di David Stockman
Probabilmente Trump ha inteso le cose alla rovescia sin dall'inizio. Il vero problema, infatti, non era il male che presumibilmente arrivava dall'estero: importazioni, immigrati, o terroristi. È il flusso verso l'esterno dell'imperialismo monetario e militare di Washington che ha distrutto la prosperità capitalistica sul piano nazionale e ha generato un colpo di stato terroristico all'estero.
I veri colpevoli sono sempre state le politiche della Finanza delle Bolle della FED, le quali hanno costretto le banche centrali straniere ad acquistare dollari ed a cestinare le proprie valute per continuare a mantenere "competitive" le loro esportazioni; il complesso militare/industriale/intelligence/aiuti esteri dell'Impero, il quale ha drenato le risorse fiscali e morali dell'America; le istituzioni insolventi del welfare state (previdenza sociale ed assistenza sanitaria statale); e il livello folle della spesa federale per l'assistenzialismo (Medicaid, buoni pasto, ecc.).
Di conseguenza non aveva la minima idea che la catastrofe fiscale fosse imminente e che la sua amministrazione non aveva altra scelta se non quella politicamente sgradevole di tagliare la spesa e/o aumentare le tasse; o essere sepolto da un'alta marea fiscale ereditata alla fine di una ripresa fallita (113 mesi).
Né ha capito che la vera causa del disagio dell'entroterra americano è il regime pluridecennale targato FED di repressione finanziaria e politiche di mantenimento dei prezzi a Wall Street che:
- fagocita i salari reali dei lavoratori ed esternalizza i posti di lavoro attraverso l'assurdo obiettivo d'inflazione al 2% del FOMC;
- fagocita i saldi bancari di risparmiatori e pensionati tramite la ZIRP;
- distrugge lavori, investimenti e retribuzioni reali nel settore degli affari attraverso l'immolazione dei bilanci societari e dei flussi di cassa da parte dei piani alti delle grandi aziende per finanziare i riacquisti di azioni, i dividendi e le F&A;
- impala l'80% delle famiglie americane su un tapis roulant di debito a basso costo (temporaneo) al fine di sostenere un simulacro degli standard di vita della classe media.
Inoltre queste politiche di pianificazione monetaria centrale hanno alimentato la più grande (insostenibile) inflazione degli asset finanziari mai vista nella storia, facendo quindi piovere sull'1% e sul 10% più ricco una cifra di $35.000 miliardi di ricchezza dal nulla.
Non c'è da meravigliarsi, quindi, se Trump abbia vinto poiché le persone non lo vedevano come un abitante della Città Imperiale; a differenza della Clinton, la quale non aveva idea che la guerra, il welfare state ed i dividendi non facessero più presa sull'entroterra americano.
Ma l'agenda di Trump non è lontanamente all'altezza del compito di migliorare le condizioni economiche, fiscali e finanziarie dell'America. Questo perché non sono i cattivi affari commerciali ed i presunti ladri stranieri che rappresentano la stagnazione post-2000 dei redditi medi delle famiglie, dell'enorme perdita di posti di lavoro a medio reddito e dell'effettivo declino degli investimenti netti reali da parte delle imprese.
Al contrario, l'esternalizzazione dei posti di lavoro e dei posti di lavoro da capofamiglia è dovuta all'arbitraggio salariale, alimentato dalle politiche monetarie allentate e sempre più dissolute della FED. Quest'ultima ha provocato un'esplosione di prestiti alle famiglie la quale ha risucchiato beni stranieri meno costosi e ha gonfiato i costi interni, i salari ed i prezzi, riducendo così le esportazioni statunitensi e incoraggiando le importazioni.
Il grafico qui sotto vale più di mille parole e annulla tutte le equazioni econometriche che hanno imperversato sui computer dell'Eccles Building. Per esempio, dal giugno 1987 i salari nominali all'ora sono aumentati del 151% e gli stipendi reali dell'1%!
Questa è un'accusa bella e buone di colpevolezza del sistema bancario centrale keynesiano. Gli sciocchi accademici che gestiscono la stampante monetaria della FED e le loro controparti globali fingono che l'inflazione interna sia simmetrica. Cioè, salari e prezzi marciano in blocco su un qualsiasi ragionevole periodo di tempo al ritmo del 2,00%, il che significa che nessuno ci perde mentre il livello dei prezzi sale costantemente.
Questi geni sembrano anche sostenere che la ricerca di un'inflazione al 2% non abbia tanta importanza a livello internazionale. Questo perché o i tassi di cambio si compensano (vale a dire, se l'IPC ed i salari nominali aumentano, il dollaro scende), oppure non importa perché la cosiddetta equazione tra risparmio/investimento è sempre in equilibrio. (Ad esempio, se abbiamo un enorme deficit delle partite correnti, otteniamo un afflusso di investimenti stranieri in uscita).
