Bibliografia

mercoledì 16 gennaio 2019

Perché la Cina dovrebbe lasciar cadere tutti i dazi?





di Alasdair Macleod


L'espansione del credito bancario negli anni '20 in America andò ad intensificare l'inflazione monetaria e dei prezzi durante la prima guerra mondiale. Nonostante l'espansione monetaria, l'America riuscì a tenere in piedi un gold-exchange standard fino al 1933. Anche altri Paesi tornarono ad un gold standard post-bellico (come il Regno Unito), ma lo fecero a tassi di convertibilità pre-bellici con una base di denaro circolante estremamente ampia. Alla fine tutti si ritrovarono a dover ricorrere alla svalutazione. Altre valute europee, invece, crollarono direttamente nel 1924.

L'offerta di moneta negli Stati Uniti salì del 73% tra il 1913-1919 ed i prezzi raddoppiarono. Nel Regno Unito l'offerta di moneta salì del 144% ed i prezzi salirono del 157%.[1] Fu da queste basi elevate che negli anni '20 continuò l'espansione del denaro circolante. Mentre tendiamo a ricordare i progressi economici derivanti dalla diffusione dell'energia elettrica e dalla produzione di automobili, ignoriamo i notevoli squilibri monetari. Gli squilibri monetari provocano squilibri nei prezzi, portando a scambi commerciali e flussi di capitali politicamente sgraditi. I governi e le banche centrali tentarono di soffocarne i sintomi, la ragione alla base della cooperazione tra Benjamin Strong presso la FED e Montague Norman presso la Banca d'Inghilterra durante quel decennio.

Nella prima guerra mondiale, la produzione venne requisita dai governi e ciò ebbe l'effetto di eliminare la concorrenza estera. Mentre il commercio internazionale si riprendeva negli anni del dopoguerra, gli imprenditori si trovavano di fronte a concorrenti stranieri le cui basi dei costi erano denominati in valute svalutate. Vennero quindi introdotti dazi per recintare i mercati domestici. Ciò portò all'Emergency Tariff Act del 1921 in America, consolidato nel Fordney-McCumber Tariff del 1922. Le nazioni straniere risposero approvando a loro volta nuovi dazi e la contrazione del commercio internazionale fu un fattore significativo dietro i crolli delle valute all'inizio del 1924 in Austria, Bulgaria, Germania, Grecia, Russia e Polonia. E poiché la contrazione degli scambi rendeva praticamente impossibile per questi Paesi ripagare i debiti di guerra, i presunti benefici della protezione commerciale richiedevano un enorme costo di capitale per l'America stessa.

Nel 1922 i dazi degli Stati Uniti sulle importazioni andavano dal 7% al 68%, con una media del 38%. Mentre gran parte dell'Europa era depressa dopo la guerra, nel 1926 le economie che ne facevano parte si erano riprese nonostante i dazi, diventatie una protezione insufficiente per le imprese americane. Nel 1930 lo Smoot-Hawley Tariff Act aumentò i dazi sulle importazioni fino a una media del 60%.[2]

Nel 1930 le reazioni dei partner commerciali degli Stati Uniti, che seguirono Smoot-Hawley aumentando a loro volta i dazi, furono altrettanto prevedibili ed economicamente illogiche. I prezzi delle materie prime iniziarono a diminuire in previsione del crollo degli scambi. Ciò ebbe un effetto devastante sugli agricoltori statunitensi, che erano stati una delle ragioni principali dei dazi in tutti i dibattiti sul commercio al Congresso, ancor prima della prima guerra mondiale.

Il mercato azionario statunitense crollò verso la fine del 1929, in vista del primo voto importante sullo Smoot-Hawley Act il 31 ottobre. I trader riuscirono ad anticipare correttamente gli effetti economici. I politici, di fronte al crollo del mercato azionario, diedero la colpa ad una perdita di fiducia da parte delle imprese, cosa che sarebbe stata sanata dall'introduzione dello Smoot-Hawley Act.[3]

Gli ottimisti potrebbero obiettare che le lezioni degli anni '20-'30 rappresentavano la prima volta che gli effetti negativi dei dazi si manifestavano agli occhi dei politici e della popolazione in generale, e quindi era improbabile che si sarebbero ripetuti. Non è così. Nel maggio del 1930, un mese dopo che il Congresso aveva approvato lo Smoot-Hawley, una petizione firmata da oltre un migliaio di economisti chiese al presidente Hoover di porre il veto. L'establishment economico di oggi è ugualmente unito contro i dazi, ma il presidente Trump è meno aperto alla persuasione sugli scambi di quanto lo fosse il presidente Hoover.[4]

La storia della follia politica di novanta anni fa ci suggerisce che l'amore per i dazi è così radicato nella psiche della classe politica che le prove empiriche verranno sempre ignorate. Le conseguenze economiche della guerra commerciale rischiano di farci rivivere la Grande Depressione.

