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di Gunther Schnabl & Thomas Stratmann
Dieci anni dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale, le banche dell'area Euro non si sono riprese. L'Euro Stoxx Financials è solo il 40% sopra il suo minimo di marzo 2009, ben al di sotto del suo livello pre-crisi. Per contro, l'indice S&P Financials negli Stati Uniti è salito del 320%. I destini diversi delle istituzioni finanziarie europee e statunitensi potrebbero essere dovuti alle diverse terapie monetarie e normative adottate dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dalla FED.
Fonte: Thompson Reuters Datastream |
La FED ha abbassato il suo tasso d'interesse di riferimento più velocemente della BCE e ha ampliato il suo bilancio più rapidamente tramite il quantitative easing. La FED ha abbassato il suo tasso di riferimento ad un minimo storico dello 0,25% a dicembre 2008. Gli acquisti di asset da parte della FED includevano prestiti ipotecari cartolarizzati, cosa che ha contribuito a prevenire un crollo finanziario durante la crisi. Anche il Tesoro degli Stati Uniti ha acquistato più di $400 miliardi di prestiti ipotecari cartolarizzati e azioni bancarie nell'ambito del Troubled Asset Relief Program (2009-2012). Pertanto le banche sono state ricapitalizzate con la forza. Poiché i prezzi degli asset e dei beni immobili sono stati sostenuti grazie alla politica monetaria della FED, i bilanci delle banche si sono ulteriormente stabilizzati.
Al contrario, la BCE è stata più riluttante a ridurre i tassi d'interesse di riferimento verso lo zero. Il tasso di rifinanziamento principale ha toccato lo zero solo nel 2015. Le banche negli stati europei del Mediterraneo e l'Irlanda hanno gonfiato il debito pubblico, azione che alla fine ha innescato la crisi del debito sovrano europeo dal 2012 in poi. Gli acquisti di asset su larga scala sono stati avviati solo a partire da marzo 2015, dopo che era scaduta la prima espansione del bilancio della BCE tramite operazioni di finanziamento a lungo termine (mirate). Dei €2.600 miliardi di acquisti di asset da parte della BCE, l'80% è stato per titoli di stato (FED: 47%), il che rende il quantitative easing della BCE più simile ad un programma di salvataggio per i governi in difficoltà che per le banche.
Fonte: BCE, Federal Reserve Bank of St. Louis |
I grandi acquisti di asset da parte della FED e della BCE attraverso i programmi di quantitative easing hanno portato le banche commerciali a mantenere enormi riserve presso le banche centrali. La FED ha deciso di remunerare queste riserve in eccesso nel 2008. Con il tasso d'interesse sulle riserve in eccesso (IOER) salito al 2,4% negli ultimi anni, la FED ha trasferito $95 miliardi alle banche statunitensi tramite questo canale. Per contro, dal 2014 la BCE ha mantenuto un tasso d'interesse negativo sui depositi bancari commerciali (attualmente pari a -0,4%), facendo pagare gli interessi per le riserve in eccesso. Le banche tedesche, ad esempio, hanno pagato alla BCE €20 miliardi.
La FED ha posto fine alla sua politica monetaria ultra-accomodante prima della BCE. Dalla fine del 2015, la FED ha lentamente spinto verso l'alto l'Effective Federal Funds Rate, che ora si attesta al 2,3%. Poiché la FED sta cautamente riducendo il proprio bilancio (che ha iniziato a fare nel 2016), i tassi d'interesse a lungo termine sono saliti. La FED ha quindi sollevato le istituzioni finanziarie statunitensi dall'onere di ridurre continuamente i margini degli interessi. Ad esempio, il margine netto degli interessi per JP Morgan è salito dall'1,98% nel 2017 al 2,38% nel 2018.
