di Francesco Simoncelli
Qualche tempo fa l'amico Marco Dal Prà mi ha proposto di leggere il seguente articolo di Craig Wright sul crash del 1937. In esso si parla della cosiddetta "politica delle buone intenzioni" in ambito economico, una tesi già sostenuta da F.A. Hayek nel libro The Road to Serfdom, e di come rappresenti l'inizio di una spirale distruttiva che culmina sempre con (tanto) dolore economico. Questo è vero soprattutto quando si aggiunge a suddetta politica anche la centralizzazione degli interventi, creando il substrato per conseguenze non intenzionali le quali presenteranno il conto in un lasso di tempo imprecisato ed emergendo in sordina per poi esplodere improvvisamente. La previdenza sociale è cruciale in questo contesto come ci ricorda Wright, perché rappresenta il modo stupido in cui lo stato porta avanti i suoi affari: prende in prestito a breve e spende a lungo. Infine i nodi vengono al pettine e la pianificazione dell'economia, con tutta la buona volontà che si voglia associare agli interventisti, deve affrontare le contraddizioni e le distorsioni che si lascia dietro. Inutile sottolineare come la presa dei pianificatori si fa sempre più stringente man mano che perdono il controllo e devono ampliare il loro bacino di finanziamenti attraverso una base clientelare sempre maggiore.
Ecco il perché della nascita del settore militare/industriale citato da Wright. Finché si può contare sull'assegno in bianco firmato involontariamente dai contribuenti attraverso il contributo fiscale, è decisamente logico che coloro che avranno accesso alla refurtiva fiscale potranno farci ciò che vogliono senza badare alle conseguenze. Ma come ben sappiamo dall'omonimo libro di Richard Weaver, le scelte hanno conseguenze e sebbene siano inizialmente invisibili alla fine fanno valere la loro inevitabilità. La maggior parte delle persone si trincera dietro l'adagio "tanto il sistema può andare avanti per decenni", ma in questo modo si ignorano due cose: i costi e le soluzioni. Riguardo queste ultime, fa bene Wright a concludere il suo pensiero in questo modo:
Questo è uno dei motivi per cui abbiamo bisogno di Bitcoin. Con il libro mastro consultabile da tutti e immutabile come sottostante, esso ci fornisce i mezzi per monitorare tutte le spese del governo ed individuare i responsabili. Questo non è solo qualcosa che ci consente di inchiodare sui fatti i governi corrotti, ma anche di garantire che nessun governo possa nascondere gli sprechi che crea.
Il testo di Wright presenta sostanzialmente tre spunti di riflessione interessanti che val la pena di elaborare ulteriormente.
LEZIONE N°1: PAREGGIARE IL BILANCIO
In Italia di questi giorni non si fa altro che parlare di come l'attuale governo, eletto sulla scia di una certa fiducia nelle sue radici popolari, voglia cercare di far "ripartire" il Paese attraverso una manovra di bilancio espansiva. Mettere i conti a posto non equivale a lasciare spazio al settore privato affinché gestisca le meccaniche di mercato che porteranno poi ad una crescita genuina dell'economia (eventualmente). No, per la macchina statale "far crescere l'economia" significa intervenire pesantemente in essa per adoperare "politiche di crescita". Queste sciocchezze vengono avallate dal fatto che la maggior parte della popolazione sostiene l'analogia "stato gestito come un'impresa", non comprendendo che quest'ultima deve agire in base alle leggi economiche (es. domanda/offerta, costi/benefici, profitti/perdite, ecc.) pena il fallimento. Lo stato, attraverso la coercizione, può estrarre coattamente le risorse monetarie di cui ha bisogno per portare avanti i suoi progetti. In questo modo si scavalca completamente il calcolo economico in accordo con le forze di mercato, distorcendo la rete dei prezzi nel contempo e intorbidendo segnali economici fondamentali.