Oltre a quella contro la Cina, c'è anche la battaglia commerciale tra Stati Uniti ed Unione Europea. L'UE è di per sé altamente protezionista e possiamo solo sperare che le crescenti minacce non si concretizzino mai, ma questa è una speranza nata dalla disperazione.



L'agricoltura e il denaro sono diversi questa volta

Ci sono due differenze significative tra gli anni '20-'30 e oggi che dovrebbero essere prese in considerazione. La prima: il grano ed i prezzi delle terre agricole sono stati ulteriormente indeboliti dalla sovrapproduzione, a causa della rapida adozione della meccanizzazione e dei nuovi pesticidi. I prezzi di tutti i prodotti agricoli sono crollati, impoverendo gli agricoltori di tutto il mondo. Le condizioni di aridità degli anni '30 fecero il resto per mandare in crisi gli agricoltori del Nord America.

La seconda differenza è nel denaro. Il crollo della domanda di materie prime nella Grande Depressione portò ad un crollo dei prezzi delle materie prime, misurato in dollari. A quel tempo, per quanto riguardava la popolazione, i dollari erano sostituti dell'oro, essendo scambiati per il metallo giallo a $20,67 l'oncia. Pertanto il crollo dei prezzi rifletteva un aumento del potere d'acquisto dell'oro, e l'eventuale risposta politica fu di annullare la convertibilità del dollaro nel 1933 e poi svalutarlo del 40% nel gennaio successivo.

Se rivivremo un crollo degli scambi commerciali in stile anni '30, sarà misurato nelle valute fiat di oggi. Sappiamo che le banche centrali compenseranno qualsiasi tendenza al calo dei prezzi gonfiando la massa monetaria. Questa è già una politica ufficiale. L'inflazione monetaria non risolverà i problemi sottostanti, servirà solo a dissimularli. Le banche centrali cercheranno di raggiungere un equilibrio tra la quantità di denaro e la stabilità dei prezzi. Questo obiettivo non può essere soddisfatto senza rialzare sia i tassi d'interesse sia il costo del prestito per gli stati, e dobbiamo quindi concludere che una crisi economica alimentata dai dazi minaccerà di indebolire il dollaro e tutte le valute fiat ad esso collegate.



Perché gli squilibri commerciali non hanno nulla a che fare con i prezzi

È tempo di affrontare la teoria degli squilibri commerciali. Abbiamo scandagliato le prove empiriche: i politici sono facilmente persuasi che l'eccesso di importazioni rispetto alle esportazioni sia dovuto alla concorrenza sleale. Persino le società americane tendono a delocalizzare la loro produzione nelle posizioni più economiche per massimizzare i loro profitti e spesso chiuderanno le loro operazioni in località più costose per ridurre i costi. Ma la ragione degli squilibri commerciali non ha nulla a che fare con il comportamento anti-patriottico, o la concorrenza sui prezzi. Essi sono endemici alle valute fiat.

Possiamo dedurre che in un sistema con sound money, vale a dire, in cui i pagamenti sono accettati in oro o in sostituti dell'oro interamente coperti, gli squilibri commerciali possono essere solo lievi e temporanei, perché le importazioni devono essere pagate con denaro reale inflessibile, guadagnato in modo che possa essere successivamente speso. Il denaro e il credito non possono essere prodotti dal nulla per pagare le importazioni. Se si verifica un deficit nel commercio, l'oro esce e di conseguenza diminuiscono i prezzi interni delle merci. Le comunità con prezzi più elevati tenderanno a comprare da comunità con i prezzi più bassi e i produttori tenderanno a vendere alle comunità con prezzi più alti.

In questo modo l'oro che scorre tra le comunità bilancia le preferenze di ogni comunità tra l'oro ed i beni, e quindi sia il commercio che i prezzi si autoregolano verso un livello comune.

Armati di questa conoscenza certa, possiamo procedere a descrivere come sorgono gli squilibri commerciali in un sistema monetario fiat. Esse dipendono dai tassi relativi di espansione del denaro e del credito tra una valuta e l'altra, perché gli squilibri commerciali devono essere pagati in denaro flessibile di oggi. Ciò porta alla seguente identità nella contabilità del reddito nazionale:

(Importazioni - Esportazioni) @ (Investimenti - Risparmi) + (Spesa pubblica - Tasse)

In altre parole, un deficit commerciale è il risultato netto di una carenza nella combinazione tra risparmio e deficit di bilancio. Si applica sia al capitale che alle merci e viene catturato nelle statistiche sulla bilancia dei pagamenti (BOP). Questo è un punto importante, date le grandi quantità di denaro che circolano all'interno del sistema finanziario globale che non sono associate agli accordi commerciali.

