Bibliografia

martedì 30 ottobre 2018

Il peso non sopravvivrà ad una politica monetaria distruttiva

Il mondo finanziario che stiamo osservando è un cadavere rattrappito di quello che un tempo era considerato un colosso indistruttibile da parte della maggior parte delle persone. Eppure adesso vediamo come questo gigante dai piedi d'argilla sia sensibile al minimo sgambetto che potrebbe farlo crollare inesorabilmente. Non è un caso quindi che le criptovalute siano trattate ad un premio in Argentina, dove la politica monetaria è stata usata per creare disastri e sonni della ragione (in patria e all'estero). L'era della presunta sovranità monetaria è finita, morta. In realtà, non è mai esistito niente del genere sin dal 1913-1914: sospensione del gold standard internazionale. Ciò che abbiamo avuto è stato invece un gruppo presumibilmente più intelligente di persone che hanno gestito il monopolio sul denaro ed avvantaggiare determinati settori dell'economia a scapito di altri. L'enorme crescita del mondo nell'era della rivoluzione industriale aveva creato un bacino enorme di risparmi reali e l'eterno desiderio insito nella maggior parte degli animi umani, ovvero vivere al massimo col minimo sforzo, ha inevitabilmente catalizzato le attenzioni di alcuni su questo gigantesco tesoro. È bastato semplicemente lanciare alcune giustificazioni plausibili ed il gioco era fatto: i fessi che hanno creduto al sovranismo monetario attraverso le valute fiat, si sono lasciati derubare e hanno avallato anche il furto dei loro colleghi. La democrazia è la dittatura della minoranza, almeno finché i portafogli sono gonfi e come osserviamo dall'Argentina sono ormai stati sgonfiati da anni e anni di politiche monetarie distruttive. Sebbene Buenos Aires sia stato il paziente zero dell'esperimento monetario sotto steroidi delle valute fiat, rappresenterà anche uno degli epicentri del cambiamento di paradigma in arrivo. I nodi sono arrivati al pettine e il mercato sta iniziando la sua inevitabile opera di pulizia degli errori passati. Chiunque creda che lo sfascio a cui stiamo assistendo sia da attribuire ai "mercati", può sempre lasciare i propri fondi in un conto di deposito bancario o investire negli strumenti canonici d'investimento. "Sicuramente" saranno al sicuro.
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di Daniel Lacalle


Il governo di Mauricio Macri ha vissuto un periodo di apparente tranquillità, ma le dimissioni di Luis Caputo come presidente della banca centrale e un nuovo accordo col FMI hanno innescato la fine della calma.


Il governo argentino doveva capire che questi periodi di calma sono ciò di cui ha bisogno per attuare riforme strutturali, non pensare che "tutto è tornato come prima" e continuare a prescindere dai problemi. La nomina di Guido Sandleris non è stato il cambiamento che gli argentini ed i mercati si aspettavano. Il suo profilo è percepito come "più della stessa cosa", più un difensore delle passate politiche monetarie che hanno portato il Paese alla stagflazione, un sostenitore dei controlli sui prezzi che hanno eroso la fiducia dei consumatori e degli investitori.


I segnali di allarme rimangono: le riserve in valuta estera dell'Argentina sono inferiori al livello a cui erano dopo l'accordo con il Fondo Monetario Internazionale.

Nessun accordo funzionerà se le riforme strutturali saranno limitate ad alcuni aggiustamenti minori ed insufficienti.

Le riforme che sono state finora annunciate dovrebbero essere rafforzate, o l'effetto "placebo" dell'operazione del FMI finirà col remare contro il governo.


Un fattore importante nel comprendere l'apparente periodo di calma osservato di recente è stato il disarmo effettivo dei Lebac. Era importante porre fine a queste fonti di instabilità monetaria nei giorni in cui il tasso di cambio del peso rispetto al dollaro USA era relativamente tranquillo.

Tuttavia il disarmo dei Lebac non può essere risolto con misure graduali. Sostituendo l'aumento dell'offerta di moneta in peso di oltre $231,000 milioni con più debito in altri strumenti e riducendo le riserve di dollari USA, si può generare un grave effetto di canalizzazione. Aumentare il tasso Leliq al 65% significa calciare il barattolo. Ciò non risolve il problema monetario argentino.

Se il disarmo dei Lebac viene risolto vendendo dollari ed estendendo il debito a tassi molto alti e aumentandone la durata, mentre il fabbisogno finanziario netto dello stato aumenta, significa solo calciare il barattolo: non funzionerà perché dipende da fattori esterni. Con il decennale statunitense sopra il 3.05% e l'economia argentina in contrazione, il prolungamento della durata equivale a somministrare un'aspirina ad un paziente ferito gravemente.

La preoccupazione degli analisti internazionali per la nuova nomina alla banca centrale è una, ovvero, che il governo possa fermare le timide riforme strutturali e mantenere una politica monetaria che è stata un fallimento totale. La riduzione promessa della spesa pubblica è semplicemente insufficiente, in un Paese la cui spesa pubblica è molto elevata. Pertanto è rischioso mascherare il buco dei finanziamenti, perché potrebbe rappresentare un grosso problema entro pochi mesi.