Pareggiare il bilancio dovrebbe significare una minore presenza dello stato nel tessuto economico, in modo che i segnali economici trasmessi siano quanto più genuini possibili. E soprattutto lasciar fallire quelle imprese che non rispettano la volontà degli attori di mercato. La storia del 1937, come quella del 1932, ci racconta ciò che succede quando un governo cerca di far quadrare i conti, aumentando le tasse o la spesa, o facendo entrambe le cose. Analizziamo il seguente grafico sull’andamento di tasse e spese federali negli Stati Uniti durante la Grande Depressione:
La linea rossa mostra l’andamento, in rapporto al PIL, delle entrate fiscali mentre la linea blu quello delle spese federali. Ora andiamo a controllare alcuni “passaggi delicati” che spesso vengono citati come pistola fumante che pareggiare il bilancio sia recessivo. Krugman sul 1932-33: “Nessun moderno Presidente americano potrebbe ripetere l’errore di politica fiscale di Hoover del 1932, quando il governo federale tentò di far quadrare il bilancio seppure in mezzo ad una severa recessione”. In realtà il tentativo di “far quadrare il bilancio” si riferisce ad un aumento di spesa federale accompagnato da un aumento massiccio delle tasse (in termini relativi, la tassazione quasi raddoppiò in un anno).
Sul 1937 va avanti la tesi che la politica fiscale e monetaria restrittive prolungarono la recessione. La lezione della storia che i nostri amici di sempre traggono è quindi che far quadrare il bilancio dello Stato mentre la Banca Centrale sta attuando una politica monetaria restrittiva sia un suicidio. Il pareggio di bilancio venne raggiunto accompagnando un taglio della spesa (in gran parte dovuto al taglio dei sussidi ai veterani della Prima Guerra Mondiale) ad un aumento delle tasse (quell’anno vennero per la prima volta vennero riscosse le tasse sulla previdenza sociale).
In virtù di ciò, passiamo adesso a dare un'occhiata a cosa accadde nel 1946-47. Durante la guerra mondiale gli Stati Uniti mantennero un livello di spesa in deficit molto elevato per finanziare lo sforzo bellico nel Pacifico ed in Europa. Terminato il conflitto, però, l’Amministrazione decise di pareggiare il bilancio tagliando in fretta ed in modo sostanziale la spesa pubblica e contemporaneamente riducendo l’imposizione fiscale.
Gli economisti keynesiani preannunciavano la catastrofe economica:
Quando questa guerra giungerà alla fine, più di metà dei lavoratori dipenderà direttamente o indirettamente da ordini militari. Avremo una decina di milioni di uomini in servizio da ricollocare nel mercato del lavoro. Dovremo affrontare un difficile periodo di riconversione durante il quale alcuni beni non saranno più prodotti e ci potrebbero essere molti licenziamenti. Non è neanche detto che la necessità tecnica di riconversione debba necessariamente generare un flusso di investimenti sufficiente nel periodo che stiamo considerando. La conclusione finale che possiamo trarre dall’esperienza della guerra precedente è inevitabile – dovesse la guerra finire improvvisamente nei prossimi sei mesi, dovessimo progettare di esaurire i programmi di guerra con la massima fretta, smobilitare le forze armate, eliminare il controllo sui prezzi, passare da deficit astronomici anche solo agli elevati deficit degli anni ’30, allora questo verrebbe accompagnato dal più grande periodo di disoccupazione e dislocazione industriale che l’economia ha mai affrontato.
La smobilitazione di dieci milioni di soldati americani, accompagnata da una drastica riduzione della spesa pubblica, la rimozione del controllo dei prezzi ed una rapida riconversione dell’apparato bellico a scopi civili portarono ad un tasso di disoccupazione massimo, nel 1947, del 3.6%.
L’espressione “pareggiare il bilancio” può voler dire molte cose. Può significare che il governo decida di realizzare il pareggio di bilancio aumentando le tasse oppure può agire in senso opposto, tagliando innanzitutto la spesa, anche ridimensionando in modo significativo il peso dello stato ed accompagnando queste misure con un alleggerimento fiscale. In entrambi i casi i keynesiani parleranno di politica fiscale restrittiva (alcuni semplicemente di “stretta fiscale” facendo una confusione di termini) e cercheranno di convincere tutti dell’ineluttabilità di una recessione in seguito al tentativo dei governi europei di mettere a posto i loro conti.
Se questo nel 2019 sarà seguito da un aggravamento della situazione macroeconomica, però, la responsabilità dei governi non sarà data dal fatto di aver ricercato un pareggio di bilancio (dato aggregato), ma di aver tentato di raggiungerlo aumentando le tasse ed evitando di tagliare le spese in maniera significativa e strutturale. Questa è la prima lezione che dobbiamo apprendere dal crash del ‘37.
