi dei conti fiscali emorragici della nazione. Durante i suoi primi 31 mesi in carica, e nel più lungo ciclo economico della storia, ha aggiunto $2,700 miliardi al debito pubblico, ma pensa che sia solo una fortuna che il governo tedesco venga pagato per prendere in prestito denaro.

Al contrario, la corsa verso il basso da parte dei tassi d'interesse è una catastrofe finanziaria storica, non una sorta di competizione internazionale che Donald sta perdendo; e se gli altri leader del G-7 fossero "ignari" della distruzione al rallentatore dei loro mercati obbligazionari e dei sistemi bancari europei, allora scemi sarebbe un termine migliore per le loro condizioni mentali.

  • Germania............... -0,71%
  • Belgio.................... -0,38%
  • Olanda.................... -0,58%
  • Francia................... -0,44%
  • Italia........................ 0,98%
  • Spagna..................... 0,05%
  • Portogallo................ 0,09%
  • Grecia...................... 1,57%

I rendimenti ridicoli qui sopra ci dicono che gli speculatori e gli sciocchi hanno spinto i prezzi delle obbligazioni a livelli ben al di sopra della parità e, quindi, assisteremo ad enormi perdite di capitale al momento del rimborso o della correzione del mercato.

Il decennale italiano, ad esempio, è stato emesso di recente con un coupon del 3,0%, il che significa che l'acquirente di oggi riceverà una perdita del 65% al momento del rimborso. Allo stesso modo, un anno fa le obbligazioni portoghesi venivano scambiate con un rendimento dell'1,87% e le obbligazioni spagnole all'1,46%, il che implica enormi perdite di capitale per gli speculatori che comprano ai rendimenti minimi di oggi.

Inutile dire che se la BCE è abbastanza sciocca da riavviare il QE e portare il suo tasso di deposito persino più in basso dell'attuale -0,40%, causerà letteralmente l'esplosione del sistema finanziario europeo con la Deutsche Bank in prima fila.

Eppure Donald vuole che la FED emuli questa follia, perché secondo lui la FED è "mentalmente" incapace di tenere il passo con le altre banche centrali del pianeta.

Quando si tratta di commercio, ovviamente, Donald è ancora più fuori di testa e la sua escalation nella guerra commerciale contro la Cina non ha lasciato spazio a dubbi.

Spingendo i dazi al 30% sui $250 miliardi di importazioni cinesi già tassate (più il 15% promesso per i restanti $300 miliardi), Donald si è spinto letteralmente oltre i limiti di qualsiasi parvenza di razionalità.

Vale a dire, quando l'intero pacchetto di dazi entrerà in vigore il 15 dicembre, e non abbiamo dubbi sul fatto che le cose andranno così, Donald avrà imposto una tassa di $122 miliardi, o il 22%, sull'afflusso annuale di $543 miliardi di merci dalla Cina.

Questo è così esagerato che possiamo dire con assoluta fiducia che nessun occupante dell'Ufficio Ovale, o consulente economico di alto livello, ha mai contemplato qualcosa di così tanto remoto. Infatti nessuno nell'attuale Casa Bianca, a parte Donald e forse Peter Navarro, ha mai contemplato questo livello di insensatezza.

Il fatto è che tutto questo è sui generis. È la strana azione dell'ego scatenato di un uomo e della semplice idea che il sistema commerciale globale da $18.000 miliardi non sia altro che uno sport all'aria aperta in cui gli arbitri sono corrotti e l'America viene derubata.

Perfino il dazio del 10% di Nixon nel 1971 su tutte le importazioni era molto, molto meno stupido di questi di oggi. Venne progettato per costringere i governi esteri a rivalutare i loro tassi di cambio rispetto al dollaro (sic!), ma venne rapidamente abbandonato dopo che l'Accordo Smithsonian stabilì nuove parità, sebbene di breve durata, pochi mesi dopo.

Inoltre il dazio di Nixon era generale, non un missile termonucleare mirato singolarmente al più grande partner commerciale americano.

Tuttavia quest'ultimo aspetto è ciò che rende i dazi attuali di Donald così minacciosi per l'intera economia globale: sta danneggiando le complesse catene di approvvigionamento che riforniscono di prodotti finiti i magazzini della Cina e che poi quest'ultima esporta.

Pertanto, al fine di generare $543 miliardi di esportazioni negli Stati Uniti l'anno scorso e $2.490 miliardi in tutto il mondo, la Cina ha importato $2.130 miliardi di roba.

Ciò includeva $342 miliardi di semiconduttori, parti e apparecchiature di produzione, $175 miliardi di altri macchinari elettrici, $202 miliardi di macchinari meccanici e $102 miliardi di dispositivi ottici, fotografici, di misurazione e relativi beni strumentali d'alta ingegneria.

Ha anche importato $348 miliardi di petrolio, carbone e altri combustibili, $202 miliardi di ferro, alluminio, nichel e altri minerali metallici, e $83 miliardi di semi di soia, cereali, frutta, carne e altri prodotti agricoli.

Inutile dire che questo potenziale cuneo fiscale del 22% contro i prodotti finiti cinesi rispetto a quelli di tutti i suoi concorrenti globali, ha innescato un frenetico re-indirizzamento verso Paesi a basso salario: Vietnam, Indonesia, India, Malesia, Cambogia, Thailandia, Bangladesh, Pakistan, Brasile e Messico, solo per citarne alcuni.

Nel processo, ovviamente, le catene di approvvigionamento saranno massicciamente distrutte, gli investimenti sommersi nelle attuali rotte commerciali cinesi saranno deprezzati e l'incertezza e l'indecisione delle imprese diverranno dilaganti.

E in che momento storico l'economia globale viene inserita in questo tritacarne economico senza precedenti?

Beh, proprio nel momento in cui è stata sepolta sotto un debito da $250.000 miliardi, a riflesso di un'eruzione di $100.000 miliardi solo per disinnescare l'ultima crisi e le banche centrali hanno spinto i mercati obbligazionari globali sotto lo zero.

Vale a dire, hanno poco spazio per tagliare i tassi e qualsiasi ritorno al QE ucciderà qualsiasi rendimento positivo ancora in circolazione e quindi segnali di prezzo razionali nei mercati obbligazionari mondiali.

Quindi questa volta non ci sarà alcun salvataggio da parte delle banche centrali, o una rapida reflazione come dopo il marzo 2009. La grande recessione trumpiana si diffonderà ai quattro angoli del pianeta e durerà per diversi anni a venire, mentre il debito pubblico, delle famiglie e commerciale accumulatosi sin dal 2007 innescherà fallimenti e svalutazioni di entità mai viste prima.

Quindi la domanda è: perché Donald sta rischiando la grande recessione trumpiana nella sua sciocca guerra commerciale contro la Cina?
  1. La presunta minaccia tecnologica della Cina;
  2. Il coro di K-Street sul presunto furto commerciale cinese di segreti commerciali e brevetti;
  3. La piagnucolosa campagna Fortune 500 su come i loro investimenti vengono maltrattati quando scelgono volontariamente di mettere in campo beni e operazioni nello Schema Rosso di Ponzi;
  4. Lo squilibrio commerciale bilaterale che ha visto le importazioni cinesi da $543 miliardi nel 2018 ridotte a soli $120 miliardi esportati in Cina da società domestiche statunitensi.

Basti pensare che il n° 1 è un caso palese del bue che dà del cornuto all'asino. La fonte delle intrusioni informatiche ostili negli affari di altri Paesi, e in particolare i loro settori militari e tecnologici connessi, è il budget da $80 miliardi della cosiddetta US Intelligence Community (IC).

Qualunque misura difensiva possa essere attribuita a Paesi del calibro di Iran, Russia e soprattutto Cina sono minuzie a confronto. La causa della celebre e presunta "backdoor" nei prodotti Huawei, è in realtà esattamente l'opposto: la società tecnologica n° 1 in Cina ha semplicemente rifiutato di impiantare le capacità di cyber-intrusione richieste dalla CIA e dalla NSA (così la società è stata dichiarata una minaccia alla sicurezza nazionale da parte dell'IC).

Per quanto riguarda il presunto furto cinese di segreti commerciali e brevetti commerciali, bisogna solo ricordare che qualcosa come 15.000 azioni legali contro la violazione di brevetti sono depositate presso i tribunali degli Stati Uniti ogni anno.

Questo perché replicare, riorganizzare e retroingegnerizzare i prodotti di altre aziende è ciò che fanno naturalmente le aziende competitive e se si avvicinano troppo alla proprietà intellettuale protetta all'interno dei confini del brevetto in questione, perdono la causa e devono risarcire i danni.

Ma ecco il punto: il costo della protezione della proprietà intellettuale è un costo per fare affari nel mondo odierno del commercio globale.

Non è compito delle commissioni a Washington svolgere il ruolo di procuratori giudiziari; e soprattutto non è la funzione dello stato prendere in ostaggio $21.000 miliardi del PIL nazionale al fine di far valere le denunce di violazione di brevetti di una manciata di società nazionali.

Allo stesso modo, la risposta al lamento dei CEO di Fortune 500 sull'obbligo di entrare in joint venture e condividere la tecnologia quando scelgono di investire e operare nello Schema Rosso di Ponzi rosso è abbastanza diretta: Basta!

Inutile dire che è un oltraggio sacrificare Main Street in modo che i CEO possano vantarsi delle loro "strategie di crescita" in Cina senza dover affrontare l'inconveniente di vivere secondo le Regole Rosse.

