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di Daniel Lacalle
Le iniezioni di liquidità e la ZIRP mascherano il rischio e possono dare un falso senso di sicurezza. Questo rischio non potrebbe essere più evidente oggi. Non solo abbiamo assistito a grandi ridimensionamenti per quanto riguarda le stime di crescita e le aspettative delle banche centrali sul PIL e sull'inflazione, ma anche indicatori anticipatori indicano un'economia molto più debole.
Ci sono somiglianze con il 2008 che non dovremmo ignorare:
- Un massiccio stimolo cinese gonfia prezzi di asset e materie prime.
- La scarsa qualità dei dati macroeconomici viene ignorata dai mercati, ipotizzando che tutto migliorerà nella seconda metà dell'anno.
- Curve dei rendimenti invertite. 15 economie ora hanno i loro rendimenti trentennali inferiori ai tassi overnight LIBOR.
- Il debito a rendimento negativo è salito a $11.000 miliardi.
- La repressione finanziaria è ai massimi storici, mentre gli indicatori guida evidenziano un crescente rischio di recessione.
Nel primo trimestre del 2019 le azioni hanno visto aumentare la loro capitalizzazione di mercato di $9.300 miliardi e le obbligazioni di quasi $2.000 miliardi. Nel frattempo il Conference Board Index degli indicatori principali è precipitato per le principali economie mondiali. Anche l'indice Citi Economic Surprise è calato, in particolare a marzo, nonostante un leggero rimbalzo nell'Eurozona all'inizio dell'anno. La crescita del commercio mondiale, gli ordini di macchine ed utensili e gli indici di produzione rimangono deboli... mentre il debito è salito alla cifra record di $244.000 miliardi secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali e l'IIF.
La differenza con la crisi asiatica, o quella del 2008, è che questa volta il rischio è nascosto nei bilanci delle banche centrali.
Quindi se il rischio è nascosto sotto un perenne tappeto di crescita di massa monetaria, perché dovremmo preoccuparci? Perché il finale molto probabilmente non è un botto in stile 2008, ma una zombificazione lenta, dolorosa e inarrestabile dell'economia globale. Quando le prove della stagnazione economica aumentano, i governi diventano più nervosi. Cosa fanno? Fermare la follia monetaria? Permettere ai settori ad alta produttività di prosperare? Promuovere il deleveraging e l'investimento prudente? No. Più malinvestment: massicce spese improduttive a spese dei contribuenti e dei risparmiatori in quello che probabilmente sarà l'ennesimo trasferimento di ricchezza dai salariati e dai risparmiatori agli stati.
Gli investitori sono costretti ad investire in asset più rischiosi per ottenere rendimenti decenti e si intensifica il crowding out dei settori produttivi a favore dei settori sovvenzionati dallo stato; la crescita della produttività crolla e gli economisti mainstream acclamano la follia della repressione finanziaria con la scusa che "non c'è inflazione", mentre i cittadini di tutto il mondo si lamentano e manifestano contro l'aumento del costo della vita. Intensificare la repressione finanziaria con la scusa "non c'è inflazione" è il più ridicolo mantra di sempre. È come guidare un'auto a tutta velocità su un'autostrada con la premessa che "non ci siamo ancora scontrati".
Molti economisti difendono la zombificazione delle economie sotto una falsa premessa sociale: cosa c'è di male nel seguire l'esempio del Giappone? Ha una bassa disoccupazione, il suo debito non inficia la crescita e l'economia sopravvive piuttosto bene.
Inutile dire che è tutto sbagliato. La bassa disoccupazione del Giappone non ha nulla a che fare con la politica monetaria e fiscale: è causa della demografia e della mancanza di immigrazione. Il basso costo del debito del Giappone non è una benedizione: è il risultato dell'uso dei risparmi dei cittadini per perpetuare uno Schema (quasi) di Ponzi che impedisce al Paese di spendere più del 20% del suo bilancio per le spese per interessi. L'idea che sia irrilevante perché il Tesoro compra sempre più obbligazioni, denota il grado di follia di chi difende tali politiche. Si tratta solo di calciare il barattolo lungo la strada, cosa che trasferisce il rischio alle generazioni future. Non c'è da meravigliarsi se i cittadini giapponesi non spendano o investano tanto quanto i loro pianificatori centrali vorrebbero. Non sono stupidi. Sanno che il governo, ad un certo punto, confischerà la ricchezza attraverso mezzi monetari e fiscali. Questa infinita macchina del debito rende l'economia meno dinamica e la stagnazione è una garanzia. Ma la forza dello yen e il basso costo del debito giapponese sono supportati solo dall'elevato livello di riserve internazionali e dai forti flussi finanziari del Paese. Il Giappone conserva i suoi squilibri perché è uno dei pochi che ha iniziato questa politica coordinata di zombificazione. Se il resto del mondo vuole copiare questo pattern non ci sarà una stagnazione in stile giapponese, ma una catena di crisi in stile argentino.
Il fatto che il Giappone sia sopravvissuto a due decenni di stagnazione con le politiche keynesiane non dovrebbe essere una scusa per fare lo stesso, ma un'opportunità per fare il contrario.
L'idea che il quantitative easing non abbia stimolato la crescita e una sana ripresa dell'economia mondiale è corretta. Il pensiero che gli errori del quantitative easing siano risolti con una maggiore stampa di denaro e un maggior crowding out dell'economia produttiva è semplicemente ridicolo. Gli errori precedenti non si correggono con un errore più grande.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
“La ragione principale di un dazio è che consente lo sfruttamento del consumatore interno mediante un processo indistinguibile dalla rapina.” ~ Albert Jay Nock
RispondiElimina“Tutto ciò che un dazio può ottenere è la deviazione della produzione da quelle posizioni in cui l'output per unità di input è più alto alle posizioni in cui è inferiore. Non aumenta la produzione; la riduce.” ~ Ludwig von Mises
Per circa 40 anni Donald Trump ha creduto che i dazi fossero la strada per far tornare grande una nazione. L'ha dichiarato più e più volte durante la sua campagna elettorale. Ciononostante ci sono due enormi problemi: 1) la Cina non paga quei dazi; li pagano invece i consumatori di prodotti importati, cioè imprese e consumatori americani; 2) non esiste un mondo in cui tassare la tua stessa gente e ostacolare le loro relazioni commerciali crea più ricchezza.
Infatti i dazi del 2018 hanno inficiato direttamente su un quarto o più dei risparmi che le famiglie e le imprese americane hanno realizzato a seguito dei tagli fiscali del 2017; gli importatori degli Stati Uniti hanno passato gran parte del nuovo carico fiscale direttamente ai consumatori; i dazi rappresentano un assist indiretto a quei Paesi che non ne hanno alcuno; sebbene i protezionisti affermino che i dazi siano necessarie per proteggere importanti industrie nazionali dalla concorrenza, i dati delle industrie siderurgiche e dell'alluminio non forniscono alcuna prova che questi settori abbiano realizzato guadagni).
Quindi, no, i dazi non rendono prospero nessuno. Senza di essi, invece, ci sarebbe prosperità. Sì, i dazi sono una pessima idea e causano danni terribili.