Bibliografia

mercoledì 31 ottobre 2018

Le criptovalute realizzeranno la visione di Hayek sul denaro privato e denazionalizzato?





di Demelza Hays

“Non penso che sia esagerato dire che la storia sia in gran parte una storia di inflazione, e di solito di inflazioni ingegnerizzate dagli stati e per il loro guadagno.”
~ Friedrich August von Hayek

È una verità il fatto che i monopoli siano dannosi per le economie. Sono inefficienti per quanto concerne qualità e costi, l'imposizione dei prezzi che ne deriva genera perdite nel benessere economico e, al di là di questo, sprecano risorse sostanziali perché richiedono la costruzione di barriere all'ingresso per i concorrenti.[1] In un ordine economico efficiente, i monopoli sono quindi proibiti o come minimo soggetti a limitazioni.

I monopoli naturali[2] ed i monopoli statali rappresentano casi speciali. Questi ultimi si basano sulla nozione che lo stato sia in grado di soddisfare determinati compiti in modo più efficiente o più "sociale" rispetto ai fornitori privati. Questi compiti comprendono la sicurezza (il monopolio dell'uso legittimo della forza fisica), assicurazione sanitaria gestita dallo stato e fornitura di infrastrutture per il trasporto.

Il monopolio sul denaro è uno strumento molto potente a disposizione dello stato,[3] ed è un monopolio che è stato abusato durante il tempo in cui è esistito.[4] Già nell'antichità il finanziamento delle guerre veniva portato avanti diluendo sistematicamente il contenuto di metallo prezioso delle monete, che nel tempo spinsero il valore del loro prezioso contenuto sempre più al di sotto del loro valore nominale.[5] Nel corso della storia i governanti hanno ceduto alla tentazione di aumentare il loro reddito da signoraggio, o di generare entrate fiscali indirette tramite l'inflazione. Tale comportamento è stato alla fine istituzionalizzato nella forma del sistema bancario a due livelli che conosciamo oggi, con la creazione di denaro attraverso l'interazione tra banche centrali (emissione di moneta) e banche commerciali (creazione di depositi tramite prestiti, ovvero, riserva frazionaria).[6] Gli sforzi degli ultimi giorni per stabilizzare il sistema finanziario e salvare l'euro in risposta alla crisi finanziaria si stanno integrando perfettamente in questa storia di abusi.

Pertanto non sorprende se anche le critiche al sistema monetario e finanziario abbiano una lunga tradizione. Tuttavia anche quegli intellettuali che ponevano la libertà individuale al centro delle loro idee, difficilmente mettevano in discussione e mettono in discussione il monopolio statale sul denaro in quanto tale; nonostante tutte le critiche rivolte al sistema monetario.[7]



La proposta di Hayek: introdurre valute private in competizione

“Tutto si riduce ad una sola domanda: quali forme di ordine promuove la libertà?”
~ Walter Eucken

Quando nel 1971 Richard Nixon sospese la convertibilità tra il dollaro USA e l'oro, divenne ovvio che il tentativo di istituire un sistema monetario basato su un gold exchange standard era fallito a causa dell'eccesso di sostituti del denaro scoperti. In seguito a questo evento, Friedrich August von Hayek si sentì in dovere di riesaminare la questione di cosa costituisse un ordine monetario.[8] Secondo Hayek, non solo l'abolizione del legame tra dollaro USA e oro, ma anche la proliferazione del pensiero economico keynesiano peggiorarono la prospettiva di una moneta stabile e non inflattiva.[9] Nel 1975 Hayek tenne una conferenza dal titolo La scelta della valuta[10], in cui formulò per la prima volta l'idea provocatoria che il monopolio dello stato sul denaro dovesse essere abrogato. Un anno dopo vennero pubblicate le monografie Free Choice in Currency e The Denazionalization of Money, in cui espose in maggior dettaglio le sue idee sulla concorrenza tra emittenti di moneta privata.

La tesi principale di Hayek era che l'abuso del monopolio statale sul denaro allo scopo di arricchire determinati gruppi privati, di compensare i deficit fiscali, o di finanziare guerre, dimostra che concentrare il potere dell'emissione di denaro nelle mani dello stato (o di qualsiasi altro entità centralizzata) non funziona. Quindi lo stato deve essere privato del suo monopolio sulla creazione di denaro, e dovrebbe essere sostituito da un ordine monetario basato sul mercato che costituisce un sistema di condivisione del potere tra entità concorrenti.

Che forma assumerebbe un ordine che riflette questi principi di condivisione del potere e come potrebbe emergere? Hayek sostiene che un tale ordine potrebbe prendere forma se fossero concesse le seguenti libertà:

  • I produttori di denaro privati ​​sarebbero liberi di emettere denaro e partecipare alla competizione valutaria.
  • I cittadini sarebbero liberi di scegliere le valute che vogliono usare.

