Bibliografia

giovedì 16 maggio 2019

L'austerità funziona... quando i mercati sono lasciati liberi di agire





di Anthony P. Mueller


Cercare di superare una crisi finanziaria con dosi maggiori di debiti è inefficace e la cosa è auto evidente, visto che sarebbe solo un ulteriore passo in avanti verso la bancarotta definitiva. Per superare una crisi finanziaria sono necessarie politiche a favore delle imprese private. L'austerità non è dolorosa quando la contrazione del settore pubblico è accompagnata dall'espansione del settore privato: la ricetta per far funzionare l'austerità richiede l'eliminazione degli interventismi centrali e l'alimentazione dello spirito imprenditoriale. I policymaker non dovrebbero litigare sui tagli alla spesa, ma determinare che cosa deve essere fatto per far espandere il settore privato mentre il settore pubblico si restringe.



Politiche fallimentari

Come gli economisti della scuola Austriaca hanno spiegato molto tempo fa, l'austerità (e non più spesa) è la via per uscire da una depressione. Un nuovo studio empirico su 16 economie avanzate ha pienamente confermato la tesi che l'austerità funziona. La ricerca ha rilevato che una considerevole riduzione del deficit di un Paese e la stabilizzazione del debito pubblico, sono il modo per recuperare e riconquistare la crescita economica.

Eppure la credenza popolare dice che il debito, attraverso più deficit, verrebbe finanziato da maggiori entrate fiscali perché la spesa pubblica "stimola" l'economia. I politici guadagnano consensi con questa falsa tesi. Eppure questi sostenitori ignorano che l'emergere di una crisi del debito è di per sé la prova che il cosiddetto moltiplicatore fiscale della spesa pubblica non ha funzionato come promesso. La materializzazione di una crisi del debito significa che il farmaco miracoloso ha fallito.

Quando emerge una crisi del debito, gli stati cercano di ignorare la verità e la popolazione non vuole sentire che la baldoria della spesa dovrebbe finire. I politici ottengono il loro posto nel governo come spacciatori di pasti presumibilmente gratis, di conseguenza non sono in grado di giustificare la necessità di una minore spesa pubblica. Va contro la natura di coloro che vivono di stato dire che la soluzione è una minore attività statale.

Anche quando la crisi del debito pubblico è diventata un'emergenza nazionale, non si placano i soliti fuochi d'artificio di una retorica delle illusioni. È molto più probabile che la stessa negligenza che ha provocato la crisi del debito persisterà anche quando arriva la crisi del debito. Un Paese può definirsi fortunato quando dà una possibilità all'austerità.

Una crisi del debito mostra che ora è necessario liberare risorse per il settore privato. Quando l'espansione della produzione privata compensa la contrazione del settore pubblico, diminuirà il carico del debito del Paese. Non più spesa pubblica, come sostengono i risparmiatori di deficit, ma ridurla e far spazio all'espansione del settore privato salverà l'economia.

Coloro che preferiscono più spesa pubblica di fronte ad una crisi del debito pubblico suggeriscono che la stessa strategia che ha portato alla calamità sarebbe la sua soluzione. La presenza di una crisi del debito dimostra che è stato accumulato troppo debito e per superare tale crisi sono necessari più risparmi, non meno.



Austerità senza rimorsi

La ripresa economica dopo la seconda guerra mondiale negli Stati Uniti e in Europa occidentale ci fornisce un'impressionante conferma della tesi secondo cui i tagli alla spesa pubblica stimolano l'attività economica quando realizzati in combinazione con un miglioramento del clima degli investimenti.

All'epoca la riduzione della spesa pubblica, quando la macchina da guerra americana dovette essere ridotta, avvenne in un'atmosfera che era tornata favorevole agli affari privati. Mentre l'incertezza e la politica economica del presidente Roosevelt ridussero l'economia privata a favore del settore pubblico e dell'occupazione statale durante la Grande Depressione e negli anni della guerra, era emerso un nuovo periodo per la libera impresa negli Stati Uniti e negli altri Paesi (Germania occidentale e Giappone, ad esempio).

Un altro esempio istruttivo è quello di mettere a confronto le politiche del Regno Unito dopo la fine delle guerre napoleoniche e quelle adottate dopo le due guerre mondiali.

Debito pubblico del Regno Unito, 1692-2011

Sulla scia delle guerre napoleoniche all'inizio del XIX secolo, il debito pubblico britannico era cresciuto oltre il duecentocinquanta percento rispetto al suo prodotto interno lordo. Nel secolo che seguì la guerra, terminata nel 1815, il Regno Unito abbatté il suo debito e sperimentò il suo più glorioso periodo di prosperità economica. Al contrario, l'economia britannica ha vissuto periodi prolungati di stagnazione economica sia dopo la prima guerra mondiale che durante la seconda guerra mondiale.

