venerdì 5 ottobre 2018

Non è stagflazione, ma impoverimento inflazionistico





di Alasdair Macleod


Mio zio, Iain Macleod, inventò il termine stagflazione poco prima che fosse nominato cancelliere ombra nel 1965. Non è più un termine che viene usato nel suo contesto originale. Da Hansard (il resoconto ufficiale dei dibattiti parlamentari), 17 novembre di quell'anno:
Ora abbiamo il peggio di entrambi i mondi: non solo l'inflazione da una parte o la stagnazione dall'altra, ma entrambe le cose insieme. Abbiamo una sorta di situazione di "stagflazione" e la storia in termini moderni sta venendo alla ribalta.

L'inflazione a cui Iain si riferiva era quella nei salari, con un aumento medio del 6.2% e un aumento della stagnazione nella produzione, scesa da un indice di 134 a 131. Fu questa divergenza a dargli l'opportunità di inventare questo termine. Ora è diventato d'uso comune per descrivere un'economia che non risponde allo stimolo dell'inflazione monetaria.

Il suo uso in questo contesto è quindi diverso da quello originale. L'idea che la stagflazione esista come un fenomeno economico è vera solo per i neo-keynesiani, i quali considerano l'inflazione economicamente stimolante e si sorprendono se fallisce nello stimolare l'attività economica. In questo senso, è spesso applicato alle condizioni odierne, in cui sembra che un massiccio stimolo monetario, almeno finora, non abbia portato alla crescita economica che ci si aspettava.

La spiegazione per cui lo stimolo monetario non ha funzionato come previsto non è difficile da capire, ma per i neo-keynesiani è sgradevole. Questo articolo prende spunto dall'errata applicazione del termine stagflazione per spiegare perché lo stimolo keynesiano dell'economia è destinato a fallire, ed i sintomi comunemente definiti oggi come stagflazionari sono semplicemente un riflesso dei costi della politica monetaria imposti sulla gente comune.

Bisogna riscoprire la Legge di Say, non come Keynes l'ha descritta in modo fuorviante: l'offerta crea la propria domanda. Bisogna comprendere il perché l'inflazione distrugge la ricchezza. E bisogna comprendere che il PIL non è altro che un'identità contabile ingannevole che copre solo una piccola parte dell'economia. Spiegherò la rilevanza di questi argomenti e perché la stagflazione è una descrizione inappropriata di una sorta di condizione intermedia tra inflazione e deflazione.



La Legge di Say

Secondo la Legge di Say lavoriamo per consumare, lo scopo alla base della divisione del lavoro. Questo è vero, ed è un mistero il perché chiunque possa pensarla diversamente. Keynes gli diede una definizione sbagliata, misteriosa e quindi difficile da criticare in modo completo. Tuttavia se torniamo al punto che Jean-Baptiste Say propose oltre due secoli fa, non c'è dubbio che avesse ragione. Anche i disoccupati, i pensionati ed i bambini sono inclusi nella Legge di Say, perché se non lavorano, qualcun altro deve pagare il conto per loro.

La Legge di Say era un ostacolo insormontabile per i pianificatori statali. Keynes doveva liberarsene per far sì che lo stato avesse un ruolo centrale nelle nostre faccende quotidiane. Keynes negò la validità dell'equazione e giocò sul desiderio di credere che i soldi elargiti dallo stato fossero soldi veri. La Legge di Say ci dice che è impossibile, ma stabilendo l'indipendenza del denaro dalla produzione, Keynes fece un ulteriore passo avanti e separò completamente la produzione dal consumo. Così forte è il desiderio collettivo di credere possibile l'esistenza della formula "qualcosa in cambio di niente", che la si sottoscrive senza batter ciglio.

Ma c'è un costo, che forse è difficile da comprendere per il cittadino comune. Se lo stato tassa i ricchi o dissolve il loro denaro per ridistribuire la ricchezza, quest'ultima viene semplicemente dissipata al punto in cui scompare. Finisce per pagare gli stipendi del burocrate di turno e viene spesa per il welfare. Quando è investita in servizi pubblici, viene quindi sprecata. Ma soprattutto, è lo stato che impoverisce la sua cittadinanza attraverso le tasse e la corruzione monetaria, ed arricchire lo stato è l'obiettivo non scritto della politica monetaria.