Ma queste sono tutte sciocchezze. L'impatto dell'inflazione a livello nazionale è tutt'altro che simmetrico. Tutti i lavoratori affrontano lo stesso IPC per quanto riguarda il costo della vita, ma un'inflazione salariale molto differenziata se il loro datore di lavoro compete con i beni cinesi, i servizi indiani, i semi-lavorati messicani, i servizi degli istruttori di pilates, ecc.
Ad esempio, l'aumento della retribuzione oraria cumulativa tra il 1987 e il 2018 per tutti i lavoratori nella produzione è stato del 151%, come mostrato nella riga blu in basso. Tuttavia l'aumento per i lavoratori manifatturieri durante suddetto periodo è stato solo del 123% (linea arancione), mentre per gli operatori sanitari e scolastici è stato del 178% (linea viola).
Ovviamente i lavoratori dell'industria manifatturiera sono stati martellati dai prezzi cinesi nel commercio mondiale, mentre i lavoratori nella sanità e nell'istruzione sono stati più o meno protetti dai monopoli statali. Di conseguenza la politica pro-inflazione della FED ha danneggiato molto i lavoratori manifatturieri rispetto agli operatori sanitari e scolastici.
Ma il vero crimine economico del target d'inflazione al 2% si verifica a livello di scambi mondiali, uno spazio molto più grande di quanto spesso venga riconosciuto. Questo perché i servizi abilitati a Internet, come i call center e l'elaborazione finanziaria, si trovano essenzialmente ad affrontare i prezzi dell'India.
Ad esempio, quando IBM è passata dall'essere un'azienda di hardware a fornitore di servizi tecnologici, i suoi impiegati in India sono cresciuti da zero nel 1993 a 130.000 attualmente. Al contrario, il suo libro paga interno si è ridotto da 150.000 a meno di 90.000 nello stesso periodo di 25 anni.
Ancora più importante, il presunto aggiustamento all'inflazione interna dei tassi di cambio funziona solo nei libri di testo keynesiani e nell'immaginazione del defunto Milton Friedman. Questi ultimi più di chiunque altri hanno convinto Nixon a distruggere il gold standard di Bretton Woods a favore della moneta fiat.
Di conseguenza quando le retribuzioni manifatturiere USA sono salite del 123% in blocco virtuale con l'IPC nel periodo 1987-2018, il dollaro non è sceso rispetto alle valute concorrenti di Cina, India e Messico. Ciò sarebbe accaduto in un mercato libero ed onesto, annullando in tal modo alcuni degli effetti negativi dell'enorme aumento delle retribuzioni nominali negli Stati Uniti.
Come mostrato nel grafico qui sotto, il tasso di cambio del dollaro è andato nella direzione opposta, apprezzandosi considerevolmente contro queste valute. Cioè, a causa delle politiche monetarie mercantiliste di questi Paesi, il movimento dei tassi di cambio ha completamente contraddetto ciò che dicevano i libri di testo.
Inutile dire che la politica inflazionistica della FED s'è dimostrata il più grande distruttore del lavoro americano e dei salari reali. Per contro, in sistema di sound money di libero mercato, i tassi d'interesse sarebbero saliti dopo il 1987. Ciò avrebbe innescato, a sua volta, una deflazione sistematica dei prezzi, dei salari e dei costi interni, riducendo così il divario tra la produzione interna e il prezzo cinese per i beni di consumo, il prezzo messicano per i semi-lavorati e il prezzo dell'India per i servizi di back-office.
Detto in modo diverso, piuttosto che un aumento del 123% del livello dei prezzi sin dal 1987, gli Stati Uniti avrebbero sperimentato una tendenza deflazionistica persistente ma benevola nell'ultimo quarto di secolo, proprio come durante i periodi di crescita del tardo XIX secolo.
Inoltre vi sarebbero stati alcuni vantaggi per la produzione interna, compresi costi di trasporto molto più bassi, catene di approviggionamento molto più semplici, veloci e flessibili, e generalmente una maggiore produttività all'ora negli Stati Uniti. Di conseguenza, nel contesto di un'economia deflazionata e di discesa dei salari nominali (ma aumento del potere d'acquisto), i considerevoli costi economici di esternalizzazione dei posti di lavoro avrebbero pesato molto di più nelle decisioni aziendali.
Come abbiamo più volte ricordato, durante l'era di Greenspan l'esportazione numero 1 in America è stata lo tsunami della FED che ha creato passività in eccesso in dollari. Ciò ha indotto le altre banche centrali del mondo, soprattutto quelle dei cosiddetti mercati emergenti, a gestire i loro affari basandosi sul tasso di cambio, non su vecchi criteri alla moda durante l'epoca del sound money.
