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lunedì 27 maggio 2019

La minaccia dietro la politica sui tassi d'interesse sotto lo zero

La follia totale in Europa: stagnazione economica accoppiata col record storico di titoli a rendimento negativo. Ricordate che sono i fondi pensione che pagano maggiormente dazio in questa situazione, dovendo innanzitutto diversificare in asset di rischio maggiori e in secondo luogo non ottenendo il ritorno aspettato annuale di cui hanno disperatamente bisogno.
Quindi dopo che abbiamo appreso che dal prossimo anno il divario "ufficiale" tra entrate e uscite nella previdenza sociale USA si allargherà nettamente, adesso sappiamo anche empiricamente che la stessa cosa accadrà alla controparte europea.
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di Brendan Brown


La politica dei tassi d'interesse sotto zero, praticata per molti danni da Europa e Giappone, va a minacciare la prosperità economica globale; eppure il Congresso e la Casa Bianca sono stranamente silenziosi sulla questione.

Due episodi monetari, uno storico e controfattuale e l'altro contemporaneo e reale, evidenziano la natura del pericolo.

In primo luogo, quello storico: durante tutto il periodo del gold standard dalla metà del 1860 al 1914, era raro che a Londra i tassi del mercato monetario a breve termine scendessero sotto l'1-2% annuo. In genere questi tassi erano altamente volatili giorno per giorno, ma pochi se ne preoccupavano.

I tassi a medio e lungo termine erano molto più costanti, il loro livello rifletteva una grande quantità di informazioni decentrate sul mercato, derivanti dalle decisioni individuali di voler accendere o no nuovi prestiti. Le percezioni riguardo al tasso medio di breve termine stabilivano un minimo al tasso di lungo termine (dato che gli speculatori potevano accendere prestiti a lungo termine e ridurre i prestiti a breve termine).

Walter Bagehot disse che "John Bull può sopportare molte cose, ma non può sopportare tassi d'interesse al 2%" (il che significava che tassi più bassi lo avrebbero fatto impazzire, nel senso odierno di esuberanza irrazionale o di ricerca disperata di rendimenti decenti). Il gold standard funzionava in un modo che rispettava questa saggezza popolare.

Se i tassi a breve termine fossero scesi a zero, ci sarebbe stata una "fuga verso l'oro", dal momento che la popolazione avrebbe convertito i depositi e le banconote in metallo giallo; una crescente penuria di riserve auree (nel sistema bancario) avrebbe costretto a restringere le condizioni monetarie. Questo meccanismo dipendeva dalla naturale scarsità dell'oro e dalle sue caratteristiche uniche. Il denaro in sistemi monetari fiat non ha mai goduto di queste proprietà.

Il livello implicito dei tassi d'interesse nominali non rappresentava un ostacolo alla proverbiale mano invisibile che avrebbe stimolato una ripresa economica dopo una recessione. Ciò avveniva nel contesto di prezzi stabili nel lungo periodo, non con l'inflazione permanente come predicato dagli architetti dell'attuale inflation targeting al 2%. I prezzi delle merci cruciali sarebbero scesi ad un livello inferiore alla media durante la fase debole del ciclo economico e ci si aspettava che tutto sarebbe tornato alla normalità nella successiva fase di espansione.

Cosa pensano oggi i banchieri centrali della saggezza di Bagehot su John Bull?

Negano che esista inflazione nei prezzi degli asset. Se c'avessero creduto veramente, non avrebbero chiesto ai loro dipartimenti di ricerca, pieni di economisti neo-keynesiani, di condurre la seguente analisi controfattuale.

Se nell'ultimo decennio le banche centrali avessero rispettato il minimo dell'1-2% sui tassi d'interesse, come sarebbe stata la ripresa economica e quale sarebbe stata la natura dell'espansione?

Draghi non ha mai affrontato il tema dell'inflazione nei prezzi degli asset. Non ha mai dovuto rispondere ad una domanda seria sull'argomento nelle sue noiose conferenze stampa o audizioni dinanzi al Parlamento Europeo. Anche così non è stato in grado di eludere completamente una discussione pubblica che rivela indirettamente alcuni dei pericoli dei tassi a zero e negativi in ​​questo ciclo attuale. I suoi colleghi l'hanno commentata invece.

Il tema: la differenza fondamentale tra il modo in cui la BCE da un lato e la Banca del Giappone (BoJ) più la Banca Nazionale Svizzera (BNS) dall'altro, hanno amministrato la politica dei tassi d'interesse negativi in questo ciclo.