La giustificazione della distruzione della ricchezza da parte dello stato dipende fortemente dalla percezione che il risparmio non ha alcun ruolo costruttivo nel creare la domanda, quindi può e deve essere sacrificato. Ma Keynes andò oltre, sostenendo che un risparmio crescente riducesse la domanda aggregata che a sua volta avrebbe ridotto il risparmio totale. Per Keynes il pericolo era al massimo quando l'economia cadeva in recessione, quando l'aumento dei risparmi accelerava il declino della domanda aggregata e quindi determinava un calo dei risparmi stessi.



Keynes ed il paradosso della parsimonia

Questa assurdità deriva da una mancanza di apprezzamento del ruolo del risparmio, che può essere descritto più accuratamente come consumo differito. Il denaro risparmiato non scompare, come suggeriva Keynes. Viene reindirizzato attraverso il sistema finanziario verso investimenti nei mezzi di produzione, resi redditizi dalla riduzione dei tassi d'interesse che deriva da una diminuzione dei consumi immediati. È l'accumulo di investimenti nella produzione che costituisce la spina dorsale della ricchezza di un Paese e permette un aumento dello standard di vita che tutti miriamo a raggiungere. Ma no, Keynes ci disse che i soldi non spesi per il consumo immediato erano una risorsa sprecata.

La soluzione di Keynes era di scoraggiare i risparmi allo scopo di finanziare gli investimenti con un aumento della quantità di denaro, incluso il credito bancario. Ciò su cui tacque è che il denaro creato ex-novo diluisce il potere d'acquisto del denaro esistente. E a causa del lag di tempo tra l'aumento della quantità di denaro e l'effetto sul potere d'acquisto, la sua teoria sembrò plausibile. Lo stimolo keynesiano non è quindi altro che un trucco da salotto, che si basa sulla svalutazione del denaro. Non si può pretendere un miglioramento economico quando tutti lo pagano con la svalutazione della moneta. Lo stimolo keynesiano è solo di breve termine e si basa su un gioco di prestigio monetario, e si inverte quando i prezzi riflettono la diluizione del potere d'acquisto a causa dell'espansione monetaria.



La distruzione della ricchezza è il risultato

È chiaro che lo stimolo keynesiano vada a diluire il potere d'acquisto del denaro esistente. Da ciò segue un trasferimento di ricchezza da coloro che già possiedono denaro. I beneficiari sono le banche che creano i nuovi soldi e i loro clienti preferiti che per primi lo ricevono sotto forma di prestiti, compreso lo stato. Questi mutuatari arrivano a spenderli prima che i prezzi siano spinti al rialzo dai nuovi soldi che entrano in circolazione. È importante capire che l'inflazione monetaria, invece di avvantaggiare la popolazione più ampia, la lascia in condizioni peggiori. Il processo attraverso il quale avviene questo trasferimento di ricchezza è stato riconosciuto da Richard Cantillon, un banchiere vissuto trecento anni fa. Aveva notato che l'afflusso di oro e argento dal Nuovo Mondo in Spagna aveva svalutato il loro potere d'acquisto, rendendo le merci più costose nei porti in cui l'oro e l'argento erano stati utilizzati per primi, e nelle città in cui venivano trasportati. Questa nuova moneta era distribuita gradualmente man mano che veniva spesa, facendo salire i prezzi. Questo divenne noto come Effetto Cantillon. Coloro che ricevevano questo nuovo denaro più tardi nel tempo, vedevano che i prezzi erano già aumentati a riflesso di suddetta diluizione. I loro risparmi compravano meno beni rispetto a prima, ma per quanto riguardava i loro guadagni, l'effetto era disomogeneo. In un'economia agricola, il valore dei prodotti richiesti da coloro che ricevono per primi il nuovo denaro aumenterebbe di più rispetto ai prodotti più in generale, mentre i prezzi degli alimenti più basilari mangiati dai contadini potrebbero rimanere inalterati, almeno per un certo periodo di tempo.