A quanto pare, l'unico vero problema nelle relazioni commerciali bilaterali con lo Schema Rosso di Ponzi è in realtà il deficit commerciale da $423 miliardi. Ha ragione sul problema, ma ha torto sul perché esiste e su cosa fare al riguardo, come vedremo più avanti. Nel frattempo, però, spieghiamo bene perché reinventare i prodotti della concorrenza, il reverse engineering e la modifica dei prodotti in conformità ai brevetti è ciò che i buoni dipartimenti di ricerca e sviluppo fanno ovunque. Sono affari, non furti.

Il Wall Street Journal, nel suo zelo di fornire servizi di stenografia al Deep State e in particolare all'FBI, ha pubblicato una storia senza senso intitolata: "U.S. Prosecutors Probe Huawei on New Allegations of Technology Theft" che dimostra quanto sia davvero ridicola l'intera faccenda.
Un esempio riguarda un ex-ingegnere a contratto in Svezia per Huawei, Robert Read, che nel 2002-2003 ha aiutato l'azienda a reclutare lavoratori licenziati dagli uffici vicini di Ericsson AB.

Ma per favore!

Quale concorrente degno del suo nome non avrebbe mandato i reclutatori in un'area in cui un'altra società si era messa prima ma non aveva abbastanza fondi per mantenere ingegneri esperti e qualificati? Questo è chiamato libero mercato: riallocare manodopera e competenze in luoghi in cui possono essere sfruttati al meglio e al massimo.

Questo esempio non solo è ridicolo e tradisce una totale ignoranza su come le aziende gestiscono lo sviluppo dei loro prodotti e il processo di acquisizione delle competenze dei dipendenti, ma solleva una domanda ancora più cruciale: Che diavolo c'entra l'FBI nel processo di applicazione dei brevetti?
Questa non è assolutamente una funzione legittima dello stato. Questo perché quando le aziende ottengono il privilegio di proteggersi con i brevetti, spesso raccolgono profitti redditizi durante il periodo di monopolio; e se desiderano massimizzare la raccolta di tali profitti al di sopra del normale, devono spendere soldi nelle controversie per far rispettare i loro monopoli conferiti dallo stato.

Inoltre, poiché la violazione dei brevetti il ​​più delle volte coinvolge aree grigie tecnicamente complesse, perché dovrebbe essere un'azione criminalizzata?

I brevetti sono nella migliore delle ipotesi una componente economica discutibile da giudicare, infatti i procuratori e l'FBI sono in questo settore perché arruolati dallo stato di guerra. Nel presente caso, la riallocazione di decine di milioni di risorse dell'FBI per perseguire il presunto furto di proprietà intellettuale cinese è l'ultimo smacco in ordine cronologico. Durante le prime fasi di sviluppo economico anche le società giapponesi, sudcoreane e taiwanesi hanno reclutato talenti da società statunitensi o europee affermate e hanno reinventato i loro prodotti per replicarli.

Ma dal momento che i loro Paesi di origine erano presumibilmente "alleati" di Washington, nessuno ha iniziato una guerra commerciale contro loro o ha tentato di demonizzarli come minacce alla sicurezza nazionale.

Nella fattispecie i palesi, goffi e spesso ridicoli tentativi di minacce contro lo Schema Rosso di Ponzi da parte delle forze dell'ordine statunitensi vi dicono tutto ciò che dovete sapere. Ad esempio, nella succitata storia del WSJ si fa anche menzione del presunto furto di un dispositivo di test robotico T-Mobile 2012-2013 da parte degli ingegneri Huawei.

In realtà sembra la sceneggiatura di un film. Sembra che T-Mobile avesse un robot chiamato "Tappy" in grado di testare gli schermi degli smartphone toccandone il vetro e ottenendo una lettura su tutte le funzioni del dispositivo in fase di test.

Huawei stava tentando di vendere smartphone a T-Mobile, ma "Tappy" scartava i dispositivi dell'azienda cinese. Quindi, al fine di migliorare la propria offerta di smartphone, Huawei ha cercato ripetutamente di ottenere in licenza Tappy per usi di controllo di qualità nelle proprie fabbriche in Cina. Questa richiesta è stata ripetutamente respinta da T-Mobile, poiché la tecnologia di test incorporata nel braccio di Tappy era proprietaria e rappresentava un enorme risparmio di costi rispetto agli umani.

Alla fine, un ingegnere zelante di Huawei chiamato "AX" è stato inviato negli Stati Uniti per indagare sulla tecnologia di Tappy e ha letteralmente preso in mano la situazione.

Forse dovremmo semplicemente dire che questo episodio è stata una dimostrazione di dilagante stupidità da parte del personale di laboratorio di T-Mobile. Tuttavia, come si è scoperto, T-Mobile ha portato Huawei in tribunale e ha vinto una causa civile da $4,8 milioni, suggerendo che tutto ciò che i cinesi hanno appreso dal braccio preso in prestito da Tappy non equivaleva a niente di concreto.

Tuttavia questo contrattempo puramente commerciale è stato attaccato dall'FBI e ha provocato un'accusa penale tra cui la cospirazione per rubare segreti commerciali, tentativi di furto di segreti commerciali, frode e ostruzione della giustizia... come se il braccio preso in prestito da Tappy rappresentasse una sorta di atto di guerra!

In breve, il furto di proprietà intellettuale, le Regole cinesi per le aziende che operano in Cina e i meme sull'intrusione informatica, sono ragioni assolutamente false per una guerra commerciale di Donald contro la Cina.

I primi due sono promossi dalle lobby commerciali e dalle creature della palude come Robert Lighthizer, che si sono guadagnati una vita redditizia inducendo Washington a funzionare come baby sitter per conto delle società statunitensi.

Nel loro insieme equivalgono ad una serie di menzogne e falsificazioni progettata per gonfiare la "minaccia" cinese e quindi mantenere lo stato in guerra e ricolmo di deficit straripanti.

Quindi ciò che rappresenta la guerra commerciale di Donald in termini di commercio ed economia reali, sono i conti commerciali bilaterali orribilmente sbilanciati che l'anno scorso hanno provocato un deficit da $443 miliardi con la Cina.

Come abbiamo spesso sottolineato, questo squilibrio non è dovuto a cattivi accordi commerciali, all'OMC, o ai nefasti sussidi governativi cinesi agli esportatori.

È una funzione del regime globale della moneta fiat, in base al quale la FED ha gonfiato i salari, i prezzi ed i costi interni degli Stati Uniti al 2,00% all'anno, quando le circostanze competitive globali richiedevano un'inflazione a zero o persino una deflazione; e la banca centrale cinese ha ricambiato negli ultimi 25 anni mantenendo artificialmente basso il suo tasso di cambio acquistando dollari, portandola all'accumulo bizzarro di $4.000 miliardi di riserve di valuta estera.

Il risultato, ovviamente, è stato di $30 all'ora per i salari negli Stati Uniti e $5 per i salari equivalenti in Cina. A sua volta, il conseguente enorme arbitraggio sui costi ha causato la migrazione delle catene di approvvigionamento dagli Stati Uniti alla Cina e ai suoi fornitori nell'Asia orientale.

Quindi dopo diversi decenni di questa cattiva migrazione industriale, l'ormai massiccio deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina è radicato in un profondo divario economico che non si sarebbe mai sviluppato in un mondo con denaro onesto.

Cioè, secondo il vecchio gold standard, gli Stati Uniti avrebbero sperimentato un deflusso autocorrettivo di asset monetari (oro) a fronte di deficit commerciali e delle partite correnti. A sua volta, tale perdita di riserve auree avrebbe causato la contrazione del credito interno e la deflazione dei costi e dei salari interni, limitando così le importazioni e aumentando le esportazioni.

In alternativa se ci fosse stato un libero mercato nei tassi di cambio, quello cinese sarebbe salito alle stelle a fronte di enormi avanzi commerciali con gli Stati Uniti, rendendo le sue esportazioni meno interessanti nei mercati statunitensi e le esportazioni statunitensi più competitive in Cina.

Inutile dire che in realtà non esiste nessuna delle due cose. Gli Stati Uniti accumulano deficit delle partite correnti con la Cina e gran parte del resto del mondo, che ad oggi ammontano a circa $19.000 miliardi sin dalla fine degli anni '70. Allo stesso tempo, la Cina ha enormi avanzi con gli Stati Uniti, mediante cui finanzia le sue massicce importazioni di materiali e componenti e accumula asset finanziari esteri.

Anche una rapida revisione degli enormi squilibri nel commercio cinese a livello di prodotto dimostra che il colpevole è l'economia basata sul denaro cattivo, non le pratiche commerciali nefaste che possono essere eliminate attraverso un accordo commerciale.

Prendiamo il caso dei mobili e dei prodotti correlati, dove un tempo gli Stati Uniti avevano una fiorente industria nella regione sud-orientale, ormai scomparsa da tempo.

Questo perché nel 2018 gli Stati Uniti hanno importato $13,7 miliardi di mobili cinesi, ma ne hanno esportati solo $93 milioni in Cina. Questo è un rapporto di 147 volte tra le importazioni e le esportazioni, ma non deriva da un divieto sui mobili americani in Cina o da massicci sussidi agli esportatori cinesi.

No, è solo l'arbitraggio di salari e costi dovuto all'effetto cumulativo dell'inflazione del denaro cattivo negli Stati Uniti e della deflazione in Cina.

Allo stesso modo, nel 2018 gli Stati Uniti hanno importato dalla Cina $12,5 miliardi di beni che includono giocattoli, tricicli, scooter ecc., mentre ne esportano solo $43 milioni in Cina. Ciò equivaleva ad un rapporto di 291 volte tra le importazioni rispetto alle esportazioni e, sicuramente, anche si basa su un gigantesco gap di costi, non su una presunta frode cinese.

Se si aggiungono altri tre prodotti a quelli precedenti, tra cui lampade, illuminazione e sedie, otteniamo $46,6 miliardi di importazioni dalla Cina nel 2018 rispetto ad un microscopico $136 milioni di esportazioni.