Le banche, ad esempio, emetterebbero le proprie valute, in qualsiasi misura desiderassero. Mentre Hayek considerava il denaro coperto dall'oro o dalle materie prime come l'ideale, egli avallò esplicitamente la possibilità che le banche si impegnassero nella creazione di denaro scoperto. Tuttavia riteneva che questa pratica non sarebbe sopravvissuta in un mercato competitivo. In un libero mercato, le banche scoprirebbero che sarebbe minimo l'incentivo ad incrementare la propria base patrimoniale oltre la quantità di risparmi depositati presso di esse. La preferenza degli attori di mercato per un tipo denaro facile da usare e con un potere d'acquisto stabile, costringerebbe le banche a soddisfare queste aspettative nel miglior modo possibile. I fornitori di denaro che emetterebbero sostituti del denaro scoperti finirebbero con l'esaurire i clienti e sparirebbero dal mercato.

La concorrenza, analogamente alla concorrenza in altri settori con beni e servizi non monetari, impone un certo livello di disciplina. La struttura degli incentivi sarebbe ottimale, in quanto il benessere generale aumenterebbe grazie ai numerosi attori concorrenti che perseguirebbero i propri interessi.[11] Hayek concluso che: "Il denaro è l'unica cosa che la concorrenza non produrrebbe a buon mercato, perché la sua attrattiva si basa sulla preservazione di un buon livello di attrattività."[12]

Quale ruolo svolgerebbe una banca centrale in un ordine così? Diventerebbe obsoleta. Questa prospettiva è benvenuta da Hayek, dal momento che la politica monetaria gestita dallo stato è proprio quella che considera la principale fonte di instabilità economica. Secondo Hayek le crisi economiche sono attribuibili agli effetti distorsivi della politica monetaria attuata dagli stati piuttosto che ai cosiddetti fallimenti del mercato: "L'instabilità passata dell'economia di mercato è la conseguenza dell'esclusione del più importante regolatore del meccanismo di mercato, il denaro."[13]

Tuttavia la banca centrale non dovrebbe necessariamente smettere di operare immediatamente. Potrebbe continuare ad emettere valuta (statale). Tuttavia sarebbe in concorrenza con le banche commerciali e altri produttori privati ​​di moneta, e avrebbe quindi un forte incentivo a fornire ai cittadini una moneta stabile.



Criptovalute: concorrenza tra valute private nella pratica?

Le criptovalute sono un caso d'uso di valute private in competizione come previsto da Friedrich August von Hayek.[14]
~ Norbert F. Tofall

Inizialmente il dibattito sull'idea di valute private in competizione era puramente teorica, poiché il monopolio statale sul denaro era così profondamente radicato per così tanto tempo che la popolazione in generale non aveva mai pensato di metterlo seriamente in discussione. Quando Hayek pubblicò la sua proposta, l'abolizione volontaria del monopolio monetario sarebbe stata necessaria per adottarla, il che equivale a dire che gli stati devono rinunciare a gran parte del loro potere (una prospettiva altamente irrealistica).[15]

Da allora le condizioni sono sostanzialmente cambiate, grazie anche alla diffusione pervasiva di Internet. Dopo il quasi collasso del sistema monetario e finanziario nella crisi finanziaria del 2008 e l'erosione della fiducia nelle valute fiat e nelle banche centrali, la prima valuta digitale privata, Bitcoin, ha fatto il suo ingresso nel regno del Web 2.0. Da allora sono state immesse sul mercato oltre 1,500 criptovalute con una capitalizzazione di mercato pari a circa $400 miliardi. Dato che le criptovalute sono in gran parte al di fuori del controllo dello stato, almeno fino ad ora, potrebbero rappresentare una sorta di laboratorio per la competizione tra valute private. Infatti la BCE sospetta (giustamente) che il lavoro teorico di Hayek sia stata la base delle criptovalute di oggi.[16]



Decentralizzazione: la carta vincente delle criptovalute

Ciò che rende le criptovalute così interessanti è che sono l'opposto dell'immagine mentale che molte persone hanno del denaro.[17] La criptovaluta più famosa, Bitcoin, funziona come un sistema di pagamento basato su unità monetarie che non sono riscattabili in oro o altre merci. Il Bitcoin è accettato come moneta, anche se in linea con la definizione di Ludwig von Mises dovrebbe essere considerato come una moneta fiat,[18] e non è gestito dallo stato e non è legato ad una merce. Molti teorici monetari erano convinti che una tale valuta non potesse emergere in un libero mercato. Lo stesso Hayek riteneva che le valute legate alle materie prime avrebbero prevalso in un sistema di libera concorrenza. Qual è la ragione, quindi, per la crescente accettazione delle criptovalute?

Il segreto del loro successo è la loro natura decentralizzata. Le criptovalute come Bitcoin, Monero e Litecoin non sono emesse da una singola istituzione privata; sono basati su un protocollo di codice sorgente e gestiti attraverso una rete decentralizzata di partecipanti al mercato. A differenza di una moneta emessa da un produttore privato, la cui moneta cartacea rappresenta una promessa di pagamento, Bitcoin è una moneta che non ha alcun bisogno di una convertibilità. A questo proposito, una criptovaluta come Bitcoin è simile all'oro.

