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lunedì 25 marzo 2019
Cambiare il mondo richiede pazienza
di Jeffrey Tucker
Un tema comune nelle conferenze di Jordan Peterson riguarda la difficoltà di cambiare una qualsiasi cosa. Dite che volete cambiare il mondo? Forse potete, ma dovreste esercitarvi a cambiare qualcosa nel vostro ambito prima.
Non sopportate il vostro coniuge perché ha una cattiva abitudine? Trovate un modo per parlarne. Quei due zii che litigano incessantemente? Scoprite un piano per aiutarli ad andare d'accordo. Avete un fratello che non riesce a sopportare il proprio lavoro? Aiutatelo a sviluppare un'etica del lavoro. Vostro padre ha un problema con l'alcol? Guardate cosa potete fare affinché si dia una regolata.
Usa questo modo di vedere le cose come un esercizio. Ognuno sceglie un problema nella propria vita che riguarda altre persone o istituzioni. Diverse settimane dopo riferiscono i loro progressi. Sono sorpresi di scoprire quanto sia profondamente difficile cambiare la più piccola cosa nei comportamenti e nei valori degli altri, per non parlare di intere istituzioni ed intere società o ordini mondiali, e farlo senza peggiorare le cose piuttosto che migliorarle. Il cambiamento è difficile. E, aggiunge, il modo migliore per arrivare ad un cambiamento del mondo è iniziare cambiando sé stessi. Vedete se riuscite a farlo e lavorateci dall'esterno.
Uno sguardo alle utopie
Il messaggio non dovrebbe essere demotivante. È pensato per infondere una dose di realtà e un controllo contro l'utopismo selvaggio e l'arroganza insiti nell'attivismo politico guidato dalle ideologie. Un cambiamento serio richiede soprattutto saggezza, disciplina, pazienza, visione chiara del mondo e volontà di lavorare lentamente e con attenzione... un po' alla volta.
Il cambiamento di solito non avviene attraverso minacce, urla, gestacci e richieste intimidatorie. Se i gruppi che si radunano in tutto il Paese per chiedere questo e quello davanti alla Corte Suprema riducessero le loro ambizioni alla famiglia e agli amici, potrebbero scoprire la verità su ciò che Peterson vuole insegnare. Fare chiasso può essere soddisfacente, ma non porta a niente.
Detto questo, uno dei lati negativi del suo messaggio potrebbe essere quello di scoraggiare chiunque nel voler cercare tutto ciò che possa rendere il mondo un posto migliore. Questo non è un buon punto di vista. La verità è che è possibile fare la differenza, sia nella propria vita che in quella degli altri, o addirittura nel percorso della storia stessa. Il cambiamento sociale è la ricompensa per la tenacia, il coraggio e la pazienza sopra ogni altra cosa.
L'esilio di Mises
Voglio citare un caso emblematico per illustrare come tutto ciò possa accadere realmente, attingendo dalla vita di Ludwig von Mises, perché è un argomento di cui ho parlato ieri sera ad una cena annuale in sua memoria.
Scrisse parole tristi nel 1940, mentre su una barca lasciava l'Europa per l'America, arrivando su questi lidi senza nulla in tasca all'età di 60 anni e dopo un'illustre carriera finita con l'esilio: "Mi ero proposto di essere un riformatore, ma sono diventato solo uno storico del declino". Aveva commesso un errore per aver scelto di combattere per il sound money, il libero commercio, la pace e l'ordine liberale? Era titubante. Aveva perso molte delle sue battaglie e l'Europa era stata distrutta dalla guerra e dal totalitarismo.
Lasciate che vi riporti indietro a sei anni prima. Mises era il capo economista per la camera di commercio di Vienna e gestiva un seminario per studenti universitari di economia all'Università di Vienna. Aveva anche una grande cerchia di amici, perlopiù studiosi che si riunivano di sera per discutere e stringere legami di amicizia.
Nel 1934 l'ascesa di Hitler in Germania apparve inesorabile e tutti sapevano che aveva messo gli occhi sull'Austria. Peggio ancora, all'interno dell'Austria stessa c'era il supporto per questa idea. Mises vide il giovane Hitler marciare per le strade, con la cittadinanza che acclamava gli eserciti tedeschi. Stavano chiedendo la fine del liberalismo e la cacciata degli ebrei, i quali erano divenuti il capro espiatorio per tutti i problemi esistenti.