Fonte: BCE, Federal Reserve Bank of St. Louis |
Al contrario, la BCE non ha lasciato che i tassi d'interesse di riferimento salissero e non ha ridotto le sue ingenti riserve di titoli di stato. Di conseguenza il margine d'interesse delle banche tedesche è sceso da circa il 3,0% nel marzo 2009 all'1,8% di oggi. Il margine di trasformazione tra i rendimenti dei decennali tedeschi e il denaro overnight è stato ridotto nello stesso intervallo dal 2,8% a circa lo 0,7%. Gli utili netti da interessi delle banche tedesche sono scesi da €66 miliardi nel 2008 a €28 miliardi nel 2018. Poiché i tassi d'interesse di riferimento della BCE rimangono bassi, si prevede che il margine degli interessi per le banche dell'area Euro si ridurrà ulteriormente.
Sul fronte normativo, Basilea III ha aumentato i requisiti patrimoniali negli Stati Uniti e in Europa. Entrambi i governi hanno adottato ulteriori misure per regolamentare le istituzioni finanziarie. Negli Stati Uniti il Dodd-Frank Act ha rafforzato i requisiti normativi, mentre la Volcker Rule ha limitato il lucroso proprietary trading. I supervisori finanziari degli Stati Uniti hanno chiuso 541 banche insolventi dal 2008. Tuttavia di recente gli obblighi di segnalazione per quasi tutte le (più grandi) istituzioni finanziarie statunitensi sono stati nuovamente allentati. Attraverso il market making, il proprietary trading è ancora indirettamente possibile per le grandi istituzioni.
Nell'area Euro sin dal 2014 il meccanismo di supervisione unica della BCE monitora le 130 maggiori istituzioni finanziarie dell'area Euro. Le banche dell'area Euro hanno versato €60 miliardi in un fondo di salvataggio bancario fino al 2023. L'UE ha anche creato restrizioni al proprietary trading che hanno portato ad un considerevole calo delle posizioni in titoli. Gli stress test frequenti da parte della BCE sono un onere per le banche dell'area Euro, ma hanno fatto ben poco per identificare i rischi in anticipo, basi pensare ad esempio a Dexia, BBVA/Garanti, Carige e Monte dei Paschi.
Nell'area Eeuro le banche fallite sopravvivono perché sono tenute a galla con iniezioni fiscali nazionali, o attraverso una rete opaca di istituzioni di soccorso come EFSF, ANFA, EFSM ed ESM. Gli acquisti di asset da parte della BCE e il sistema di pagamento TARGET2 si sono rivelati essere un sistema di credito quasi incondizionato: circa €1.000 miliardi sono stati distribuiti tramite il TARGET2 alle banche in crisi dell'Europa meridionale, con le richieste di garanzie collaterali che gradualmente sono state ridotte. Di conseguenza dal 2008 il "Failed Bank Tracker" ha segnalato solo 52 fallimenti per l'intera area Euro.
La contrazione dei margini degli interessi e gli alti costi di regolamentazione spingono molte piccole banche a fondersi. (In Germania il numero di banche è diminuito del 12% sin dal 2008.) Le banche in fallimento vengono rilevate da concorrenti più solidi, di solito con l'aiuto della politica. Il volume dei prestiti non performanti nell'area Euro è stimato tra i €650 ed i €1.000 miliardi. Nel 2018 i numeri ufficiali dei crediti deteriorati erano 45% per la Grecia, 12% per il Portogallo e 10% per l'Italia (1,3% per gli Stati Uniti). In realtà le cifre potrebbero essere più grandi. Nell'area Euro meridionale, in particolare, i finanziamenti delle banche centrali stanno mantenendo a galla un numero crescente di banche zombi.
Infine i livelli divergenti dei tassi d'interesse ed i risultati diversi nelle misure di stabilizzazione finanziaria hanno innescato la partenza di ampi flussi di capitali dall'area Euro verso gli Stati Uniti. La crisi irrisolta del debito pubblico, la politica monetaria lassista della BCE e la pressione dell'UE verso l'austerità fiscale, hanno tutti contribuito all'enorme deflusso di capitali dall'area Euro (circa €2.000 miliardi sin dal 2012). Ciò ha ulteriormente destabilizzato banche ed imprese europee. Al contrario, la salita dei tassi d'interesse e le politiche di stabilizzazione finanziaria della FED hanno attratto grandi porzioni di questi flussi di capitali verso gli Stati Uniti, i quali hanno rafforzato la qualità dei portafogli di credito statunitensi.
