mercoledì 10 aprile 2019

I fallimenti economici e monetari dell'UE





di Alasdair Macleod


Le debolezze monetarie, finanziarie e politiche dell'UE saranno messe alla berlina dalla prossima crisi del credito.

Questo articolo prende come esempio il ciclo del credito ed il protezionismo commerciale del 1929 per misurare le dimensioni di una crisi globale oggi. All'epoca i dazi erano più pesanti e l'inflazione meno destabilizzante di quella che affrontiamo oggi, una combinazione che nonostante tutto vide un crollo dei mercati azionari. Oggi abbiamo un'inflazione monetaria di gran lunga maggiore, livelli di debito pubblico di gran lunga più elevati, bassi risparmi combinati con indebitamento record dei consumatori e valute fiat scoperte che rischiano di perdere potere d'acquisto.

Il declino del commercio internazionale è già diventato evidente e gli osservatori preveggenti rilevano i primi segnali di una recessione globale in rapido sviluppo. In risposta la BCE ha annunciato che da settembre in poi elargirà credito alle imprese non finanziarie con il suo programma TLTRO-III.

Il problema più grande è che i capitalisti clientelari nell'UE tengono in ostaggio le istituzioni dell'UE, compresa la BCE, e chiederanno un'inflazione monetaria crescente. In questo articolo ho deciso di esaminare le conseguenze per l'Eurozona, uno dei costrutti economici e politici più vulnerabili tra i primi a poter soccombere nella grave recessione economica che il mondo affronta oggi.



Il fallimento monetario

La BCE ha annunciato la reintroduzione delle operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine. Il TLTRO-III è programmato per iniziare dal prossimo settembre. L'idea è di dare ancora più denaro disponibile alle banche a tassi bassi, a condizione che aumentino i prestiti alle entità non finanziarie.

La BCE ha giustificato questa decisione dicendo di vedere segni crescenti che l'economia dell'Eurozona sta andando in stallo, forse peggio. Le economie più deboli dell'Eurozona stanno scivolando in una vera e propria recessione e le esportazioni tedesche sembrano aver subito un drastico rallentamento, mettendo un freno alla sua intera economia.

La reintroduzione del TLTRO da parte della BCE mira a creare ancor più inflazione monetaria e creditizia, nonostante il fatto che negli ultimi dieci anni tale attività abbia fallito in tutti gli obiettivi per cui era stata progettata... tranne due: gli stati hanno continuato a ottenere fondi da spendere senza restrizioni e le banche commerciali insolventi sono state salvate.

Solo due mesi dopo la fine ufficiale del programma di acquisto di asset, gli inflazionisti si sono fatti subito avanti. Ma ci si chiede perché la BCE abbia ritardato fino a settembre il TLTRO-III. Se è una cosa così buona, perché non farla subito?

C'è un'altra spiegazione: la BCE è praticamente alla deriva, senza una bussola economica. Non sappiamo quanti economisti e specialisti monetari siano impiegati nell'Eurosistema, il che include la BCE e le banche centrali regionali, ma di certo non sono economisti altrimenti comprenderebbero la natura del denaro. Possono essere tecnici, il che non è la stessa cosa. Se fossero economisti o, più precisamente, adeguatamente istruiti nella scienza umana della catallattica (teoria dei rapporti di cambio e dei prezzi), valuterebbero pienamente le conseguenze dell'inflazione monetaria. Comprenderebbero la fallacia della finestra rotta di Bastiat: ciò che si vede e ciò che non si vede. Vedono i presunti benefici dell'inflazione, ma non vedono il fardello imposto alle persone comuni che costituiscono l'economia produttiva.

La distruzione e il trasferimento di ricchezza dai risparmiatori ai debitori, alle grandi banche, allo stato e alle grandi aziende sono le conseguenze principali (e nascoste) dell'inflazione monetaria. Lo stimolo monetario sta progressivamente distruggendo le economie dell'Eurozona e insieme alle tasse elevate e all'eccessiva regolamentazione hanno trasformato l'Eurozona in un enorme zombi economico. Ogni studente che studia la catallattica lo sa. Ciononostante gli economisti al soldo dello stato ignorano gli effetti della svalutazione e sono ignari dei cambiamenti nei valori relativi che le persone pongono su una valuta fiat quando, infine, si rendono conto di ciò che la banca centrale sta facendo.

