Bibliografia

giovedì 14 marzo 2019

I benefici di una Brexit





di José Niño


Il 23 giugno 2016 l'elettorato britannico ha votato al 51,9%-48,1% a favore di un Regno Unito che lascia l'Unione Europea. Il referendum è stato uno dei più grandi terremoti politici che hanno preceduto l'elezione di Donald Trump il 6 novembre 2016.

Le ragioni dell'uscita sono molteplici: politiche d'immigrazione discutibili, preoccupazioni su Bruxelles che gestisce gli affari britannici e se rimanere nell'UE fosse nei migliori interessi economici del Regno Unito. Attualmente se il governo di Theresa May non riuscirà a raggiungere un accordo con l'UE prima del 29 marzo, il Regno Unito lascerà l'UE, accordo o non accordo.

Ci sono tre vantaggi di una Brexit dal punto di vista della liberalizzazione politica ed economica.



Decentrare il potere politico europeo

L'UE originariamente era nata come unione doganale, smantellando le barriere commerciali tra le nazioni dopo la seconda guerra mondiale. Questa fu una risposta logica alla guerra commerciale degli anni '30 che ebbe un ruolo significativo nell'accensione della seconda guerra mondiale.

Sfortunatamente i funzionari dell'UE avevano in mente altre cose una volta consolidata la politica commerciale dell'UE. Come sottolinea Ron Paul, la corruzione e l'ambizione politica hanno preso il sopravvento nell'UE, trasformandola in "un governo non eletto a Bruxelles, dove i ben collegati sono ben compensati e soprattutto isolati dai voti dei cittadini".

L'UE ha sostanzialmente sovvertito ciò che ha fatto prosperare l'Europa: la competizione giurisdizionale tra Paesi. Il sistema federalista europeo era in chiaro contrasto con gli imperi in Oriente, come la Cina e l'Impero Ottomano. Gli imperi orientali si estendevano su vaste regioni geografiche, richiedendo un massiccio apparato burocratico e la mano pesante per mantenere una qualsiasi parvenza di ordine politico. Per questa ragione l'Europa si arricchì, mentre gli ultimi imperi diventavano stagnanti e oppressivi fino al XIX secolo. Tuttavia l'Europa ha rapidamente abbandonato il suo modello federalista di successo e l'ha sostituito con una "superpotenza centralizzata politica, economica e finanziaria a Bruxelles".

Infatti l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea non rappresenta uno schema per arricchirsi. Al centro della sovranità nazionale c'è il diritto dei Paesi di fallire. L'ex-deputato al Parlamento europeo Daniel Hannan ha centrato il bersaglio in un'intervista per l'Austrian Economics Center:
La libertà include anche la libertà di fallire. Potremmo diventare Singapore, o potremmo diventare un Venezuela, o potremmo diventare una via di mezzo tra i due, e questa sarà la nostra decisione. Questo è il bello della responsabilità come elettorato. Vorrei vivere in un Paese in cui le persone sono libere di commettere errori piuttosto che vivere in un Paese in cui funzionari che sono immuni all'opinione pubblica mi dicono cosa posso scegliere.


Scappare da valori illiberali

Non è un segreto che l'UE disapprova concetti come il decentramento. Per le istituzioni "progressiste" come l'UE, i concetti del liberalismo classico come un governo limitato ed unità politiche più piccole che controllano unità più grandi, sono idee tossiche che impediscono di realizzare la loro visione universalista. Le isole britanniche sono state storicamente la culla di concetti del liberalismo classico come il federalismo, la libertà di espressione e i diritti di proprietà.

I recenti sviluppi hanno indicato che l'UE è decisa a sopprimere le libertà civili di base. Tanto per cominciare, la Corte europea dei diritti umani ha multato e perseguito le persone per aver fatto osservazioni sgradevoli su certe figure religiose. Il politico olandese controverso, Geert Wilders, è stato trascinato in tribunale e processato per "incitamento all'odio e discriminazione per le sue osservazioni anti-islamiche sui media tra il 2006 e il 2008". Wilder poi è stato assolto da tutte le accuse.

Allo stesso modo, l'articolo 13 della direttiva sul diritto d'autore dell'UE ha sollevato preoccupazioni a causa delle sue implicazioni in termini di libertà di parola. Alcuni sostengono che questa disposizione sui diritti d'autore minaccerebbe l'esistenza dei meme. Etichettato come "meme killer", l'articolo 13 imporrebbe ai "giganti del web di filtrare automaticamente il materiale protetto da copyright (canzoni, immagini, video) caricato sulle loro piattaforme, a meno che non sia stato concesso in licenza specifica". Praticamente l'articolo 13 metterebbe un potenziale bavaglio alla possibilità di condividere contenuti protetti da copyright, inclusi i meme.

La libertà di espressione è stata parte integrante delle tradizioni anglosassoni, le quali sono state tramandate da generazioni e trapiantate nelle ex-colonie britanniche in Australia, Canada e Stati Uniti. Per conservare una delle libertà civili, come la libertà di espressione, lasciare l'UE sarebbe una mossa saggia per il Regno Unito.