LEZIONE N°2: POLITICA MONETARIA RESTRITTIVA
I monetaristi incolpano la FED per la crisi del '29 e per la crisi del '37, affermando che in entrambe le occasioni la politica monetaria restrittiva abbia innescato processi economici correttivi. Questa tesi è stata portata avanti da Anna Schwartz e Milton Friedman, e successivamente è stata utilizzata per presentare politiche monetarie anti-cicliche non appena le recessioni avrebbero alzato la loro brutta testa. In una delle sue conferenze più famose, Ben Bernanke fece riferimento allo stesso Friedman affermando di aver ben compreso la lezione. E questa base è stata utilizzata per dare vita ad una delle politiche monetarie più espansive mai viste nella storia economica. I vari giri di quantitative easing, infatti, non hanno fatto altro che seppellire sotto una montagna di denaro creato ex novo problemi ciclici che si sono metastatizzati diventando ormai cronici.
I tre round di QE avviati dalla FED nel 2013 hanno fornito iniezioni di liquidità non solo nei depositi delle grandi banche commerciali degli Stati Uniti, ma anche nelle banche estere. Questa operazione, infatti, è stata possibile grazie a mercati dei capitali mondiali altamente collegati. Dopo che il QE3 si è concluso nell'ottobre 2014 e il dollaro ha iniziato ad apprezzarsi, è stato il turno della BCE e subito dopo della BOJ. Le economie emergenti si sono unite alla festa e hanno compensato il deflusso di capitali con l'espansione del credito interno, al fine di evitare che le loro valute salissero e danneggiassero le esportazioni, o permettessero un leggero aumento dei loro rendimenti dei titoli di stato rispetto a quelli USA. I Paesi si sono allineati ad un livello di "inflazione globale", mantenendo i tassi d'interesse più bassi possibile.
Ma quando le "politiche monetarie iniziano ad essere divergenti", e le banche centrali sembrano non coordinare più inflazione monetaria ed espansione del credito, ecco che emergono gli errori economici. Se alcuni bilanci delle banche centrali si espandono a ritmi più elevati di altri, un deprezzamento più netto della loro valuta renderà l'inflazione dei prezzi più visibile sul mercato interno, il debito estero più oneroso e produrrà turbolenze nei mercati finanziari. Ma la causa della prossima recessione non può essere la divergenza delle politiche monetarie, bensì l'iniziale espansione del credito: le banche centrali che agiscono all'unisono in questa espansione in tutto il mondo non fanno che peggiorare ed aumentare i suoi effetti distorsivi. Pertanto la divergenza delle politiche monetarie, o una posizione monetaria ristretta, tutt'al più può servire da catalizzatore per un tracollo finanziario. E questo fatto si riverbera nelle entità che incarnano la trasmissione della politica monetaria delle banche centrali nell'economia più ampia: il settore bancario commerciale. Tutto questo comparto sta cadendo a pezzi.
Il punto più importante è che il tentativo di evitare che suddetto catalizzatore prenda fuoco, attraverso un rinnovato coordinamento tra banche centrali, è futile nel lungo termine. Il dominio delle banche centrali sulle questioni monetarie non solo ha scatenato una maggiore inflazione dei prezzi, ma ha trasformato in bische clandestine i mercati finanziari e gli strumenti finanziari, non più collegati al sound money o all'economia "reale". Ha trasformato i settori industriali in zombie affamati di maggiore denaro facile per portare avanti i loro progetti improduttivi, privi di domanda genuina di mercato.
Le società statunitensi hanno utilizzato gran parte del capitale preso in prestito per riacquistare le proprie azioni, aumentare i dividendi e finanziare fusioni/acquisizioni, attività note per l'aumento dei prezzi delle azioni e dei bonus. Sfortunatamente le società statunitensi si sono concentrate su queste attività che premiano gli azionisti, trascurando gli investimenti aziendali a più lungo termine, un comportamento spregiudicato tipico di una bolla. Il grafico qui sotto mostra come i riacquisti di azioni proprie e i dividendi pagati siano aumentati drasticamente dal 2009.
Però i keynesiani considerano un rafforzamento degli ordini di beni capitali, qualunque sia la loro natura, una prova del fatto che le società stanno investendo sia nella sostituzione di beni capitali esistenti che in nuovi beni capitali al fine di espandere la propria crescita. Non c'è dubbio che un aumento della qualità e della quantità di strumenti e macchinari, cioè i beni capitali, sia la chiave per l'espansione di beni e servizi. Ma è sempre un bene per il processo di creazione di ricchezza reale?