I funzionari della BCE sono altrettanto ignoranti nella catallattica, come lo sono i loro confratelli nelle altre grandi banche centrali; ma ciò non deve essere una scusante per le contraddizioni insite nelle loro azioni. Esercitano il potere e ciò vuol dire responsabilità. Invece stanno tentando per la terza volta una linea di politica che anche se sembra avere successo nel breve termine, finirà per peggiorare ancora di più le cose nell'economia dell'Eurozona.

Pompare ancora più credito nell'Eurozona è tanto efficace quanto dare adrenalina ad un cavallo morto. La mancanza di credito non è il problema. In parole povere, c'è una contrazione economica globale in evoluzione e qualsiasi banchiere sarebbe sciocco se la ignorasse. C'è una crisi in via di sviluppo, la conseguenza di una precedente inflazione monetaria nel ciclo del credito. Gli attori economici potrebbero non capire le origini della crisi, ma possiamo essere certi che stanno diventando consapevoli della sua presenza incombente. E mentre la crisi si sviluppa rapidamente, coloro che richiedono ulteriori prestiti sono già insolventi.

Il segnale inviato dalla BCE ai banchieri potrebbe essere interpretato male quando la contrazione del credito è una minaccia incombente: se il TLRTO-III è il fumo, deve esserci un incendio, forse fuori controllo. Meglio "richiamare" i prestiti alle imprese piuttosto che aspettare di essere ripagati con profitti che poco probabilmente si materializzeranno. Un incoraggiamento a prestare nelle fasi iniziali del ciclo del credito è più efficace e meno probabile di essere frainteso rispetto ad un incoraggiamento simile più avanti nel ciclo del credito. Questo è il motivo per cui un nuovo TLTRO quasi certamente fallirà.

L'incapacità dei burocrati, con le teste seppellite nei fogli di calcolo, di valutare il ruolo della psicologia umana non è l'unico fallimento della BCE. I suoi dirigenti non capiscono nemmeno cosa rappresentano i tassi d'interesse, ritenendoli semplicemente il prezzo del denaro. Questo è il motivo per cui la BCE crede nel mantenere i tassi d'interesse soppressi come mezzo per aumentare il credito. All'inizio del ciclo del credito la soppressione dei tassi genera una certa espansione del credito, principalmente negli asset finanziari piuttosto che in quelli non finanziari, in quanto tassi d'interesse più bassi comportano prezzi più elevati per gli asset finanziarie. Le grandi corporazioni industriali sono opportuniste, prendono a prestito per finanziare i riacquisti di azioni proprie e per prendere il sopravvento sui concorrenti deboli. Solitamente i mutuatari di piccole e medie imprese ottengono accesso al credito solo più tardi nel ciclo, quando è un errore accettarlo.

Di conseguenza, in un'economia zombi come quella dell'Eurozona, gli unici mutuatari sono gli stati che distruggono la ricchezza. Sfruttano appieno gli accordi di Basilea, i quali li considerano come mutuatari senza rischio per gli istituti di credito.



Maggiori informazioni sul ruolo reale dei tassi d'interesse

Il tasso d'interesse non è il prezzo del denaro. È invece la differenza tra i valori futuri rispetto a quelli presenti e ha la sua origine nell'espressione umana della preferenza temporale. Quando un imprenditore accetta i termini di un prestito con un banchiere, devono riflettere le preferenze temporali esistenti in modo da posticipare alcuni consumi e finanziare gli investimenti. Qualsiasi altra cosa è una distorsione con conseguenze simili a quelle descritte da Bastiat. Le banche centrali hanno distrutto la funzione fondamentale dell'intermediazione del capitale basata sulla preferenza temporale, sostituendo i risparmiatori con l'inflazione monetaria e creditizia come fonte principale di capitale per gli investimenti.

Ciò venne auspicato da Keynes nella sua Teoria Generale, pubblicata nel 1936: voleva l'eutanasia dei risparmiatori e che lo stato fornisse il capitale necessario agli imprenditori. Si aspettava che l'imprenditore accettasse la direzione statale sulla destinazione del capitale. Secondo le parole di Keynes nelle note conclusive del Capitolo 24, gli imprenditori "che sono così affezionati al loro mestiere e potrebbero svolgerlo a prezzi più bassi" dovevano passare da un approccio basato sul rischio ad una funzione socializzante.