Un aspetto interessante della competizione tra valute nell'era delle criptovalute è che differisce dalla proposta di Hayek: secondo lui ci sarebbe sempre stato il rischio latente di fallimento di quell'entità centralizzata che avrebbe emesso la valuta.

Nel caso di una criptovaluta come Bitcoin, non esiste nessuna entità centrale. Il buon funzionamento di una criptovaluta è tutelato da gruppi d'interesse dislocati geograficamente come sviluppatori, minatori, commercianti, trader e altri che lavorano all'interno dell'ecosistema. Fiducia e rischio sono distribuiti su una rete di numerose parti che perseguono i propri interessi.[19] Chi acquista una criptovaluta alla fine ripone la propria fiducia in protocolli matematici e di crittografia che mantengono in piedi un sistema di incentivi, che a sua volta fornisce a tutte le entità o gruppi partecipanti un motivo per garantire l'integrità della valuta. Da qui lo slogan "In Code We Trust".[20] Fino ad oggi questo sistema di incentivi ha funzionato magnificamente, e nessuno dei numerosi tentativi di distruggerlo ha avuto successo.



La ricerca della stabilità

Un problema che affligge molte criptovalute è la loro eccessiva volatilità nei prezzi. L'offerta anelastica di Bitcoin, unita ad uno shock della domanda innescato dalla rapida diffusione della "cripto-ideologia" e dal clamore speculativo associato,[21] ha temporaneamente portato ad un enorme aumento del potere d'acquisto. Tralasciando la recente correzione, la storia di Bitcoin è una storia di iper-deflazione[22] e in un periodo di forte deflazione ha più senso accumulare una valuta che usarla come mezzo di pagamento. Di conseguenza Bitcoin e altre nuove criptovalute assolvono a malapena la funzione dei mezzo di scambio al momento.[23]

La stessa funzione che è alla base della funzione di riserva di valore ostacola il suo utilizzo come unità di conto. Data l'offerta limitata di Bitcoin ed altre criptovalute, senza un'entità centrale in grado di bilanciare l'eccesso di domanda con la crescita dell'offerta, le criptovalute a volte risultano altamente volatili.[24] Contrariamente alla credenza di Mises secondo cui unìofferta anelastica sarebbe andata di pari passo con piccole fluttuazioni della domanda e del prezzo, le criptovalute non si sono dimostrate idonee per adempiere alle funzioni di unità di conto... almeno fino ad oggi.[25]

In linea con Hayek, si potrebbe ribattere che una criptovaluta che sta subendo un processo di monetizzazione deve essere considerata come un oggetto di speculazione nelle prime fasi di tal processo, cosa che inevitabilmente implicherà volatilità. Sembra logico che la domanda speculativa e la domanda per la funzione di riserva siano entrambe forti nella fase iniziale. Tuttavia l'importanza della domanda speculativa dovrebbe diminuire nel tempo, poiché si espande la proprietà della criptovaluta in questione. Se avranno successo, le criptovalute emergenti dovrebbero infine gestire la transizione da attività speculative a valute che funzionano in modo affidabile come mezzi di scambio.[26]

Un certo numero di appassionati delle criptovalute che non vogliono aspettare e vedere se questo accadrà, stanno lavorando sulla creazione di criptovalute con valori stabili, le cosiddette “stable coin”.[27] Queste valute hanno un'offerta flessibile, la quale viene regolata dalle fluttuazioni della domanda con l'obiettivo di raggiungere la stabilità del potere d'acquisto. Ma come è possibile garantire la "stabilità dei prezzi" senza essere costretti a limitare o abbandonare la struttura decentrata e quindi resistente all'intervento centrale? Decretare dall'alto un "obiettivo d'inflazione" è esattamente ciò che fanno le banche centrali ed è in contraddizione con lo spirito delle criptovalute.[28]

La soluzione a questo problema potrebbe essere il DAO, che sta per "organizzazione autonoma decentralizzata". I membri di tale DAO si organizzano in modo indipendente. Per quanto riguarda la gestione di una moneta stabile, i membri di un DAO avrebbero il compito di garantire la stabilità del potere d'acquisto. La stabilità sarebbe promossa attraverso una struttura di incentivi incorporata nel codice di programmazione della moneta. Il progetto Maker DAO lanciato di recente[29] sembra mantenere una tal promessa. Lo stable coin di Maker, chiamato DAI, è ancora molto giovane, ma è già diventato popolare tra molti utenti.[30]



Conclusione

“Il progresso dell'umanità coinvolge sempre una piccola minoranza che devia dalle idee e dai costumi della maggioranza, finché il suo esempio alla fine non persuade gli altri ad adottare le stesse innovazioni.” 
~ Ludwig von Mises

Hayek ci ha lasciato in eredità un corpo di lavoro teorico per il futuro, un ordine monetario più resistente alle crisi. Al fine di creare piena libertà di scelta per i produttori e gli utilizzatori del denaro, il monopolio monetario dello stato deve essere abrogato e sostituito da un ambiente in cui esistono le valute private e possono competere in un processo di scoperta decentralizzata. Dato che gli utilizzatori del denaro punirebbero i produttori di fake money (cioè, inflazionistico) abbandonandolo, sia i fornitori statali sia i fornitori privati ​​di valuta sarebbero motivati ​​a mantenere basso il loro reddito da signoraggio e ad emettere sound money.