Ciò rappresenta un rapporto import/export di 343 volte in queste categorie di prodotti ad alta intensità di manodopera e non esiste un accordo commerciale concepibile che possa colmare il divario.

Ed i prodotti finora discussi non sono aberrazione uniche. Se prendiamo in considerazione computer, componenti e dispositivi informatici, smartphone e monitor per cellulari, schermi e apparecchiature di proiezione, la storia è ancora più evidente.

Durante il 2018 gli Stati Uniti hanno importato dalla Cina $155 miliardi di merci in queste categorie, ma ne hanno esportato solo $3,1 miliardi in Cina.

Proprio così. Da soli suddetti beni hanno generato un deficit commerciale bilaterale di $152 miliardi.

Infatti il disavanzo combinato dei beni qui elencati ammonta a quasi $200 miliardi, o il 45% dell'intero deficit commerciale con la Cina. E non vi è dubbio che la ragione di questo gigantesco squilibrio sia stata l'enorme differenza di costi e salari tra Cina e Stati Uniti.

Detto in altro modo, Foxcon ora impiega oltre 1,1 milioni di lavoratori in dozzine di fabbriche cinesi che fabbricano ed assemblano iPhone, MacBook, ecc., ma non perché Pechino ha funzionato come il governo dello stato del Wisconsin e ha corrotto Foxcon affinché delocalizzasse nello Schema Rosso di Ponzi.

Al contrario, quest'ultimo incarna un'economia statale comunista radicata in debiti a basso costo, manodopera a basso costo e denaro cattivo. Di conseguenza i prodotti ad alta intensità di manodopera saranno intrinsecamente attraenti per i rivenditori, gli importatori ed i consumatori statunitensi.

Inoltre è davvero puerile il tentativo dei negoziatori commerciali di Trump, guidati da Robert Lighthizer, di definire scorrette le pratiche e le politiche statali cinesi, perché tutto nella terra dello Schema Rosso di Ponzi è mispriced. Se vogliono eliminare i disavanzi commerciali bilaterali nelle categorie sopraccitate, dovrebbero seguire la vecchia rotta di Cuba ed emarginare interamente i beni cinesi inventandosi qualche scusa politica.

Infatti quando si esamina l'altro lato dell'equazione (i $120 miliardi di esportazioni statunitensi in Cina l'anno scorso), i prodotti coinvolti sono materie prime e materiali ad alta intensità di capitale, dove gli Stati Uniti sono ragionevolmente competitivi sui mercati mondiali.

Ad esempio, 17 beni in questa categoria rappresentavano $42 miliardi, ovvero il 35%, delle esportazioni statunitensi in Cina lo scorso anno. Stiamo parlando di petrolio, GNL, soia, legname, carta straccia recuperata, rottami di rame e alluminio, cotone, pasta, pesce congelato, pelli, mais, carta non patinata, coke di petrolio e altri prodotti.

Nel caso di questi articoli la Cina ne ha esportato solo $8,1 miliardi negli Stati Uniti. Vale a dire, il commercio in queste categorie di prodotti era soggetto alle stesse distorsioni dello Schema Rosso di Ponzi, ma poiché comportano costi di manodopera de minimis, gli Stati Uniti hanno fatto registrare un enorme surplus commerciale.

Alla fine, Donald sta camminando verso un vicolo cieco che alla fine porterà ad un'enorme dislocazione commerciale globale e alla Grande Recessione Trumpiana.

Forse anche le scimmie a Wall Street stanno iniziando a fiutare questo scenario.



[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 27 settembre 2019

L'Italia sta seppellendo i giovani e i non nati sotto una pila gigantesca di debiti





di Francesco Simoncelli


Quanto contano le promesse elettorali di un gruppo politico ormai "costretto" a ripetere sempre le stesse cose e non adempiervi mai? È molto curioso come la maggior parte degli italiani confidi ancora in una classe politica che perennemente delude le aspettative e preferisca perseverare negli errori piuttosto che portare la memoria a qualche anno indietro. La verità è che esistono molto specchietti per le allodole in questo campo d'indagine ed è alquanto imperscrutabile la realtà che conta davvero. Qual è questa realtà? Se non vi occupate dell'economia, sarà l'economia ad occuparsi di voi. Senza una sound theory che permetta una visione chiara delle cose, è pressoché impossibile identificare quelle cose che davvero contano nell'attuale ambiente economico. Una di queste, ad esempio, è l'aumento delle entrate fiscali dello stato italiano, a fronte però di un debito in continua ascesa. Nonostante lo stato stia spremendo fino all'osso il suo bacino di contribuenti, le passività a cui deve far fronte aumentano.

Ecco come funziona il debito pubblico: il denaro deve essere riscosso nel presente e nel futuro per pagare i conti del passato. Più aumenta la mole di debito da pagare, più rallenterà la crescita economica e di conseguenza più salirà l'impoverimento generale. Questa affermazione è sempre vera poiché coincide con quanto dimostrato da Mises in Economic Calculation in the Socialist Commonwealth, ovvero, lo stato e le sue istituzioni miste non sono in grado di soddisfare un calcolo economico in sintonia con le forze di mercato. In caso di fallimento gli basta ricorrere all'estrazione forzosa delle risorse per compensare le sue storture. Cos'è che non si vede? La seguente domanda: a che prezzo? Privare il settore imprenditoriale delle risorse di capitale (tempo, lavoro, materie prime) con cui far crescere genuinamente l'ambiente economico. Le distorsioni si accumulano ed è praticamente impossibile fermare questa slavina di errori economici, a meno di operare adeguati aggiustamenti o andare in bancarotta.

Debito pubblico italiano (milioni di euro)

In cosa consistono tali aggiustamenti? Austerità per il settore pubblico. Sebbene se ne sia parlato sin dall'inizio della crisi europea, come vediamo dal grafico qui sotto l'Italia non ha fatto praticamente niente per far dimagrire le sue spese. Quando abbiamo sentito parlare di "spending review" si trattava di un gioco semantico che in realtà voleva significare ridimensionamento delle spese future, non riduzione. Senza contare le operazioni di window dressing, volte a togliere dal lato dei passivi quelli che a tutti gli effetti sono spese e trasformarle magicamente (attraverso artifici contabili) in investimenti. E no, gli interessi sul debito non sono un problema da quando la BCE ha avviato i suoi programmi QE e TLTRO, sopprimendone artificialmente i rendimenti. Voglio dire, chi sano di mente presterebbe denaro ad un Paese dove il suo tessuto industriale è stramazzato al terreno e continua a spendere denaro senza curarsi del come venga speso? In questo contesto solo i front-runner che poi rivendono il pattume obbligazionario alle banche centrali sono interessati a cimentarsi in questa operazione, il che rende un ambiente altamente speculativo uno strumento che è alla base dei fondi pensione e delle assicurazioni.

Spesa pubblica italiana (milioni di euro)

Queste due entità, infatti, dovendo far fronte all'ingente domanda artificiale che si è venuta a creare intorno ai bond statali, sono stati costretti ad investire in asset sempre più rischiosi per mettere una toppa a questa situazione paradossale. Anche perché, sebbene il rischio sia stato mascherato dagli interventi centrali, è latente nell'ambiente economico perché il libero mercato è superiore a qualsiasi tentativo di controllo. Il dinamismo alla base della sua essenza gli conferisce un notevole spazio di manovra rispetto alla staticità a cui la società viene abituata dalle istituzioni centrali. Infatti queste ultime possono solo influenzare nel breve termine l'andamento dei mercati, ma nel medio/lungo termine emergono errori economici che chiedono dazio delle sconsideratezza del passato. Perché? Perché non esistono pasti gratis e la struttura di produzione, quando deformata dal denaro facile, tende a segnalare input fasulli che a catena mandano in crisi il tessuto produttivo.


In questo contesto, riempirsi la bocca del cosiddetto "spread" è un esercizio futile. E sebbene i dati mensili si focalizzino principalmente sul breve periodo, laddove le istituzioni centrali hanno influenza, le persone vengono bombardate da variazioni prive di significato. Ma nella vita di tutti i giorni sanno, seppur inconsciamente, come stanno le cose. Grazie all'inflation targeting al 2%, gli stati stanno stanno riscuotendo una nuova imposta e stanno facendo cassa sulla pelle delle persone. Qui mi tocca dar ragione a Keynes in uno dei suoi rari momenti di lucidità: "L'inflazione è quel fenomeno che nemmeno una persona su un milione riesce a comprendere." Infatti non è contabilizzata in nessuno conto del settore pubblico o privato, e finora ha creato poco o nessun risentimento tra coloro che sono soggetti al suo peso. Molti vivono nell'illusione che sia possibile una fuga continua. Questa è una tassa nascosta, ma con tutti questi nuovi termini che vengono coniati per giustificare una repressione monetaria continua la sua essenza si perde ancor di più nei meandri dei tecnicismi. Gli esattori possono riscuoterla senza troppi patemi d'animo, poiché l'efficienza a livello di riscossione è nettamente migliorata. Per quanto riguarda l'efficienza economica, invece, i suoi effetti sono devastanti. Ne sanno qualcosa Argentina e Venezuela, e in entrambi i Paesi bitcoin sta diventando una valuta a tutti gli effetti oltre ad essere bene rifugio.

Di conseguenza l'inflazione dei prezzi è l'effetto di lungo termine che è impossibile da controllare da parte delle banche centrali, scaturita appunto dai loro programmi di acquisto di asset. Per salvare grandi banche e stati nel breve periodo, si condannano all'impoverimento intere società. Infatti basta guardare alla situazione di Main Street in Italia per capire come stanno davvero le cose, consultando però dati di lungo termine. Inutile dire che gli italiani non sono i principali acquirenti di titoli di stato, quindi non è attraverso di essi che stanno risparmiando. Anzi, gli italiani non stanno risparmiando affatto come vediamo dal seguente grafico.