Quando la banca centrale avvia un pompaggio monetario e un abbassamento artificiale della struttura dei tassi d'interesse, alimenta varie attività non produttive. Per sopravvivere queste attività hanno bisogno di finanziamenti reali, i quali vengono deviati dal bacino della ricchezza reale tramite la politica monetaria allentata. Le attività in bolla, come qualsiasi attività non in bolla, richiedono strumenti e macchinari, ovvero beni capitali. Pertanto i beni capitali generati per queste attività sono in realtà uno spreco di ricchezza reale.
Gli strumenti ed i macchinari che vengono generati verranno impiegati nella produzione di beni e servizi che per i consumatori hanno una bassa priorità. Queste attività, quindi, non generano ricchezza reale, ma la drenano. Quanto più è aggressivo è l'allentamento monetario della banca centrale, tanto maggiore sarà il drenaggio della ricchezza reale e minore sarà la ricchezza reale a disposizione di coloro che la creano. La Scuola Austriaca si distingue dal resto delle altre scuole di pensiero economico proprio perché dispone di una teoria del capitale, le cui basi poggiano sulla solida metodologia della prasseologia. e in base a quanto esposto fin qui, è chiaro che invece una politica monetaria restrittiva va ad indebolire il parassitismo del bacino della ricchezza reale da parte di suddette attività che sprecano ricchezza. Di conseguenza comprendiamo benissimo che il problema non è la politica monetaria ristretta, bensì la precedente politica monetaria allentata ad innescare il futuro bust; non solo, ma anche che quest'ultimo nascerà dal settore delle grandi aziende che hanno tratto vantaggio dalla manna monetaria.
Più ci spostiamo lungo il canale della trasmissione della politica monetaria, più aumenta la probabilità di trovare il probabile innesco della successiva fase di crisi. Le grandi banche commerciali ad esempio si trovano all'inizio del canale e quindi, nonostante i problemi che potranno affrontare, verranno salvate attraverso l'ulteriore crocifissione dei contribuenti (anche perché il mandato ufficioso delle banche centrali è quello di salvaguardare il settore delle grandi banche commerciali). Ma le con le imprese è diverso, perché la loro esistenza è molto più influenzata dalle decisioni degli attori di mercato e una volta rimossa la politica monetaria allentata devono tornare a fare i conti con questa verità. Durante gli anni della manna monetaria e della ZIRP, le distorsioni all'interno del tessuto economico societario sono state tante: dalle fusioni/acquisizioni finanziate con livelli crescenti di debito agli LBO che hanno fatto a pezzi la produttività delle imprese.
L'indebitamento a breve termine in dollari sta diventando molto costoso. E gli investitori, soprattutto all'estero, scoprono che è più difficile e costoso entrare in possesso di dollari. Le imprese in tutto il mondo che prendono in prestito dollari per operazioni commerciali e anche i normali cittadini con mutui e carte di credito, dovranno far fronte a pagamenti di interessi più elevati.
La tendenza è stata trascurata dal mercato negli ultimi tre anni, principalmente perché molti ritengono che la crescita degli Stati Uniti compenserà i pagamenti degli interessi in salita. Ma una cosa è certa: con le attuali politiche di quantitative tightening, il costo di prendere in prestito dollari a breve termine continuerà a salire molto più in alto. Per i mutuatari e le istituzioni che dipendono dal debito a breve termine è un disastro. Le passività diventano difficili da gestire e gli attivi diventano vulnerabili. L'idea di una carenza di dollari sembra strana per molti, soprattutto a causa di quanto le banche centrali hanno stampato sin dal 2008. Ma il problema è che il mondo ha creato molto più debito dei dollari creati dalla FED, ad esempio: per ogni dollaro che è stato stampato, è stato creato circa 20 volte l'ammontare del debito in circolazione.
Ma dal dicembre 2015 la FED ha iniziato il percorso di normalizzazione dei tassi. E se guardate gli ultimi due grafici qui sopra, vedrete che è quello il momento in cui i costi di prestito sono saliti. Se aggiungiamo al QT della FED anche l'aumento del deficit degli Stati Uniti, un dollaro più forte e tassi più alti, il servizio di tutto questo debito sta diventando impossibile. Sulla stessa linea delle grandi imprese ci sono anche gli hedge fund, i quali soffrono degli stessi guai finanziari.