Poiché gli stati non sarebbero più in grado di mitigare i loro oneri di debito attraverso l'inflazione, un tale ordine monetario sarebbe molto efficace nell'applicare la disciplina fiscale. La crisi del debito cronica dei nostri tempi, cioè l'indebitamento eccessivo degli stati, non potrebbe mai emergere in un tale sistema; quindi la concorrenza tra valute sarebbe il freno più efficace che si possa immaginare all'indebitamento.[31]

Per molto tempo tali valute concorrenti sono state impensabili, poiché gli stati non sono inclini a rinunciare volontariamente al monopolio sul denaro. Con le criptovalute, che potrebbero emergere prorompenti grazie alla diffusione di Internet e che non possono essere soppresse o proibite grazie alla loro struttura decentralizzata, la concorrenza tra valute nello spirito di Hayek è diventata possibile anche in assenza di autolimitazione da parte degli stati.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.com/


________________________________________________________________________________

Note

[1] Un caso speciale sono i monopoli temporanei, che generano i cosiddetti "profitti pionieristici". Le aziende possono, ad esempio, ottenere brevetti per innovazioni, i quali le proteggono per un tempo limitato dalle imitazioni dei loro concorrenti. L'idea è che lo stato limiti temporaneamente la concorrenza per un certo tempo attraverso il sistema dei brevetti al fine di promuovere la concorrenza a lungo termine, poiché molte aziende non considereranno la spesa necessaria in ricerca e sviluppo come economicamente redditizia se non ci sono prospettive di realizzare profitti monopolistici temporanei. Si veda "Theory of Economic Development", Joseph Schumpeter, 1911.

[2] I monopoli naturali sono il risultato di una struttura dei costi (nella maggior parte dei casi costi fissi alti e costi marginali bassi) in cui i concorrenti sono tenuti ad aumentare il costo totale dell'offerta di un bene. Esempi sono le ferrovie che hanno costi fissi elevati sotto forma di reti ferroviarie e di servizi energetici e idrici, i quali richiedono reti elettriche o sistemi di tubazioni per la distribuzione.

[3] Ci riferiremo al "monopolio statale sul denaro" in questa sezione, anche se oggigiorno di solito non è la stessa banca centrale a produrre nuovi capitali. (Le eccezioni sono il QE, i repo ed il pass coupon,  i quali influiscono sull'offerta di moneta direttamente e indirettamente su un vasto arco temporale.) La maggior parte della produzione di denaro deriva da prestiti inflazionistici da parte di banche commerciali a riserva frazionaria (con supporto della banca centrale); il risultato di una partnership pubblico-privata. Indipendentemente da ciò, è lo stato che alla fine decide cosa può essere usato come moneta a corso legale.

[4] Si veda “Monetary Regimes and Inflation. History, Economic and Political Relationships”, Peter Bernholz, Cheltenham, 2003.

[5] Si veda “The Monetary Aspect of the Fall of Rome”, In Gold We Trust report 2016, pp. 98-103, o “The Frogs”, Aristophanes, pp. 719-737.

[6] Si veda The Zero Interest Rate Trap: Sustainable Wealth Accumulation in a Non-Sustainable Monetary System, Ronald-Peter Stöferle and Mark J. Valek, 2018.

[7] Hayek notò che la letteratura economica non offriva alcuna risposta alla domanda sul perché un monopolio statale sul denaro fosse ritenuto indispensabile, né vi fu alcuna discussione accademica che esaminasse l'abolizione di questo monopolio (The Denationalization of Money, Friedrich A. von Hayek, 1976, pp. 26 e segg.). Secondo lui è come se gli stati si sentivano di avere una prerogativa quasi naturale sull'essere i fornitori esclusivi di denaro, per il fatto storico che avevano usurpato il diritto di coniare monete molto tempo prima e poi fosse divenuta praticamente la normalità (The Denationalization of Money, Friedrich A. von Hayek, p. 28).