La potente lobby bancaria in Germania si è chiesta perché la BCE non abbia copiato la BNS e la BoJ nel caricare i tassi negativi solo su una piccola fetta dei depositi bancari presso di essa piuttosto che su tutti.

Draghi non ha fornito una risposta diretta o schietta, ma ammette che la questione è "in corso di revisione". La sua reticenza suggerisce moventi inquietanti dietro le politiche dei tassi negativi.

Per capire perché la BCE stia gestendo in maniera così aspra la politica dei tassi negativi nei confronti delle banche, iniziamo identificando quale scopo comune potrebbe raggiungere con la BoJ e la BNS se adottasse un tocco più leggero (imponendo tassi negativi solo su una piccola fetta dei depositi bancari collocati presso di essa).

Tale obiettivo comune è la manipolazione monetaria.

Il denaro nazionale (o nel nostro caso l'euro) si svaluta quando c'è una fuga di capitali al di fuori degli asset a tasso negativo. Le banche cercano di proteggere i loro clienti regolari dai tassi negativi e spostano i costi sui depositanti esteri, tenendo anche conto dei tassi di rendimento ridotti ottenibili da altri asset, compresi i prestiti e le obbligazioni statali a breve scadenza.

Infatti i tassi negativi funzionano in parte come un sistema di restrizione monetaria, il quale impone sanzioni agli afflussi esteri nel mercato monetario interno.

Le banche tedesche sono più stressate nel proteggere i loro correntisti dai tassi negativi rispetto alle loro controparti svizzere e giapponesi, dato il trattamento duro da parte della BCE. Di conseguenza il rifugio che offrono è meno ampio e gli azionisti pagano attraverso profitti inferiori.

Perché Draghi non si arrende? Perché ciò significherebbe meno sussidi alle banche italiane! La BCE si avvale della politica dei tassi negativi che addebita sui depositi (e le banche tedesche sono il principale creditore netto dell'euro-sistema a riflesso dell'enorme eccedenza di risparmio tedesco) per rendere agevolati i prestiti soprattutto alle banche italiane. Se Draghi avesse seguito semplicemente la via della manipolazione monetaria, allora sì che avrebbe potuto compiacere la lobby delle banche tedesche (e la Bundesbank che la supplicava).

In definitiva, questo trasferimento all'interno dell'Europa (principalmente dalla Germania all'Italia) non rappresenta una minaccia per nessun altro, compresa l'amministrazione Trump. Gli elettori tedeschi dovrebbero dire la loro. L'aspetto di preoccupazione per gli Stati Uniti è la manipolazione monetaria.

Il rimedio più diretto sarebbe che il Tesoro degli Stati Uniti aggiungesse la politica dei tassi negativi alla sua lista di test qualora un governo estero seguisse la via della manipolazione monetaria. Inoltre gli Stati Uniti potrebbero usare la loro considerevole influenza presso il FMI, nonostante il suo amministratore delegato francese, per fare della politica dei tassi negativi (o a zero) un'attività sospetta, avversa all'obiettivo di eliminare la politica "beggar thy neighbor".

Non c'è assolutamente alcuna probabilità che l'amministrazione Trump prenda entrambe le misure. Vietare i tassi negativi in ​​Giappone e in Europa potrebbe accelerare il passaggio dell'inflazione nella sua fase finale di crisi prima delle elezioni del 2020. È molto meglio concentrarsi sull'azione diretta per ridurre gli effetti negativi della manipolazione monetaria sul commercio USA.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. Bankers Stunned as Negative Rates Sweep Across Danish Mortgages

    La diffusione dei rendimenti negativi alle obbligazioni garantite da ipoteca è sia inevitabile che terrificante. Inevitabile perché l'attuale ammontare di debito a rendimento negativo non ha innescato il tipo di boom che i Paesi sovraindebitati volevano, e visto che la manipolazione dei tassi d'interesse è il loro unico strumento di stimolo, devono trovare altri tipi di debito da spingere in territorio negativo. Terrificante perché, come il mondo ha scoperto negli anni 2000, i mutui sono uno strumento ciclico, che va bene nei periodi favorevoli e che si schiantano drammaticamente nei periodi sfavorevoli. Che tali obbligazioni abbiano un rendimento negativo, ci garantisce enormi perdite quando il settore immobiliare affronterà un nuovo bust.

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