Il desiderio di Keynes è stato esaudito e la gente comune nella zona Euro e altrove sta pagando per questo desiderio. Lo strangolamento economico e la distruzione della ricchezza sono la conseguenza. Funzionari come Mario Draghi ed i suoi colleghi nella BCE sono pienamente impegnati nel perseguire questi obiettivi keynesiani. Avendo promesso ai loro padroni politici la salvezza economica attraverso i principi keynesiani, hanno invece realizzato un incubo a spese dell'economia.

Tuttavia l'avvio del TLTRO-III a settembre suggerisce che nelle loro menti abbiano il sospetto che si stiano spingendo troppo oltre. O forse è l'influenza dei pochi uomini sani di mente rimasti alla Bundesbank, dall'altra parte della strada rispetto alla sede della BCE, le cui famiglie subirono due distruzioni monetarie nel XX secolo e giurarono di non ripetere mai più.

Ma anche loro sono stati messi a tacere. Le proteste contro la BCE nelle corti tedesche ed europee sono un ricordo del passato. L'economia globale è sulla soglia di una crisi del credito abissale ed a quanto pare non ci sarà alcuna obiezione ad un'ulteriore accelerazione dell'inflazione monetaria... fino al punto in cui l'euro diventerà cartastraccia. Mario Draghi verrà ricordato dalle generazioni future come un Rudolf Havenstein del XXI secolo, il quale mandò in malora il Reichsmark.

A differenza del Reichsmark, però, l'euro è un conglomerato di un certo numero di valute fiat con differenti preferenze temporali. La conoscenza della catallattica avrebbe sconsigliato la sua creazione, prova questa dell'ignoranza istituzionale in materia di denaro e scambio. Se la sua origine fosse stata quella di singola valuta, ci potremmo aspettare che la sua scomparsa segua il percorso di tutte le valute fiat del passato. Un singolo stato che si concede il diritto esclusivo di emettere il mezzo di scambio, non potrà mai resistere alla tentazione di usarlo come fonte di finanziamento fino alla sua distruzione. Ma l'euro è un compromesso tra stati con tassi d'inflazione ampiamente differenti: ciò che si adatta alla Germania non soddisfa l'Italia. L'euro potrebbe subire una distruzione più rapida sulla scia della caduta della zona Euro.

Tuttavia la Germania e alcuni altri stati del nord Europa sembrano intrappolati, questa volta attraverso gli squilibri TARGET2 (in base ai quali alla Bundesbank sono dovuti circa mille miliardi di euro). L'inflazione monetaria, in definitiva la causa di questi squilibri, ha portato la BCE oltre un punto di non ritorno. Inevitabilmente, in un prossimo futuro, la gente comune sfaterà l'illusione dei banchieri centrali: che la BCE e le banche centrali nazionali abbiano il controllo sul potere d'acquisto dell'euro. E quando le persone comuni comprenderanno tale realtà, non ci penseranno due volte a liberarsi degli euro quanto più in fretta possibile.

Sappiamo che i tentativi da parte delle autorità di superare le successive crisi creditizie sono fallimentari ed è sotto questa luce che dovremmo guardare il TLTRO-III. Dobbiamo concludere che si tratta di un diversivo, un modo per nascondere il fallimento della BCE. Non otterrà alcun risultato, perché le banche non vogliono concedere prestiti a società non finanziarie, ad eccezione forse delle grandi aziende più meritevoli di credito (aziende che hanno la classe politica nelle loro tasche). Non è solo la BCE a seguire politiche economicamente distruttive, ma un'alleanza empia tra grandi imprese e politici, che è ciò che in sostanza tiene in piedi Bruxelles e la BCE.



I capitalisti clientelari amano l'inflazione

Applicando la legge 20/80 di Pareto, sappiamo che il PIL è costituito per il 20% da grandi imprese e per l'80% da piccole e medie imprese. Il 20% impiega eserciti di lobbisti per influenzare i politici e per limitare la concorrenza. Non è ancora ben compreso che l'Unione Europea sia una partnership tra questi capitalisti clientelari e la classe politica.