[8] Ciò che rende questo fatto molto interessante è che Hayek aveva adottato opinioni piuttosto contrarie: "Una politica monetaria veramente razionale potrebbe essere attuata solo da un'autorità monetaria internazionale [...] Finché un'autorità monetaria internazionale rimane un sogno utopico, qualsiasi principio meccanico (come il gold standard) [...] è di gran lunga preferibile a numerose valute nazionali indipendenti e regolate in modo indipendente" (Monetary Nationalism and International Stability, Friedrich A. von Hayek, 1937, pp.93). Più tardi Hayek scrisse che un libero mercato tra valute "non solo era politicamente impraticabile, ma sarebbe probabilmente indesiderabile se fosse possibile" (The Constitution of Liberty, Friedrich A. von Hayek, 1960, pp.324). Tuttavia ciò che unisce le diverse posizioni che Hayek ha assunto nel tempo è il suo desiderio di creare un ordine monetario non inflazionistico. Inoltre l'evoluzione della sua posizione illustra il suo crescente scetticismo nei confronti dello stato.

[9] Si veda “Toward a Free Market Monetary System”, Friedrich A. von Hayek, p.2.

[10] Si veda “Choice of Currency: A Way to Stop Inflation“, Friedrich A. von Hayek, The Institute of Economic Affairs, 1976.

[11] Si veda The Denationalization of Money, An Analysis of the Theory e Practice of Concurrent Currencies, Friedrich A. von Hayek, 1977, p. 57.

[12] Si veda The Denationalization of Money, An Analysis of the Theory e Practice of Concurrent Currencies, Friedrich A. von Hayek, 1977, p. 94.

[13] Si veda The Denationalization of Money, An Analysis of the Theory e Practice of Concurrent Currencies, Friedrich A. von Hayek, 1977, p. 102.

[14] Si veda “Währungsverfassungsfragen sind Freiheitsfragen: Mit Kryptowährungen zu einer marktwirtschaftlichen Geldordnung?,“ Norbert F. Tofall, Flossbach von Storch Research Institute, 2018, p. 4.

[15] Si veda “A praxeological analysis reveals that currency competition is simply not in the state’s interest.” Thorsten Polleit: “Hayek’s ‘Denationalization of Money’ – a Praxeological Reassessment”, Journal of Prices and Markets, p. 79.

[16] Si veda “ECB: ‘Roots Of Bitcoin Can Be Found In The Austrian School Of Economics,“ Jon Matonis, Forbes, 2012.

[17] Il successo delle criptovalute irrita un certo numero di laici. Ad esempio, l'esperto teorico monetario (e rappresentante della Scuola Austriaca), Guido Hülsmann, ha dichiarato nel 2007 che un tipo di denaro "definito interamente in termini di bit e byte è improbabile che sia mai prodotto spontaneamente in un libero mercato." ("The Etichs of Money Production", Ludwig von Mises Institute, 2008, p. 33).

[18] Si veda The Theory of Money and Credit, Ludwig von Mises, Yale University Press, 1953.

[19] Si veda “Trustless is a Misnomer”, Nick Tomaino, Medium, 21 luglio 2016.

[20] The Bitcoin Boom: In Code We Trust”, Tim Wu, The New York Times, 18 dicembre 2017.

[21] Molte persone credono che le criptovalute, che sono ancora all'inizio di un'adozione più diffusa, continueranno a guadagnare valore negli anni a venire e le acquisteranno come investimenti speculativi di tipo buy-and-hold.

[22] Si veda “Bubble or Hyperdeflation“, Incrementum AG, Crypto Research Report.

[23] Diverse persone nella comunità cripto sostengono che Bitcoin non è affatto predestinato a diventare un mezzo di scambio ampiamente adottato per l'uso quotidiano. Piuttosto, dicono, Bitcoin rappresenta una riserva di valore decentralizzata e quindi resistente all'intervento centrale. Il codice sorgente originale di Bitcoin, che può essere modificato solo se la comunità Bitcoin estremamente disparata arriva ad un consenso, fornisce le migliori condizioni possibili per la funzione di riserva di valore: la quantità totale di Bitcoin che può essere estratta è limitata a 21 milioni di unità (alcune delle quali sono già perse per sempre, ad esempio un famoso disco rigido contenente 70.000 BTC finito in una discarica del Regno Unito). Occorrono circa 10 minuti per creare un nuovo Bitcoin. Dall'emergere di Bitcoin nel 2008, la quantità di nuova creazione è diminuita della metà ogni quattro anni. Secondo le stime, entro il 2140 tutti i Bitcoin saranno stati estratti. Questa tendenza deflazionistica in continuo rafforzamento è alla base della funzione di riserva di valore di BTC.

[24] Le criptovalute sono influenzate in misura maggiore da questa volatilità rispetto, ad esempio, all'oro, poiché quest'ultimo è soggetto a d influenze anticicliche attraverso la domanda di gioielleria e industriale (diminuzione della domanda quando i prezzi aumentano e viceversa) e le fluttuazioni dell'offerta (crescita nell'approvvigionamento minerario e nell'aumento delle vendite da riserve esistenti quando i prezzi aumentano e viceversa).