Tasso di risparmio italiano (percentuale)

Con i tassi negativi che vengono trasferiti dagli istituti finanziari a depositanti ed investitori, è diventato pressoché impossibile per la gente comune. Non solo, ma c'è anche da considerare il fatto che per sostenere il peso eccessivo di burocrazia e fisco, le persone tendono ad accendere prestiti per pagare le tasse. Questo macigno trattiene una porzione significativa degli stipendi delle famiglie, le quali ormai vivono di mese in mese con quello che guadagnano. Come vediamo dai grafici qui in basso, i salari sono rimasti al palo mentre il peso del debito sulle famiglie è rimasto pressoché identico a quello del periodo pre-crisi. Questo per dire che la preferenza temporale degli italiani è spinta in alto dalle politiche dei pianificatori centrali, impedendo loro di formare un flusso genuino di risparmi con cui sostenere il tessuto produttivo e personale. L'orientamento al futuro è annebbiato dall'azzardo morale partorito dallo stato e supportato dalle banche centrali. Il deleveraging sin dalla scorsa crisi non è affatto avvenuto ed esistono ancora molti errori che non sono stati corretti. La BCE si è limitata solamente a rimandarli nel tempo.

Indebitamento delle famiglie italiane (rapporto debiti/entrate)

Salari italiani (percentuale di aumento)

Poi c'è il mercato del lavoro strettamente connesso a salari ed imprese, il quale finisce per darci il quadro completo dello stato delle cose con l'economia italiana. Come mostrato dai grafici qui sotto, i lavori part-time sono esplosi sin dall'inizio della crisi, mentre i posti da capofamiglia hanno subito una lenta e progressiva discesa. Questi ultimi non solo permettevano di mettere qualcosa da parte, ma introducevano i giovani nel mondo delle responsabilità: famiglia, figli, prima casa, ecc. Con le distorsioni economiche cui è stato permesso di imperversare da parte di stati e banche centrali, il futuro della società è stato ipotecato per permetter a delle entità politicamente connesse di sopravvivere un giorno in più ed a continuare ad erodere il bacino dei risparmi reali. I giovani non possono più mettere su famiglia, costretti quindi ad emigrare o a vivere con i genitori, e con la paga magra che in gran parte devono versare al fisco, la loro unica strada è il nero. Con quale coraggio, quindi, politici e scribacchini parlano ancora di evasione fiscale da debellare? Quale razza di cretini può avallare misure ulteriormente draconiane su un'economia già devastata?

Lavori part-time in Italia

Lavori a tempo pieno in Italia

La risposta è presto data in questo articolo del Foglio in cui il neo-ministro all'economia spiega le sue ricette. Nonostante l'evidente stagnazione dell'economia italiana, ciò che preoccupa il nuovo ministro è attuare una politica espansiva. In poche parole, si vuole aumentare il deficit (on balance, perché quello off balance è a livelli stratosferici grazie soprattutto alla CDP ed ecco perché gli analisti generalisti non vedono la recessione). Ormai Keynes è stato superato e la MMT è la nuova frontiera di questa gente che non ha la minima idea di cosa sia l'economia e come le sue leggi, sebbene aggirate, non possano essere violate. Infatti la domanda che questo saltimbanco non si pone è la seguente: chi paga? Lo zio ricco ormai ha finito i soldi. Non solo, ma da quanto abbiamo appena visto i contribuenti italiani ed il suo tessuto industriale sono allo stremo. Come si farà a ripagare da sola questa manovra se verranno sottratte più risorse al settore privato e poi verranno sprecate?

Ecco quindi che, di punto in bianco, la retorica a sfavore di aumenti dell'Iva cambia registro, con stuoli di esperti che si affrettano a rassicurarci che, forse sì, un aumento è proprio quello che ci vorrebbe per rilanciare il Paese e che i sacrifici devono farli tutti (soprattutto la classe media e bassa, perché è lì che si trova il bacino più ampio di risorse). Allorché balzeranno agli onori delle cronache proposte singolari a supporto di una maggiorazione della tassazione sulle cose, come ad esempio lo sciocco sovranismo dei prodotti italiani che tanto piace alla Coldiretti. Ma se davvero bastasse così poco per sbaragliare la concorrenza estera, perché non portare l'Iva al 50%? Non solo, ma prima di ciò potrebbe verificarsi un altro fatto, ovvero, un aumento futuro e progressivo dell'Iva coperto attualmente da emissioni di titoli di stato. Il regno della follia a livello finanziario c'ha regalato il centennale austriaco, quindi è lecito aspettarsi una mossa simile anche dal Belpaese.

Ma pensateci un attimo: non è questo un'affermazione palese, seppur indiretta, che lo stato non ha intenzione di ripagare i suoi debiti? Le scadenze obbligazionarie a breve distanza sono contemplate solo per dare l'idea che lo stato sia affidabile come pagatore, ma questa strada rivela la sua vera natura. Perché? Perché lo stato ha una "contabilità" stupida: prende in prestito a breve (tasse) e spende a lungo termine. Ora immaginate che lo stato italiano emetta un bond centennale, non esiste alcun asset al mondo (nemmeno nelle grandi opere pubbliche) che possa durare così tanto e per la data di scadenza quell'asset avrà perso da tempo la sua utilità.

In parole povere, l'economia sta viaggiando su due binari paralleli: uno reale e l'altro illusorio. le storie di una ripresa economica e di un'economia in procinto di crescere sono specchietti per le allodole, anche perché, seguendo il ragionamento fino in fondo, dovrebbe essere questo il momento di tirare la cinghia. Invece si persegue lungo la tesi di una maggiore espansione, abbandonando definitivamente il credo keynesiano e abbracciando quello ancora più demente della MMT. Attenzione, però, perché l'Italia non è sola in questo viaggio.



NON SOLO L'ITALIA

Se guardiamo agli stessi grafici per gli Stati Uniti, ad esempio, scopriamo una storia simile. Inutile dire che possiamo utilizzarli come benchmark per capire quanto sia distante una recessione. Soprattutto per capire quanta resilienza rimane a Main Street prima di capitolare. Inutile sottolineare come il discorso appena fatto per l'Italia valga anche per gli USA, quindi mi limiterò ad evidenziare i grafici pertinenti. Il primo dato che salta subito all'occhio è la disconnessione tra profitti delle aziende e resa delle azioni sottostanti.



Su quest'ultimo tema MarketWatch di recente ha pubblicato un pezzo in cui si sottolinea l'aumento del rapporto tra salari di CEO e dipendenti, che l'anno scorso è arrivato allo strabiliante picco di 278 a 1 (mentre invece era 58 a 1 nel 1989 e 20 a 1 nel 1965). La paga dei CEO è salita del 1008% tra il 1978 e il 2018, mentre la paga del lavoratore medio è salita del 12%. Questo per ricordare come l'Effetto Cantillon abbia remunerato profumatamente coloro vicini alla stampante monetaria mentre ha impoverito coloro che hanno ricevuto il denaro creato ex novo in ritardo o non l'hanno ricevuto affatto. Ancor più importante è il secondo grafico qui sotto, il quale ci mostra come l'unica cosa che stia tenendo in piedi le azioni in questo momento sono i riacquisti da parte delle aziende stesse che le emettono.



E anche qui Main Street esce fuori dai giochi per quanto riguarda acquisti di azioni o obbligazioni, visto che il 78% degli impiegati a tempo pieno vive di stipendio in stipendio e che i giovani continuano a languire in un limbo senza fine.

Sin alla crisi finanziaria del 2008-2009, la crescita economica globale è stata lenta rispetto alle riprese economiche del passato. Il problema nel 2008 era il debito eccessivo e gli errori economici accumulati del passato, e la sinergia di queste due cause continua ad avere ripercussioni nel presente. Permettere un deleveraging completo era la strada da seguire, nonostante avrebbe significato più default e liquidazione diffusa di asset. Questo dolore economico, ma necessario, è ed era la soluzione, ma il danno collaterale all'elettorato è troppo grande per essere contemplato da qualsiasi amministrazione politica. Sebbene la risposta alla crisi sia arrivata in tempi diversi da Paese a Paese, ha assunto in tutti la medesima forza: nascondere sotto il tappeto i problemi e ignorarli attraverso la stampa ancor più sconsiderata di denaro.

La Federal Reserve ha tagliato i tassi d'interesse lanciando il suo QE e il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti ha introdotto il Troubled Asset Relief Program, consentendo alle istituzioni finanziarie statunitensi di mettere una pezza ai loro prestiti in sofferenza. In Europa la BCE ha tagliato i tassi d'interesse in modo ancora più aggressivo rispetto alle controparti statunitensi, attuando successivamente il proprio QE.

Inutile dire che questi esiti erano tutti prevedibili dopo che abbiamo visto il Giappone lottare e fallire continuamente sin dal 1989 contro due forze insormontabili: una popolazione che invecchia e una bolla del credito i cui strascichi si sentono ancora oggi. Il prossimo passo per l'Occidente è il Quantitative and Qualitative Easing (QQE), il quale ha consentito alla BoJ di acquistare obbligazioni societarie e persino azioni. A gennaio 2016 è seguita la politica dei tassi d'interesse negativi. Il QQE rimane ancora un esperimento prevalentemente giapponese, ma una volta che il presidente della BCE Mario Draghi ha capito che dicendo "salvare l'Europa a qualunque costo" avrebbe spinto i mercati finanziari a testare la forza della sua risoluzione, quindi la BCE ha anche iniziato ad acquisire obbligazioni societarie. Deve ancora passare alle azioni, ma è noto che sta contemplando l'offerta di "capitale permanente" per la prossima crisi.

