venerdì 26 aprile 2019
In difesa del libero mercato
di Alasdair Macleod
Perché nessuno difende i liberi mercati e il socialismo, nonostante tutte le prove dei suoi fallimenti, rimane una filosofia allettante? Non sorprende se la risposta risieda nella politica, che ha sempre portato ad un ciclo di comportamenti collettivi. Comprendere questo fenomeno è tempestivo perché le vecchie economie avanzate, gravate da una combinazione di debito presente e futuro, sembrano essere sull'orlo di un bust coordinato. Ma questo evento non ci riporterà automaticamente ad un libero mercato che alcuni di noi desiderano.
Cicli di comportamento collettivo
Nel corso della storia ci sono stati pochi periodi duraturi in cui i mercati sono stati veramente liberi. Le eccezioni contemporanee sono limitate ad alcuni piccoli stati insulari, costretti ad essere imprenditoriali per le loro dimensioni e posizione rispetto alle nazioni più grandi con cui commerciano. I governi di queste isole sanno che lo stato in sé non è adatto all'imprenditoria. Solo se lo stato si limita a proteggere la libertà dei mercati insulari e la sacralità dei diritti di proprietà, allora gli imprenditori possono servire le persone in queste comunità e creare ricchezza per tutti.
Questa non è la condizione normale per le nazioni più grandi. Prima dell'illuminismo scozzese alimentato da David Hume e Adam Smith, i benefici del libero scambio erano a malapena compresi. Da allora la ricchezza creata dal libero scambio e dal sound money è stata quasi sempre usata per un cambiamento dannoso. A volte un uomo politico, come Mao o Lenin, impone al popolo ciò che può o non può fare. In alternativa un leader ottiene popolarità proponendo di tassare pesantemente i pochi per il presunto vantaggio delle masse. Questo è il modello degli stati oggi. La svalutazione dei mezzi di scambio è un'estensione di queste politiche di socializzazione, favorendo il trasferimento della ricchezza individuale allo stato.
Per capire perché i liberi mercati sono spesso impopolari, dobbiamo metterli in un contesto di comportamento umano. A questo proposito possiamo stilizzare un ciclo di comportamento collettivo in tre fasi. La prima è una condizione senza una legge sui diritti di proprietà; in assenza di una legge esecutiva, i mezzi di possesso sono necessariamente violenti. È la condizione naturale del tribalismo e delle società pre-civilizzate. È la condizione alla quale l'umanità ritorna quando il ciclo si completa.
La seconda fase è il consolidamento della proprietà, con leggi applicabili per definirla e proteggerla. Dal caos che non riesce a far avanzare la condizione della gente arriva l'ordine, e con esso l'aggregazione dei mezzi di produzione. Viene accumulato capitale in tutte le forme necessarie per la produzione ed essendo scarso viene usato in modo più efficiente. La spina dorsale di questa fase è la libertà per l'individuo di disporre secondo la sua volontà delle sue risorse. Il ritmo di miglioramento della condizione umana è governato dal livello di ricchezza accumulata e dall'innovazione tecnologica.
La terza fase è l'abbandono dei mercati liberi a favore del controllo statale. Lo stato, la cui funzione primaria in termini economici è di agire come fornitore della legge, assorbe sempre più il commercio cercando di estrarvi livelli crescenti di imposte. Le tasse sono imposte per ridistribuire la ricchezza da quelli che l'hanno guadagnata a quelli che non l'hanno fatto. Lo stato prende il controllo del denaro, emettendo la propria moneta che può stampare a proprio piacimento. I danni all'economia sono coperti da tutti gli artifici economici e politici possibili ed implementabili.
Lo stato regola, confisca, priva la sua gente della sua libertà. Le richieste dello stato diventano così insaziabili, così controproducenti, così impoverenti che l'economia collassa nuovamente nella prima fase del ciclo successivo.
Questo è il nostro ciclo teorico di comportamento collettivo. Dal caos viene creato progresso; dal progresso si trova il percorso verso la distruzione. Il migliore di questi tempi è il libero mercato della seconda fase. Nessuno lo difende.
Prova empirica del ciclo
Dopo che gli stati tedeschi si unirono in una singola nazione nel 1871, tale pratica diede credito ad un nuovo fenomeno socializzante in base al quale Bismarck, il primo cancelliere tedesco, promosse lo stato come entità socializzante, sostituendolo ai liberi mercati. Fu il primo uomo politico a creare uno stato sociale, ad introdurre l'assicurazione per gli infortuni e la vecchiaia e la medicina socializzata. Poco dopo l'unificazione, a metà degli anni settanta dell'Ottocento, Bismarck abbandonò il libero commercio e introdusse il protezionismo commerciale.