Infatti in un sistema monetario mondiale basato sul dollaro, la FED del 1987 ha trasformato l'intero convoglio di banche centrali mondiali in folli stampatori monetari a causa del suo intervento costante e pesante nei mercati delle valute; suddetti Paesi volevano mantenere bassi i loro tassi di cambio e sostenere le loro industrie basate sull'export.
Di conseguenza è andata a farsi benedire l'identificazione risparmio/investimento perché le banche centrali estere hanno acquistato il debito USA a prezzi molto più alti (rendimenti inferiori) rispetto a quelli che avremmo avuto in un mercato libero. Ciò significava che parte degli "investimenti" che bilanciavano i conti degli Stati Uniti erano semplicemente crediti fiat emessi dalle banche centrali estere per comprare dollari e sequestrarli nei loro bilanci.
Inutile dire che il finanziamento fraudolento del conto delle partite correnti statunitense ha consentito agli Stati Uniti di mantenere deficit cronici. Dall'ultimo avanzo nel 1974, il disavanzo cumulativo delle partite correnti nel 2018 è stato di circa $20.000 miliardi, gran parte finanziato direttamente o indirettamente dalle banche centrali estere.
Peggio ancora, una volta che il sistema bancario centrale si è sostanzialmente trasformato in un racket di manipolazione dei tassi di cambio, non c'è voluto molto affinché molte banche centrali estere adottassero un atteggiamento "attendista". Cioè, non solo le loro operazioni di ancoraggio monetario miravano ad impedire che i loro tassi di cambio si apprezzassero nei confronti del dollaro, ma in realtà hanno tentato di abbassarli ancora di più.
Il grafico qui sotto mostra il peso messicano, lo yuan cinese e la rupia indiana ad un valore del 1987 pari a 100. Durante i 30 anni successivi, l'IPC degli Stati Uniti è cresciuto del 123%. Ciò significa che le linee nel grafico avrebbero dovuto scendere da un punto iniziale di 100.
È successo esattamente il contrario. Oggi il dollaro americano acquista 2 volte più yuan rispetto al 1987, 5 volte più rupie e 6,4 volte più peso. E, a sua volta, ciò ha significato più esternalizzazione verso queste economie, perché piuttosto che compensare l'aumento medio del 151% dei salari nominali negli Stati Uniti mostrato sopra, il deprezzamento delle loro valute ha allargato il divario.
In altre parole, Greenspan ed i suoi eredi hanno scatenato un mostro. Hanno universalizzato la malattia del denaro sporco; essenzialmente l'hanno reso contagioso a causa del ruolo schiacciante del dollaro nel commercio e nella finanza globali. Così facendo, hanno trasformato l'entroterra americano in una terra desolata economicamente e politicamente.
In breve, la teoria del vantaggio comparato funziona sotto un sistema con sound money e prezzi di libero mercato per debito e altri beni capitali. Ma sotto il regime della Finanza delle Bolle della FED, l'inflazione interna e il consumo finanziato dal debito hanno semplicemente comportato lo svuotamento dell'economia interna.
Inutile dire che le politiche protezioniste di Donald non faranno altro che peggiorare le cose per l'entroterra americano. Come abbiamo già documentato, se entreranno in vigore tutti i dazi al 25% su tutti i $526 miliardi di importazioni cinesi, il costo per i consumatori americani sarebbero di $130 miliardi su base aritmetica.
Ma i dazi in realtà non funzionano così. In media la Cina fornisce circa il 30% dei beni consumati dall'economia degli Stati Uniti nelle categorie di prodotti in cui compete. Ciò significa essenzialmente che $1.700 miliardi di consumo annuale di beni nell'economia degli Stati Uniti sarà soggetto ai dazi.
In alcuni casi, dove attualmente la Cina è il fornitore monopolistico, i prezzi aumenteranno del 25%. In altri casi, dove esistono concorrenti alternativi o nazionali, i prezzi aumenteranno ma non del 25%. In quest'ultimi casi l'aumento effettivo dipenderà da quanto alacremente i concorrenti tenteranno di soffiare quote di mercato agli attuali fornitori cinesi. Resta da vedere, ovviamente, come andrà a finire l'esperimento di Trump, perché nei tempi moderni non è stato mai messo in atto nulla che si avvicinasse a questa magnitudine contro un singolo Paese.
Quindi senza alcuna azione contro il mostro scatenato dalla banca centrale che ha causato il problema, Donald non farà sostanzialmente nulla per rimettere in sesto l'entro terra americano.