In realtà un'espansione monetaria così aggressiva genererà sempre un effetto negativo a medio termine sempre peggiore.

Ovviamente la banca centrale non imposta la politica fiscale, ma la sua perenne espansione monetaria è stata il principale motore del problema della stagflazione del Paese.

Il governo non può negare che l'annuncio di misure di emergenza siano solo una piccola parte di un problema molto più serio che è stato generato con la brutale espansione monetaria degli anni di Cristina Fernández de Kirchner.


Questa enorme espansione della base monetaria e una gigantesca spesa pubblica che è raddoppiata in pochi anni, sono le ragioni per cui l'Argentina andrà dalla stagflazione alla crisi.


Il governo deve pensare con urgenza ad una vera dollarizzazione. La convertibilità non era la dollarizzazione, era un travestimento per crescenti squilibri con un ancoraggio artificiale composto da un tasso di cambio irrealistico. La convertibilità ha solo ritardato la svalutazione, nascondendo il buco monetario con un rapporto di cambio artificiale ed irreale.

La dollarizzazione non è un comitato monetario o una promessa di impostare un cambio dollaro/peso deciso dal potere politico. La dollarizzazione significa abbandonare una politica monetaria che ha distrutto la credibilità del peso tra gli stessi cittadini argentini.

I miei buoni amici in Argentina sono i migliori trader di valuta estera del mondo perché, sin da bambini, imparano a preservare i loro risparmi e il potere d'acquisto dei loro stipendi vendendo peso. Questa distruzione della credibilità del peso non è colpa di Macri o Dujovne, ma è innegabile.

L'Argentina non ha bisogno di flessibilità nella politica monetaria, perché la storia mostra che il governo e la banca centrale la usano solo per espropriare ricchezza e potere d'acquisto attraverso l'inflazione e la svalutazione. L'Argentina non deve preoccuparsi della "minore offerta di peso quando aumenta la fiducia". È un problema che non è mai esistito in sette decenni.

L'Argentina non deve preoccuparsi dell'impulso che può avere la propria moneta. Non è mai esistito.

L'Argentina non deve preoccuparsi di aumentare debito e deficit se si dollarizza: ha già questo problema.

I difensori del peso negano la realtà, poiché la loro valuta non ha validità come riserva di valore e mezzo di scambio per la maggior parte degli agenti economici nazionali e ancor meno per gli stranieri. Il peso è una valuta fallita che maschera un livello insostenibile di spesa.

La dollarizzazione ha salvato l'Ecuador e il Salvador da un'iperinflazione in stile venezuelano, e l'euro ha salvato la Spagna da quelle atroci "svalutazioni competitive" che non hanno mai migliorato la competitività, né la disoccupazione strutturale, né il modello produttivo. La dollarizzazione potrebbe avere un impatto limitato sul debito a breve termine, ma eviterebbe l'evidenza di inadempienze e stagflazione.

Ovviamente la dollarizzazione evidenzia la necessità di attuare riforme che alcuni governi preferiscono evitare. Dopotutto, per un governo, è più facile attribuire la colpa dell'inflazione a qualsiasi nemico esterno inventato piuttosto che ammettere che è una diretta conseguenza della sua folle politica monetaria.

Se Macri non riconosce le prove che ogni cittadino argentino in cuor suo percepisce, la fiducia nel peso scomparirà del tutto a causa di abusi politici. Il peso non è stato attaccato, sono stati i vari governi argentini che lo hanno ucciso distruggendo il suo potere d'acquisto per anni.

Una nazione ricca e istruita come l'Argentina non può continuare ad impoverirsi attraverso una politica monetaria distruttiva ed un settore politico parassitario.

L'enorme spesa pubblica, l'alta inflazione e la stampa folle di peso sono la stessa cosa: politiche che hanno espropriato la ricchezza e il risparmio dei cittadini argentini. Devono essere fermate. L'unica soluzione è la dollarizzazione.

(Nota a margine del traduttore: se fossi nell'autore parlerei in questo preciso momento storico di tokenizzazione, perché sebbene alcune delle banche centrali del primo siano state conservatrici e assennate per un certo periodo di tempo, sin dal 2008 abbiamo visto che sono pronte ad abbandonare queste caratteristiche pur di salvare i protetti dal loro mandato ufficioso, ovvero, stati e grandi banche commerciali. Questo significa che anche le grandi valute fiat, come dollaro ed euro, faranno la stessa fine del peso o del bolivar ed è per questo motivo che i pianificatori monetari centrali stanno cercando di mettere una pezza a questa eventualità e alla loro sconsideratezza passata. Ironia della sorte, vedremo di nuovo confermato l'assioma di von Mises: la pianificazione centrale alla fine semina sempre i semi della sua stessa disfatta.)


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.com/


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