Il risultato è che la politica monetaria e la supervisione finanziaria della BCE hanno lasciato le banche dell'area Euro impreparate alla prossima crisi economica. Presto la BCE potrebbe essere solo in grado di stabilizzare le banche dell'area Euro attraverso acquisti ancora più consistenti di titoli e un'offerta di credito incondizionata. Ciò equivarrebbe ad una progressiva zombificazione economica che non promette nulla di buono per l'instabilità economica e politica in Europa.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Qualche giorno fa mi è capitato di leggere di sfuggita l'ennesimo articolo che prendeva come modello di presunta virtù economica il Giappone. Fortunatamente per coloro che hanno studiato la teoria economica Austriaca, il buon senso pare stia tornando anche sui media generalisti, quindi cazzate come quelle sparate sul Giappone verranno relegate solo su quei blog di dubbia attendibilità. Andiamo al cuore del problema quindi. In un libero mercato, il tasso d'interesse riflette la preferenza temporale delle persone. Al giorno d'oggi esso non è più determinato dagli individui (attraverso le loro azioni in precisi archi temporali), ma dalla banca centrale.
RispondiEliminaLe banche centrali influenzano i tassi d'interesse a breve termine fornendo credito alle banche commerciali. Ultimamente, però, le banche centrali hanno anche influenzato i tassi d'interesse a lungo termine tramite acquisti di obbligazioni. Lo scopo è di sopprimere deliberatamente il tasso d'interesse ad un livello inferiore a quello determinato da un mercato libero. Ciò ha conseguenze di vasta portata, poiché induce le persone a risparmiare meno e a consumare di più.
Con la diminuzione del risparmio e l'aumento del consumo, viene stimolata una ripresa economica artificiale, ma un tale "boom" non è sostenibile e ad un certo punto dovrà trasformarsi in una recessione ("bust"). Ma c'è di più: le banche centrali, manipolando il tasso d'interesse, distorcono le scale di valutazione degli individui. Abbassare il tasso d'interesse non solo si traduce in un calo dei costi di finanziamento, o in aumento dei prezzi delle azioni e delle abitazioni (questi sono solo i sintomi di una causa più profonda), ma soprattutto va ad influenzare il modo in cui le persone valutano la soddisfazione presente dei loro desideri rispetto a quella futura.
Attraverso la soppressione artificiale del tasso d'interesse, le persone sono costrette a valutare di più il consumo attuale rispetto a quello futuro. Di conseguenza viene scoraggiato il risparmio per le esigenze future, mentre è incoraggiato il consumo nel presente. Inoltre i tassi d'interesse abbassati artificialmente convincono le persone a rinunciare ad una vita senza debiti e accendere prestiti per anticipare nel presente il consumo futuro.
Attenzione, perché questa distorsione nelle preferenze temporali delle persone ha conseguenze più vaste. Il tasso d'interesse abbassato artificialmente rende meno interessante per l'individuo trascorrere ore a studiare, poiché significherebbe ridurre il consumo attuale (es. tempo libero) e di conseguenza è possibile che la qualità dell'istruzione diminuisca; fare una famiglia diventa un sacrificio troppo oneroso, poiché i genitori devono rinunciare al consumo presente e il divorzio diventa sempre più attraente per risolvere i problemi di relazione; avere buone maniere (es. aiutare il prossimo) è considerato meno gratificante, poiché spesso significa limitare il consumo attuale (rinunciando così ad un consumo potenzialmente più elevato in futuro).
Influenzando direttamente le scale di valutazione delle persone attraverso la manipolazione dei tassi d'interesse, le banche centrali influenzano ogni aspetto della vita delle persone. Avete ben chiara adesso la causa principale di molti gravi problemi nelle questioni sociali?