di Tho Bishop
Questa settimana la Bank of China ha annunciato una svalutazione dello yuan fino a ¥7 al dollaro, pari a quella dell'aprile del 2008. L'amministrazione Trump si è vendicata incolpando la Cina come d'essere un manipolatore della valuta.
L'ironia qui è che la Cina ha sostenuto artificialmente la sua valuta per anni, con alcuni analisti che sostenevano che lo yuan sarebbe sceso del 30-40% se gli fosse stato permesso di fluttuare sul mercato. Come ci si può aspettare da un conflitto politico, la mossa è stata poco supportata dai fatti e verteva più sul posizionamento, mentre la guerra commerciale tra Trump e il Partito Comunista Cinese (PCC) continua ad intensificarsi.
La reazione del mercato a questa battaglia tra le due maggiori economie del mondo era telefonata: l'enorme cascata di vendite di lunedì suggerisce che il mercato si aspettava una sorta di grande accordo tra i due Paesi. Forse Wall Street pensava che Trump fosse alla disperata ricerca di un accordo per la stagione delle elezioni, o che le pressioni politiche provenienti da Hong Kong avrebbero ammorbidito Pechino. In ogni caso, i mercati finanziari evidenziano un problema più importante: pensano ancora che le politiche commerciali di Trump rappresentino il rischio maggiore per l'economia cinese.
I dazi di Trump sono state una spina nel fianco per Xi, non solo hanno influenzato le esportazioni cinesi negli Stati Uniti (in calo di quasi l'8% a luglio), ma i dazi di ritorsione sui beni americani (in particolare prodotti agricoli come soia e maiale) hanno contribuito all'aumento dell'inflazione alimentare all'interno del Paese. Questo aumento del costo della vita, unito al rallentamento della crescita economica che Xi ha soprannominato "la nuova normalità", comporta pressioni sul Partito Comunista.
Ma questa è una storia di poco conto rispetto al vero problema della Cina: un sistema bancario in crisi.
Due mesi fa il governo cinese ha rilevato Baoshang Bank, una piccola istituzione con sede in Mongolia. Ciò che è degno di nota non è l'atto in sé, ma il fatto che sia stato riportato come notizia. Sebbene il Partito Comunista avesse la capacità di mantenere segrete le proprie azioni, poiché circolano molte ipotesi che in passato ci siano state acquisizioni simili, si è assicurato di avvisare la stampa finanziaria. I funzionari pubblici hanno persino scelto la Reuters, piuttosto che una pubblicazione cinese, per l'annuncio.
Alcuni hanno ipotizzato che le azioni del governo fossero destinate ad inviare un segnale: il PCC è a conoscenza di problemi più grandi nelle sue banche regionali ed è pronto ad agire in caso di necessità. Di fatto il governo ha seguito questa acquisizione con l'istituzione di un nuovo programma di assicurazione sui depositi al fine di "aiutare gli istituti finanziari a far fronte ai rischi e introdurre un meccanismo di uscita".
Alla fine di luglio un'altra banca si è trovata in difficoltà, questa volta la più grande banca regionale di Jinzhou. Sebbene progettata diversamente dall'acquisizione esplicita di Baoshang, ancora una volta il governo cinese è dovuto venire in soccorso tramite istituti finanziari sostenute dallo stato acquistando quote dell'istituto finanziario in fallimento.
Sebbene sia possibile che Baoshang e Jinzhou siano episodi isolati all'interno del Paese, molti analisti cinesi ritengono che questo sia solo il primo tremito di un sistema finanziario che inizia a subire le conseguenze di anni di espansione artificiale del credito.
Dal 2008 il debito totale della Cina rispetto al PIL è quasi raddoppiato, superando il 300% nel 2019. Dato che il mondo è inondato da elevati livelli di debito, potrebbe essere considerata una "situazione normale", ma ci sono una serie di ragioni perché i livelli di debito della Cina sono particolarmente preoccupanti.
Il principale fattore di indebitamento cinese non è tanto il debito pubblico, ma quello aziendale. Nel 2017 il debito societario non finanziario era quasi il 160% del PIL secondo il FMI. (Per fare un confronto, il debito delle società statunitensi, a sua volta elevato, si attesta al 48% del PIL.) Ancora più preoccupante, le imprese sostenute dallo stato sono state le più aggressive nell'assunzione del rischio, rappresentando l'85% di tutti i prestiti tradizionali nel Paese.