L'ultimo stratagemma in ordine cronologico della BoJ è il "controllo della curva dei rendimenti", il quale mira a mantenere a zero i rendimenti dei decennali giapponesi. Ciò consente ancora ai fondi pensione la libertà di abbracciare il debito a più lunga scadenza, al fine di raccogliere alcuni punti base di reddito. Per gli stati i tassi d'interesse zero sulle obbligazioni statali sono sia una benedizione che una maledizione. Per la prima volta nella storia possono raccogliere capitali quasi gratis, o persino ricevere interessi piuttosto che darli. Tuttavia gran parte di tale vantaggio è dovuto agli acquisti da parte delle proprie banche centrali, che, acquistando queste obbligazioni con rendimenti negativi e mantenendoli fino a scadenza, incorrono in perdite effettive che dovranno essere coperte dai governi. Senza dimenticare anche altri acquirenti di queste obbligazioni, come fondi pensione e compagnie assicurative, che sono obbligati ad acquistarle.

Oltre ad una riduzione della redditività, tutto pare andare bene fino a quando l'inflazione non riprende vita e i tassi d'interesse iniziano a salire. Un invecchiamento demografico, che indebolisce la propensione di una nazione a consumare, aumenti di prezzo per i decenni a venire ed una cronica mancanza di investimenti aziendali alla fine porterà ad un redde rationem forzato. Immaginate l'impatto sulle finanze pubbliche se i rendimenti obbligazionari tornassero alla media. Ed i rendimenti tornano sempre alla media. Attualmente la FED è l'unica che sta snellendo lentamente il suo bilancio, ma stanno già emergendo i primi problemi (naturali) dovuti a questa operazione.


Ciononostante Powell ha dimostrato poca spina dorsale e quindi è prevedibile un'inversione del tightening nel futuro. Il prossimo passo nell'esperimento monetario delle banche centrali potrebbe essere quello di abbracciare tassi profondamente negativi e non solo una manciata di punti base. Le banche dovranno addebitare ai singoli clienti commissioni più elevate per i servizi di deposito. Una crisi di solvibilità bancaria sarà l'esito più probabile, dal momento che i clienti preleveranno contanti per imbottire i loro materassi.


In una recente pubblicazione della Federal Reserve Bank di San Francisco, gli autori osservano che il taglio dei tassi in Giappone ha portato a ridurre le aspettative sull'inflazione, sostenendo che le banche centrali debbano preservare l'attività economica mediante tassi al di sotto dello zero. Se i tassi d'interesse sono spinti in territorio negativo dalle azioni della banca centrale, la preferenza temporale viene invertita e gli incentivi economici tradizionali vengono corrotti. Gli individui e le società sono pagati per accendere prestiti e consumare beni.

Ciò che non si vede è che affinché l'economia possa crescere in modo sostenibile, sono necessari investimenti produttivi. Prima che ci possa essere capitale disponibile per gli investimenti, ci deve essere risparmio. Con tassi d'interesse negativi vi è un chiaro incentivo al prestito e un disincentivo al risparmio. Questa è finanza di Ponzi: prendere in prestito dal domani per consumare oggi.

Al fine di migliorare i suoi utili per azione, una società può differire gli investimenti di capitale. Funziona nel breve termine, ma se lo fa indefinitamente alla fine andrà fallita. Se un Paese sceglie la stessa linea d'azione, genererà una crescita economica (illusoria) nel breve termine ma impoverirà la sua popolazione a lungo termine, diminuendo il tasso di tendenza della crescita economica fino a raggiungere il punto in cui i rendimenti saranno decrescenti. Siamo in prossimità di questo punto ormai. Le leggi dell'economia finiranno per schiacciare le promesse politiche. Ad un certo punto in futuro, non oltre il prossimo mezzo secolo, l'interesse sul debito nazionale divorerà il bilancio federale nella misura in cui il rimborso di una parte sostanziale del debito sarà irrealizzabile e fiscalmente impossibile.



L'USCITA DI SICUREZZA

Prima di arrivare alla fine della strada, però, l'oppressione sull'ambiente economico verrà esarcebata affinché stati e banche centrali riescano a mantenere il controllo quanto più a lungo possibile. A questo proposito ci basta guardare cosa sta accadendo in Argentina e in Venezuela per capire come andrà a finire, perché l'esperimento che è iniziato a Tokyo ha come destinazione finale Caracas e Buenos Aires. Non è un caso infatti che, nel bel mezzo di una nuova crisi, siano scattati controlli sui capitali in Argentina; e non è nemmeno un caso che il cappio intorno al collo di depositanti e contribuenti si stia stringendo sempre di più in Italia. In questo contesto, Buones Aires e Caracas si stanno dimostrando ottimi esperimenti anche per una soluzione: adozione delle criptovalute. Non solo, ma uno sviluppo più importante di quello di acquistare semplicemente criptovalute e tenerle in un wallet, è il pagamento dei salari in criptovalute stesse.

Salari pagati in criptovalute decentralizzate stanno diventando la norma in tutto l'ambiente crypto e non crypto. In molte giurisdizioni ciò è legale anche in assenza di una "legge" ad hoc. Svizzera, Giappone, Russia, Nuova Zelanda ed Estonia sono alcuni degli esempi; le aziende in queste nazioni traggono vantaggio dai benefici di effettuare pagamenti in criptovalute. E tra questi vantaggi, oltre alla disintermediazione, c'è il nuovo potenziale di ampliare enormemente l'evoluzione di settori industriali esistenti. Inutile dirlo, uno di questi è quello bancario che si appresta a ricevere il colpo del KO da parte delle criptovalute. Dapprima hanno assistito alla nascita spontanea di una forma migliore di denaro con Bitcoin, poi a servizi di custodia migliori rispetto ai loro (come dimostrato da wallet come Melis grazie alla miriade di funzionalità che incorpora) e adesso è tempo dei servizi di prestito. In sostanza, tutto ciò che possono fare le banche, Bitcoin può farlo meglio.

È così che si abbatte l'obsolescenza. È così che si progredisce. È così che si correggono gli errori economici del passato. Ancora meglio, tutto ciò che la pianificazione centrale pretende di fare, il libero mercato può farlo meglio. E questo è soprattutto vero quando si pensa a Bitcoin, visto che l'auto-evidenza delle regole insite nel suo codice (es. teoria dei giochi, crittografia, matematica, incentivi economici, ecc.) indica la presenza già di regolamentazione. Perché aggiungere un ulteriore strato di regolamentazione solo per giustificare l'esistenza di un apparato che ormai ha fatto il suo corso? La cui violenza ha fatto il suo corso. Lo stato e la sua pianificazione centrale sono il problema contro il quale si sono ribellati Satoshi Nakamoto ed i cypherpunk. Le banche centrali, non il denaro privato, rappresentano il rischio per liquidità, insolvenze e cambio estero, per non parlare dell'inflazione, dei salvataggi, dei tassi d'interesse negativi e di molte altre storture riguardo il monopolio monetario.

In altre parole, le persone preferiscono spostare le proprie attività per sfuggire all'elevata inflazione e al fallimento delle banche piuttosto che lasciare le loro scelte finanziarie nelle mani delle stesse autorità che hanno causato l'inflazione elevata e il collasso delle banche. È una questione di indipendenza finanziaria e ciò di cui abbiamo bisogno è meno stato, non di più. State pur certi, cari lettori, che una regressione dell'oppressione burocratica statale significherà meno crimini in quei settori che le regole AML dovrebbero essere progettate per "proteggere". Ma visto che la maggior parte delle persone preferisce esempi dal mondo reale, eccone uno (sebbene il settore d'applicazione sia diverso, i concetti sviluppati sin qui si applicano lo stesso).



CONCLUSIONE

L'investitore medio non legge le fonti d'informazione che leggo io, perché preferisce fare affidamento sulla stampa finanziaria generalista, che è supportata dalle stesse aziende di cui parla bene. Preferisce leggere articoli favorevoli alle azioni, ciò che gli inserzionisti della stampa finanziaria generalista pagano per pubblicare. Ma i dubbi stanno crescendo... Giorno dopo giorno le notizie delle banche, dell'industria automobilistica, del settore dell'edilizia e del settore dei debiti agli studenti sono deprimenti. Stanno erodendo le basi della fiducia necessaria per sostenere l'ottimismo nei mercati azionari.

Stiamo assistendo all'indebolimento delle credenze dei permabull: l'ottimismo degli investitori. Le buone notizie riguardano aziende specifiche, mentre quelle cattive si applicano ad interi settori dell'economia. E questi ultimi sono ora totalmente dipendenti dal debito a lungo termine e non possono sopravvivere senza ingenti debiti permanenti. Questo è anche il presupposto dei vari Ministeri del Tesoro, tra cui spicca quello italiano. Il suo debito è perpetuo ed è uno dei peggiori perché destinato al consumo (l'acquisto di voti), non alla produzione. Gli elettori hanno accettato la filosofia del debito permanente, ad un ritmo in continua espansione, come base per la politica.

"I deficit non contano", questo è ciò che i politici proclamano agli elettori e poi gli economisti al loro soldo (gente come Bagnai e Borghi tanto per fare un esempio) lo ripetono come profeti di corte moderni. Il debito è per sempre. Stati e banche centrali stanno salvando le grandi banche sconsiderate attraverso prestiti a tassi ridicoli e finanziamenti diretti. Fintanto che lo stato interviene per mantenere viva la struttura del debito, agli elettori non importa se i loro soldi vengono utilizzati per salvare questa categoria.