Le sue politiche riecheggiavano i principi della Scuola Storica Tedesca, la quale guidava il pensiero intellettuale nell'amministrazione prussiana. La Scuola Storica respinse l'economia classica di Smith, Ricardo e Mill in favore di uno stato controllore, supportato da analisi di eventi storici (da cui il nome di tale Scuola). Queste lezioni erano applicate alle condizioni mutevoli in quel momento, in cui i lavoratori si stavano trasferendo dalla campagna alle nuove fabbriche. La risposta dell'establishment tedesco ad un fenomeno sociale completamente nuovo era decisamente fuori luogo.
La creazione di un nuovo stato socializzante tedesco e la negazione del liberalismo economico portarono inevitabilmente alla fondazione del Chartalismo, la teoria del controllo dello stato sul denaro. Essa affermava che solo lo stato ha il diritto di determinare la valuta usata dal popolo. Georg Knapp pubblicò la sua State Theory of Money nel 1905. Diede a Bismarck la chiave per sbloccare i vincoli sulla spesa pubblica. Lo stato era quindi in grado di consolidare il suo potenziale, sia nella sua burocrazia che nell'armamento militare. Sappiamo tutti cos'è successo poi: prima guerra mondiale e crollo della valuta tedesca.
Vale la pena riflettere sul fatto che i tedeschi sono passati da una libertà per migliorare le loro circostanze personali al socialismo. L'inizio era promettente: l'introduzione dello Zollverein, un'unione doganale tra stati indipendenti di lingua tedesca. Le radici dello Zollverein risalivano agli anni trenta del secolo precedente, consolidate e formalizzate nel 1861. Precedette la formazione di una Germania più grande nel 1871. Era la porta di accesso all'unione politica e alla gestione economica statalista.
Lo sviluppo dell'Unione Europea è partito dalle stesse basi, ma il punto di fondo è che un ciclo di eventi ha portato una nazione a cadere sotto il pieno dominio dello stato sull'attività economica e sugli affari monetari attraverso l'erosione del laissez-faire.
Nel caso della Germania, le conseguenze politiche della prima guerra mondiale ed il successivo crollo della sua valuta non rappresentarono la fine della storia, né del ciclo. L'ascesa del socialismo fascista estremo portò infine alla distruzione dello stato tedesco nel 1945. Il ritorno ai mercati liberi sotto la guida di Ludwig Erhard completò il ciclo.
La parte di Germania occupata dai sovietici non fu così fortunata. Erhard dovette ignorare gli istinti e gli ordini dei suoi colleghi filo-americano e britannico, bloccati in uno stato d'animo militaristico e burocratico. Nel luglio 1948, senza consultarli, Erhard abolì tutti i razionamenti ed i controlli sui prezzi. Quasi istantaneamente i negozi riaprirono, il cibo tornò ad essere disponibile, scomparve l'umore repressivo e le persone iniziarono a ricostruire le loro vite. Per contrasto, la vittoriosa Inghilterra socialista continuò con la politica del razionamento fino al 1954, quando venne posta definitivamente fine al razionamento della carne.
L'evoluzione in Germania, dal libero mercato ad uno statalismo sempre più distruttivo e il ritorno al libero mercato, aveva richiesto ottant'anni dopo l'unificazione nel 1871. La Russia passò attraverso un simile cambiamento. Invece di una progressiva introduzione del controllo dello stato e della perdita della libertà personale, il tutto fu improvviso e assoluto. Dopo tre anni di guerra civile e un modello marxista già pronto, Lenin conquistò e consolidò il controllo. Sia Lenin che Stalin furono spietati nella loro soppressione della libertà. Decine di milioni di persone erano considerate nemiche dello stato, tra cui persone che non erano d'accordo con loro o della razza "sbagliata". Furono giustiziati o spediti nei gulag. Tale soppressione è durata fino a quando i soviet hanno impoverito la loro gente fino al punto in cui non rimase più nulla. Nel 1989, dopo settant'anni, l'Unione Sovietica crollò.
