Bibliografia

lunedì 19 novembre 2018

Keynes, il maestro della confusione

Per una confutazione chiara, completa e dettagliata della Teoria Generale di Keynes, ricordo ai lettori che è in vendita il libro "Il fallimento della nuova economia", traduzione in italiano del classico uscito negli anni '50 dalla penna di Henry Hazlitt. Il sottoscritto, quindi, non ha potuto fare a meno di accettare la proposta di scrivere la Prefazione italiana dell’opera tradotta. Questo perché il testo di Hazlitt dovrebbe essere presente sullo scaffale di ogni individuo che si definisce amante della libertà e della libertà economica. Il lavoro di Hazlitt corregge un grande errore di Hayek ai suoi tempi: confutare punto per punto la “Teoria Generale” di J. M. Keynes, l’origine di tutti i mali economici del nostro presente. E adesso grazie allo sforzo accademico encomiabile del collega Marco Marinozzi, anche in Italia si può  fruire dell’immensa saggezza e precisione dello spirito Austriaco presente nell’opera originale di Hazlitt. Il plauso a quest’ultimo va soprattutto per la volontà di sciropparsi un libro mal scritto, confusionario, contraddittorio e insensato; ciononostante il lavoro di smontaggio delle tesi keynesiane è chirurgico e inattaccabile. Come Bohm-Bawerk si prese la briga di annientare le tesi sballate e sciocche di Marx, così Hazlitt decise di sobbarcarsi l’onere di spazzare via il presunto prestigio acquisito dall’economia keynesiana. Oggi, Marco Marinozzi e io stiamo cercando di estendere questa confutazione anche al mercato italiano, in modo da rendere il keynesismo lo zimbello del mondo accademico economico così come accadde col marxismo dopo il 1989.
È possibile acquistare il testo, “Il Fallimento dell’Economia Keynesiana”, su Amazon al seguente indirizzo: https://amzn.to/2MsniMf
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di Hunter Lewis


Paul Samuelson, professore di economia al MIT dopo la seconda guerra mondiale e autore di un libro di economia best-seller, è stato uno dei più ardenti discepoli americani di Keynes. Ecco cosa disse sulla Teoria Generale di quest'ultimo:
È un libro mal scritto, mal organizzato [...]. È arrogante, irascibile, polemico e non tanto generoso nei suoi riconoscimenti. Abbonda in un mare di confusione [...].

Leggendo questo passaggio, possiamo capire l'infatuazione di Keynes per il paradosso. Samuelson, l'ardente discepolo, ci sta dicendo che il libro del maestro è buono perché è cattivo.

Tuttavia non dobbiamo ascoltare solo la campana di Samuelson riguardo la cattiva scrittura, la cattiva organizzazione e la confusione nella Teoria Generale. In seguito alla pubblicazione nel 1936, molti eminenti economisti indicarono gli stessi problemi, anche se alcuni di loro esitarono a criticare o litigare con Keynes e quindi scelsero attentamente le loro parole. Frank H. Knight, uno dei principali economisti americani, si lamentò del fatto che fosse "eccessivamente difficile dire cosa volesse dire l'autore [...]. La disputa riguardante il lavoro mi sembra abbastanza infondata."

Joseph Schumpeter sottolineò la tecnica di Keynes nell'aggirare i problemi con definizioni artificiali che, legate a supposizioni infiocchettate con gergo tecnico, producevano tautologie dall'aspetto paradossale: "L'economista britannico Hubert Henderson in privato affermò che: mi sono lasciato inibire per molti anni... dal desiderio di non litigare in pubblico con Maynard... Ma... considero i suoi libri come un capriccio di sofisticata confusione."

L'economista francese Etienne Mantoux aggiunse che l'intera faccenda sembra essere semplicemente "la razionalizzazione di una linea di politica... tanto cara a lui".

Nella stessa Teoria Generale, Keynes parlava bene di chiarezza, coerenza e logica. Era pronto a sfatare quelli che considerava gli errori degli altri, ma poi si lasciava andare ad un gergo inutile e fuorviante, ad affermazioni errate, confusione, contraddizioni, noncuranza ed illogicità generali.

Non è che Keynes fosse completamente opaco. Alla fine è possibile capire quello che sembra dire, ma val la pena mettere a fuoco i vari dispositivi retorici e gli offuscamenti messi in campo.



Dispositivo uno: oscurità

Una tipica frase della Teoria Generale:
Abbiamo piena occupazione quando la produzione sale ad un livello al quale il rendimento marginale di un'unità rappresentativa dei fattori di produzione scende al livello minimo a cui è disponibile una quantità di fattori sufficienti per produrre questo output.