E questa non è nemmeno la metà della storia. Infatti i tagli delle tasse per le società non stanno sortendo gli effetti sperati: nel terzo trimestre del 2018 gli investimenti aziendali reali sono aumentati solo del 2,5% su base annua. E c'è una ragione, già evidente molto tempo prima che il GOP sprofondasse nell'inchiostro rosso per finanziare il taglio delle tasse e le relative riforme economiche: la ZIRP della FED ha alimentato un'orgia di debiti e prestiti a basso costo.
Cioè, qualsiasi azienda che avesse voluto costruire una fabbrica, un magazzino, un negozio di alimentari, o uno studio di pilates in America, non era fermata dal costo del capitale al netto delle imposte. Se sceglieva la produzione estera, era dovuto ad altri fattori, ad esempio manodopera più economica o maggiore vicinanza alle catene di approvvigionamento o ai mercati finali.
Di conseguenza ridurre l'aliquota dell'imposta sulle società dal 35% al 21% non ha fatto altro che alimentare di più l'ingegneria finanziaria nei piani alti delle grandi aziende, riciclando il denaro aziendale a Wall Street (es. riacquisti di azioni proprie e F&A).
Tra l'altro la via verso una maggiore crescita aggregata e maggiori entrate fiscali è quella di avere più lavoratori immigrati. Come regolarizzarli l'abbiamo discusso in questo articolo. Per quanto riguarda la questione del crimine in questa categoria, la guerra alla droga colossalmente stupida e fallimentare rappresenta la causa maggiore di delinquenza tra gli immigrati irregolari. Al contrario, l'attuale comunità di immigrati nella classe lavoratrice ha un tasso di criminalità nettamente inferiore a quello della popolazione nativa quando aggiustato ad età e stato socio-economico.
Quindi la cosa più ovvia da fare è de-criminalizzare la droga, metterne la distribuzione nelle mani di Phillip Morris piuttosto che in quelle dei cartelli della droga ed imporre un'accisa sulle vendite legalizzate in farmacie, distributori automatici, ecc. Questo sarebbe di sicuro più economico del ridicolo muro di Donald da 2.000 miglia lungo il confine messicano.
Alla fine, quando si parla di economia, queste sono tutte proposte che tirano in ballo statalismo e keynesismo e ciò include anche il programma di infrastrutture di Donald. Il fatto è che non vi è alcuna carenza di autostrade, aeroporti, o sistemi fognari. Washington non dovrebbe far altro che girare i proventi delle tasse sul gas al sistema Interstatale Autostradale. Dopo di ciò dovrebbe chiamare in causa il decimo emendamento, riportando in auge il Federalismo e rimettendo lo sviluppo delle infrastrutture nelle mani delle 87.000 unità tra governi statali e locali.
Nel frattempo il deficit federale continua a crescere. Nel breve periodo la legge sul taglio delle tasse sta aggiungendo $425 miliardi al disavanzo di base durante l'anno fiscale 2018 e 2019, e la spesa per la difesa, i soccorsi, il controllo delle frontiere, i componenti aggiuntivi nazionali, i veterani e molto altro ha aggiunto un altri $500 miliardi al già ingente disavanzo incorporato per questi due anni.
In poche parole, Donald è entrato in una monumentale trappola del debito che dominerà sempre più l'agenda di Washington. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che una volta raggiunto il tetto del debito nel marzo 2019, torneranno gli spettri di shutdown del governo.
Di recente Trump ha detto di non essere molto preoccupato per il debito pubblico e di una crisi legata ad esso, perché "non sarò nei paraggi quando succederà".
Peccato per lui che abbia torto.Ciò è dovuto al fatto che la dirigenza della Casa Bianca e il governo repubblicano, fiscalmente incapaci, hanno trascorso gli ultimi due anni a bighellonare mentre gli incendi fiscali hanno continuato a bruciare. Solo durante l'anno fiscale corrente (2019), il Trump-GOP sta prospettando di spendere circa $4.600 miliardi (22,3% del PIL) e prendere in prestito oltre $1.200 miliardi per finanziarli.
Questo perché, come abbiamo visto, le entrate arriveranno a soli $3.400 miliardi e ciò, a sua volta, riflette il fatto che la base delle entrate, già al livello storicamente basso del 17,8% del PIL, è stata tagliata a solo il 16,5% del PIL dalla legge sulle tasse alla vigilia di Natale dello scorso anno.
Inutile dire che, quando arriverà il momento di alzare il tetto del debito a $23.000 miliardi o più il prossimo marzo, la maggioranza della nuova Camera userà l'occasione per portare a casa il punto (parzialmente falso) che la crisi di bilancio sarà dovuta al massiccio gettito fiscale del GOP ai ricchi e alle grandi corporazioni.
La verità è che la campagna originale di Trump non è mai stata altro che bile, affermazioni roboanti e banalità.Questa è la ragione per cui Trump non riuscirà a rendere di nuovo grande l'America e quindi mantenere la sua promessa fatta all'entroterra americano.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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