Il debito a basso costo crea dipendenza, ma man mano che la dipendenza cresce, diventa troppo grande per non fallire. E infatti fallirà. La domanda è: in che modo? Default totale o inflazione galoppante? Io dico inflazione galoppante.


giovedì 26 settembre 2019

L'Economia in una lezione di Hazlitt (1946): il libro di un vecchio amico che tutti aspettavano





di Gary North


Remnant Review

Henry Hazlitt ha cercato di spiegare l'economia in una lezione nel suo famoso libro. Quale lezione? La lezione suggerita dalla metafora della finestra rotta di Frédéric Bastiat del 1850: ciò che non si vede è molto più importante di ciò che si vede. Un economista dovrebbe sempre considerare cosa avrebbe fatto il proprietario di una finestra rotta con i soldi che ora deve spendere per sostituirla. Considerare solo gli effetti che generano le riparazioni significa commettere l'errore di prestare attenzione solo a ciò che si vede. Questo è un errore commesso da persone che elogiano la tassazione utilizzata per finanziare i lavori pubblici.

Mi piace metterla in questo modo: Bastiat e Hazlitt hanno insegnato alle persone a seguire il denaro... a ritroso. A ritroso fin dove? Fino alle cose che il proprietario della finestra rotta avrebbe fatto con i suoi soldi se nessuno l'avesse rotta.

Questa lezione è un'ottima lezione, ma non è proprio l'economia in una lezione. È solo una lezione di economia.

Hazlitt una volta mi disse: "Avrei dovuto intitolare il libro One Lesson in Economics". In termini di marketing sarebbe stato un disastro, quasi nessuno l'avrebbe comprato. Dopotutto, quale impiegato americano vuole passare il tempo a leggere un libro che gli darà solo una lezione di economia? Gli americani vogliono che i libri educativi siano brevi e facili da metabolizzare. Il titolo del libro di Hazlitt si adattava bene e la maggior parte dei suoi lettori si è accontentata di questa lezione.

Il libro insegna mostrando ciò che era economicamente sbagliato nel 1946. Per "sbagliato" Hazlitt intendeva ciò che era tecnicamente sbagliato: impossibilità di aumentare la ricchezza della maggior parte delle persone e quindi il benessere. Evitò il problema del giusto e sbagliato dal punto di vista morale.

C'è un problema con questa strategia: tale problema è legato ad un vecchio slogan politico americano: "Non puoi battere qualcosa con niente". Il libro di Hazlitt ha ignorato questo slogan. Insegna cosa serve per aumentare la produttività e la ricchezza individuale mostrando ciò che non funziona bene. Abrogate i controlli dello stato, affermava, e la maggior parte delle persone starà meglio.

Il suo problema intellettuale nel 1946 era questo: la Grande Depressione era durata un decennio prima dello scoppio della guerra. Nel 1946 non esisteva un corpus ben sviluppato di letteratura economica che fornisse una spiegazione convincente del perché il libero mercato non si fosse ripreso dopo il 1932. Nel 1946 sembrò che l'intervento dello stato fosse responsabile di quella flebile ripresa. Nel 1946 nessuno incolpò l'intervento dello stato per aver causato e prolungato la depressione. Non esisteva un trattato ben sviluppato che si opponesse all'intervento statale. C'erano un paio di monografie accademiche che sostenevano che l'inflazione della banca centrale negli anni '20 avesse causato la depressione negli anni '30. Entrambi furono pubblicati dalla Macmillan: The Great Depression (1934) di Lionel Robbins e Banking and the Business Cycle (1936) di tre economisti sconosciuti. Queste opere non avevano ricevuto attenzione e furono sepolte dalla principale pubblicazione della Macmillan: la Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e del denaro di Keynes (1936).

Hazlitt affrontava un grande problema: non poteva fare appello ad un corpus di letteratura accademica che fornisse una difesa plausibile post-depressione per il libero mercato. Adottò quindi un'altra tattica: mostrare ciò che non andava nell'intervento statale. Sostenne quindi il "niente" contro qualcosa. Basta semplicemente abolire gli interventi statali!

Questa strategia era politicamente inutile. Le persone devono avere fiducia in qualcosa. Se l'economia non può essere tranquillamente lasciata nelle mani di imprenditori e banchieri, come disse Franklin Roosevelt nel suo discorso di insediamento nel 1933, gli elettori dovrebbero fidarsi dello stato.

Hazlitt non persuase nessuno che contasse nel 1946. Truman abolì la maggior parte dei controlli sui prezzi a novembre e venne convinto dal capo del dipartimento per la gestione dei prezzi.

Hazlitt inoltre non persuase nessuno nel mondo accademico. Keynes morì nell'aprile del 1946, poco prima della pubblicazione del libro di Hazlitt. Divenne subito una leggenda. Ciò ha inaugurato quella che può essere definita l'era di Keynes. Ci viviamo ancora. Mai nella storia le idee di un uomo hanno dominato il pensiero di economisti e politici nella misura in cui l'hanno fatto quelle di Keynes... o almeno le interpretazioni di Paul Samuelson delle sue idee nel suo leggendario libro di testo, Economics, pubblicato per la prima volta nel 1948. Quasi nessuno ha letto la Teoria Generale. È un libro illeggibile.

L'assenza di un corpus ben sviluppato di letteratura sul libero mercato nel 1946 rappresentò una grave passività. L'azione umana di Mises apparve nel 1949 e vendette meglio di quanto si aspettasse l'editore della Yale University Press, ma nessuno nel mondo accademico sapeva chi fosse Mises. Nemmeno i giornalisti finanziari. Hazlitt lo sapeva, perché aveva letto Mises per anni ed erano amici. Leonard E. Read lo sapeva. Read fondò la Foundation for Economic Education nello stesso anno: 1946. Un decennio prima che la FEE iniziasse a pubblicare The Freeman.

Per capire perché il keynesismo abbia avuto un enorme successo come ideologia e movimento, vi presento questa breve rassegna della storia economica, dal 1911 ad oggi.



1) L'ESPANSIONE DELLO STATO

La Gran Bretagna adottò l'imposta sul reddito nel 1911, gli Stati Uniti nel 1913. Ciò consentì ad entrambi di finanziare la prima guerra mondiale. Inoltre gli Stati Uniti crearono il Federal Reserve System nel dicembre 1913. La Gran Bretagna aveva già la Bank of England, fondata nel 1694. L'imposta sul reddito e le banche centrali permisero all'Occidente di combattere la guerra.

La guerra pose fine ad un secolo di pace, stati limitati e crescita economica senza precedenti. Questa crescita economica si diffuse in tutta l'Europa occidentale dopo la sconfitta di Napoleone nel 1815. L'Occidente sarebbe cambiato e per chi avesse vissuto tale periodo l'Occidente all'inizio del 1914 sarebbe stato irriconoscibile. Eppure il mondo economico di Cristo gli sarebbe stato abbastanza riconoscibile, fatta eccezione per l'assenza di libri e materiali stampati.

Il vecchio ordine che prevalse dal 1815 al 1914 terminò nell'agosto del 1914. Non finì a causa dei campi insanguinati dell'Europa nordoccidentale, ma a causa dei Ministeri del Tesoro e delle banche centrali. Il gold coin standard fu abolito, nazione per nazione, tra la fine del 1914 e il 1915. Le masse non avevano più modo di impedire alle banche e agli stati di svalutare il denaro, visto che non potevano più richiedere monete d'oro alle banche.

Le aliquote dell'imposta sul reddito per le fasce ricche raggiunsero la doppia cifra in tempo di guerra in Occidente. Poi furono abbassate dopo la guerra, senza rivedere più i picchi nel 1914. Gli stati iniziarono un secolo di espansione.

La Grande Depressione portò una nuova era di regolamentazione statali. Tutti gli stati adottarono politiche di gestione dei deficit per finanziare progetti economici pubblici. Nel 1930, dopo la rivoluzione del 1917, ci fu un socialismo totale in URSS. L'Italia adottò una forma diversa di socialismo negli anni '20. Mussolini era stato membro anziano del Partito socialista italiano fino al 1912, quando fu espulso per il suo militarismo. Il suo marchio di socialismo era di stampo nazionalista e militaristico. Non implicava la proprietà statale dei mezzi di produzione, ma semplicemente il controllo statale. Hitler adottò un sistema simile quando salì al potere nell'aprile del 1933. Una versione soft fu adottata da Roosevelt.

Nel 1936 Keynes giustificò dal punto di vista intellettuale le politiche di deficit e trovò sostegno immediato tra gli stati occidentali. I giovani economisti accademici presero le loro cattedre non appena la guerra finì. I professori più anziani che andavano in pensione erano stati battuti dal punto di vista ideologico, non avendo mai offerto spiegazioni per la depressione. Non capirono il fenomeno Keynes. A metà degli anni '50, il mondo accademico americano era keynesiano.

La seconda guerra mondiale centralizzò il potere economico come mai prima. Gli stati accrebbero la loro influenza portando alla ripetizione dell'esperienza della prima guerra mondiale.



2) L'ESPANSIONE DEL LIBERO MERCATO

Le economie nazionali si ripresero dopo il 1946. Succede sempre dopo grandi guerre. Si ripresero a ritmi diversi e le condizioni economiche nel 1950 erano di gran lunga migliori delle condizioni nel 1920. Le cose migliorarono nonostante i debiti pubblici e l'inflazione monetaria in tempo di guerra.

