mercoledì 19 dicembre 2018
Valutare l'oro in un mondo inondato da dollari
di Alasdair Macleod
In questo articolo indicherò quali sono le pressioni sulla FED affinché moderi la politica monetaria, ma ciò influenzerà solo i tempi della prossima crisi del credito. Essa avverrà comunque, innescata dalla FED o da una banca centrale estera. Nel brevissimo periodo, la tendenza a moderare la politica monetaria potrebbe consentire al prezzo dell'oro di riprendersi.
A differenza dell'ultima crisi del credito, quando il dollaro è salito bruscamente sfociando in un panico generale, durante la prossima crisi il dollaro rischierà di calare in modo sostanziale. La ragione è che la proprietà estera degli investimenti in dollari (tipicamente titoli del Tesoro USA) appare molto sovraesposta e ulteriori $4000 miliardi di liquidità sono in mani sbagliate (non statunitensi). È probabile che questa somma venga scaricata durante una crisi generale del credito, facendo calare il dollaro.
A livello nazionale, nella prossima crisi del credito la FED è certa di sostenere le banche, fornire finanziamenti ad un deficit pubblico in ascesa e stabilizzare il settore privato iniettando ulteriore liquidità in un'economia già inondata di dollari. Pertanto non solo il dollaro scenderà sulle borse estere, ma calerà anche il suo potere d'acquisto nelle mani dei cittadini americani.
E infine dimostrerò come le fluttuazioni della quantità di oro cartaceo siano determinanti nell'approccio convenzionale di domanda e offerta per analizzare e prevedere le tendenze dei prezzi dell'oro. Futures e mercati a termine hanno deviato la domanda dal metallo fisico, una situazione che dipende dalla fiducia nel dollaro. Solo un allontanamento marginale dalla carta verso l'oro fisico indebolirà l'intero sistema oro cartaceo.
Il viaggio verso la prossima crisi del credito
Di recente il prezzo dell'oro è dipeso dai flussi transfrontalieri del dollaro. A loro volta questi ultimi sono stati guidati dalla percezione dei mercati (riguardo crescenti rischi di credito nelle valute dei mercati emergenti) e dalla politica della FED (normalizzazione dei tassi d'interesse, mentre altre importanti banche centrali continuano con lo stimolo monetario). Il risultato è stato un dollaro più forte ed un prezzo dell'oro più debole.
Questo a breve termine. A lungo termine non ci sono dubbi che continuerà la tendenza di un dollaro in calo misurato in oro, visto che il dollaro ha perso il 97,5% del suo potere d'acquisto rispetto all'oro negli ultimi cinquant'anni. Lo sappiamo perché è la linea di politica ufficiale sostenere l'inflazione dei prezzi. Mentre il lungo termine può prendersi cura di sé stesso, dobbiamo valutare cosa accadrà nei prossimi anni, in particolare nel caso di una recessione, e anche durante la prossima crisi creditizia e sistemica che sappiamo essere una evento periodico.
La politica monetaria si trova ora ad un bivio, con l'economia americana nella fase finale dell'attuale ciclo del credito. La FED prevede di continuare a ridurre il proprio bilancio e rialzare il tasso dei fondi federali. Allo stesso tempo, in alcuni ambienti si teme che l'economia sia già rallentata. Persino il presidente Trump ha rotto con le convenzioni e ha commentato negativamente la politica restrittiva della FED.
Sembrano esserci somiglianze con la recessione poco nota del 1927, la quale non è stata affatto annoverata come recessione. Dalla depressione del 1920-21, l'economia americana era cresciuta rapidamente grazie all'espansione monetaria e all'innovazione tecnologica. Nel 1926 gli americani godevano di uno standard di vita impensabile negli anni successivi alla Grande Guerra. Non vi è dubbio che l'economia si trovasse nella fase finale del ciclo del credito. Una leggera recessione era stata rilevata dalla FED alla fine del 1926, quindi fece notevoli acquisti sul mercato aperto e abbassò il tasso di sconto. Il mercato azionario venne spinto nella sua fase rialzista finale. La recessione venne successivamente attribuita a Henry Ford: dalla produzione della Model T alla Model A, rendendo necessaria la chiusura delle sue fabbriche per diversi mesi.
L'equivalente di oggi potrebbero essere i dazi di Trump. Ma non dovremmo prendere alla lettera i confronti storici ed i loro risultati, e ci sono ancora pochi segni di una qualche pausa per l'economia. È vero, la crescita dell'offerta di moneta più ampia è rallentata al 3,8% e la curva dei rendimenti è stata giudicata piatta dagli standard storici. La combinazione tra crescita lenta dell'offerta di moneta e una curva dei rendimenti piatta spesso presagisce una recessione, ma occorre tenere presente che l'economia degli Stati Uniti è già inondata di depositi.
