Bibliografia

martedì 9 ottobre 2018

Il pericolo del debito pubblico estero

Il seguente articolo è solo un promemoria per rinfrescare la mente a tutti quei cialtroni che fanno paragoni impropri tra l'Italia e il Giappone per quanto riguarda il debito pubblico, considerando quest'ultimo la panacea di tutti i mali economici. Non esistono debiti pubblici migliori di altri, il debito pubblico è essenzialmente improduttivo ed è progettato per derubare risorse da coloro che creano ricchezza reale. Il Giappone riesce a sostenere meglio la sua baracca pubblica? Questo non significa che anch'esso non finirà vittima delle legge economiche che sebbene possano essere aggirate temporaneamente, non possono essere violate. Ho dedicato anni a spiegare come e perché, quindi chiunque voglia intavolare discussioni in merito deve prima studiare e poi parlare. Non esistono pasti gratis. Esplorate il lungo e in largo il tag "Giappone" su questo sito per trovare le risposte: https://francescosimoncelli.blogspot.com/search/label/Giappone
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di Philipp Bagus


Gli economisti ed i giornalisti si lamentano spesso del pericolo dei debiti pubblici esteri — rispetto ai debiti interni, considerati meno fastidiosi. Il Giappone è un esempio calzante; ha un enorme debito pubblico in rapporto al PIL (oltre il 200%). Si sostiene che l’elevato rapporto non è un problema, perché i giapponesi risparmiano un sacco ed i titoli di stato sono detenuti per lo più da cittadini giapponesi; debito interno quindi.

Al contrario, l'Italia, con un rapporto molto più basso di debito pubblico rispetto al PIL (a circa il 130%), è considerata più instabile da molti investitori. Tra i motivi addotti alla fragilità italiana c’è quello per cui una parte sostanziale dei suoi titoli di stato risulta posseduta da stranieri.[1]

A prima vista, uno potrebbe dubitare di questa linea di ragionamento. In realtà, se prendessimo un individuo che vive in Italia, probabilmente non gli importerebbe se ricevesse un prestito da un francese o da un amico tedesco. Perché il governo italiano dovrebbe essere diverso? Perché preoccuparsi se i prestiti provengono da francesi o da tedeschi?

I governi sono, in ultima analisi, basati sulla violenza fisica o sulla minaccia di violenza fisica. Lo stato è il monopolista della violenza in un dato territorio. E la violenza è quella che fa la differenza. I debiti detenuti internamente generano entrate per i cittadini, che possono essere tassate con la minaccia della violenza. Ciò implica che una parte degli interessi pagati sul debito interno rifluisce al governo attraverso le tasse. Gli interessi pagati sul debito estero, invece, sono tassati dai Paesi esteri.

Vi è un altro, ancora più convincente, motivo per cui il monopolio della violenza è importante: non posso forzare né il mio amico francese né quello tedesco a rinnovare il suo prestito nei miei confronti quando arriva a scadenza. Mentre il governo non può obbligare gli individui al di fuori del suo territorio a rinnovare i prestiti, può farlo con i cittadini e le istituzioni nell’ambito della propria giurisdizione. In una forma più subdola, i governi possono fare pressioni sui loro finanziatori tradizionali, le banche, affinché rinnovino il debito pubblico.

Le banche ed i governi vivono in un rapporto simile ad una simbiosi. I governi hanno concesso alle banche il privilegio di operare a riserva frazionaria e hanno dato loro garanzie di salvataggio implicite ed esplicite. Un ulteriore supporto è fornito attraverso la banca centrale, che può aiutarle in quei momenti in cui si presentano problemi di liquidità. Inoltre i governi controllano il sistema bancario attraverso una miriade di regolamenti: in cambio del privilegio di creare denaro dal nulla, le banche utilizzano questo potere per finanziare i governi, acquistando i loro bond.