Le esperienze tedesche e russe ci dicono che i beneficiari del libero commercio non riescono a difenderlo e che quindi esso non dura a lungo. Chiunque leggesse di come trascorreva la vita a Vienna prima della prima guerra mondiale, rimarrebbe colpito dalla prosperità diffusa, dalla libertà e dalla fioritura artistica dell'epoca, la quale fu distrutta dalla guerra e da un successivo crollo della valuta. È fuori moda nei nostri tempi socialisti definire "bei tempi" quegli anni prebellici.
Io sono cresciuto sperimentando la prosperità del libero mercato nelle colonie africane britanniche; una prosperità che ha giovato non solo agli europei più ricchi, ma anche alle comunità indigene africane e asiatiche. Ciò fu distrutto dagli imperativi politici, dalla richiesta di indipendenza dal dominio britannico da parte di coloro che avevano beneficiato del libero mercato. Le economie completamente funzionanti sotto il libero mercato vennero sostituite in tutta l'Africa da élite corrotte che ancora rubano per arricchirsi a scapito della popolazione.
Non è un caso che i leader africani post-indipendenza abbiano abbracciato il socialismo come giustificazione delle loro azioni. Sostenevano che i proprietari terrieri europei avessero sequestrato proprietà che appartenevano alle tribù e che un nuovo stato indipendente aveva il diritto di riprenderselo. Ma ignorarono il fatto che prima dell'arrivo degli europei non esistevano proprietà, né leggi sulla proprietà per definirla. L'occupazione fu portata avanti con la forza. Non era altro che una giustificazione socialista affinché lo stato acquisisse per sé la proprietà privata.
In soli cinquanta anni il libero mercato aveva fatto passare il nativo nelle zone centrali africane dall'ignoranza della ruota all'era dei motori a reazione e dei grattacieli. Mai prima di quel momento le comunità tribali avevano assistito ad un così rapido cambiamento sociale. Dimentichiamo spesso le terribili condizioni e la crudeltà che esistevano prima dell'introduzione del capitalismo occidentale. Queste condizioni si riassumono meglio in una citazione di Tacito tratta da Socialism di Mises (p.37), il quale parla delle tribù tedesche nel 98 d.C: "Sembra riprovevole, anzi più, persino sintomo di pigrizia, acquisire qualcosa con fatica e sudore piuttosto che con lo spargimento di sangue." Avrebbe potuto descrivere i raid di bestiame che si verificano ancora oggi in Kenya e in Laikipia.
Quasi due millenni dopo che Tacito descrisse la Germania tribale, in Africa regnava un disordine simile prima che i coloni bianchi sviluppassero la terra. Per sfuggire ad una stasi di sussistenza che era apparentemente esistita da sempre, il disordine doveva essere sostituito dall'ordine dell'uomo bianco. Attraverso l'introduzione del capitale e della proprietà, i mercati liberi hanno permesso a tutta la popolazione di migliorare rapidamente le sue condizioni.
Senza questi ingredienti cruciali non ci possono essere progressi. Il socialismo restituisce la civiltà ad uno stato di natura selvaggio, abolendo sia la proprietà che l'accumulo di capitale. L'economia è ostacolata nel suo progresso, finché non appassisce. Una nazione torna quindi al suo stato pre-capitalista di illegalità, corruzione, brutalità e povertà diffusa. Ancora una volta, il raid del bestiame e azioni simili diventano il mezzo per acquisire la proprietà.
Ma se questo ciclo ripetitivo è così ovvio, perché l'umanità cade sempre nella stessa trappola?
La psicologia del negare il libero mercato
I cicli del comportamento umano richiedono un accumulo di pregiudizi finché il tutto non diventa insostenibile. Il pregiudizio umano è il motivo per cui gli establishment si attengono spesso alle loro convinzioni, mentre negano un dibattito ragionevole. Lo vediamo oggi con il nostro establishment economico post-keynesiano che guida le politiche economiche e monetarie, mentre nega la superiorità del libero mercato in queste materie. Chiunque sfidi l'irragionevolezza dell'establishment rischierà di essere denigrato e screditato.
Create la struttura delle convinzioni e lo stato può giustificare qualsiasi azione. La leadership diventa più efficace quando si basa su dottrine prevalenti, con le menti fermamente chiuse a tutte le prove del contrario. Tutti i tipi di socialismo mostrano opinioni isolate indebolite da contraddizioni sconvenienti. Un governo socializzatore può quindi apparire indipendente e leale, al servizio delle persone, quando in realtà serve solo sé stesso.