Mises prese una decisione estremamente difficile: lasciare il Paese. Fortunatamente c'era un'istituzione a Ginevra in Svizzera, il Graduate Institute of International Studies, che offriva rifugio a studiosi come lui, per tenerli al sicuro e dare loro l'opportunità di insegnare finché il problema in Europa sarebbe rimasto. Gli fu data una cattedra, un reddito buono, i colleghi e l'accesso ai libri. Non gli venne data alcuna "metrica sul rendimento", nessun obiettivo demografico, nessun obbligo di mostrare i risultati del suo lavoro, nessuna richiesta da parte di un consiglio che lo spingesse a fare questo piuttosto che quello.
Un libro per i secoli a venire
Ci vollero ben sei anni affinché finisse il suo trattato sulla teoria economica. Non riesco ad immaginare la disciplina che ci è voluta per scrivere una cosa del genere in tempo di guerra, facendo del suo meglio per sintonizzarsi col mondo intorno a lui e scrivere per i secoli a venire. Completò il suo compito e il libro andò in stampa. Ma un trattato in lingua tedesca sull'economia che apparve nel 1940 aveva, come dire, un mercato limitato.
A quel punto il Graduate Institute fu sopraffatto dalle richieste di santuario accademico e Mises fu incoraggiato a trovare un'altra casa. Fu allora che partì per l'America, superando in qualche modo gli stretti controlli sull'immigrazione che avevano a lungo colpito gli ebrei. Negli Stati Uniti riuscì a mettere insieme abbastanza fondi per vivere e si fece una nuova cerchia di amici.
Tra questi c'era Henry Hazlitt, allora editore del New York Times. Aveva anche un amico alla Yale University Press. Mises pubblicò un paio di opere minori lì ed ebbero successo. Poi Hazlitt affrontò l'argomento: perché non tradurre il suo grande trattato del 1940 in inglese? Mises era riluttante a rivisitare quel progetto fallito, ma lo fece in ogni caso... all'età di 68 anni.
Il libro in questione divenne Human Action, titolo venuto fuori dopo molti tentativi di inventare qualcosa per caratterizzare uno dei libri più grandi della storia dell'economia. A proposito, quasi non venne pubblicato perché Yale non riusciva a trovare un economista nel mondo accademico americano che fosse disposto fargli da garante. In ogni caso, alla fine accadde e questo libro ha contribuito a costruire il movimento pro-liberale e favorevole al mercato nel dopoguerra. Il cambiamento ideologico che ne derivò cambiò davvero il mondo, anche se lentamente, ma ad intermittenza.
Ma ripensateci ora. Mises lasciò Vienna nel 1934. Il suo enorme trattato non venne pubblicato dopo altri 15 anni e sarebbero trascorsi altri 15 anni prima che prendesse piede e facesse davvero la differenza. È difficile immaginare oggi come sarebbero potute andare le cose. Quel libro è parte della nostra vita, parte integrante del modo in cui pensiamo.
Mises lavorò duramente, senza celebrazioni e senza effetti evidenti. Il punto cruciale è che un tale risultato non è stato raggiunto da commissioni o burocrati che richiedevano risultati immediati, ben che meno da movimenti di massa che urlavano e chiedevano un cambiamento.
È successo perché ad un genio è stata data la libertà e lo spazio per fare il suo lavoro. Scrisse con ragione, passione, determinazione ed eleganza.
C'è un altro fattore che Peterson cita come una precondizione essenziale ad un piano per cambiare il mondo: deve essere coerente con le condizioni del mondo reale. Non si può far sì che ai maiali spuntino le ali, o che la scarsità scompaia, il che è precisamente il motivo per cui il socialismo non è altro che una fantasia. Le ambizioni per un cambiamento sociale devono affrontare le persone e il mondo materiale in cui esistono, ed è proprio per questo motivo che le modifiche al margine sono un controllo così importante sull'immaginario intellettuale.
Fa parte della realtà anche il male, l'oppressione, l'ingiustizia, l'immoralità, i rifiuti, le malattie. Tutti richiedono un duro lavoro affinché possano essere eliminati, sebbene il perfezionismo non esisterà mai. Le condizioni devono essere corrette per cambiare il mondo. Ci vogliono uomini e donne di grande coraggio e pazienza, ma può succedere. Dobbiamo tutto a coloro che in passato sono stati disposti a prendere quella strada difficile e hanno osato sognare ed agire in base a quei sogni.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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