A causa di questo rapporto intenso e del monopolio della violenza, il governo giapponese può spingere le sue banche a rinnovare il debito; può anche spingerle ad astenersi da una vendita repentina ed incoraggiarle a prendere ancora più debito sui loro libri contabili. Eppure il governo giapponese non può obbligare gli stranieri ad astenersi dal vendere il loro debito o accumularne di più. Qui sta il pericolo per i governi con debiti pubblici esteri come quello italiano.

Mentre le banche italiane ed i fondi d'investimento non riverseranno sul mercato titoli di stato italiani, gli istituti stranieri possono benissimo farlo.[2] Il governo italiano non può “convincere” o costringerli a non farlo in quanto si trovano in altre giurisdizioni. L’unica cosa che il governo italiano può fare — ed i governi periferici lo stanno effettivamente facendo — è quella di spingere i politici nei Paesi membri a fare pressione sulle proprie banche affinché mantengano i bond nei loro libri e li rinnovino.

I debiti pubblici esteri rappresentano anche un pericolo per il governo degli Stati Uniti. Le banche centrali estere, come la Banca della Cina o la Banca del Giappone, detengono somme importanti di titoli di stato degli Stati Uniti. La minaccia, credibile o meno, di riversare queste obbligazioni sul mercato, può dare ai loro governi, in particolare quello cinese, una qualche influenza politica.



E il deficit della bilancia commerciale?

Per quanto riguarda la stabilità di una valuta o la sostenibilità dei debiti pubblici, anche la bilancia commerciale (differenza tra esportazioni ed importazioni di beni e servizi) è importante.

Un’eccedenza delle esportazioni (astraendo dal fattore aiuti al reddito e trasferimenti del welfare state) implica che un Paese accumula asset esteri. Mentre vengono accumulati asset esteri, la moneta tende ad essere più forte. Gli asset esteri possono essere utilizzati in tempi di crisi per avere spazio di manovra. Il Giappone è di nuovo un caso emblematico; dopo il terremoto del marzo 2011, gli asset esteri sono stati rimpatriati, pagando per le importazioni necessarie. I cittadini giapponesi hanno venduto i loro dollari ed euro per riparare i danni in patria. Non c’era bisogno di vendere asset interni agli stranieri, mettendo pressione sullo yen.

Le eccedenze nelle esportazioni giapponesi si manifestano anche nel bilancio della Banca del Giappone. La Banca del Giappone ha acquistato valuta estera dagli esportatori giapponesi. Queste riserve potevano essere utilizzate in una situazione di crisi per ridurre i debiti pubblici o difendere il valore della moneta sui mercati dei cambi. Infatti il livello netto dei debiti pubblici del Giappone scende del 20% tenendo conto delle riserve in moneta estera della Banca del Giappone (più di $1,000 miliardi). Pertanto le eccedenze delle esportazioni tendono a rafforzare una moneta e la sostenibilità dei debiti pubblici.

Al contrario, le eccedenze nelle importazioni (astraendo dal fattore aiuti al reddito o trasferimenti del welfare state) hanno come risultato il debito estero. Sono importati più prodotti di quelli esportati; la differenza viene pagata da nuovi debiti. Questi debiti sono spesso tenuti sotto forma di titoli di stato. Un Paese con anni di deficit nell’importazione può essere esposto a grandi debiti pubblici esterni che possono comportare problemi futuri, come abbiamo discusso in precedenza.

La bilancia commerciale può anche essere un indicatore della competitività di un’economia e, indirettamente, della qualità di una valuta. Più un’economia è competitiva, più è probabile che il governo possa sostenere la sua moneta fiat espropriando la ricchezza reale e non avere problemi di debito pubblico. Inoltre, più è competitiva l’economia, meno è probabile che i problemi del debito pubblico vengano risolti dalla stampa di denaro.

Mentre un’eccedenza delle esportazioni è un segno di competitività, un’eccedenza delle importazioni può essere un segno di una sua mancanza. Anzi, i deficit di lunga durata nell’importazione possono essere il segno di una mancanza di competitività e spesso vanno di pari passo con alti debiti pubblici, aggravando la mancanza di competitività.