Il marciume dell'attuale sistema è stato esposto solo brevemente nel 2008, ma i salvataggi degli anni seguenti hanno temporaneamente calmato le acque. Ma questo non può durare per sempre ed è ingenuo pensare che le radici corrose dell'odierno sistema finanziario dureranno a lungo; c'è sempre un costo da pagare quando si aggirano le leggi dell'economia.
E come vediamo dal grafico qui sopra, in cui viene conteggiata l'inflazione dei prezzi degli ultimi 20 anni secondo le stime ufficiali (soppresse), chi ha pagato il prezzo più salato è stata la classe media. Anche perché, come ho detto prima, anche se il denaro creato ex novo è stato incanalato nelle obbligazioni statali, quest'ultimo spende e di conseguenza parte del denaro finisce inevitabilmente per inondare l'economia più ampia. Sebbene la maggior parte sia rimasto confinato nel circuito finanziario, vediamo dal grafico qui sopra che i prezzi più soggetti ad un aumento sono stati quelli legati al settore scolastico, in particolare quello universitario. Perché? Perché una delle bolle subprime più virulente, oltre a quella per i prestiti auto, è quella dei prestiti agli studenti alimentata dalle politiche sociali dello zio Sam. Ciononostante ci sono ancora alcuni tipi strambi che prevedono una deflazione di massa. L'hanno predetta per due o più decenni e ogni volta hanno sbagliato. "Deflazione" significa "diminuzione dell'offerta di moneta". I prezzi in calo sono un risultato della deflazione, ma sono anche il risultato di un aumento della produzione di beni e servizi. Il prezzo dei computer continua a scendere, ma questo non è il risultato della deflazione, è invece il risultato della Legge di Moore: la capacità del chip del computer raddoppia ogni 12 mesi.
Coloro che prevedono una deflazione di massa non hanno affrontato la realtà della politica monetaria espansiva della FED negli ultimi dieci anni. Coloro che prevedono deflazione di massa continuano a parlare delle banche commerciali che non sono disposte a prestare denaro (reso disponibile dalla FED). Questa è una sciocchezza, a meno che i tassi d'interesse non siano negativi. Le banche fanno soldi con i prestiti. Possono prestare solo allo stato, ma prestano. Se prestano allo stato, quest'ultimo spende i soldi e di questo potete esserne sicuri.
I destinatari depositano questo denaro nelle loro banche. Le banche poi prestano i soldi. Vengono utilizzate tutte le riserve monetarie disponibili. I deflazionisti si rifiutano di commentare questo fatto ovvio. Il loro mondo è un mondo ipotetico in cui i banchieri, che fanno soldi prestando denaro, si rifiutano di farlo. Si potrebbe pensare quindi, leggendo le discussioni dei deflazionisti, che le banche commerciali non abbiano prestato denaro. Vi sbagliereste. Le banche non hanno prestato denaro alle piccole/medie imprese. E l'inflazione dei prezzi di oggi non è altro che il risultato di questa catena di eventi, innescata dall'iniziale inflazione monetaria della banca centrale, la quale l'ha costretta a rialzare i tassi d'interesse.
Gli investitori, durante gli ultimi dieci anni, hanno acquistato obbligazioni societarie in enormi quantità. Stanno venendo fatti a pezzi da tassi in aumento e dall'inflazione dei prezzi. In una parola, sono degli sciocchi perché hanno creduto nella falsa promessa di stabilità dei prezzi quando invece le politiche perseguite portano inevitabile ad un'instabilità dei prezzi.
Le compagnie di assicurazione sono cariche di obbligazioni e mutui a lungo termine. Questo è il motivo per cui gli asset delle compagnie di assicurazione sono a rischio quando le banche centrali mettono mano alla stampante. Una grande percentuale dell'intera struttura del capitale nel mondo occidentale si basa su un presupposto illusorio: la solvibilità degli stati. Per impedire che vadano in default, le banche centrali devono mettere mano alla stampante. Ma per evitare che il valore patrimoniale dei mercati dei mutui e delle obbligazioni collassi, le banche centrali dovranno smettere di interferire coi mercati. Le banche centrali servono gli stati, non l'investitore in obbligazioni quindi metteranno mano alla stampante.
