Bibliografia

mercoledì 22 maggio 2019

La liquefazione dei sogni di Wall Street





di David Stockman


La stupidità regna sovrana a Wall Street: è circondato da ogni tipo di politica economica sfavorevole ed evento imprevedibile, eppure i trader ed i robo-trader continuano a camminare sul bordo di una vasca piena di pescecani.

Non sembrano affatto ricordare che tra il picco intra-giornaliero di 2.941 e la chiusura alla vigilia di Natale, l'indice S&P 500 è sceso di un 25% in soli 64 giorni di trading.

Può davvero essere che la cecità di Powell e l'apparente tregua tra Trump e lo Schema Rosso di Ponzi abbiano rimosso ogni singola nuvola oscura dai cieli?

Ad ascoltare le teste di legno nello zombie-box, pare proprio di sì. E ancora meglio, ora che le preoccupazioni sul Muro sono state cancellate, il proverbiale tsunami di denaro a bordo campo si sta presumibilmente preparando ad alimentare la madre di tutti i crolli del mercato azionario.

Lo stesso Larry Fink, amministratore delegato di Blackrock, lo ha detto poco tempo fa. Intendiamoci, non ha detto perché dovrebbe salire ancora di più rispetti ai suoi attuali livelli già stratosferici, solo che il FOMO sta per scatenare un altro fuggi-fuggi di acquisto nel casinò.

Tra tutte le persone proprio Larry Fink, seduto in cima a $6.000 miliardi di asset (perlopiù ETF e fondi comuni d'investimento che possono essere scaricati in un momento di panico), dovrebbe essere agitato. Blackrock guadagna meno di 30 bps sulla sua montagna di risorse gestite, il che significa che un crollo dei prezzi degli asset di rischio (anche vicino a quelli del 2008-09 e 2000-2001) spazzerebbe via la maggior parte dei suoi $4 miliardi di profitti annuali.

Ma Larry Fink è apparentemente cieco di fronte a questo rischio e per una semplice ragione: è uno dei cavalcatori di bolle della sua generazione, e dopo 30 anni di indicibili successi e accumuli di ricchezza, ha da tempo perso la comprensione di cosa sia una finanza solida ed è diventato progressivamente ignaro del fatto che la sua azienda è in realtà seduta in cima alla più grande bolla finanziaria della storia.

Come uno dei quattro partner originali di Blackstone subito dopo l'ultima correzione onesta dei mercati nell'ottobre 1987, quando il Dow è crollato del 22% in un solo giorno, Fink è stato salutato come un innovatore finanziario estremamente brillante. Ancora ventenne, Larry Fink è stato uno dei pionieri del settore dei titoli garantiti da mutui ipotecari e inizialmente aveva realizzato profitti giganteschi scambiando e sottoscrivendo questi nuovi titoli. Compito reso estremamente facile da una evento: quando arrivò a Blackstone nel marzo 1988, il presidente della FED, Alan Greenspan, scoprì la stampante monetaria nel seminterrato dell'Eccles Building. Procedette quindi ad inondare Wall Street di liquidità, vanificando così i tentativi di Mr. Market di operare una pulizia degli errori economici accumulati sino a quel momento.

Nel 1989 i mercati si erano "ripresi" e la grande bolla trentennale dell'era attuale aveva iniziato la sua lunga, implacabile inflazione. Fu in quel momento che Larry Fink iniziò a pensare in grande: sviluppare il primo fondo comune che avrebbe investito esclusivamente in titoli garantiti da ipoteca di Fannie Mae e Freddie Mac. Ci vollero due settimane affinché il team Blackstone raccogliesse $100 milioni.

Tale team era guidato dal co-fondatore di Blackstone, Pete Peterson, già presidente di Lehman Brothers, segretario al commercio sotto Nixon, più giovane CEO in America all'età di 29 anni quando prese il timone di Bell & Howell. C'erano anche Steve Schwarzman (ancora membro di Blasckstone), Roger Altman (che successivamente ha fondato un altro gigante di Wall Street chiamato Evercore), Mark Gallogly (che in seguito ha fondato Centerbridge Partners) e il sottoscritto.

$100 milioni allora sarebbero stati $1 milione di oggi, ma quello era il 1989, quando la FED aveva un bilancio di appena $200 miliardi e il bilancio congiunto di tutte le principali banche centrali mondiali ammontava a ben meno di cinquecento miliardi di dollari. Nessuno si sarebbe mai sognato quello che sarebbe successo nel frattempo: il bilancio della FED da solo è passato ad un picco di $4.500 miliardi e il totale dei bilanci delle principali banche centrali del mondo hanno raggiunto i $25.000 miliardi.

Ma ecco il punto: le banche centrali si erano sempre date una regolata per quanto riguardava la creazione di denaro dal nulla. Vale a dire, i bilanci sono incrementati di circa il 3-4% all'anno, il che significa che i bilanci delle banche centrali ricoprivano una piccola percentuale del PIL (2-5%), mentre i modesti interventi nel mercato monetario esercitavano un tocco leggero sul prezzo del denaro, del debito e del rischio.