Le economie con salari alti ed inflessibili — come nell’Europa meridionale — possono non essere competitive ed avere deficit della bilancia commerciale. La scarsa competitività viene avallata e resa possibile dall’elevata spesa pubblica. I governi dell’Eurozona meridionale hanno assunto persone in settori pubblici diventati enormi, hanno disposto generosi regimi di pensionamento e hanno offerto sussidi di disoccupazione, alleviando così le conseguenze della disoccupazione causata da mercati del lavoro ingessati. Il risultato della spesa pubblica non è stato quindi solo una mancanza di competitività ed un deficit della bilancia commerciale, ma anche un deficit pubblico. Pertanto i grandi deficit della bilancia commerciale e quelli pubblici vanno spesso di pari passo.

Nella periferia europea, le importazioni erano pagate con i prestiti. Le eccedenze nelle importazioni non possono andare avanti all’infinito, poiché il debito pubblico aumenterebbe sempre. Una situazione di eccedenze persistenti nelle importazioni, come in Grecia, può essere interpretata come una mancanza di volontà politica di riformare i mercati del lavoro e di recuperare competitività. Pertanto la persistenza delle eccedenze nelle importazioni può causare una vendita della valuta sottostante o del debito pubblico. In questo senso, l’eccedenza tedesca nelle esportazioni sostiene il valore dell’euro, mentre le eccedenze della periferia nelle importazioni ne diluisce il valore.

In sintesi, i debiti pubblici elevati (esterni) e le eccedenze persistenti nelle importazioni sono i segni di una moneta debole. Il governo rischia di andare in default o di stampare denaro per tentare di uscire dai suoi problemi. I debiti pubblici bassi (esterni) e le eccedenze persistenti nelle esportazioni, al contrario, rafforzano la valuta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Un’altra ragione importante è che il governo italiano non può usare la stampante monetaria a sua volontà, perché è condivisa con altri governi dell’Eurozona i quali avrebbero qualcosa da ridire. Il Giappone, tuttavia, controlla la sua banca centrale e pertanto la stampante monetaria.

[2] Dovrebbe essere notato che sempre più nuovo debito italiano viene assorbito esclusivamente da banche italiane, perché altri investitori sono progressivamente meno interessati nel finanziare un governo che semplicemente si rifiuta di implementare misure d’austerità vere ed effettive.

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6 commenti:

  1. Le previsioni rosee incluse nella manovra finanziaria italiana puntano tutto su una "crescita dell'economia". Queste sono le coperture principali al deficit crescente. Cosa intende il governo (e anche quelli precedenti) con "crescita economica"? Crescita del PIL. Il punto centrale è che il PIL non misura in alcun modo i cambiamenti nelle condizioni economiche. Tutte le forme di capitale, inclusa la manodopera, vengono costantemente ridistribuite per migliorarne l'effetto. I prezzi singoli salgono e scendono, guidati da cambiamenti nella domanda dei consumatori. Tutto questo accade nonostante non ci sia alcun cambiamento nel reddito nazionale totale, e quindi nessun cambiamento nel PIL. Perché quest'ultimo misura fondamentalmente il denaro speso nell'economia e nient'altro.

    Se immaginiamo un aumento della quantità di denaro impiegata in quella parte dell'economia inclusa nella statistica del PIL, avremo una crescita economica. Pertanto gli aumenti del PIL nominale sono semplicemente l'effetto dell'espansione monetaria. È un errore cercare di aggiustare in base al PIL un tasso d'inflazione dei prezzi. Invece tutti lo fanno, e le banche centrali gestiscono la politica monetaria nella convinzione che sia un metodo appropriato. Il mondo reale funziona con i prezzi nominali, non su quelli aggiustati all'inflazione. Un imprenditore prenderà in considerazione fattori noti nel calcolo dei suoi guadagni: volumi di vendite in base ai prezzi di mercato, costi coinvolti, il rendimento atteso sul suo capitale, ecc. È molto molto raro che queste stime incorporino una qualche forma di indicizzazione dei prezzi, a meno che non siano intrinsecamente instabili. Ma anche così, piuttosto che indicizzare i prezzi futuri tra il processo di pianificazione aziendale e l'eventuale produzione, è più probabile che venga aumentato il tasso di rendimento per i rendimenti sul capitale.