Ciò significa, in sostanza, che non raggiungiamo la piena occupazione fino a quando tutti i fattori di produzione non sono pienamente impiegati. Per Keynes solo a questo punto dovremmo preoccuparci dell'inflazione.

Keynes fece un'eccezione quando altri economisti scrissero in questo modo contorto. Ad esempio, in una lettera del 1931 al direttore di The New Statesman and Nation, accusò Lionel Robbins dello stesso peccato, sebbene Robbins fosse uno scrittore molto chiaro:
Il professor Robbins vuole "maggiore elasticità dei costi salariali locali"... il che significa in un inglese comprensibile, suppongo, una riduzione dei salari medi.

Data questa pugnalata a Robbins, possiamo almeno supporre che Keynes avrebbe evitato il termine "elasticità" nella Teoria Generale? No, per niente, lo usa (e ne abusa) ripetutamente.



Dispositivo due: uso improprio del gergo tecnico

Nell'esempio qui sopra, Lionel Robbins stava usando il gergo standard degli economisti. Keynes amava inventare il proprio gergo, o peggio, usare il gergo standard in un modo non standard. Ciò gli causò un rimprovero da parte dell'economista Frank H. Knight nella sua revisione della Teoria Generale: "I termini semplici e le modalità di espressione elementari sembrano essere stati evitati per principio".

L'unica ragione legittima per usare il linguaggio tecnico è rendere più chiara una frase, se non al lettore medio, almeno al lettore professionista. Keynes usava abitualmente un linguaggio tecnico per confondere e, come vedremo tra breve, questa potrebbe essere stata una strategia voluta.



Dispositivo tre: cambiare le definizioni

Keynes ci dice nella Teoria Generale che gli economisti non hanno definito in modo chiaro il termine "efficienza marginale del capitale" (che significa grosso modo il ritorno sul capitale). Quindi in tutto il libro usa tale termine in molti modi diversi, almeno sette dal conteggio di Henry Hazlitt. Un'altra parola mutevole nella Teoria Generale è il salario, che può significare una tariffa oraria o la retribuzione totale dei dipendenti o qualcos'altro. Keynes non sembrava notare la differenza, il che lo portò a commettere gravi errori logici.

Ancora una volta, Keynes criticò lo stesso errore in altri. In una recensione di un libro all'inizio della sua carriera, contestò un autore per lo stesso errore:
ha usato la [stessa] espressione circa trenta volte con otto sensi diversi.



Dispositivo quattro: uso improprio dei termini comuni

In alcuni casi Keynes estese il significato di una parola comunemente usata senza ridefinirla esplicitamente. Ad esempio, ci dice che per ogni merce c'è un tasso d'interesse implicito: un tasso d'interesse per il grano, un tasso d'interesse per il rame, un tasso d'interesse per l'acciaio e così via. Ciò vuol dire confondere le opzioni e il prezzo dei futures sulle materie prime con i tassi d'interesse, un chiaro caso in cui si confondono mele e banane. Abbiamo già visto che Keynes usava la parola equilibrio per descrivere ciò che era effettivamente squilibrio.



Dispositivo cinque: inversione di causa ed effetto

Keynes diceva che gli imprenditori calcolano la quantità di entrate che guadagneranno da X dipendenti. Le cose non stanno così. Calcolano quanti dipendenti possono permettersi in base alle entrate X. Keynes diceva che i prezzi sono bassi se la produzione è bassa. In realtà è il contrario: la produzione è bassa se i prezzi sono bassi. A Keynes sembravano piacere queste inversioni, forse perché trasformano l'ordinario in novità. Ma in realtà non è altro che un trucco da salotto, accumulando errori su errori.



Dispositivo sei: falso determinismo

L'economista keynesiano Alvin H. Hansen, il cui libro A Guide to Keynes ha tentato di demistificare il maestro, ci dice che "il contributo più notevole di Keynes è stata la sua funzione di consumo". La cosiddetta propensione marginale al consumo (funzione di consumo) ci dice che le persone tendono a risparmiare di più man mano che il loro reddito aumenta. Detto così, è un luogo comune. Ma Keynes la chiamava "legge psicologica fondamentale", cosa che certamente non è. Non possiamo né prevedere con certezza che le persone risparmieranno sempre di più man mano che il loro reddito aumenterà, né possiamo elaborare un programma prevedibile di aumento del risparmio, come ipotizzato da Keynes.

Nel modello keynesiano, anche la propensione marginale al consumo viene considerata come una variabile indipendente. (Si suppone che determini altre variabili, non da esse determinate). Questo è chiaramente falso. Come Benjamin Anderson, economista e critico di Keynes, ha sottolineato: "Le cosiddette variabili keynesiane indipendenti (1. La propensione marginale al consumo, 2. L'efficienza marginale del capitale, 3. Il tasso d'interesse) sono tutte influenzate l'una dall'altra. Sono interdipendenti, non indipendenti. Keynes se ne dimentica ed ammette ad un certo punto che la #2 è influenzata dalla #1".