Fu istituito un sistema postbellico di moneta stabile tramite un accordo stipulato a Bretton Woods, New Hampshire, nel 1944. L'accordo entrò in vigore nel 1946: poneva il dollaro USA e la sterlina britannica al centro del sistema monetario occidentale. Gli stati e le banche centrali di Gran Bretagna e Stati Uniti concordarono di scambiare le loro valute con oro a prezzi fissi con altri stati e banche centrali. Questa era un'estensione dello pseudo-gold standard che nacque dall'accordo internazionale nel 1922, divenendo noto come gold exchange standard. Individui e società private non avevano più il diritto di richiedere monete d'oro in cambio delle valute cartacee.

Questo sistema funzionò fino al 15 agosto 1971, quando il presidente Nixon lo abolì unilateralmente. Il Ministero del Tesoro non avrebbe più riscattato i dollari in oro. In quel discorso impose unilateralmente anche controlli sui prezzi e sui salari. Aveva iniziato la sua carriera nel 1942 come avvocato presso il dipartimento di amministrazione dei prezzi, ma dal 1946 al 1971 l'accordo di Bretton Woods limitò l'espansione del denaro fiat in Occidente. Questo rappresentò un grande vantaggio per l'economia mondiale. Imprenditori e consumatori potevano fare piani a lungo termine basati su prezzi relativamente stabili. I prezzi americani misurati dall'indice dei prezzi al consumo scesero in un solo anno, il 1954: -0,1%. Da allora non scesero più.

Il sistema americano di tetti ai prezzi era vulnerabile nel 1946. Truman capitolò alla fine del 1946 e ciò scatenò una nuova era di produttività negli Stati Uniti. I dazi che avevano predominato durante la Grande Depressione, a cominciare dall'amministrazione di Herbert Hoover, non erano più rilevanti dal punto di vista economico. L'espansione monetaria in tempo di guerra aveva fatto salire i prezzi nominali di beni, servizi e salari. I controlli avevano represso i prezzi al consumo ed i risultati furono carenze e razionamenti. Tutto questo finì alla fine del 1946: i giovani tornarono dalla guerra e tornarono al lavoro. Si sposarono ed ebbero famiglie numerose: quattro figli in media, cifra che raggiunse il picco nel 1957. La guerra aveva portato una rivoluzione manageriale: nuove tecniche di produzione in serie divennero comuni. L'economia statunitense prosperò e quella canadese con essa.

Il partito laburista britannico, eletto nel 1945, mantenne gran parte dei controlli sui prezzi e sul sistema di razionamento fino alla sua sconfitta elettorale nel 1951 da parte dei conservatori. L'economia della Gran Bretagna rimase indietro rispetto a quella dell'Europa occidentale. L'impero fu abbandonato e l'India divenne indipendente nel 1947.

Gli Alleati mantennero la Germania occidentale sotto il loro controllo e la Germania orientale divenne un satellite sovietico. La Germania occidentale era sotto il controllo di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Il sistema monetario si basava su cartamoneta scoperta emessa dal comando congiunto. I controlli dei prezzi e il razionamento erano dominanti nella Germania Ovest e la ripresa economica fu lenta.

Tutto questo cambiò il 20 giugno 1948. Quel giorno, una domenica, il neo nominato direttore del Consiglio economico bizonale, l'economista Ludwig Erhard, andò alla radio e annunciò una riforma monetaria e l'abolizione del sistema di controllo dei prezzi. La ripresa economica tedesca iniziò il giorno successivo. (Per i dettagli, si vedano i saggi di Hans Sennholz e Bruce Bartlett qui.) Erhard era discepolo di Wilhelm Röpke, che era discepolo di Mises

Gli alleati non permisero alla Germania di armarsi nuovamente. Ciò che non riconobbero nel 1945 fu questo: la tradizione sociale tedesca del rispetto per i militari e l'impegno per le arti della guerra si concluse con la disfatta totale della seconda guerra mondiale. L'umiliazione del dopoguerra confermò questo rifiuto di una tradizione che risaliva alle tribù prima dell'Impero romano. Quindi i soldi delle tasse tedeschi che sarebbero andati all'esercito, andarono altrove. Si trattava sempre di keynesismo, ma era un keynesismo non militaristico

In Giappone si verificò una trasformazione simile. La sua tradizione militare morì nel 1945 ed era stata dominante per oltre un millennio. L'America non permise il riarmo ed i giapponesi si concentrarono quindi sulla produzione. Nel 1947 il comandante della forza di occupazione, il generale Douglas MacArthur, autorizzò una purga degli alti dirigenti nelle industrie del Giappone, questo per impedire una rinascita del militarismo. Quasi 2.000 manager persero il lavoro. Ciò aprì il senior management ai colletti bianchi, rompendo il sistema gerarchico industriale prebellico.

Fu quindi imposta una nuova filosofia di gestione. Questo sistema venne inizialmente imposto al settore delle telecomunicazioni distrutto, soprattutto perché le forze di occupazione americane avevano bisogno di un sistema di comunicazione funzionante. Nel 1946 a tre giovani ingegneri americani venne data la responsabilità di aiutare i giapponesi a ricostruire il sistema. Erano stati impiegati presso i Bell Labs ed insegnarono ciò che divenne noto anni dopo come gestione dal basso. Nel 1949 e nel 1950 tennero due seminari su questo sistema a giovani dirigenti giapponesi al di fuori del settore delle telecomunicazioni. Il materiale di quei due seminari venne pubblicato sotto forma di manuale statale nel gennaio 1950 e divenne la base del programma di produzione che da allora avrebbe dominato le grandi industrie giapponesi. (Contrariamente all'opinione diffusa, non è stato W. Edwards Deming ad introdurre queste tecniche di gestione in Giappone. Egli iniziò a presentare i suoi seminari il giugno successivo.) (Questa storia appare nel libro dei fratelli Hopper, The Puritan Gift [2007], capitolo 10.) Quindi, iniziando dalle macerie alla fine del 1945, i giapponesi ricostruirono costantemente la loro economia, non dall'alto verso il basso, ma dal basso verso l'alto. Il libero mercato rese possibile tutto ciò.

Nel 1953 la guerra di Corea si concluse in una situazione di stallo. Le ostilità cessarono e la Corea del Sud nel 1953 aveva il reddito pro capite (produzione) dell'Europa del 1500. Quattro decenni dopo aumentò di 18 volte. Il PIL della Corea del Sud si trova intorno al decimo posto tra quello di tutte le nazioni. Questo è stato il risultato del libero mercato. Nel frattempo la Corea del Nord è una tirannia marxista che soffre di carestie periodiche. Questa immagine satellitare è forse una testimonianza della differenza economica tra le due economie.


Nel 1961 l'Europa occidentale adottò un sistema di dazi bassi. Questo fu il risultato di un trattato: la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. Fu sostituito da un altro trattato nel 1957: il trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, meglio noto come Mercato Comune.

La crescita economica della Cina iniziò nel 1979, quando Deng Xiaoping liberò il sistema agricolo dalla proprietà statale. Questa si è dimostrata la più grande nazione in più rapida crescita nella storia. Mercantilista? Sì. Capitalista di stato? Sì. Ma l'intervento statale non è stato il fattore principale dell'espansione economica della Cina. È stata invece la rimozione della proprietà statale sui mezzi di produzione.

La storia della Russia è simile. La crescita economica iniziò quando l'Unione Sovietica cessò di esistere: il 25 dicembre 1991. Prima del 1991 il governo razionava la proprietà delle automobili. Le macchine erano le Ladas e il meglio che chiunque potesse dire al riguardo era che erano meglio delle Yugo. Oggi la Russia è il leader mondiale delle dashcam ed i russi le usano per dimostrare di non essere responsabili di incidenti automobilistici. Il traffico urbano è intenso.

L'India ridusse i suoi controlli burocratici nel 1991 e la sua economia iniziò ad accelerare ad un ritmo molto più veloce.

https://www.theglobaleconomy.com/India/GDP_constant_dollars

Tutta questa crescita economica è stata affibbiata ai keynesiani... dai keynesiani. Tuttavia è arrivata principalmente dalla rimozione dei controlli sui prezzi e del razionamento, ma la maggior parte delle persone, compresi gli economisti, vogliono credere che la pianificazione centrale keynesiana (tassazione) e l'inflazione delle banche centrali siano state le cause di questa ripresa. Non credono in un'economia senza ostacoli, credono invece nella produttività economica degli stati che infrangono le finestre di proprietà privata. Credono che qualcosa (keynesismo), non il "niente" (l'assenza di controlli), abbia ripristinato la prosperità mondiale e continui ad alimentarla.



3) TEORIA ECONOMICA ACCADEMICA

A partire dalla pubblicazione dell'Azione Umana, una manciata di studiosi e letterati che volevano imbastire una difesa del libero mercato, che non fosse basata sul neo-keynesismo, hanno ottenuto l'aiuto intellettuale che cercavano. Ma gli anni '50 sono stati generalmente un deserto per i libri che difendevano il libero mercato. Nel 1959 apparve il libro anti-Keynes di Hazlitt, Il fallimento dell'economia keynesiana. Quasi nessuno se ne accorse e l'anno successivo apparve la sua raccolta di articoli contro Keynes scritti da economisti accademici: The Critics of Keynesian Economics. Quasi nessuno se ne accorse ed entrambi vennero pubblicati da un editore sconosciuto ai più: Van Nostrand.

Nel 1962 arrivò il libro di Milton Friedman, Capitalism and Freedom. Venne pubblicato dalla University of Chicago Press. L'ho comprato e così anche altri giovani economisti. Era molto rispettato come economista e questa è stata una grande svolta nel mondo accademico.

Sempre nel 1962, comparvero Man, Economy, and State e La Grande Depressione di Murray Rothbard. Entrambi vennero pubblicati dalla Van Nostrand. Il secondo libro si concluse con Hoover e non era ciò che i critici del New Deal si aspettavano o desideravano. Entrambi i libri sono stati ignorati dal mondo accademico e poche persone li hanno letti. Io l'ho letto nell'estate del 1963 e ha influenzato molto il mio pensiero.