Un'economia industriale e basata sui servizi è molto diverso. L'effetto del trasferimento di ricchezza svantaggia coloro con salari fissi, i cui stipendi acquistano meno a causa di prezzi più alti. Danneggia coloro che non hanno il potere di chiedere salari più alti rispetto a chi può farlo. Nel Regno Unito degli anni '60 c'erano sindacati potenti che erano in grado di tenere il governo sotto scacco, chiedendo salari più alti. Questa era l'inflazione nella stagflazione di Iain Macleod. Questi aumenti salariali venivano concessi nonostante il calo della produzione collettiva, ovvero, la stagnazione nell'indice della produzione.

Chiudendo un occhio sul collegamento tra espansione monetaria e il suo effetto sui prezzi, Keynes ipotizzò che gli stati potessero contenere le ricadute negative della politica monetaria. L'espansione monetaria divenne quindi la panacea economica di tutti i mali. Questo era possibile solo perché Keynes aveva respinto la Legge di Say e quindi i legami tra produzione e consumo erano stati rimossi. Per il Regno Unito di cinquant'anni fa, si trattò di un errore enorme che portò ad una sottoperformance economica, ad una declino della valuta, ad uno sconvolgimento industriale e civile, e ad un salvataggio da parte del FMI nel 1976.



Prodotto interno lordo

La terza parte del nostro triste racconto è rappresentata dalle carenze del principale indicatore dello stato in cui versa l'economia. Il PIL incarna solo quella parte dell'economia in cui è specificatamente inclusa la componente monetaria. La misura più comune del PIL è il consumo, il totale dei beni e servizi venduti ai consumatori come prodotti finali. È ovvio che i risparmi, che non vengono spesi per i prodotti finali, sono inutili quando si conteggia il totale del PIL, ed è quindi nell'interesse politico di qualsiasi governo (che misura il proprio successo aumentando il PIL) scoraggiare i risparmi. Come notato sopra, Keynes fornì la giustificazione per scoraggiare i risparmi con la sua tesi sul paradosso del risparmio.

Il PIL dovrebbe essere preso in considerazione più per ciò che esclude piuttosto che per ciò che include, e come identità contabile va bene solo fino ad un certo punto. Il PIL potrebbe essere descritto come i dati di vendita di un'azienda. Ma se stavate considerando di acquistare azioni di una società, lo fareste solo sulla base di informazioni storiche sulle vendite? Se fosse così, perdereste denaro, perché conta il successo della produzione futura. Tuttavia gli econometrici ed i keynesiani non fanno alcuna distinzione tra la storia di un'economia ed il suo futuro. Presumono che domani acquisteremo ciò che abbiamo comprato in passato. Non c'è spazio in questo approccio per il progresso o il cambiamento.

Per questo motivo, il PIL è una statistica sterile e retrograda. Inoltre la produzione di tutti i prodotti e servizi richiede tempo tra l'assemblaggio delle materie prime e il prodotto finale. Nulla di tutto ciò è registrato nel PIL, il quale registra solo i prodotti finali. In un'economia basata sulle merci, queste attività business-to-business (B2B) rappresenterebbero in genere una cifra complessiva maggiore nel PIL, mentre in un'economia basata sui servizi, queste attività B2B non sono così pesanti a causa dei tempi di consegna più brevi. Nell'odierna economia orientata ai servizi, la produzione lorda, che è essenzialmente B2B, ammonta ancora a circa il 100% dell'attività aggiuntiva al PIL.[1]

L'importanza del B2B, che solo negli ultimi anni ha cominciato ad essere compresa negli Stati Uniti (e sfortunatamente non ancora altrove), rappresenta all'incirca la metà di tutte le attività economiche non finanziarie in tale economia ed è alimentata dagli investimenti. In altre parole, il B2B si aggiunge ai valori del consumo finale rappresentati dal PIL. L'unica fonte stabile d'investimento che alimenta il B2B è il risparmio, perché il credito bancario fluttua con il ciclo del credito. Eppure Keynes scacciò il risparmio dai suoi schemi economici, desiderando persino "l'eutanasia del redditiero".[2]

C'è anche il settore finanziario, dove finisce inizialmente il denaro creato ex-novo, destinato a gonfiare il PIL. La progressione dell'inflazione monetaria nei prezzi e nelle retribuzioni è ritardata all'inizio del ciclo del credito. Le banche centrali sopprimono i tassi d'interesse per incoraggiare l'espansione del credito bancario e stimolare sia i consumatori che il settore industriale. La politica monetaria attiva di fatto un'espansione del credito a vantaggio delle banche commerciali e dei loro clienti favoriti, che nelle prime fasi del ciclo del credito non sono i produttori di beni e servizi, ma altre istituzioni finanziarie.