Supponendo di considerare un Paese con un deficit nella bilancia dei pagamenti, un deficit di risparmio per gli investimenti è sempre costituito da un'espansione di denaro e credito bancario. Se ci sono anche afflussi di capitali dall'estero, essi si tradurranno o in valuta fornita dalla banca centrale, oppure attraverso un'espansione precedente o presente del credito bancario. In ogni caso, la banca centrale è pronta a garantire che non vi sia una fuga sui mercati monetari attraverso la manipolazione sia dei tassi d'interesse sia del proprio bilancio.

Pertanto è chiaro che in tutte le circostanze il deficit di risparmio nell'identità contabile nazionale di cui sopra debba essere compensato dall'espansione monetaria.

Allo stesso modo, un deficit di bilancio può solo portare ad un'espansione dell'offerta di moneta, che di solito comporta l'emissione di buoni del Tesoro o strumenti simili a breve termine. Quando vengono emessi titoli di stato, le banche li comprano utilizzando i loro bilanci. Quando le entità non finanziarie ed i risparmiatori acquistano titoli di stato, o tolgono risparmi dagli investimenti del settore privato o aumentano i loro risparmi riducendo il consumo. Ridurre i consumi personali a favore del risparmio richiede tassi d'interesse più elevati, processo ostacolato dalle iniezioni di liquidità da parte della banca centrale.

Inoltre, avendo raccolto fondi, lo stato li spende, rimettendo i soldi in circolazione. Se ha attinto al risparmio, quei risparmi vengono trasformati in spesa pubblica. Altrimenti gli acquirenti di titoli di stato hanno un solo modo per entrarne in possesso, e cioè attingere all'espansione monetaria o creditizia. Pertanto qualunque sia il modo in cui la si guardi, un deficit di bilancio espande la quantità di denaro.

Un'analisi simile si applica ad una nazione con un surplus nella bilancia dei pagamenti. In questo caso, l'espansione monetaria è inferiore all'aumento dei risparmi, cosa che si riflette poi in un'eccedenza nella bilancia dei pagamenti. Pertanto, quando si considerano gli squilibri commerciali, i prezzi non hanno nulla a che fare con tutto ciò. I prezzi influenzeranno solo la fonte dell'offerta, non la domanda.

L'origine degli squilibri commerciali attraverso la struttura della contabilità nazionale è confermata dall'osservazione di un altro aspetto. La divisione del lavoro ci dice che facciamo cose e forniamo servizi per guadagnare i soldi per comprare le altre cose di cui abbiamo bisogno e per accumulare risparmi. Questo è vero quando si tratta di capifamiglia in famiglie in cui solo tale figura lavora. È anche vero per i soldi guadagnati e passati ad altri attraverso le associazioni di beneficenza e le agenzie statali. I sussidi di disoccupazione ed i sussidi sociali devono essere guadagnati da qualcuno.

Questo descrive un'economia in cui il sound money è l'agente temporaneo per convertire la produzione in consumo. Supponiamo ora che nell'economia vengano introdotti più soldi, non guadagnati da nessuno come descritto sopra, ma prodotti dal nulla. Di conseguenza più denaro inizia ad inseguire la stessa quantità di merci.

L'introduzione di denaro extra farà salire i prezzi interni. Per un periodo di tempo le merci importate rimarranno disponibili ai vecchi prezzi. L'offerta di questi beni deve provenire da Paesi meno colpiti dalla domanda alimentata dall'inflazione. In pratica, anche altri Paesi inflazionano le loro valute, quindi i differenziali di prezzo diventano una questione relativa. Inoltre i cittadini di alcune nazioni risparmiano più di altri, e fintanto che il volume dei loro risparmi aumenta rispetto all'offerta di moneta, ci saranno beni e servizi disponibili per l'esportazione ad altre comunità.

Ignorare la fonte degli squilibri commerciali è stato un grosso difetto nell'economia keynesiana, portando ad una miriade di altri problemi. Il denaro scoperto per coprire i deficit di bilancio e nel risparmio è al centro di tutto. Non è quindi un caso che questi squilibri aumentino di pari passo con il potere delle banche centrali. Sembra incredibile che, nonostante teorie economiche incontestabili, Keynes pensasse di eliminare completamente i risparmiatori e che lo stato potesse fornire agli imprenditori capitale a basso costo.[5] Keynes era chiaramente un matematico senza una conoscenza approfondita dell'economia, altrimenti non avrebbe negato la verità nell'identità matematica di cui sopra. Invece decise di buttare la Legge di Say e quindi ignorare le conseguenze del denaro scoperto quando è lo stato a voler gestire i risultati economici.