I mercati azionari, come quelli obbligazionari, sono ora sostenuti da persone ottimiste che credono che i deficit non contano. Impareranno quanto hanno torto. Lo stato mente e le persone amano le bugie convenienti. Coloro che credono in queste menzogne alla fine pagano un prezzo pesante.
LEZIONE N° 3: SISTEMA PENSIONISTICO
Finora abbiamo appreso che la politica restrittiva in ambito monetario e fiscale non è affatto la causa delle crisi, bensì la strada per tornare a fondamentali di mercato genuini. Impedire questo processo vuol dire lasciar che nell'ambiente economico si accumulino più errori al prezzo di dover pagare un maggiore dolore economico successivamente, quando diventeranno impossibili da gestire attraverso una politica monetaria e fiscale accomodanti. E l'impossibilità di tale gestione sta maturando nell'ultimo pilastro che tiene in piedi l'attuale sistema statale e il sistema bancario centrale: il sistema pensionistico. Come abbiamo detto in precedenza in questo saggio, le imprese che hanno gozzovigliato con il credito facile e dedicato la loro vita all'ingegneria finanziaria saranno l'epicentro della prossima crisi. A causa dell'ambiente economico distorto dagli interventi delle banche centrali e reso affamato per rendimenti decenti, i prodotti finanziari emessi o legati a suddette imprese hanno ricevuto un grado di rischio fasullo.
Sempre più pattume finanziario è finito nei bilanci di entità che dovrebbero salvaguardare i risparmi di coloro che ve li affidano. Ma questo significa anche raggiungere un obiettivo di resa annuale stringente per far fruttare tali depositi, e in un ambiente economico distorto dalla ZIRP ciò è stato sempre più difficile. L'unico aspetto finanziario su cui la gente non transige e non transigerà mai sono le pensioni, e questo i fondi pensione lo sanno. È per questo che si sono esposti ad una quantità incredibile di pattume finanziario per raggiungere il loro obiettivo di rendimento annuale. Hanno scommesso sulle banche centrali, che ancora una volta faranno la magia.
Ma non hanno fatto i conti con la realtà. Perché? Perché non hanno una teoria solida e coerente con cui sondare l'ambiente economico. Non comprendono come l'attuale ambiente economico sia pervaso da una disconnessione messa in atto dall'epocale stampa di denaro portata avanti dalle principali banche centrali del mondo. Non comprendono come la Legge dei Rendimenti Decrescenti sia alla base di questa disconnessione.
Ma ciò che è più importante, è la seconda parte del paragrafo precedente perché rappresenta uno degli elefanti nella stanza che la maggior parte delle persone non vede quando riscuote la pensione. Questo perché ci si focalizza sulle cifre nominali e si trascurano quelle reali. Quindi se da una parte si dice che il reddito medio è ai massimi di sempre e le pensioni vengono rivalutate nel futuro, non si dice che il denaro fiat di domani non compra affatto ciò che invece compra il denaro fiat di oggi. Di conseguenza questo effetto "non visto" è stato compensato attraverso il credito, impedendo alle persone di riuscire a mettere da parte qualcosa per conto loro.
Ovviamente guardando solo al patrimonio netto delle famiglie, non si sospetterebbe che esista un problema. Attualmente, le famiglie degli Stati Uniti sono le più ricche. L'aumento della loro ricchezza negli ultimi anni deriva dall'aumento dei valori immobiliari e dall'aumento di vari asset finanziari collegati al mercato azionario come le azioni societarie, i fondi comuni ed i fondi pensione. Tuttavia questo è quello che si vede. Quello che non si vede è che praticamente tutto il patrimonio netto, e il relativo aumento, è andato a beneficio solo di una manciata di americani più ricchi.
Nonostante la convinzione dei media generalisti che l'aumento dei prezzi degli asset, alimentato dagli interventi monetari della FED, abbia fornito una spinta all'economia globale, le cose stanno diversamente. Dato che gran parte della popolazione non partecipa, o partecipa solo marginalmente, ai mercati finanziari, la "spinta" è rimasta concentrata nel 10% della popolazione totale. I tanti rapporti riguardo la "prosperità economica" (come il rapporto debito/reddito, i salari, gli asset, ecc.) è che essi sono fortemente inclinati al rialzo dal 20% della popolazione totale. La solvibilità della stragrande maggioranza degli americani è altamente discutibile.