Dispositivo sette: avanti e indietro tra categorie incoerenti

Keynes usava la parola "salari" per indicare sia un salario, sia i salari totali. Era anche incline a spostarsi avanti e indietro tra beni e servizi fisici e prezzi monetari per merci e servizi, un altro caso in cui si confondono mele e banane.



Dispositivo otto: affermazioni non supportate

Nella Teoria Generale ci sono solo due riferimenti a studi statistici, uno dei quali venne addirittura respinto dallo Keynes e definito come improponibile:
Il metodo di Kuznet deve sicuramente portare ad una stima troppo bassa.

Anche quando discuteva di un argomento che si prestava particolarmente all'analisi statistica, come una relazione tra i raccolti agricoli e il ciclo economico, sceglieva semplicemente una posizione senza preoccuparsi di cercare dati rilevanti.



Dispositivo Nove: errori

Keynes definì erroneamente lo scopo dei fondi delle grandi imprese. Come poté commettere un errore così elementare? Probabilmente perché aveva ripetuto la stessa cosa molte volte e, essendo occupato, non si prendeva il tempo per controllare il suo lavoro scritto.

A volte Keynes sembrava troppo impegnato anche solo a pensare. Diceva che se un prestatore presta denaro ad un imprenditore, ciò avrebbe raddoppiato il rischio di quest'ultimo, il che avrebbe raddoppiato il rischio riflesso nel tasso d'interesse. Questo non ha senso, come osservò Henry Hazlitt. Il rischio non è raddoppiato quando un finanziatore entra in scena. Il prestatore e l'imprenditore condividono ciò che è ancora lo stesso rischio di fallimento.



Dispositivo dieci: economia macro o aggregata

Keynes è generalmente ricordato per la sua macroeconomia "inventata", la quale guarda ai flussi dell'economia generale piuttosto che alla microeconomia di specifiche imprese o industrie. Questo non è del tutto accurato. Altri economisti adottarono una prospettiva simile, sebbene spesso si trovassero ad estrapolare dalla singola impresa all'economia nel suo insieme, cosa che Keynes criticò tra l'altro. Ironia della sorte, Keynes attaccò la Legge di Say che è, a sua volta, un esempio di macroeconomia. È certamente giusto dire che Keynes sviluppò il proprio tipo di macroeconomia, che i suoi seguaci hanno sviluppato nella macroeconomia di oggi. È anche vero che un punto di vista macroeconomico rende più facile creare fraintendimenti e allusioni, e Keynes sfruttò pienamente questa apertura.



Dispositivo undici: uso improprio della matematica

Keynes faceva riferimento alle vendite in una delle sue equazioni, ma si trattava delle vendite previste, non di quelle effettive. Le aspettative per definizione non sono verificabili e quindi non appartengono ad un'equazione.

Come ha sottolineato Henry Hazlitt,
Un'affermazione matematica, per essere scientificamente utile, deve, come una dichiarazione verbale, essere almeno verificabile, anche quando non è verificata. Se dico, ad esempio (e non sto solo scherzando), che l'amore di John per Alice varia in una relazione esatta e determinabile con l'amore di Mary per John, dovrei essere in grado di dimostrare che sia così. Non provo la mia affermazione, né la rendo più plausibile o "scientifica" se scrivo, solennemente:
  • sia X uguale all'amore di Maria per John,
  • e Y uguale all'amore di John per Alice,
  • allora Y = f (X)

— e avanti trionfalmente. Eppure questo è il tipo di asserzione che viene costantemente fatta dagli economisti matematici, e in special modo da Keynes.

Data la confusione nella Teoria Generale, non dovrebbe sorprenderci se Keynes interrompa il suo uso improprio della matematica per dirci che (apparentemente) è d'accordo con Hazlitt:
Dire che la regina Vittoria fosse una regina migliore, ma non una donna più felice, della regina Elisabetta, [è] una proposizione né priva di significato né priva di interesse, ma inadatta per il calcolo differenziale. La nostra precisione sarà una finta precisione se cercheremo di utilizzare concetti tanto vaghi e non quantitativi come base per un'analisi quantitativa.

Egli avverte anche di
metodi simbolici pseudo-matematici di analisi economica.

Dopo un po' della sua algebra, aggiunge che:
Non attribuisco molto valore a manipolazioni di questo tipo.