Mentre la fiducia rimane bassa a Main Street, Wall Street pullula di coloro che traggono beneficio dai tassi d'interesse artificialmente più bassi. I governi, che emettono obbligazioni ritenute prive di rischio, approfittano dell'opportunità di indebitarsi a tassi inferiori rispetto a quelli che i mercati liberi avrebbero altrimenti richiesto, mentre i proprietari di titoli di stato godono di un significativo aumento della loro ricchezza. A poco a poco si diffonde l'effetto ricchezza dell'inflazione degli asset, senza alcun impatto notevole sul PIL (almeno in un primo momento). È solo più tardi, dopo che i prezzi delle obbligazioni hanno raggiunto il picco, che il denaro comincia a fluire in quantità crescenti nelle imprese medie e piccole, le quali sono responsabili della maggior parte della produzione economica nel settore privato.

Pertanto, come misura dell'attività economica, il PIL è inutile e fuorviante. Manca completamente di carpire l'attività B2B e quella finanziaria, ed è una statistica che guarda in retrospettiva. Nasconde i trasferimenti di ricchezza derivanti dalle distorsioni economiche, nonché la distruzione generale della ricchezza a causa dell'inflazione monetaria. Non è qualitativo, essendo puramente una misura quantitativa del denaro, il quale finisce per essere speso dai consumatori, ed ignora le perdite nel potere d'acquisto del denaro.

I tentativi di adeguare il PIL all'inflazione equivalgono ad un doppio conteggio, perché se l'aggiustamento fosse perfetto, non ci sarebbe alcun aumento del PIL. Lo sappiamo perché se prendiamo un'economia chiusa in cui tutto è stato registrato e la quantità di denaro fosse fissa, non potrebbe esserci alcun cambiamento nel PIL. Il fatto che vi sia una differenza tra il PIL nominale e il PIL aggiustato all'inflazione equivale al tempo necessario dell'entrata in circolazione dei nuovi capitali. In sintesi, questo metodo statistico ha l'integrità di un setaccio.

Qualsiasi studente delle inflazioni monetarie sa che impoveriscono la gente comune. Il meccanismo è riassunto sopra. Ignorare ciò significa che i tedeschi nel 1920-23 siano stati arricchiti dall'inflazione monetaria, e che oggi i venezuelani siano altrettanto benedetti. Resta il fatto che l'inflazione impoverisce. Se stimola l'attività economica, è solo un effetto temporaneo. Gli economisti classici ed Austriaci pre-Keynes, che accettarono e capirono la Legge di Say e le sue implicazioni, capivano che l'inflazione impoveriva le persone. Sembra che gli economisti moderni siano ciechi invece.

Questo ci riporta all'uso del termine stagflazione. Quando viene utilizzato per descrivere un'economia che rifiuta di rispondere allo stimolo artificiale a seguito di un aumento della quantità di denaro e credito, la stagflazione ha senso solo per i neo-keynesiani che non riescono a comprendere le vere conseguenze degli interventi dello stato e del suo deficit. Non è così che il termine fu usato per la prima volta. Sarebbe meglio se avessero difficoltà a comprendere gli effetti dell'inflazione monetaria, a valutare gli effetti sotto i loro occhi, invece di inserire un termine senza senso in questo contesto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] È grazie agli sforzi di Mark Skousen, Preside della Chapman University, che il Bureau of Economic Affairs ha iniziato a calcolare il prodotto lordo. Ciononostante la maggior parte degli analisti finanziari sembra inconsapevole del suo significato, o perfino della sua esistenza.

[2] Si vedano i capitoli conclusivi della Teoria Generale di Keynes.

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