L'Europa ha una lunga storia di potenti dinastie industriali che sostengono la classe politica. Questo capitalismo clientelare, fonte reale del malcontento sociale, è una caratteristica dei governi di tutto il mondo, ma è forse incorporata nell'UE in modo più profondo e insidioso. Una parte importante di questa relazione è rappresentata dai profitti generati dall'inflazione monetaria.

L'esempio più clamoroso in tal senso è stato probabilmente quello di Hugo Stinnes in Germania, che cento anni fa era un appassionato sostenitore delle politiche inflazionistiche della Reichsbank. Stinnes usò l'inflazione per costruire il suo impero pre-bellico basato sul carbone e la produzione di elettricità. Nel 1923 gli interessi di Stinnes consistevano in circa 4.500 imprese, le quali ricoprivano quasi il 20% della produzione industriale della Germania. Prendendo in prestito i Reichsmark svalutati, ottenne l'accesso a valute straniere coperte dall'oro attraverso le sue esportazioni (con cui fu in grado di ripagare i suoi debiti). Per questo si guadagnò il soprannome di Inflationskönig. Stinnes morì nell'aprile del 1924 e il suo impero crollò poco dopo, sebbene esista ancora una Hugo Stinnes Schiffart GmbH ma di dimensioni molto ridotte.

Stinnes capì come trarre beneficio dall'inflazione, così come le grandi imprese nell'Eurozona oggi: con le proprie armi finanziarie hanno accesso diretto o indiretto alle elargizioni monetarie della BCE, prendendo a prestito tassi vicini allo zero per finanziare le loro ambizioni. Rispetto al marco tedesco relativamente solido, i grandi produttori tedeschi di oggi devono amare l'euro.

Mentre la grande industria si avvantaggia in modo scorretto rispetto ai suoi concorrenti più piccoli, la maggior parte di qualsiasi economia non è costituita dalle grandi imprese, ma dalle piccole e medie imprese che costituiscono l'80% del PIL. Per le banche si tratta di clienti rischiosi rispetto ai prestiti concessi alle grandi aziende. Come scoprì Stinnes, la relazione tra grandi imprese e banche trasferì attraverso la svalutazione monetaria la ricchezza dalle PMI ai capitalisti clientelari.

Come l'inflazione monetaria del 1920-23 uccise l'impero di Stinnes, così l'inflazione monetaria nell'Eurozona ucciderà le grandi multinazionali europee. Ma ora che i capitalisti clientelari affrontano una contrazione del commercio globale, è probabile che si agitino per dosi più consistenti d'inflazione. Diranno d'aver bisogno di un euro competitivo per compensare il declino dei mercati mondiali, quindi la BCE dovrà adottare misure per garantire che l'euro si deprezzi più rapidamente rispetto al dollaro USA. Possono solo sognare i profitti e il potere guadagnato da Stinnes prima che Hjalmar Schacht gli rovinasse la festa stabilizzando il nuovo marco. Ma stanno commettendo un errore: indebitarsi in euro per guadagnare dollari e ripagare i debiti in euro svalutati non equivale a prendere a prestito i Reichsmark per accumulare valute estere coperte dall'oro.



Le grandi banche sono nei guai

Nonostante il sussidio della BCE al sistema bancario dell'Eurozona, esso rimane in uno stato catatonico. Sono finiti i giorni inebrianti dell'investment banking, ora esistono solo multe per i derivati ​​e regolatori. La tecnologia ha reso obsoleta la rete di filiali, caratteristica di una banca europea tipo e lo svuotamento degli edifici bancari nelle città di tutta Europa deve essere terribile, fonte di ingenti perdite. Oltre a ciò, la politica dei tassi d'interesse della BCE ha portato i margini di prestito a diventare sottilissimi.

Un tasso sui depositi del -0,4% presso la BCE ha portato a tassi negativi (Euribor) lungo la curva dei rendimenti. Ciò ha consentito alle banche francesi, ad esempio, di finanziare le loro posizioni sui titoli di stato italiani, estrapolando 33 punti base su bond "senza rischi" ad un anno. È dal picco dei margini di prestito collassati che persino i testoni possono vedere che il gioco non vale la candela, a prescindere da ciò che dicono i regolatori. La curva dei rendimenti è considerevolmente inferiore a quanto ammonta in realtà il rischio italiano, dato che i decennali italiani rendono solo il 2,55% (meno dei decennali statunitensi, lo standard globale presumibilmente privo di rischi).