È abbastanza tipico di Keynes attaccare, disarmare, urlare, bisbigliare e qualificare le sue affermazioni con la matematica; oppure ignorare, anche in modo clamoroso, le stesse qualifiche. Occasionalmente Keynes era persino capace di bluffare. Scrivendo una lettera privata a Montagu Norman, governatore della Banca d'Inghilterra, disse che le sue teorie (le stesse teorie che sarebbero poi apparse nella Teoria Generale) erano una
certezza matematica, [per niente] da mettere in discussione.

Keynes certamente lo sapeva meglio. Alcuni dei suoi discepoli, no. L'economista Wilhelm Röpke annotò nel 1952 che
I rivoluzionari [keynesiani] [tendono a scagliarsi] con veemenza e disprezzo contro i loro avversari, come agiscono gli "illuminati" nei confronti di coloro che ritengono ignoranti. Sembrano considerarsi superiori in quanto possono ricorrere con evidente orgoglio alla difficoltà della loro letteratura e all'uso della matematica, cosa che sembrano elevare la "nuova economia" quasi all'altezza della fisica.

Potremmo andare avanti, quasi indefinitamente, citando le oscurità di Keynes, gli offuscamenti, le incoerenze, le fallacie logiche, e così via, ma è ora di porci l'ovvia domanda: perché ha scritto la Teoria Generale in questo modo? Keynes poteva essere ordinato, organizzato, coerente, pertinente, chiaro, completo e fattuale, oltre ad essere giocoso e arguto, quando voleva esserlo. Questo è evidente dai libri precedenti e da molti dei lavori più brevi. Ci sono alcuni frammenti della Teoria Generale che riflettono anche queste caratteristiche. Allora perché la maggior parte dei suoi lavori è così diversa?

Ci sono molte possibili risposte. Lo storico Paul Johnson disse, senza riferirsi a Keynes, che "in materia finanziaria, la complessità è troppo spesso usata per nascondere la verità, per ingannare." L'economista francese Étienne Mantoux, rivedendo la Teoria Generale poco dopo la pubblicazione, citò un precedente economista inglese, Samuel Bailey, del 1825: "La reputazione di un autore per la profondità delle sue idee spesso si guadagna con una piccola mescolanza di incomprensibilità".

Questo potrebbe essere parte della spiegazione: Keynes intendeva ingannare o impressionare. Ma dobbiamo ricordare che Keynes era un venditore. Stava cercando di vendere un particolare tipo di politica economica, ed era pronto ad utilizzare qualsiasi dispositivo retorico, dalla chiarezza cristallina all'incomprensibilità, al fine di portare a termine la vendita.

Perché l'incomprensibilità dovrebbe aiutare? Non solo perché può essere usata per impressionare, ma anche per intimidire. A Keynes piaceva far sentire le persone, come diceva il suo amico Bob Brand, come "il ragazzo più basso della classe".

Keynes probabilmente sviluppò la confusione come uno dei suoi modi di esporre. Strapazzava e creava confusione nella "scacchiera" mentale, perché si sentiva sicuro di poter sempre tenere a mente la posizione dei "pezzi degli scacchi" e muoverli come riteneva opportuno, mentre i suoi avversari non potevano. Questa è davvero una capacità impressionante, specialmente quando si parla estemporaneamente. Non c'è da stupirsi se Sir Josiah Stamp, un economista molto rispettato che spesso collaborò con Keynes nelle trasmissioni della BBC, disse in onda che: "Non potrò mai rispondere a quando tu stai teorizzando".

Se questo fosse un atteggiamento deliberato da parte di Keynes, o solo un'abitudine, non possiamo saperlo. Ma per lui era una fatto del tutto naturale ricadere in uno stile scomposto e intimidatorio quando scrisse la Teoria Generale. Il problema è che tale "strategia" non funziona altrettanto bene nelle conversazioni o nei dibattiti. Quando è limitato alla stampa, può essere esaminato e possono essere rivelati tutte le miriadi di difetti, errori di fatto o di ragionamento, i trucchi retorici e la pseudo originalità.

Alcuni eminenti economisti, tra cui Ludwig von Mises, Friedrich Hayek, Wilhelm Röpke, Jacques Rueff e Henry Hazlitt, tra gli altri, lo capirono. Altri percepivano che qualcosa non andava, ma esitavano a dirlo per paura della posizione di Keynes e della sua rappresaglia. Purtroppo nessun grande economista ha pubblicato una confutazione immediata del libro, in modo che l'influenza della Teoria Generale non si diffondesse (nonostante i suoi difetti fin troppo evidenti).

Oggi molte persone — economisti, finanziari, investitori, imprenditori e manager — affermano che Keynes è il loro eroe intellettuale. Hanno letto la Teoria Generale? O hanno letto solo i pochi passaggi chiari e spiritosi ampiamente citati?


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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