I nuovi dogmi si radicano e la popolazione, come i nostri antenati cacciatori-raccoglitori nelle loro caverne comuni, si stringe attorno alla reciproca sicurezza del nuovo consenso. Per quanto riguarda le contraddizioni dello stato, vengono ignorate e si fa riferimento allo stato stesso per smentirle. Diventa un processo iterativo che consente allo stato di allontanarsi senza remore dal libero mercato, non solo con il consenso del pubblico, ma anche con il suo incoraggiamento. È la base del pensiero di gruppo, il nemico della ragione.
All'auto-ignoranza si aggiunge una sopravvalutazione della comprensione di questioni complesse: un pregiudizio di comprensione rafforzato dai media generalisti. Gli editori selezionano questioni complesse e le riducono a scelte semplificate, che poi vengono discusse da presunti esperti. Il dibattito procede sempre sulla base di quale intervento o regolamento statale è più probabile che raggiunga un determinato obiettivo. Rovinare la festa insistendo sul fatto che la libertà personale è preferibile a qualsiasi intervento statale, costerà l'antagonismo dei media generalisti e si verrà considerati un anticonformista (se non peggio).
La contraddizione diventa troppo difficile da prendere in considerazione. Si sviluppa una forma di ingenuo realismo, in cui i giornalisti mainstream si promuovono come sostenitori di un consenso. Inoltre credono che coloro che non aderiscono al consenso sono irrazionali, prevenuti e ignoranti. Con questi mezzi, i vantaggi del libero mercato e dell'individualismo sono soppressi sempre di più. Gli economisti sono pagati per promuovere politiche a favore del controllo statale sul denaro. Le università sviluppano un pregiudizio anti-mercato e gli economisti di libero mercato non sono in grado di assicurarsi professioni retribuite.
La posizione che occupano questi esperti è stata ben riassunta da John Ioannidis, professore di medicina alla Stamford University: "Gli scienziati in un determinato campo possono essere prevenuti solo a causa della loro fede in una teoria scientifica, o dell'impegno nei confronti delle loro scoperte [...]. Le figure di prestigio possono sopprimere tramite il processo di peer review l'apparizione di scoperte che confutano le loro, condannando così il loro campo a perpetuare un falso dogma. Le prove empiriche sulla cosiddetta opinione degli esperti mostrano che essa è estremamente inaffidabile."
Tutti crediamo che gli scienziati siano disciplinati nelle loro specializzazioni e imparziali e invece non è così. In economia c'è il problema dell'imprevedibilità umana, a cui si aggiunge una mancanza di una sua definizione precisa. La teoria ragionata è spazzata via dall'introduzione di statistiche inaffidabili e spesso estranee come materia prima per le equazioni matematiche. La ragione, la libertà e il libero mercato sono le vittime.
Invece di ragionare per noi stessi e riconoscere i difetti nel dibattito, abbiamo fiducia in un'élite che guidi i nostri pensieri con le loro conoscenze. Accanto all'élite c'è un gruppo di esperti auto-consacrati consultati dai media generalisti. Diamo valore alla loro indipendenza e li vediamo come insider informati, ma dimentichiamo che il loro accesso privilegiato dipende esclusivamente dal supporto della linea di partito. È una vita redditizia per coloro che hanno il potere, una base auto-celebrativa per promuovere silenziosamente la propria politica sociale.
Quando viene lasciato indietro dai progressi, alla fine lo stato socialista statico diventa l'autore della propria distruzione. Solo allora potrebbe essere rotto il consenso psicologico di negare il libero mercato. Se siamo fortunati, dal caos che ne deriverà emergerà rapidamente un nuovo impegno nei confronti del libero mercato. Più probabilmente, purtroppo, diventerà l'occasione per l'estremismo, come la Germania ha mostrato all'indomani del suo collasso inflazionistico del 1923.
Evoluzioni socialiste contemporanee
In veste di storici dell'economia, osserviamo i difetti degli altri senza riconoscerli in noi stessi, principalmente per le ragioni psicologiche sopra riportate. La maggior parte degli storici dell'economia si rivolge selettivamente all'argomento in questione con il pregiudizio della propria cultura e generazione. La storia della Germania di Bismarck è poco conosciuta nella letteratura inglese. La caduta del comunismo nell'URSS è nuova nelle nostre menti, ma le lotte dello stato sotto Yeltsin per sostituirlo con un'economia basata sul mercato e la conseguente corruzione sono più attuali.