Si è scoperto che novantuno anni fa la FED reagì in modo esagerato. Oggi la FED si attiene alla sua attuale politica monetaria, ma il presidente Trump sta brontolando. Indubbiamente sarà sostenuto da aziende drogate di denaro a basso costo e che vogliono vedere i loro profitti rafforzati da un dollaro debole. Potrebbe diventare politicamente difficile per la FED continuare il suo corso di graduale tightening.
Se vedremo segni di cedimento da parte della FED per abbandonare una politica monetaria ristretta, possiamo aspettarci che il dollaro calerà. Forse quel momento si sta avvicinando. Tuttavia la FED non può pensare solo alla politica monetaria, ma deve prenderla in considerazione nel contesto di un deficit di bilancio in aumento. Il Congressional Budget Office prevede che i deficit di bilancio aumentino progressivamente da $804 miliardi quest'anno a $1526 miliardi nel 2028 in base alle attuali politiche economiche e fiscali. Questi deficit rappresentano un aumento significativo dello stimolo fiscale, in coincidenza con una politica monetaria che sta subendo pressioni per essere allentata.
Peggio ancora, se il presidente Trump continuerà ad imporre dazi sulle importazioni, il livello generale dei prezzi aumenterà, cosa che la FED non potrà ignorare.
Il rallentamento della crescita dell'offerta di moneta ed una curva dei rendimenti appiattita, come indicatori di una recessione in avvicinamento, dovrebbero essere considerati di più rispetto alla piena occupazione e all'inflation targeting. O forse è già in corso una vera e propria crisi di liquidazione del credito, come ci dicono diversi pessimisti. Pertanto sembra indiscutibile che se la FED assumerà una posizione più allentata ora e ristretta in seguito, o in alternativa continuerà con un graduale tightening, l'economia statunitense si dirigerà comunque verso una crisi del credito. Una crisi del credito me la aspetto entro la metà del 2019 e non vedo alcun motivo per modificare tale opinione.
Naturalmente l'innesco della prossima crisi del credito potrebbe provenire dall'UE, dalla Cina o dal Giappone. Inoltre i ricordi della crisi finanziaria asiatica alla fine degli anni novanta, quando diverse valute crollarono rispetto al dollaro, sono ancora freschi negli articoli accademici. Tutti i segnali di un surriscaldamento delle economie nel sud-est asiatico sono infatti tornati. Sicuramente, dicono gli esperti finanziari, l'esperienza ci dice che solo la minaccia di una crisi sistemica scatenerà una fuga verso il dollaro, perché tutti avranno bisogno di un rifugio.
L'attuale rally del dollaro sembra essere stato guidato in parte da questo modo di pensare. È in accordo con il fatto che il dollaro sia considerato lo standard privo di rischio per i portafogli e le imprese in un momento di crisi sistemica.
Tuttavia, per quanto riguarda il dollaro, la situazione attuale è completamente diversa dalle crisi del credito precedenti, in particolare negli anni precedenti all'ultima nel 2008-09. Ciò è mostrato nella Tabella 1, che evidenzia i flussi cumulativi di capitale prima dell'ultima crisi del credito (2008) rispetto ai flussi successivi.[1]
Nel precedente ciclo del credito (2003-2008) il deficit commerciale cumulativo era ampiamente compensato dagli investimenti netti all'estero e dal rimpatrio di capitali da parte di residenti negli Stati Uniti. Le cose non stanno più così durante questo ciclo, il quale ha visto ulteriori afflussi di capitale per $5000 miliardi. Poi c'è la liquidità in dollari degli investitori esteri, la quale ammonta a $19000 miliardi nei portafogli esteri, in aggiunta a $4217 miliardi che rappresentano la maggior parte del resto dei flussi di capitale in entrata.[2]
Questi risultati sono fondamentali per capire il probabile comportamento del dollaro durante la prossima crisi del credito. È una caratteristica di qualsiasi crisi del credito: l'esposizione in valuta estera viene liquidata, ove possibile, per fornire supporto agli obblighi interni. In una certa misura ciò è compensato dallo stato di valuta di riserva del dollaro, rendendo il biglietto verde l'ultima valuta da liquidare rispetto a tutte le altre.
Le cifre nella Tabella 1 sostengono la nostra ipotesi: una futura crisi del credito innescherà un fuggi-fuggi per acquistare dollari. Gli stranieri sono già strapieni di dollari e in una crisi del credito sono quasi certi di ricoprire il ruolo di venditori. Hanno $4000 miliardi di liquidità disponibile da scaricare prima ancora di iniziare a fare lo stesso con i titoli del Tesoro USA.