Ad esempio, durante il periodo di massimo splendore del capitalismo americano tra il 1953 e il 1966, il bilancio della FED si è espanso solo del 4,0% all'anno. Durante questo periodo la crescita economica era in media del 3,8% annuo, l'inflazione dell'1,0% all'anno e il rapporto tra debito pubblico e privato totale e PIL era cresciuto lentamente dall'1,33X nel secondo trimestre del 1953 all'1,45X nel secondo trimestre del 1966 (rispetto al 3,5X di oggi)

Inutile dire che tutto è cambiato dopo che Greenspan ha preso il timone della FED nell'agosto 1987 e ha proceduto ad esplodere il suo bilancio di 4 volte durante i 19 anni del suo regno; e ancora più importante costringere il resto delle banche centrali del mondo a seguirlo.

Di conseguenza durante i 27 anni tra il 1987 e il 2014, il bilancio della FED è cresciuto ad un tasso vertiginoso del 12,2% annuo, mentre negli ultimi trent'anni i bilanci congiunti delle banche centrali del mondo sono cresciuti di un 14,0% annuo.

Questo è completamente folle e ha causato una massiccia inflazione del prezzo degli asset finanziari, non in beni e servizi, e per una ragione molto semplice.

Per intenderci, il mondo non è mai stato a corto di lavoro: il nostro pianeta ha sempre avuto molti lavoratori, ma erano intrinsecamente vincolati al capitale perché fino agli ultimi 30 anni, la creazione di nuovo capitale richiedeva aumenti nei risparmi privati ​​e innumerevoli atti di soddisfazione posticipata dei propri desideri.

Non più ormai, almeno non durante l'attuale era della Finanza delle Bolle. Le banche centrali hanno sistematicamente represso il costo del debito e gonfiato il valore delle azioni, cosa che ha alimentato una lunga serie di massicci investimenti improduttivi. Di conseguenza i beni produttivi sono stati finanziati con il capitale a buon mercato stampato dalle banche centrali, o finanziati da speculatori col front-running in titoli di debito e titoli azionari.

A dire il vero questa deformazione finanziaria ha favorito una falsa prosperità, la cui più fulgida incarnazione è lo Schema Rosso di Ponzi. Il fatto più cruciale è che ha estinto qualsiasi tendenza verso un aumento dell'inflazione dei prezzi di beni e servizi, visto che un miliardo di lavoratori dalle risaie dell'Asia si è spostato nelle fabbriche.

Alla fine, quindi, l'inflazione artificialmente bassa di beni e servizi promossa dalle banche centrali è diventata la scusa per ancor più sconsideratezza monetaria. Il paravento delle banche centrali, la "lowflation", ricorda il dodicenne che uccide entrambi i genitori e poi si dispera nei tribunali per il fatto che sia rimasto orfano!

In ogni caso, le banche centrali hanno stampato denaro come mai prima d'ora. Ciò, a sua volta, ha travolto i giocatori nei mercati dei capitali, che si sono costantemente trasformati in casinò, con questa Grande Deformazione e ha fatto perdere definitivamente ogni traccia di una determinazione onesta dei prezzi.

Questo ci riporta al nostro Larry Fink. Negli ultimi 30 anni i sopraccitati $100 milioni di asset in gestione di Blackrock hanno raggiunto i $6.000 miliardi, ma per quanto sia intelligente, Larry Fink non è uno scienziato finanziario.


Inutile dire che Larry Fink è solo il manifesto di una generazione di trader e speculatori che hanno cavalcato bolle anche da 60.000X; e l'hanno fatto per così tanto tempo che non riescono nemmeno a vedere la follia finanziaria tutt'intorno a loro, come con Facebook, Zoom e Chipotle per citarne alcuni. Ma è sufficiente qui considerare il caso di Amazon, che ha guidato il folle recupero del 25%-35% dei principali indici azionari durante sin dalla vigilia di Natale.

La capitalizzazione di mercato di Amazon è quasi tornata al suo massimo storico, a $945 miliardi. Ciò rappresenta un assurdo 95X le sue entrate nette annuali da $10 miliardi, e un 74X del suo flusso di cassa annuale da $12,8 miliardi.

Inoltre quasi il 60% del reddito operativo di Amazon durante il 2018 è stato guadagnato dal suo business cloud (AWS), che rappresentava solo il 12% dei suoi $233 miliardi di vendite. Queste ultime non hanno nulla a che fare con il core business da $207 miliardi dell'e-commerce, e rappresentano in realtà un investimento non proprietario, a basso rendimento, ad alta intensità di capitale in vaste server farm (vale a dire, lo stupido patrimonio dell'economia digitale).

In sostanza, Amazon è un crogiolo di inefficienze, investimenti improduttivi e distruzione economica di Main Street, grazie ai falsi incentivi offerti dalla sua incredibile sopravvalutazione.