Aumento del libero scambio

Dal momento che gli elettori hanno votato a favore della Brexit, i catastrofismi sono stati all'ordine del giorno tra le élite ed i commentatori sui media. Molti hanno sostenuto che lasciare l'UE sarebbe un disastro per il commercio britannico. Tuttavia la ricerca dimostra che l'Unione Europea sta gradualmente diventando meno prioritaria per la Gran Bretagna.

Circa il 44% delle esportazioni britanniche di beni e servizi è andato ai Paesi membri dell'UE nel 2017. Si tratta di circa £274 miliardi su £616 miliardi in esportazioni totali. Inoltre la predominanza dell'UE nell'economia mondiale è diminuita nonostante la crescita della sua produzione economica totale. In altre parole, il resto dell'economia mondiale sta crescendo più velocemente rispetto all'economia dell'UE.

Fonte: World Economic Outlook del FMI

Ciò potrebbe in parte spiegare perché negli ultimi tempi il commercio del Regno Unito verso Paesi al di fuori dell'UE è cresciuto molto più velocemente. Data la sua geografia, il Regno Unito è posizionato in modo ottimale per commerciare con molti altri Paesi al di fuori dell'UE.

Fonte: ONS Balance of Payments Datasets. "Exports: European Union" & "Exports: Total Trade in Goods and Services."

Anche se Theresa May non raggiungerà un accordo con l'UE, dovrebbe considerare un'alternativa più audace: il libero scambio. Ciò significa zero dazi e zero quote di importazione per merci provenienti dai Paesi dell'UE e dal resto del mondo.

In un tale contesto di libero scambio, il Regno Unito potrebbe rinegoziare accordi commerciali con membri del Commonwealth come Australia, Canada, Nuova Zelanda e Singapore, i quali condividono una cultura, una lingua e un sistema legale comuni. Il libero scambio non farà altro che rafforzare questi legami. Nonostante il tormentone della folla pro-UE, il Regno Unito ha molte più opportunità di prosperare al di fuori della giurisdizione dell'UE.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


2 commenti:

  1. I cosiddetti fearmonger si stanno radunando in questi giorni, in vista dell'uscita definitiva della Gran Bretagna dal carcere socialista europeo. A differenza di ciò che dicono questi bugiardi prezzolati, l'effetto di una "hard Brexit" sulla stessa Gran Bretagna sarebbe un evento assolutamente positivo, specialmente se eliminasse tutti i dazi e stringesse patti di libero scambio con il resto del mondo. Il successo futuro del Paese dipenderà molto da questa singola scelta. È molto probabile che invece l'UE rimetterebbe i dazi sulle esportazioni inglesi, ma domandatevi: chi danneggia questa decisione? Sono i consumatori europei ad essere danneggiati, incapaci di comprare a prezzi vantaggiosi beni inglesi (riflettete quindi su cosa significa realmente la formula da idioti "vogliamo più Europa" quando la sentite). La City resterebbe il gigantesco hub finanziario ed economico che è sempre stato, niente cambierebbe a questo proposito. La Gran Bretagna potrebbe mostrare al mondo i benefici del libero scambio unilaterale, proprio come fece nel diciannovesimo secolo con l'abolizione delle Corn Laws. Ed è esattamente questo il risultato che l'UE teme di più, perché metterebbe in discussione il beneficio di appartenere ad un'unione commerciale chiusa e significherebbe la fine della stessa UE.

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  2. Nel suo A Critical of Interventionism, pubblicato nel 1929, Mises sostiene che ogni volta che lo stato si intromette nel libero mercato, riduce il tenore di vita che prevaleva prima del suo intervento (ceteris paribus). L'UE è un caso per eccellenza, il quale illustra il fallimento dell'interventismo. Nelle sue fasi iniziali c'era davvero la volontà di creare una vera area di libero scambio per merci, lavoro e capitale. Tuttavia l'approccio interventista dell'UE ha generato le inevitabili storture economiche e finanziarie che causano tutte le burocrazie interventiste: disoccupazione di massa, finanze pubbliche in disordine e prospettive di crescita infime. La politica della BCE non ha fatto nulla di buono, oltre a calciare il barattolo per un po'. La verità è che ha provocato una carenza di risparmi ed investimenti, consumi eccessivi e malinvestment su larga scala, distruggendo in tal modo i pilastri su cui poggia la prosperità.

    La critica di Mises all'interventismo potrebbe essere sufficiente, ma c'è un'altra tesi che merita la nostra attenzione: The Breakdown of Nations di Leopold Kohr, Kohr sottolinea che i piccoli stati sono più produttivi e pacifici rispetto ai grandi stati, e che praticamente tutti i problemi politici e sociali potrebbero essere ridotti sciogliendo grandi stati in piccoli stati. Un super-stato, quindi, è la causa principale di tutti i mali economici e politici. Di conseguenza se la Gran Bretagna vuole uscire dall'UE, in sostanza vuole liberarsi da un'ideologia che non le farà avere successo. Ed è questa praticamente l'essenza del "Project After", creato per copiare i successi di Singapore e Hong Kong ad esempio.

    Nessuno dovrebbe temere una Brexit, perché la ricerca di autonomia, libertà e prosperità economica non saranno mai da biasimare. Anzi la Brexit può essere la chiave affinché l'Europa abbandoni l'attuale percorso fatto di crescente regolamentazione burocratica e distorsioni economiche diffuse.

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