I vantaggi del libero scambio

Alla luce della teoria economica ragionata, la Cina sta commettendo un brutto errore rispondendo all'autolesionismo di Trump con l'autolesionismo. Non si ragione con la follia. Invece la Cina dovrebbe rimuovere tutti i dazi e lasciare che i suoi consumatori e le imprese competano liberamente con gli stranieri.

Forse è un'idea radicale, promossa per la prima volta in Gran Bretagna da David Ricardo che dimostrò i vantaggi del vantaggio comparato (1817), poi ripresa dall'Anti-Corn Law League con Richard Cobden e John Bright (1836-38). Persuase Robert Peel, il primo ministro di allora, riguardo i meriti del libero scambio. Il risultato fu l'abrogazione delle Corn Laws (1846) e da quel momento in poi il commercio esente da dazi divenne la politica nazionale in Gran Bretagna.

Di conseguenza la Gran Bretagna diventò la nazione più potente del pianeta, nonostante le sue piccole dimensioni. Prima della prima guerra mondiale, in Gran Bretagna passava l'80% di tutte le spedizioni marittime, con i maggiori centri di costruzione navale a Clyde, Belfast e Tyne. La Gran Bretagna trasse beneficio dall'assemblare un impero con cui negoziare, ma al centro di questo successo c'era il libero scambio.

I cinesi dovrebbero prendere nota. Hanno assistito agli straordinari successi di Hong Kong e Singapore, dopo la resa giapponese nel 1945. Il loro successo è stato interamente dovuto ai mercati liberi, un commercio privo di dazi e stati poco interventisti. È quindi illogico che la Cina segua Trump al suo gioco. Molto meglio lasciarlo distruggere il potenziale dell'America attraverso scelte sbagliate.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Melchior Payli, The Twilight of Gold, p. 33, citato in Lessons from the Great Depression di T. Rustici.

[2] Frank Taussig, The Tariff History of the United States (New York, Augustus Kelly 1967)

[3] Thomas Rustici, Lessons from the Great Depression, pp. 80 (Capitalism Works Publishing 2005)

[4] Hoover era contrario allo Smoot-Hawley Act, definendolo terribile, fraudolento e truffaldino, ciononostante lo approvò.

[5] J.M. Keynes, General Theory of Employment, Interest and Money, Note Conclusive II.

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1 commento:

  1. La Cina dovrebbe seriamente prendere in considerazione questi aspetti, soprattutto in considerazione della gigantesca bolla immobiliare gonfiata sulla scia delle politiche keynesiane/mercantiliste messe in campo negli anni passati. Ciò che i pianificatori centrali non riescono a capire è che il libero mercato esiste ed esisterà sempre, nessuno lo può cancellare. Può essere soppresso temporaneamente o ostacolato, ma non eliminato. E l'attuale rallentamento economico globale ne è la prova. Infatti, la realtà economica prende infine il sopravvento sulle illusioni economiche. Ovviamente suddetto rallentamento economico non sta avvenendo solo in Cina, ma si sta diffondendo in tutta l'UE anche.

    E questo rallentamento economico si sta verificando nonostante e a causa della madre di tutti gli stimoli monetari: tassi d'interesse negativi e QE massicci. Banche e hedge fund hanno fatto front-running alla BCE, comprando e poi vendendo a quest'ultima quanto più pattume obbligazionario sovrano possibile, mentre i prezzi di tali titoli aumentavano a causa della discesa dei rendimenti. Tale ambiente economico ha permesso anche alle aziende con un profilo di rischio molto elevato di prendere in prestito denaro e mandare fuori mercato investitori, risparmiatori e fondi pensione. Ma questo circo è finito già un anno fa, la BCE sta solamente prendendo atto di questo fatto, non ha deciso di rialzare i tassi essa stessa poiché come la FED non controlla niente a parte la base monetaria (e questo vale anche per la PBOC e il resto del convoglio delle banche centrali). Da allora i prezzi delle obbligazioni societarie sono crollati mentre i rendimenti sono aumentati, in particolare per quelle aziende più rischiose, e anche le borse sono scese drasticamente in tutta l'UE, con il Dax tedesco in calo del 20,5% rispetto al massimo di un anno fa.

    La recessione incipiente in Germania, ad eesempio, è solo un monito.

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