Ma come Larry Fink, i cavalcatori delle bolle non vedono l'assurdità della situazione perché 30 anni di implacabile inflazione degli asset hanno distrutto i meccanismi di funzionamento del mercato monetario e dei capitali.

Infatti anche MarketWatch ha iniziato a capire coem stanno le cose, commentando in modo perplesso il fatto che 45 analisti azionari che coprono AMZN lo considerino un "buy". Incredibile davvero, perché unac osa del genere non accadrebbe neanche tra un milione di anni in un libero mercato ed onesto.

Forse è anche per questo che l'ultima stella cadente delle IPO, Zoom, è stata tradata ad una capitalizzazione di mercato di $17,7 miliardi nella sua ultima chiusura. Ciò rappresenta 54X i suoi $331 milioni di entrate e 2.330X i suoi $7,6 milioni di reddito netto. E sì, stiamo parlando di duemilatrecentotrenta volte i guadagni.

Poi tra gli altri c'è Chipotle, che ha riportato un utile netto di $205 milioni per il periodo annuale terminato a marzo 2019. Ciò è notevole perché nel 2011 Chipotle ha incassato $215 milioni! Tuttavia ciò non ha impedito ai trader di scommettere sui suoi titoli fino ad una capitalizzazione di mercato di $20 miliardi, il che significa che è valutato al 100X del suo reddito netto e oltre il 55X il flusso di cassa.
Proprio così. Questa è una catena di ristoranti di burrito che non è andata da nessuna parte da otto anni a questa parte, perché ha saturato il Paese con negozi, ha molta concorrenza, sta affrontando crescenti costi di manodopera e cibo, ed è soggetta a molteplici episodi di avvelenamento dei suoi clienti con cibo contaminato.

Ma a quanto pare tutto ciò non importa per Larry Fink e compari, i quali ignorano come una liquefazione dei sogni di Wall Street e compagnia sia proprio dietro l'angolo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


1 commento:

  1. L'inflazione è un problema più complesso di quello presentato da MMTers e keynesiani. La radice dell'inflazione dei prezzi è una combinazione tra inflazione monetaria e mutevoli preferenze della popolazione nel detenere denaro. Un aumento della quantità di denaro può essere neutralizzato da un aumento della preferenza della popolazione nel detenere denaro rispetto ai beni. Allo stesso modo, se la popolazione lo rifiuta come mezzo di scambio, qualunque sia la quantità, il suo potere d'acquisto svanirà.

    Gli economisti moderni ritengono che l'inflazione monetaria non rappresenti un problema, citando la relazione tra espansione monetaria e prezzi in Giappone. Ma c'è un problema con le statistiche che registrano l'effetto dei prezzi: pochissimi economisti prestano attenzione alle preferenze relative tra denaro e merci.

    In una crisi del credito dovrebbe essere ovvio che queste preferenze cambieranno. Gli stranieri ridurranno le loro preferenze relative ai dollari e saranno una fonte di liquidazione degli stessi, i quali dovranno essere assorbiti dai settori finanziari e non finanziari statunitensi. Ne consegue un dollaro più basso in termini di potere d'acquisto rispetto alle materie prime.

    Per i residenti negli Stati Uniti la situazione è più complessa. Inizialmente le banche cercheranno di ridurre gli obblighi di credito col settore privato, portando a pressioni deflazionistiche. I prestiti per il capitale circolante saranno ridotti e la liquidità sarà generata dalle vendite di asset. Invece le banche compreranno bond statunitensi. La FED taglierà di nuovo i tassi e introdurrà tassi negativi nel tentativo di contrastare la deflazione del credito e ridurre il costo dei finanziamenti del governo USA.

    Il deficit di bilancio del governo USA salirà a causa di una combinazione di entrate in calo e crescenti costi di welfare. Inizialmente il finanziamento del deficit non sarà un problema, perché le banche saranno desiderose di evitare il rischio di credito del settore privato. Inoltre la FED vorrà reintrodurre il QE come parte di un pacchetto di stimolo e "salvaguardia" del sistema. La spesa pubblica aumenterà ancora di più, giustificata come stimolo fiscale da parte degli inflazionisti. Successivamente le banche, supportate dalla FED, ricominceranno ad espandere il credito.

    Un indebolimento del dollaro combinato con il protezionismo commerciale spingerà al rialzo i prezzi al consumo, nonostante il calo della domanda. Non sono solo gli stranieri che sono pingui di dollari, ma anche gli statunitensi stessi diventeranno un problema quando la crisi del credito minaccerà le banche. Nonostante gli sforzi di queste ultime per delimitare i prestiti alle imprese e ai privati, non è possibile evitare una crisi sistematica in un sistema a riserva frazionaria. Che inizi in America o altrove (es. Europa) è irrilevante. L'unica "soluzione" per le autorità è quella di buttare ancora più soldi contro il problema. Non avranno alternativa: accelerare la svalutazione della valuta per proteggere le banche.

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