In Gran Bretagna molti hanno dimenticato i terrificanti prodotti dei monopoli nazionalizzati: British Railways, British Telecom, British Leyland, solo per citarne alcuni. Di conseguenza gli inglesi e gli altri socialisti occidentali non sono mai sufficientemente scoraggiati nel loro antagonismo contro il libero mercato. Il desiderio di Bernie Sanders di correre di nuovo per la carica di presidente e il marxismo di Jeremy Corbin sono la testimonianza della scarsa lungimiranza dei votanti. È un'ignoranza volontaria che difende il socialismo e non difende mai il libero mercato.
In America il socialismo viene messo in discussione dal presidente Trump. Senza esaminare troppo da vicino le sue convinzioni, sa che l'establishment ha strangolato l'economia americana. La sua avversione contro i democratici e le loro politiche sotto Obama lo identifica come un nemico del socialismo. Ma Trump non difende il libero mercato, invece finisce per difendere il capitalismo clientelare, la spesa militare e l'inflazione monetaria. Il suo protezionismo commerciale, che richiama fortemente le politiche di Bismarck alla fine del diciannovesimo secolo, è allo stesso modo socialismo sotto la bandiera del nazionalismo. Donald Trump, lungi dall'opporsi alla marea socialista, ci nuota dentro.
Le politiche commerciali di Trump stanno guidando l'America, e quindi il mondo, in una profonda recessione. Secondo le attuali politiche monetarie, il risultato sarà un aumento dell'inflazione monetaria, che potrebbe portare alla distruzione del dollaro. Se questo accade, quasi certamente sarà incolpato Trump, non il socialismo. Stando così le cose, la distruzione dell'economia americana e forse del dollaro con essa non rappresenterà la fine del socialismo e il ritorno al libero mercato. Non comprendendo adeguatamente l'essenza del libero mercato, Trump rischia di condannare la sua nazione e il suo retaggio ad un socialismo post-crisi simile a quello che nella Germania degli anni '20.
Se le cose andranno così, possiamo solo sperare che suddetto periodo sarà breve. Gli economisti nella tradizione del libero mercato possono solo prevedere le probabili conseguenze economiche e monetarie delle attuali politiche. La tradizione del "laissez faire" ci dice che uno stato fallito dovrebbe smettere di intervenire e limitarsi a garantire l'applicazione della legge penale e contrattuale. Dovrebbe fermare l'inflazione monetaria. Come dimostrò Ludwig Erhard nel 1948, il libero mercato ristabilì rapidamente l'ordine economico. Ma finché c'è respiro nel socialismo, il libero mercato continuerà ad essere soppresso.
La fondazione dell'Unione Europea riecheggia l'approccio tattico di Bismarck: trasformare un gruppo di nazioni in un'unione doganale di Zollverein, quindi indirizzarle verso l'integrazione politica. Come la Scuola Storica Tedesca era fondamentale per Bismarck, il socialismo-marxista è la forza trainante per l'UE, inizialmente mascherato con la scusa di un libero scambio all'interno dell'Unione. Il libero scambio è quindi ostacolato dalla regolamentazione burocratica, dalla cosiddetta equità e dall'ulteriore integrazione. Sono già in programma l'imposizione di nuove tasse per estendere il potere del governo di Bruxelles e la costruzione di una nuova forza militare pan-europea.
Testimone di ciò è lotta contro la Brexit, dove si scopre che il Parlamento di Westminster è composto da una stragrande maggioranza di membri che amano i piani socialisti dell'UE. Anche la maggioranza dei parlamentari Tory, il partito della libera impresa, preferisce un sistema socialista al libero mercato.
Il mondo intero è in pugno al socialismo non solo la Germania, l'Unione Sovietica, l'America, l'UE, o la Gran Bretagna. E queste sono solo alcune tra le nazioni tradizionalmente avanzate. Essendo ciclica, la bancarotta è certa. Supponendo che il tutto non finisca in una distruzione nucleare della razza umana, alla fine volteremo le spalle alle follie degli stati socialisti e torneremo al libero mercato. Allora il ciclo della follia socialisteggiante ricomincerà da capo.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
La salvezza è individuale, anche e soprattutto nei periodi di vacche grasse.
RispondiEliminaR.G.
P.S.: Macleod supremo!