martedì 6 agosto 2019

Ignorate coloro che spargono terrore, ecco cosa dicono veramente i modelli sul cambiamento climatico





di Robert P. Murphy


Un recente articolo di uno scienziato ha fatto il giro dei social media soprattutto perché metteva a conoscenza i lettori di una terrificante conversazione che suddetto scienziato ha avuto con "un membro influente" dell'IPCC, il corpo delle Nazioni Unite dedicato allo studio delle scienze sul clima. La conclusione della loro conversazione è stata che milioni di persone moriranno a causa dei cambiamenti climatici, una conclusione che porta l'autore a lamentarsi che gli umani abbiano creato una civiltà basata sul consumo che ha portato infine "l'inferno a scatenarsi sulla Terra".

Come accade per la maggior parte di questa retorica allarmista, c'è ben poco a sostegno di queste affermazioni, anche se ci limitiamo a fonti di informazione "ufficiali", inclusi gli stessi rapporti dell'IPCC. La documentazione storica non giustifica il panico, ma dovrebbe invece indurci ad aspettarci un progresso costante per l'umanità, purché la normale operazione delle interazioni volontarie di mercato continui senza interferenze politiche atte a sabotarla.



La conversazione

Ecco l'apertura dell'articolo di James Dyke, in cui afferra l'attenzione del lettore con una conversazione apocalittica:
Era la primavera del 2011 ed ero riuscito ad avvicinare un membro di spicco dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) durante una pausa caffè in un laboratorio [...].

L'IPCC si occupa dei cambiamenti climatici e produce rapporti di valutazione ogni quattro anni. Dato l'impatto che possono avere le scoperte dell'IPPC sulla politica e sul mondo industriale, viene prestata molta attenzione alle sue scoperte scientifiche. Quindi non mi aspettavo molto quando gli ho chiesto con schiettezza quanto riscaldamento pensasse avremmo raggiunto prima di riuscire a tagliare le emissioni di gas serra.

"Oh, penso 3 °C come minimo", ha detto.

[...]

"Ma per quanto riguarda i milioni di persone direttamente minacciate? Chi vive in nazioni povere, i contadini colpiti da bruschi cambiamenti climatici, i bambini esposti a nuove malattie?"

Sospirò, si fermò per qualche secondo e un sorriso triste e rassegnato si insinuò sul suo viso. Poi, la sua risposta: "Moriranno".

Mettendo da parte la stranezza agghiacciante di qualcuno che sorride mentre predice milioni di morti, un po' come un cattivo nei film di James Bond, dobbiamo chiederci: quanto sono plausibili questi avvertimenti? La letteratura sul cambiamento climatico supporta nell'effettivo proiezioni così audaci?

A quanto pare, la risposta è "No". È certamente vero che ci sono molti pericoli insiti nei cambiamenti climatici, i quali potrebbero avere conseguenze deleterie sul benessere umano. Ma concludere che milioni moriranno, o addirittura miliardi come afferma l'autore dell'articolo nelle sue osservazioni conclusive, significa esagerare grossolanamente tutti i vari meccanismi e scenari, e presumere anche che gli umani non faranno nulla per adattarsi alle circostanze mutevoli nel corso dei decenni.

In realtà, è molto più probabile che gli esseri umani si adatteranno a qualsiasi cambiamento che il clima manifesterà nei prossimi decenni e che varie misure del benessere umano, inclusi non solo il PIL ma anche l'aspettativa di vita e il declino dei tassi di mortalità, continueranno a migliorare. L'economia di mercato è un'eccellente soluzione per le sfide che l'umanità deve affrontare, compresa la gestione di qualsiasi cambiamento climatico.