    Sono i prezzi nominali che contano. Gli economisti sbagliano nei loro tentativi di aggiustare il PIL all'inflazione dei prezzi, senza contare che l'inflazione dei prezzi di oggi è il risultato dell'espansione monetaria di molto tempo fa. Infine, la spesa pubblica dovrebbe essere esclusa: essa rappresenta il sequestro di risorse economiche da produttori reali e la distruzione della ricchezza accumulata dal settore privato, rendendo poco o nulla in cambio. Inutile dire che, per quanto riguarda nel modo particolare la manovra italiana attualmente al vaglio dei tecnocrati, un aumento del PIL sarebbe "automatico" visti i programmi mastodontici di welfare state che include. Ovvero, una maggiore spesa pubblica. Quest'ultima è finanziata da tasse, debito ed espansione monetaria. Meccanismi che non fanno altro che estorcere ricchezza reale dal bacino dei risparmi reali. Le tasse rimuovono la ricchezza e il reddito dalla popolazione produttiva. Il debito sottoscritto dai cittadini indirizza i loro risparmi ad un uso generalmente improduttivo. Il debito sottoscritto dalle banche è finanziamento preferenziale (ed inflazionistico) scaturito all'espansione del credito bancario. L'estrazione forzata di denaro dall'economia produttiva ha tre importanti conseguenze: distrugge la ricchezza, svaluta il denaro e produce poco o nulla.

    Questo è ciò che bisogna sapere riguardo la manovra economica e le statistiche alla base della stessa, perché va al cuore dell'economia reale. Le altre chiacchiere sono solo rumore di sottofondo.

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    1. Tutto corretto.
      Ma non è una manovra economica. È una manovra politica e ben mirata contro le tecnocrazie della BCE e le burocrazie autoreferenziali della UE. Ed infatti suscita reazioni pregiudiziali, cioè politiche.
      In regime fiatmoney non c'è libera economia di mercato, ma politica con altri mezzi, il debito finanziario in fiatmoney.
      E la piramide del potere ee delle rendite di posizione che ne consegue è il risultato della redistribuzione arbitraria del fiatmoney.
      Questa è solo una fase della lunga guerra per il dominio dell'Europa. È politica, non economia. È braccio di ferro, non libertà di scambio.

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  2. ricordiamo che il trasferimento di ricchezza è avvenuto negli ultimi 30 anni dallo stato, sempre più indebitato, al ceto medio alto, risultato, che abbiamo un alto risparmio in poche mani. abbiamo sempre elargito assistenza con prepensionamenti e cassaintegrazione alla classe media e alto rendimento sui bot ai più ricchi

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    1. L'inevitabile patrimoniale sulle case farà strame delle promesse del passato, così vedremo se varrà ancora il principio del mattone come bene rifugio.

      Questa patrimoniale, l'ennesima di una lunga e infame serie, non sarà una manovra contro l'Europa; che anzi la benedirà, perché l'Italia, per liberarsi dal giogo, dovrà agire come tutti gli schiavi: pagare il riscatto, senza riserve.

      Il divorzio è difficile perfino per UK; noi siamo in condizioni assai peggiori, e continuiamo a illuderci di vincere.

      R.G.

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    2. Non augurarti il peggio, non aspettarti il peggio. Potrebbe capitarti.

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  3. Crollo a Wall Street. Trump accusa la follia della Fed.
    In regime fiatmoney ha perfettamente ragione. Tutta la crescita di Wall Street è il fiatmoney creato dalla Fed e finito lì dentro. Una crescita finanziaria disconnessa dall'economia reale.
    Ma è il tanto atteso redde rationem o solo un'altra mossa politica contro Trump in vista delle elezioni di midterm?

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