[25] Si veda Human Action: A Treatise in Economics, Ludwig von Mises, Auburn, Alabama: Ludwig von Mises Institute, 1998, pp. 225 e segg.

[26] Come discusso in questa sezione, l'oro dall'offerta relativamente anelastica non è immune alla domanda speculativa periodica: se in un ambiente economico in cui sta emergendo una concorrenza tra valute, le valute coperte dall'oro dovessero rivelarsi le preferite dalla maggior parte degli attori di mercato, aumentando la domanda di oro aumenterebbe rapidamente il suo prezzo (e presumibilmente anche la sua volatilità) cosa che sospenderebbe almeno temporaneamente l'idoneità del metallo prezioso come mezzo di pagamento e unità di conto. (Si veda The Denationalization of Money, An Analysis of the Theory and Practice of Concurrent Currencies, Friedrich A. von Hayek, 1977, pp. 102/127).

[27] Si veda il capitolo Crypto: Friend or Foe?

[28] Si veda “The Search for a Stable Cryptocurrency”, Vitalik Buterin, Ethereum Blog, 11 novembre 2014.

[29] Si veda “Maker for Dummies: A Plain English Explanation of the Dai Stablecoin“, Gregory DiPrisco, Medium, 20 novembre 2017.

[30] Si veda “Stablecoins: A Holy Grail in Digital Currency“, Nick Tomaino, The Control, 3 aprile 2017.

[31] Währungsverfassungsfragen sind Freiheitsfragen: Mit Kryptowährungen zu einer marktwirtschaftlichen Geldordnung?“, Norbert F. Tofall, Flossbach von Storch Research Institute, 2018, p. 5.

________________________________________________________________________________


martedì 30 ottobre 2018

Il peso non sopravvivrà ad una politica monetaria distruttiva

Il mondo finanziario che stiamo osservando è un cadavere rattrappito di quello che un tempo era considerato un colosso indistruttibile da parte della maggior parte delle persone. Eppure adesso vediamo come questo gigante dai piedi d'argilla sia sensibile al minimo sgambetto che potrebbe farlo crollare inesorabilmente. Non è un caso quindi che le criptovalute siano trattate ad un premio in Argentina, dove la politica monetaria è stata usata per creare disastri e sonni della ragione (in patria e all'estero). L'era della presunta sovranità monetaria è finita, morta. In realtà, non è mai esistito niente del genere sin dal 1913-1914: sospensione del gold standard internazionale. Ciò che abbiamo avuto è stato invece un gruppo presumibilmente più intelligente di persone che hanno gestito il monopolio sul denaro ed avvantaggiare determinati settori dell'economia a scapito di altri. L'enorme crescita del mondo nell'era della rivoluzione industriale aveva creato un bacino enorme di risparmi reali e l'eterno desiderio insito nella maggior parte degli animi umani, ovvero vivere al massimo col minimo sforzo, ha inevitabilmente catalizzato le attenzioni di alcuni su questo gigantesco tesoro. È bastato semplicemente lanciare alcune giustificazioni plausibili ed il gioco era fatto: i fessi che hanno creduto al sovranismo monetario attraverso le valute fiat, si sono lasciati derubare e hanno avallato anche il furto dei loro colleghi. La democrazia è la dittatura della minoranza, almeno finché i portafogli sono gonfi e come osserviamo dall'Argentina sono ormai stati sgonfiati da anni e anni di politiche monetarie distruttive. Sebbene Buenos Aires sia stato il paziente zero dell'esperimento monetario sotto steroidi delle valute fiat, rappresenterà anche uno degli epicentri del cambiamento di paradigma in arrivo. I nodi sono arrivati al pettine e il mercato sta iniziando la sua inevitabile opera di pulizia degli errori passati. Chiunque creda che lo sfascio a cui stiamo assistendo sia da attribuire ai "mercati", può sempre lasciare i propri fondi in un conto di deposito bancario o investire negli strumenti canonici d'investimento. "Sicuramente" saranno al sicuro.
___________________________________________________________________________________


di Daniel Lacalle


Il governo di Mauricio Macri ha vissuto un periodo di apparente tranquillità, ma le dimissioni di Luis Caputo come presidente della banca centrale e un nuovo accordo col FMI hanno innescato la fine della calma.


Il governo argentino doveva capire che questi periodi di calma sono ciò di cui ha bisogno per attuare riforme strutturali, non pensare che "tutto è tornato come prima" e continuare a prescindere dai problemi. La nomina di Guido Sandleris non è stato il cambiamento che gli argentini ed i mercati si aspettavano. Il suo profilo è percepito come "più della stessa cosa", più un difensore delle passate politiche monetarie che hanno portato il Paese alla stagflazione, un sostenitore dei controlli sui prezzi che hanno eroso la fiducia dei consumatori e degli investitori.


I segnali di allarme rimangono: le riserve in valuta estera dell'Argentina sono inferiori al livello a cui erano dopo l'accordo con il Fondo Monetario Internazionale.