L'impatto della prossima crisi del credito sul fronte interno
Durante una crisi del credito possiamo aspettarci che le banche centrali intervengano sia per sostenere il sistema bancario commerciale sia per coordinare le politiche di salvataggio tra di loro. Inoltre la FED è certa di fare tutto il possibile per prevenire le bancarotte e per coprire le carenze fiscali crescenti. Tra le priorità, il tasso d'inflazione dei prezzi sarà subordinato al salvataggio del sistema. L'allentamento iniziale del dollaro potrebbe essere considerato utile dalla FED, reflazionistico in un momento di crescenti bancarotte.
Dato l'aumento del debito dopo la crisi della Lehman, il supporto per i vari salvataggi sarà quasi sicuramente molto più grande di qualsiasi altra cosa vista prima. La crisi della Lehman ha comportato la concessione di assegni a tempo indeterminato per cifre che all'epoca ammontavano a circa $13000 miliardi.
L'effetto sui prezzi interni rischia di essere gravemente inflazionistico, perché la rinnovata inondazione di liquidità si aggiungerà all'aumento dei depositi bancari avvenuto nell'ultima crisi. Alla fine del 2017, i depositi a risparmio + i depositi a vista + la valuta in circolazione ammontavano a $12800 miliardi, pari al 66% del PIL. Alla fine del 2007, l'ultimo anno prima della crisi, ammontavano a $5220 miliardi, pari a solo il 36% del PIL. Se, come caso base, ipotizziamo che nella prossima crisi del credito l'espansione monetaria per evitare fallimenti diffusi sarà come quella vista in seguito alla crisi della Lehman, allora è probabile che la somma contante + depositi di risparmio + depositi a vista sarà superiore al PIL.
È difficile vedere una qualsiasi alternativa politica oltre a lasciare semplicemente andare in crash l'intero sistema. Pertanto possiamo aspettarci il ritorno del quantitative easing, non solo per ricapitalizzare le banche, ma per coprire i crescenti deficit pubblici. Come si può desumere dai flussi di denaro nella Tabella 1, le finanze statunitensi sono diventate pericolose poiché s'è fatto affidamento sugli stranieri per finanziare i deficit di bilancio. È improbabile che comprino titoli del Tesoro USA in una crisi globale del credito, perché ne hanno già troppi e vorranno vendere i loro dollari in eccesso anziché investirli. Il prezzo dell'oro si adatterà ad un vero e proprio tsunami di dollari emessi dalla FED e quelli scaricati da possessori esteri.
La storia dei nostri tempi identificherà la prossima crisi del credito come il costo per i continui deficit dell'America e l'illusione che gli stranieri li possano finanziare sempre. Mentre la FED non ha mezzi per impedire che il debito in dollari non venga liquidato, la conseguenza non può che essere il collasso del dollaro.
L'ultima volta che si è verificata una simile crisi del dollaro c'è stato l'abbandono del sistema di Bretton Woods. Ciò ha fatto salire il prezzo dell'oro da $35 ad un massimo di oltre $800 nel gennaio 1980, un aumento che se replicato questa volta porterebbe l'oro a oltre $25000.
Le prospettive per il prezzo dell'oro e il motivo per cui le statistiche sulla domanda e l'offerta sono inutili
I pochi specialisti che analizzano l'oro monetario riconoscono che l'unica forma di oro che val la pena di possedere in caso di una crisi sistemica del sistema monetario fiat è l'oro fisico, o perlomeno l'oro che è oltre la portata del sistema bancario. Mentre questo è indiscutibilmente vero, fintanto che l'attuale sistema finanziario con valute fiat continua a persistere, l'offerta di forme non fisiche di oro è destinata a dominare il prezzo.
Tradizionalmente gli analisti delle commodity consumate, come i metalli di base, parlano di domanda ed offerta in termini di produzione mineraria e domanda degli utenti. Tuttavia esiste ancora quasi tutto l'oro estratto. Parte è sotto forma di metallo monetario nel senso più ampio, e probabilmente più che altro è classificato come gioielleria. Anche qui, le linee sono sfocate, perché i compratori asiatici di gioielli credono che abbia un duplice scopo: ornamento e risparmio economico.
L'aggiornamento delle stime di Goldmoney riguardo le scorte estratte ci fornisce un valore di 172.975 tonnellate nel 2017. La produzione annua delle miniere ammonta attualmente a circa 3.000 tonnellate l'anno ed i rottami riciclati ammontano a 750 tonnellate. Queste cifre sono sminuite dall'offerta di oro cartaceo. Il grafico qui sotto ci mostra come la somma della produzione mineraria, del riciclaggio dei rottami, dei futures del Comex e dei derivati over the counter sia variata di anno in anno.
Le variazioni totali dell'offerta annuale sono sostanziali, raggiungendo un picco nel 2007 a 5.800 tonnellate e scendendo poi a 1.445 tonnellate nel 2008, a seguito di una contrazione dei derivati OTC e dei contratti Comex in seguito al crollo della Lehman a settembre. L'espansione dell'offerta lo scorso anno è stata di 4.168 tonnellate.