Fonte: The Economist |
Simile alle GSE americane, il sostegno statale di queste aziende ha dato loro un vantaggio competitivo nei rating di credito, aiutandole a scavalcare le altre imprese nell'accesso ai prestiti. Naturalmente sono proprio queste aziende sostenute dallo stato che sono meno interessate alla redditività, volendo piuttosto soddisfare i desideri dei leader del governo locale. Il risultato è che molti di questi prestiti sono stati stipulati per progetti che non sarebbero mai stati redditizi. È semplicemente un debito che non verrà mai ripagato.
Vi sono altri motivi per cui la situazione del debito cinese è potenzialmente più volatile rispetto a quella di altri Paesi.
Come ha osservato Diego Santizo dell'UFM l'anno scorso:
Il debito cinese è schiacciante non a causa del volume (oltre $34.000 miliardi), ma perché la cifra è quadruplicata in sette anni (2007-2014) [...]. Non solo la velocità della crescita del debito, ma anche la composizione del debito è parte del problema. Quasi la metà proviene dal settore immobiliare e dalle industrie correlate, e almeno un altro 30% è il prodotto di intermediari del settore bancario ombra, la cui discrezione finanziaria è altamente dubbia.
Il summenzionato sistema bancario ombra è un altro problema che preoccupa da tempo i funzionari del PCC.
Il sistema bancario ombra coinvolge istituti finanziari, spesso banche tradizionali, che offrono ai clienti al dettaglio rendimenti più elevati convogliando i depositi in quelli che vengono chiamati prodotti di gestione patrimoniale. Questo denaro viene quindi raggruppato e prestato a società che non sono state in grado di ottenere un prestito. Questi prodotti hanno ottenuto fama nel Paese grazie alla loro capacità di fruttare più dei conti bancari tradizionali.
La natura stessa del sistema bancario ombra comporta un rischio maggiore rispetto al sistema bancario tradizionale. Dato il predominio statale nei mercati dei prestiti tradizionali, le banche ombra sono state una fonte di credito necessaria per le imprese private, ma a costi più elevati. Mentre Pechino ha tentato di rallentare la crescita del settore lo scorso anno, ha abbandonato questi sforzi di fronte all'attuale guerra commerciale che ha portato alla crescita nel 2019.
Gran parte del settore bancario ombra si presenta sotto forma di progetti fiduciari da parte di banche regionali, come le banche di Baoshang e Jinzhou. Al momento della loro acquisizione, si ritiene che gli investimenti nel settore bancario ombra costituissero il 25% degli attivi di Baoshang. Nel frattempo Moody's avverte che gli asset rischiosi stanno crescendo rapidamente all'interno di quella classe.
Fonte: Bloomberg |
Inoltre i bilanci delle banche cinesi sono particolarmente contorti. Come ha fatto notare Bloomberg, a complicare il salvataggio di Jinzhou c'è il fatto che "i libri contabili sono così confusi che non è ancora stato possibile capirne i dati finanziari del 2018". Ulteriori complicazioni sono la sfiducia generale all'interno delle società di revisione cinesi e l'affidabilità dei bilanci all'interno il Paese, come riportato dal Wall Street Journal all'inizio di questo mese. Quindi la qualità di questi prestiti, sia nel sistema bancario tradizionale che in quello ombra, è un enorme punto interrogativo che i regolatori cinesi devono risolvere.
Tutto ciò aiuta a spiegare perché esista una maggiore preoccupazione per il sistema bancario cinese.
Inoltre il fallimento di queste aziende avrà conseguenze per i loro pari. All'indomani del salvataggio di Baoshang, abbiamo assistito ad un aumento dei tassi di prestito interbancari ed ai requisiti di garanzia, poiché le grandi banche sono diventate più caute con prestiti ad istituzioni di dimensioni simili. Infatti le quattro banche cinesi più grandi hanno visto scendere le loro valutazioni a livelli minimi quando sono cresciute le aspettative sul fatto che sarebbe stato chiesto loro di salvare istituti più piccoli.
Quante di queste istituzioni sono nei guai?
Kyle Bass, un gestore di hedge fund che a lungo ha avvertito che il sistema bancario cinese fosse sottofinanziato, ha affermato che ci sono "quasi 500 banche in Cina che sono etichettate "in difficoltà" dal governo stesso. Se vero, è possibile che il PCC potrebbe presto essere di fronte alla sua più grande crisi finanziaria nell'era moderna.
Mentre è particolarmente difficile per un esterno avere un punto di vista chiaro della vera forza economica della Cina, abbiamo ragione di credere che il Paese si trovi di fronte ad un sistema bancario ad alta leva pieno di prestiti di qualità discutibile e crescenti inadempienze. Mentre gran parte dei media generalisti rimane concentrata su Trump e il commercio, la più grande minaccia per l'economia cinese potrebbe essere una gigantesca bolla finanziaria interna.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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