Nessun accordo funzionerà se le riforme strutturali saranno limitate ad alcuni aggiustamenti minori ed insufficienti.

Le riforme che sono state finora annunciate dovrebbero essere rafforzate, o l'effetto "placebo" dell'operazione del FMI finirà col remare contro il governo.


Un fattore importante nel comprendere l'apparente periodo di calma osservato di recente è stato il disarmo effettivo dei Lebac. Era importante porre fine a queste fonti di instabilità monetaria nei giorni in cui il tasso di cambio del peso rispetto al dollaro USA era relativamente tranquillo.

Tuttavia il disarmo dei Lebac non può essere risolto con misure graduali. Sostituendo l'aumento dell'offerta di moneta in peso di oltre $231,000 milioni con più debito in altri strumenti e riducendo le riserve di dollari USA, si può generare un grave effetto di canalizzazione. Aumentare il tasso Leliq al 65% significa calciare il barattolo. Ciò non risolve il problema monetario argentino.

Se il disarmo dei Lebac viene risolto vendendo dollari ed estendendo il debito a tassi molto alti e aumentandone la durata, mentre il fabbisogno finanziario netto dello stato aumenta, significa solo calciare il barattolo: non funzionerà perché dipende da fattori esterni. Con il decennale statunitense sopra il 3.05% e l'economia argentina in contrazione, il prolungamento della durata equivale a somministrare un'aspirina ad un paziente ferito gravemente.

La preoccupazione degli analisti internazionali per la nuova nomina alla banca centrale è una, ovvero, che il governo possa fermare le timide riforme strutturali e mantenere una politica monetaria che è stata un fallimento totale. La riduzione promessa della spesa pubblica è semplicemente insufficiente, in un Paese la cui spesa pubblica è molto elevata. Pertanto è rischioso mascherare il buco dei finanziamenti, perché potrebbe rappresentare un grosso problema entro pochi mesi.


In realtà un'espansione monetaria così aggressiva genererà sempre un effetto negativo a medio termine sempre peggiore.

Ovviamente la banca centrale non imposta la politica fiscale, ma la sua perenne espansione monetaria è stata il principale motore del problema della stagflazione del Paese.

Il governo non può negare che l'annuncio di misure di emergenza siano solo una piccola parte di un problema molto più serio che è stato generato con la brutale espansione monetaria degli anni di Cristina Fernández de Kirchner.


Questa enorme espansione della base monetaria e una gigantesca spesa pubblica che è raddoppiata in pochi anni, sono le ragioni per cui l'Argentina andrà dalla stagflazione alla crisi.


Il governo deve pensare con urgenza ad una vera dollarizzazione. La convertibilità non era la dollarizzazione, era un travestimento per crescenti squilibri con un ancoraggio artificiale composto da un tasso di cambio irrealistico. La convertibilità ha solo ritardato la svalutazione, nascondendo il buco monetario con un rapporto di cambio artificiale ed irreale.

La dollarizzazione non è un comitato monetario o una promessa di impostare un cambio dollaro/peso deciso dal potere politico. La dollarizzazione significa abbandonare una politica monetaria che ha distrutto la credibilità del peso tra gli stessi cittadini argentini.

I miei buoni amici in Argentina sono i migliori trader di valuta estera del mondo perché, sin da bambini, imparano a preservare i loro risparmi e il potere d'acquisto dei loro stipendi vendendo peso. Questa distruzione della credibilità del peso non è colpa di Macri o Dujovne, ma è innegabile.

L'Argentina non ha bisogno di flessibilità nella politica monetaria, perché la storia mostra che il governo e la banca centrale la usano solo per espropriare ricchezza e potere d'acquisto attraverso l'inflazione e la svalutazione. L'Argentina non deve preoccuparsi della "minore offerta di peso quando aumenta la fiducia". È un problema che non è mai esistito in sette decenni.

L'Argentina non deve preoccuparsi dell'impulso che può avere la propria moneta. Non è mai esistito.

L'Argentina non deve preoccuparsi di aumentare debito e deficit se si dollarizza: ha già questo problema.

I difensori del peso negano la realtà, poiché la loro valuta non ha validità come riserva di valore e mezzo di scambio per la maggior parte degli agenti economici nazionali e ancor meno per gli stranieri. Il peso è una valuta fallita che maschera un livello insostenibile di spesa.

La dollarizzazione ha salvato l'Ecuador e il Salvador da un'iperinflazione in stile venezuelano, e l'euro ha salvato la Spagna da quelle atroci "svalutazioni competitive" che non hanno mai migliorato la competitività, né la disoccupazione strutturale, né il modello produttivo. La dollarizzazione potrebbe avere un impatto limitato sul debito a breve termine, ma eviterebbe l'evidenza di inadempienze e stagflazione.