Anche queste cifre non riescono a catturare l'immagine completa. Le quattro categorie di offerta nel Grafico 1 non sono le uniche e, cosa più importante, sono solo istantanee di fine anno. L'offerta è un processo continuo, con ogni transazione che va ad alterare domanda e offerta. Si dovrebbero sommare tutti i volumi di fatturato giornaliero sugli scambi dei futures, tanto per cominciare. Il London Bullion Market fornisce queste informazioni su base giornaliera per il mercato a termine, che costituisce la maggior parte dei derivati OTC nelle statistiche della Banca dei Regolamenti Internazionali.
Rispetto ai cambiamenti nell'offerta a fine anno, i quantitativi totali superano l'offerta mineraria e non includono nemmeno gli acquisti e le vendite infragiornaliere. Mostra come le statistiche ingannevoli basate sulla produzione mineraria e sui rottami riciclati non servono a niente quando bisogna determinare i prezzi dell'oro.
Non sappiamo se l'offerta elastica di carta (per soddisfare la domanda senza spostare il prezzo dell'oro) si espanderà o si contrarrà in futuro. Possiamo solo essere certi che scomparirà del tutto se le valute fiat diventeranno inutili, quindi possiamo presumere che un dollaro in calo indebolirà gradualmente l'intera piramide di carta. Fino a quel momento, è chiaro perché gli Svengali che operano nei mercati dell'oro cartaceo saranno in grado di sopprimere la domanda di oro fisico gonfiando l'offerta di carta.
Si spiega anche perché la domanda di oro fisico da parte dei mercati asiatici possa costantemente superare l'offerta mineraria senza che il prezzo ne sia influenzato. È, tuttavia, una situazione che non può continuare indefinitamente. I mercati dell'oro cartaceo funzionano solo finché i partecipanti non richiedono la consegna di lingotti fisici. Le bullion bank sono fortemente restie a soddisfare queste richieste, non solo nei mercati dell'oro cartaceo, ma addirittura alcune banche tedesche e svizzere si rifiutano oggi di restituire l'oro fisico detenuto dai loro clienti.
Gli investitori che sperano in un commercio proficuo sul prezzo dell'oro non sembrano capire che l'oro è denaro, non un investimento speculativo. È probabile che scoprano che con la diminuzione del potere d'acquisto del dollaro non vale mai la pena vendere oro o altre commodity, incluse le criptovalute, per registrare profitti in una valuta fiat in decadimento.
L'oro è ed è sempre stato il denaro non speculativo il cui potere d'acquisto aumenta gradualmente nel tempo.
Conclusione
Non possiamo essere sicuri di quale forma prenderà la prossima crisi del credito, ma possiamo essere certi che accadrà, perché si tratta di un evento ciclico creato dalla politica monetaria della banca centrale. Una volta compreso questo punto fondamentale, ne consegue che la gravità della crisi è proporzionale alle distorsioni monetarie che la precedono. La prossima crisi del credito quasi certamente farà sembrare insignificante qualsiasi cosa vista finora nell'era del denaro fiat.
Dopo la prossima crisi del credito, la soppressione del prezzo dell'oro espandendo la quantità di derivati cartacei diventerà meno efficace nel controllarne il prezzo, quando il potere d'acquisto del dollaro si deteriora sotto il peso della sua maggiore quantità.
Ci si può aspettare che il prezzo dell'oro aumenti significativamente quando misurato in valute fiat; il quanto dipende dal grado e dalla velocità con cui le valute fiat perderanno potere d'acquisto. Per capirlo correttamente, è utile riapplicare la relazione sui prezzi tra oro e valute fiat quando queste ultime erano definite in base al loro peso in oro. Vale a dire, l'oro è il denaro oggettivo e la valuta fiat ha il prezzo soggettivo. Ciò trasforma $1230 l'oncia in 25 milligrammi d'oro per dollaro. Potremmo doverci abituare a valutare il dollaro anche in microgrammi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Note
[1] Gli investimenti netti in dollari sono presi dall'Exhibit 19T a pagina 30 in US Portfolio Holdings of Foreign Securities del giugno 2017. Gli investimenti statunitensi netti esteri sono presi dall'UST monthly TIC data e dalle cifre del Balance of Trade della St Louis Fred.
[2] Si veda Column 6 Exhibit 19T in US Portfolio Holdings of Foreign Securities del giugno 2017.
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'Potremmo doverci abituare a valutare il dollaro anche in microgrammi.': la vedo dura anche se ci spererei perché questo significherebbe fare un x100 sui valori di ora, lo penso possibile solo dopo una guerra interstellare
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