Riepilogo dei danni dovuti ai cambiamenti climatici secondo l'IPCC

Sfortunatamente è difficile trovare una statistica come "Quanti morti l'IPCC prevede entro il 2100 a causa del cambiamento climatico, se i governi non intraprendono ulteriori azioni?" Se consultate l'AR5, che è il l'ultimo rapporto dell'IPCC, e guardate il Capitolo 11 (Gruppo di lavoro II) sugli impatti dei cambiamenti climatici sulla salute umana, vedrete varie aree problematiche e dati riguardanti le popolazioni a rischio, ma nulla di così netto da permetterci di concludere che ci saranno "milioni di morti".
Il quarto rapporto di valutazione (AR4) ha evidenziato un netto miglioramento dell'aspettativa di vita in molte parti del mondo nel XX secolo, e questa tendenza è proseguita nel primo decennio del XXI secolo (Wang et al., 2012). I rapidi progressi in alcuni Paesi (in particolare la Cina) hanno dominato le medie globali, ma la maggior parte dei Paesi ha beneficiato di sostanziali riduzioni della mortalità. Rimangono disparità considerevoli ed evitabili nell'aspettativa di vita all'interno e tra le nazioni in termini di istruzione, reddito ed etnia (Beaglehole e Bonita, 2008) e in alcuni Paesi le statistiche ufficiali sono talmente frammentarie in termini di qualità e copertura che è difficile giungere a conclusioni sulle tendenze della salute (Byass, 2010). Gli anni vissuti con disabilità hanno avuto la tendenza ad aumentare nella maggior parte dei Paesi (Salomon et al., 2012). Se lo sviluppo economico continuasse come previsto, si prevede che i tassi di mortalità continueranno a scendere nella maggior parte dei Paesi; l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che l'onere globale della malattia (misurato in anni di vita aggiustati secondo la disabilità pro-capite) diminuirà del 30% entro il 2030, rispetto al 2004 (WHO, 2008a). Si prevede che le cause alla base della cattiva salute globale cambino in modo sostanziale, con una maggiore prominenza delle malattie croniche e delle lesioni; tuttavia le principali malattie infettive tra adulti e bambini rimarranno prominenti in alcune regioni, in particolare nell'Africa sub-sahariana e nell'Asia meridionale (Hughes et al., 2011). [IPCC Quinta relazione di valutazione, Gruppo di lavoro II, Capitolo 11, grassetto aggiunto.]

Più avanti, in questo stesso capitolo, vediamo la seguente tabella che illustra il modello generale quando si tratta di proiezioni a lungo termine sui danni causati all'umanità dal cambiamento climatico:

Fonte: IPCC AR5, Gruppo di lavoro II, Capitolo 11

Come indica la tabella, il numero assoluto (per non parlare della percentuale della popolazione) di bambini denutriti in tutti i Paesi in via di sviluppo, anche con i cambiamenti climatici, è previsto (premesse alcune ipotesi) che scenda di 9,4 milioni dal 2000 al 2050. È vero che il numero salirà nell'Africa sub-sahariana, ma scenderà in ogni altra regione. (Salirà nell'Africa sub-sahariana anche senza cambiamenti climatici.) Dovremmo anche tenere a mente che le proiezioni dell'ONU presumono che le popolazioni di 26 Paesi africani raddoppieranno nel 2050, il che significa che, secondo le stime dell'ONU, la percentuale di bambini malnutriti scenderà lo stesso nell'Africa sub-sahariana e persino con i cambiamenti climatici.

Come ho spiegato in un altro articolo, quando si parla di cambiamenti climatici i danni proiettati non si verificano fino a molti decenni nel futuro. Ma per quelle persone la crescita economica avrà aumentato il loro standard di vita di base di così tanto, che anche se le proiezioni del cambiamento climatico, approvate dalle Nazioni Unite, sono accurate, quegli esseri umani staranno molto meglio di noi.



“Le cose migliorano di volta in volta”

Per vedere più prove di questo modello, prendete in considerazione il grafico seguente che descrive la mortalità per varie cause creato con Our World in Data utilizzando i dati dell'Istituto per la Metrica e la Valutazione della Salute (IHME), 2018:


Come indica il grafico, negli ultimi 20 anni i tassi di mortalità per vari tipi di cause sono diminuiti drasticamente in tutto il mondo, in particolare quelli dovuti a malattie trasmissibili, in un periodo in cui il cambiamento climatico è apparentemente diventato un problema mortale per l'umanità che solo i "negazionisti" ignorano.