Mentre gli interventi da parte della FED hanno sicuramente aumentato i prezzi degli asset, l'unico risultato reale è stato un ampliamento del divario di ricchezza tra il 10% della popolazione totale che ha investito dollari nei mercati finanziari e tutti gli altri. Ciò che gli interventi monetari non sono riusciti a realizzare è un aumento della produzione per favorire livelli più alti di prosperità economica. È difficile affermare che l'economia si sia ripresa e le dinamiche sottostanti suggeriscono uno scenario più terribile. In questo contesto, la concatenazione di fenomeni economici come il boom fasullo del mercato azionario, il marciume finanziario all'interno dei fondi pensione, la costante e continua erosione del denaro fiat e l'assenza di risparmi, rappresentano una reazione a catena che porterà alla fine del sistema finanziario così come lo conosciamo.
La struttura del debito è come una fila di domino. Se un tassello si rovescia, potrebbe far cadere il sistema. Supponiamo che ci siano sistemi di sicurezza che impediranno che ciò accada. La domanda è: funzioneranno? Di solito funzionano, ma quando la maggior parte della gente si affida ad essi per proteggersi in tutte le situazioni, non fa altro che giocare col fuoco. Nessun sistema è protetto da tutte le eventualità. Fin dal 1937 nessuna delle lezioni analizzate in questo saggio è stata appresa e ognuna di esse è stata portata adesso alle estreme conseguenze.
Ricordate: se non vi occupate dell'economia, sarà l'economia ad occuparsi di voi.
CONCLUSIONE
La fame di rendimenti decenti ha spinto l'ultimo baluardo che sorregge l'attuale sistema statale e il sistema bancario centrale, i fondi pensione, a gettarsi a capofitto in asset sempre più rischiosi per riuscire a tenere fede ai loro obiettivi di rendimento annuali. La ZIRP delle banche centrali ha distorto sempre più il rischio degli asset che venivano incamerati dai fondi pensione e ha permesso a quelle entità che li emettevano di gozzovigliare con l'ingegneria finanziaria, abbandonando settori d'investimento cruciali (come quelli della R&S) per rincorrere invece i vari carry trade nei mercati finanziari. Sono diventati praticamente degli zombi, come li definisce anche la BRI, e la loro improduttività rappresenterà il catalizzatore della prossima crisi finanziaria.
L'epicentro della prossima crisi saranno le grandi imprese che hanno giocato con l'ingegneria finanziaria (es. Bayer, CVS, Cygna, AT&T, Caterpillar, IBM, ecc.). Bond e prestiti legati a queste aziende sono stati successivamente cartolarizzati dal settore bancario commerciale e sono finiti nei vari bilanci di altre entità: banche commerciali stesse, hedge fund, società d'assicurazione e soprattutto fondi pensione. Secondo le stime ufficiali quello attuale è il secondo periodo di ripresa più lungo della storia economica e gli stessi media generalisti sono molto preoccupati. Ciò che ignorano, o preferiscono ignorare, è l'ammontare di pattume finanziario nei bilanci di quelle entità che vengono definite "sicure" dalle loro stesse stime. Sono schizofrenici e spargono confusione nel pubblico, il quale è sprovvisto di una teoria solida e coerente con cui sondare l'ambiente economico.
La loro fiducia è riposta nelle promesse di un apparato marcio e truffatore. Inutile dire che sperimenteranno un brusco e amaro risveglio. In questo contesto le criptovalute fungeranno da ottima riserva di valore e hedging contro la tempesta finanziaria in arrivo. Sono la risposta del libero mercato alla centralizzazione dell'economia e alla svalutazione silenziosa del potere d'acquisto delle valute fiat. In base a quello che si profila all'orizzonte, una parziale esposizione al mondo elle criptovalute è fondamentale.
Un sistema finanziario sano e sostenibile è possibile solo col sound money, la cui produzione non può essere arbitrariamente e politicamente determinata. In questo viaggio, le criptovalute ci aiuteranno a ricordare tali principi, ristrutturando nei nostri pensieri l'importanza dei diritti di proprietà e della responsabilità individuale. Il sound money inizia dapprima nella mente degli individui e solo dopo si manifesta nelle azioni.
A $9 trillion corporate debt bomb is 'bubbling' in the US economy
RispondiEliminahttps://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-11-23/wall-street-trappola-buyback-e-super-debito-212520.shtml?uuid=AEKUfHmG
Elimina