Le politiche economiche di questi periodi non potrebbero essere più diverse. Mentre nel XIX secolo la Gran Bretagna seguì una politica economica basata sugli ideali del liberalismo classico, il Paese adottò politiche interventiste dopo la prima guerra mondiale e fece lo stesso dopo la seconda guerra mondiale fino alla fine degli anni '70. Mentre la Gran Bretagna ha guadagnato ricchezza e prosperità nel XIX secolo, ha sperimentato declino economico e stagnazione nel XX secolo.



La prossima crisi

Negli Stati Uniti il peso del debito (debito pubblico in percentuale del prodotto interno lordo del Paese) è aumentato dall'82% nel 2008 al 105% nel 2016. Questa cifra è destinata ad esplodere quando arriverà la prossima recessione o i tassi d'interesse saliranno. Il Giappone è sprofondato nel debito per oltre due decenni e l'onere del debito della nazione è salito oltre il 250%. Il Giappone fornisce l'esempio più eclatante del fatto che enormi programmi di spesa pubblica e ZIRP non sono utili quando il sistema statale non viene sostituito da riforme radicali orientate al libero mercato.

Qualunque siano le circostanze specifiche della prossima crisi finanziaria, si unirà ad una crisi del debito pubblico. Infatti molti Paesi del mondo, non solo la Grecia alcuni anni fa o attualmente il Brasile, sono in una crisi del debito. Stati Uniti, Giappone, molti Paesi europei: una crisi del debito pubblico incombe su quasi tutte le economie avanzate. La crisi non è ancora diventata acuta in suddetti Paesi perché le banche centrali hanno acquistato il debito pubblico ad un ritmo senza precedenti e hanno applicato tassi d'interesse estremamente bassi. Ora queste politiche stanno raggiungendo il loro limite e la prossima recessione rappresenterà anche la prossima grande crisi del debito.

Quando i tempi sono normali, l'investitore può considerare i titoli di stato buoni quanto la propria valuta. Infatti acquistarli può essere un'alternativa redditizia al risparmio in valuta; invece di prestare il proprio denaro alle banche commerciali in un conto di risparmio, il risparmiatore presta i suoi fondi allo stato. Quando il mercato obbligazionario è liquido, e il mercato delle obbligazioni è solitamente uno dei mercati finanziari più liquidi, le obbligazioni sono un sostituto completo della valuta (con l'ulteriore vantaggio di guadagnare interessi).

Finché l'interesse sulle obbligazioni compensa la perdita dovuta all'inflazione dei prezzi, l'investitore può sentirsi salvo. Cosa succede quando l'inflazione dei prezzi supera le aspettative? In questo caso il calcolo che è stato effettuato al momento di decidere di acquistare le obbligazioni non è più valido: quanto più il nuovo tasso d'inflazione atteso supera il livello precedente, tanto meno favorevole sarà mantenere le obbligazioni. Gli investitori iniziano a vendere obbligazioni ed i nuovi investitori le acquisteranno solo ad un tasso di interesse più elevato. La superiorità delle obbligazioni rispetto alla valuta va in frantumi. Poi si scopre che l'assioma della MMT, che lo stato può spendere senza tener conto delle entrate, che "i deficit non contano", diventa una falsa promessa.

Una volta che le aspettative inflazionistiche cominciano a salire e le proiezioni trovano conferma, lo stato diventa un debitore ordinario e in quanto tale è affidabile solo quanto può onorare il proprio debito. Cessa il privilegio dello stato come emettitore degno di fiducia della moneta della nazione; questo fenomeno è comunemente chiamato "perdita di fiducia". In termini economici ciò significa che l'investitore non considera più i titoli di stato tanto buoni quanto la valuta.



Conclusione

Quand'è che gli stati riconosceranno che non esiste un'alternativa all'austerità quando si raggiunge il limite di debito contraibile? Quand'è che gli stati riconosceranno che l'austerità non ha bisogno di essere dolorosa e basta solo effettuare tagli alla spesa in combinazione con un miglioramento del contesto economico del settore privato? La scelta tra il taglio della spesa pubblica o un aumento della stessa si riduce alla scelta tra accettare un periodo di avversità o andare avanti illudendosi che le cose si sistemeranno da sole. Alla fine la verità viene sempre a galla. Solo un cerebroleso potrebbe optare per una maggiore spesa. Tuttavia la semplice riduzione della spesa pubblica non è sufficiente: ciò che deve essere fatto è combinare i tagli alla spesa con una politica convincente di promozione della libera impresa senza alcuna riserva.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


2 commenti:

  1. Dott. Simoncelli faccia attenzione a pubblicare certi articoli, oggi si rischia il linciaggio anche per molto meno....

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  2. Dot. Simoncelli, la sua giusta ricetta, non può funzionare, dentro la UE e con l'euro, perché come sà bene il tavolo è truccato.

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