Per altre prove, permettetemi di mostrarvi una tabella in cui l'ONU ci ha fornito alcune misure dei danni "aggregati" dovuti ai cambiamenti climatici. Nello specifico, nel Capitolo 10 dell'AR5 vediamo la seguente tabella che riassume la letteratura sull'economia dei cambiamenti climatici:

Fonte: Tabella 10.B.1, IPCC AR5, Gruppo di lavoro II, p. 82.

Come riassume la tabella, anche per un riscaldamento di 3 gradi Celsius, tutti tranne uno degli studi hanno previsto quantità di danni non allarmanti. (Discuto di più in merito alla tabella in questo articolo.) In ogni caso, dovrebbe essere chiaro dalla tabella che, contrariamente a quanto dice James Dyke, non dovremmo aspettarci milioni, per non parlare di miliardi (!), di morti a causa dei cambiamenti climatici. Anche se il cambiamento climatico procederà e la letteratura in merito presumerà scenari in cui le emissioni saranno più alte, probabilmente significherà semplicemente che le persone nell'anno 2100 saranno molto più ricche di noi.



Che dire degli scenari catastrofici?

È vero, nessuno può garantire che non ci sarà una catastrofe a causa del cambiamento climatico; ma dobbiamo renderci conto che alcuni degli studi che avvertono di enormi impatti negativi si basano su ipotesi palesemente errate.

Oren Cass ci fornisce alcuni esempi. Uno studio ha esaminato l'aumento della mortalità in una fredda città nordica degli Stati Uniti durante un'estate particolarmente calda e poi ha dedotto che ci sarà un numero impressionante di morti in futuro a causa di questo caldo anomalo. Eppure, nelle proiezioni, le città del nord non erano più calde delle città americane meridionali in questo momento, e sì, queste città meridionali non hanno lo stesso tasso di mortalità a causa del caldo previsto invece per il futuro nelle città settentrionali.

Quello che sta succedendo qui dovrebbe essere ovvio: una città del nord come Philadelphia non è adattata ad estati calde come Houston o Las Vegas. Ma se i cambiamenti climatici rendessero davvero tali temperature la norma, nel corso di diversi decenni, allora gli abitanti delle città settentrionali si adatterebbero: installerebbero più condizionatori e le persone nate nell'anno (diciamo) 2080 sarebbero molto meglio in grado di affrontare fisicamente temperature più alte nel 2100 rispetto alle persone vive oggi.

Questa è anche la risposta generale che vorrei dare al problema dell'aumento del livello del mare. Penso che gran parte della retorica qui sia esagerata, ma anche nella misura in cui fosse vera, non dovremmo lo stesso preoccuparci: è un problema che si manifesterà tra molte generazioni nel futuro. Se alcune regioni costiere sono davvero minacciate, nel peggiore dei casi gli umani smetteranno di costruire (e alla fine anche di riparare) case e imprese vicino al mare. Gli esseri umani potranno gradualmente uscire da questi quartieri (che affondano) e trasferirsi nell'entroterra, attraverso un processo di abbandono piuttosto che una migrazione di massa di fronte ad un maremoto.



Conclusione

Gli allarmisti riguardo il cambiamento climatico sfruttano la retorica più assurda per spacciare le loro sciocchezze, come abbiamo visto in questo articolo. E nonostante la loro presunta fedeltà nella "scienza", le loro affermazioni non sono supportate dalle relazioni sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite.

La più allarmante delle proiezioni dei danni causati dai cambiamenti climatici si basa su ipotesi ingenue sull'adattabilità umana. Anche se dovessimo concordare con le proiezioni di base presentate nella più recente valutazione dell'IPCC, un cambiamento climatico "incontrollato" significherà probabilmente che i nostri bisnipoti vedranno un aumento (seppur lieve) del tenore di vita rispetto a quello che avrebbero visto altrimenti se l'anidride carbonica nell'atmosfera fosse stata rimossa senza costi. Un simile risultato non è motivo di panico e non giustifica un massiccio intervento dello stato nei settori dell'energia o dei trasporti.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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