Lentamente il numero delle monografie accademiche economiche favorevoli al libero mercato è aumentato, sebbene abbiano guadagnato poca trazione nella comunità politica conservatrice fino alla rivoluzione Reagan iniziata nel 1980. Gran parte dell'interesse pre-Reagan era stato generato dall'aumento delle newsletter pro-sound money (investimenti pro-oro) dopo il 1965. Questo interesse ha accelerato durante la seconda metà degli anni '70, quando il prezzo dell'oro salì alle stelle. Dopo il 1980 il numero di libri sul libero mercato è aumentato rapidamente. Il libro di Hazlitt ha continuato a vendere.

L'aumento dell'interesse per l'economia del libero mercato è arrivato dall'esterno del mondo accademico. Ci sono ancora pochi economisti della Scuola Austriaca nel mondo accademico e nessuno nell'Ivy League e nelle università di alto livello. Il blackout accademico continua, sebbene ci siano state altre scuole basate sul libero mercato che hanno ottenuto sostegno accademico marginali. Hanno questo in comune: l'avallo alle banche centrali.



CONCLUSIONE

Hazlitt era un Giovanni Battista dei tempi nostri: una voce che gridava nel deserto. Non viveva di locuste e miele, le sue entrate provenivano dalla sua superba scrittura. Era unico.

Non ha mai scritto un trattato economico. È noto soprattutto per ciò a cui si è opposto: l'intervento dello stato nell'economia. Non ha mai provato a superare questa critica: non si può battere qualcosa con niente.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


mercoledì 25 settembre 2019

I regolatori non sono coloro che rendono sicuro il cibo





di Jeffrey Tucker


La lattuga romana ha causato un grande panico nel settore alimentare lo scorso novembre, con la FDA, il CDC e decine di migliaia di notizie che mettevano in guardia le persone a causa di infezioni di E. coli. Il prodotto è sparito da scaffali e ristoranti in un giorno.

(Non pensate che questo sia solo un problema del settore privato, scrivo da Atlanta, dove l'amministrazione locale sta dicendo ai residenti di far bollire l'acqua dei rubinetti a causa di una contaminazione.)

Facciamo un passo indietro e prendiamo in considerazione i fattori di rischio: al momento della sostituzione del prodotto, 43 persone erano state infettate. Nel peggiore dei casi la probabilità di essere ricoverati in ospedale mangiando un prodotto contaminato è di 1 su 28 milioni.

Come ha osservato Jim Prevor sul Wall Street Journal: "La probabilità di ottenere una scala reale a poker è 1 su 649.740. [...] Se questo focolaio fosse attivo ogni giorno e mangiaste un'insalata al giorno, in media verreste ricoverati in ospedale per E. coli una volta ogni 77.000 anni."

Quindi, sì, tutti si sono lasciati prendere la mano ed è stato un disastro per l'industria della lattuga. Un panico all'inizio del 2018 è costato all'industria $77 milioni e un calo del 44% delle vendite. Quello dello scorso novembre invece è stato anche peggio e l'industria sta cercando soluzioni, anche per prevenire un'infezione, per quanto le probabilità siano basse. Alcuni stanno addirittura parlando dell'utilizzo della blockchain per tracciarne meglio la provenienza.



Normativa alimentare

È una delle affermazioni più sconcertanti dell'ideologia pro-regolamentazione: produttori e venditori di alimenti hanno un debole incentivo nell'assicurarsi che il loro cibo sia sicuro per il consumo. Un breve sguardo alla dinamica di questo panico ci suggerisce il contrario. La vendita di un prodotto non sicuro è catastrofica per l'industria, eppure si presume quasi universalmente che tutti noi compreremmo e consumeremmo quotidianamente veleni se non fosse per i regolatori alimentari di Washington che dicono alle persone come mantenere il cibo sicuro. Devono essere pronti a multare, altrimenti saremmo condannati.

Il mito è nato nei primi anni del XX secolo, con The Jungle di Upton Sinclair del 1904. Era tutta finzione, ma molto avvincente. Gli orrori dell'industria del confezionamento della carne ivi descritti (comprese le scene di lavoratori che cadono in vasche di grasso bollente) hanno ispirato la prima normativa federale su larga scala in materia di sicurezza alimentare: il Meat Inspection Act del 1906. Theodore Roosevelt considerava questo come un primo passo necessario "per eliminare l'avidità arrogante ed egoistica del capitalista".

Ed è di solito qui che finisce la memoria storica: il governo federale ci ha salvato dalla carne non sicura, e basta. Ora ci tiene al sicuro dalla lattuga velenosa. Questa storia ci spiega il supporto per il coinvolgimento dello stato nell'arrestare le malattie di origine alimentare. È il modello fondante per cui lo stato è coinvolto nel l'approvare il cibo e salvaguarda presumibilmente la nostra salute.



La normativa ha funzionato?

Torniamo un attimo al confezionamento della carne. Le normative hanno raggiunto i loro obiettivi? La situazione è migliorata e, in tal caso, questo miglioramento è dovuto alle normative o alle innovazioni private? O il problema è peggiorato e, in tal caso, il peggioramento può essere ricondotto alle normative stesse? Queste sono le domande che dobbiamo porci.

C'è qualcosa di ancora poco conosciuto in tutta questa storia, che va a smontare la tesi secondo cui lo stato debba occuparsi della nostra salute. La legislazione impone che gli ispettori federali possano presentarsi sul posto a qualsiasi ora in ogni impianto di confezionamento delle carni. I regolatori hanno escogitato un metodo che fa acqua da tutte le parti per rilevare la carne cattiva: introdurre un bastoncino nella carne e annusarlo. Se l'odore è buono, inseriscono il bastoncino nel pezzo di carne successivo e continuano ad odorare. Eseguono questa procedura in tutto lo stabilimento. Questa è la presunta soluzione...

Ma come sottolinea Baylen J. Linnekin in "La fallacia della sicurezza alimentare: più normative non rendono necessariamente più sicuro il cibo" (Northeastern University Law Journal, vol. 4, n. 1), questo metodo è a dir poco imperfetto. Non si possono rilevare i patogeni nella carne dall'odore. Ci vuole molto tempo affinché i batteri inizino ad emettere gas puzzolenti. Nel frattempo i batteri possono diffondere la malattia attraverso il tocco. Il bastoncino può raccogliere i batteri e trasmetterli da un pezzo di carne ad un altro, e gli ispettori non possono saperlo. Questo metodo per testare la carne diffonde qualsiasi agente patogeno dalla carne cattiva alla carne buona, garantendo che un'intera industria diventi un coacervo di agenti patogeni.

Come spiega Linnekin: "Gli ispettori dell'USDA hanno indubbiamente trasmesso batteri nocivi da un pezzo di carne contaminato ad altri pezzi non contaminati in quantità indicibili e, di conseguenza, sono stati direttamente responsabili di aver fatto ammalare un numero imprecisato di americani con le loro azioni".

È molto tempo che persiste una cattiva pratica normativa ed in fondo è così che funziona con le normative. Una volta che una regola è in atto, nessuno può fermarla, non importa quanto poco abbia senso. E lo sapete bene se siete mai stati in fila per i controlli della TSA in aeroporto. L'irrazionalità alla base dei loro regolamenti mi colpisce ogni volta e colpisce anche i dipendenti della TSA. Sequestrano bottiglie di shampoo, ma lasciano passare gli accendini. A volte confiscano un cavatappi e altre volte no.

Ogni volta che lo stato impone una normativa, inizia a funzionare come se fosse un pilota automatico. Non importa quanto sia priva di logica, dannosa, irrazionale, o fuori moda, la normativa finisce per superare il ragionamento della mente umana. Questa diventa una questione molto seria per quanto riguarda la salute. Regolamentare questo settore non deve significare un signore supremo che non risponde a nuove informazioni, nuove prove e innovazione; nessuno vorrebbe un sistema specializzato nel seguire una routine, non importa quanto sia folle.

Questo è il motivo per cui nelle società in cui si intromette lo stato, le cose finiscono per diventare statiche e stagnanti. Ecco perché ancora oggi Cuba sembra un tableau degli anni '50. Questo è il motivo per cui quando il sipario è calato sulla Germania orientale e sull'Unione Sovietica nel 1989-91, abbiamo scoperto società che sembravano bloccate nel passato. Ecco perché il servizio postale non innova e perché le scuole pubbliche sono ancora strutturate come se fossimo negli anni '70. Una volta stabilito un piano statale, si tende a rimanervi fedeli, anche quando non raggiunge i suoi obiettivi.

Il caso del confezionamento della carne dovrebbe servire da avvertimento per tutte le misure normative dello stato, progettate per proteggerci dalle malattie o renderci sicuri. Viviamo in un mondo di cambiamento e di crescente conoscenza. Le nostre vite e il nostro benessere dipendono da sistemi economici che possono rispondere al cambiamento, elaborare con successo tale conoscenza e consentirne l'utilizzo in modi che soddisfino i bisogni umani. Un'economia di mercato competitiva è specializzata nel fare proprio questo.

Se dovessi scegliere tra fidarmi di un'industria della lattuga autoregolata che paga a caro prezzo per eventuali errori commessi nella sicurezza alimentare, o conferire poteri speciali a dipendenti distanti e distaccati del settore pubblico senza conoscenze localizzate o specializzate in qualsiasi settore particolare, la scelta sembra piuttosto ovvia. Come dimostra l'ultimo caso della lattuga romana, il contributo dei regolatori può essere discutibile, ridondante, generativo di panico inutile, o addirittura contrario all'obiettivo della sicurezza.

È una storia che è andata avanti per oltre 100 anni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/