I rendimenti dei titoli di stato sono stati e rimangono considerevolmente bassi grazie alla soppressione dei tassi d'interesse da parte della BCE e ai suoi programmi di acquisto di obbligazioni. L'espansione del debito pubblico nella zona Euro sin dalla crisi Lehman è stata del 50% circa, (+€9.690 miliardi). Questa espansione, pari a €3.100 miliardi, si confronta con l'espansione del bilancio dell'Eurosistema di €2.800 miliardi sin dal 2009. In altre parole, l'espansione del debito pubblico dell'Eurozona è stata quasi compensata dalla creazione monetaria della BCE.

I prezzi delle obbligazioni, come quelli del decennale italiano con un rendimento del 2,55%, sono quindi privi di significato. Questo non è stato un grosso problema finché i prezzi degli asset sono risultati in aumento e l'economia globale si stava espandendo; è quando una crisi del credito si materializza che iniziano i guai.

Ora che l'economia globale ha smesso di espandersi ed è sull'orlo della recessione, i pericoli monetari, sistemici ed economici aumenteranno rapidamente e vanno oltre la capacità della BCE di contenerli. I politici e le loro istituzioni a Bruxelles sembrano inconsapevoli dell'avvicinarsi della tempesta, ma quando lo capiranno, si rivolgeranno ad un gruppo di esperti per cercare protezione. Come i pesci in un barile, le loro azioni non faranno altro che accelerare la loro stessa fine.



L'inizio della disintegrazione dell'UE

Non c'è dubbio che la BCE sia riuscita finora ad impedire che si materializzasse una crisi finanziaria e sistemica, dovuta all'espansione monetaria e creditizia mondiale che ha gonfiato i prezzi degli asset finanziari. Ciò era necessario per assorbire le conseguenze della crisi finanziaria greca senza destabilizzare l'intero baraccone. Se fosse successo durante una crisi del credito globale, il risultato sarebbe stato diverso.

Ad un certo punto il potere d'acquisto dell'euro comincerà a scendere sotto il peso di un'accelerazione dell'inflazione monetaria e delle richieste da parte dei capitalisti clientelari per un tasso di cambio competitivo. L'aumento dei rendimenti obbligazionari sarà un risultato inevitabile, richiedendo ancora più QE da parte della BCE. Ci vuole poca immaginazione per rendersi conto che in un contesto di rendimenti obbligazionari in ascesa e di calo dei valori patrimoniali, il governo italiano e la sua economia saranno esposti a difficoltà intrattabili. La differenza dalla crisi greca è che l'economia italiana è quasi dieci volte più grande di quella della Grecia. Finora non c'è stata una vera crisi. Un bear market nel mercato obbligazionario potrebbe fare da anfitrione alla prossima crisi del credito e l'Italia da sola potrebbe far crollare l'intero Eurosistema.

Ciò potrebbe accadere entro la fine di quest'anno, perché quando le cose vanno male basta un attimo per far peggiorare le cose. Oggi l'UE è minacciata dalla Brexit, che al momento in cui è stato scritto questo articolo è una questione ancora irrisolta. Ma c'è una possibilità che la Gran Bretagna lascerà l'UE senza un accordo commerciale e senza pagare tutti i soldi dovuti all'UE. I soldi dovranno essere compensati dagli altri membri, principalmente da Germania, Francia, Italia e Spagna, essendo le maggiori economie rimanenti. Inoltre la politica economica del Regno Unito è destinata a focalizzarsi sull'essere un attore competitivo per il commercio globale, migliorando la sua performance economica rispetto ad una UE indebolita. Le tensioni politiche nell'Unione Europea sono destinate ad aggravarsi e Bruxelles, soverchiata dalla dissolutezza, per la prima volta dovrà affrontare tagli di bilancio.

Sta diventando sempre più evidente agli osservatori indipendenti che il modello di socializzazione sovranazionale dell'UE sta fallendo a livello strutturale, politico, economico e finanziario. La prossima crisi del credito, che sembra evolversi dai semi degli eventi di oggi, sembra destinata a porre fine al sogno europeo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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