Ovviamente la dollarizzazione evidenzia la necessità di attuare riforme che alcuni governi preferiscono evitare. Dopotutto, per un governo, è più facile attribuire la colpa dell'inflazione a qualsiasi nemico esterno inventato piuttosto che ammettere che è una diretta conseguenza della sua folle politica monetaria.

Se Macri non riconosce le prove che ogni cittadino argentino in cuor suo percepisce, la fiducia nel peso scomparirà del tutto a causa di abusi politici. Il peso non è stato attaccato, sono stati i vari governi argentini che lo hanno ucciso distruggendo il suo potere d'acquisto per anni.

Una nazione ricca e istruita come l'Argentina non può continuare ad impoverirsi attraverso una politica monetaria distruttiva ed un settore politico parassitario.

L'enorme spesa pubblica, l'alta inflazione e la stampa folle di peso sono la stessa cosa: politiche che hanno espropriato la ricchezza e il risparmio dei cittadini argentini. Devono essere fermate. L'unica soluzione è la dollarizzazione.

(Nota a margine del traduttore: se fossi nell'autore parlerei in questo preciso momento storico di tokenizzazione, perché sebbene alcune delle banche centrali del primo siano state conservatrici e assennate per un certo periodo di tempo, sin dal 2008 abbiamo visto che sono pronte ad abbandonare queste caratteristiche pur di salvare i protetti dal loro mandato ufficioso, ovvero, stati e grandi banche commerciali. Questo significa che anche le grandi valute fiat, come dollaro ed euro, faranno la stessa fine del peso o del bolivar ed è per questo motivo che i pianificatori monetari centrali stanno cercando di mettere una pezza a questa eventualità e alla loro sconsideratezza passata. Ironia della sorte, vedremo di nuovo confermato l'assioma di von Mises: la pianificazione centrale alla fine semina sempre i semi della sua stessa disfatta.)


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.com/


lunedì 29 ottobre 2018

Analisi tecnica del prezzo di Bitcoin, 29/10/2018


Nuovo appuntamento con l'analisi tecnica del prezzo di Bitcoin nella quale andremo a sondare vari archi temporali, delineeremo diversi scenari e soprattutto analizzeremo la chiusura di settimana visto che mancano tre giorni alla chiusura della candela mensile in modo da capire con quale sentiment si aprirà il prossimo mese, dando anche un'occhiata a Litecoin, Ethereum e Bitcoin Cash

È possibile consultare l'analisi tecnica al seguente indirizzo: https://www.yours.org/content/analisi-tecnica-del-prezzo-di-bitcoin--29-10-2018-e2172570bcda


Il più grande dei quadri generali





di Alasdair Macleod


Ho ricevuto una richiesta da mia moglie: scrivere in termini semplici cosa stia succedendo nel mondo e perché penso che l'oro sia così importante in questo contesto. Lei non condivide il mio stesso interesse per l'argomento, quindi una spiegazione del quadro generale potrebbe anche essere utile a molti dei miei lettori e dei loro coniugi, i quali eventualmente non condividono un interesse particolare per la geopolitica.

Questo è lo scopo di questo articolo. Può emergere confusione quando un osservatore occasionale cerca di seguire gli eventi globali, qualcosa reso più difficile dalle politiche editoriali nei notiziari e dai commenti della maggior parte degli analisti, che sono, francamente, mal informati. Di conseguenza questo articolo affronta l'argomento che domina il nostro futuro: i player più importanti nel grande gioco della geopolitica sono l'America e la Cina. Ma prima di iniziare con un aggiornamento, stabilirò le discipline necessarie per un'analisi informata.

Cercate di esaminare i problemi da tutte le angolature possibili al fine di comprendere sia le considerazioni strategiche che i risultati potenziali. Dovete comprendere che le caratteristiche che possono applicarsi ad un lato, non è detto che si applichino necessariamente all'altro. Ad esempio, l'analisi finanziaria applicata all'economia statunitense non si applica necessariamente a quella della Cina. Cercate di rimanere neutrali ed obiettivi, analitici ed imparziali.

La lista delle cose da non fare è un po' più lunga... Non credete a quello che dicono i governi, perché vi diranno cosa vogliono che voi crediate. Non credete a nulla che viene fuori dai servizi d'intelligence: se l'informazione è buona, è altamente improbabile che ne veniate a conoscenza; e se anche dovesse raggiungere i vostri canali d'informazione, sarà indistinguibile dalle teorie del complotto. Non credete a tutte le teorie del complotto, perché non sono quasi mai vere. Non credete alle statistiche del governo; non dovreste fare affidamento sulle statistiche, se non nel senso più ampio. Non credete agli analisti occidentali, finanziari o meno, in particolare quando commentano la Cina o la Russia. Non credete ai media generalisti; di solito propagandano il punto di vista dell'establishment, qualcosa che riteniamo prerogativa dei regimi esteri, ma non applichiamo mai alle nostre stesse organizzazioni. Non lasciatevi influenzare dal nazionalismo o dal patriottismo: ricordate l'aforisma del dottor Johnson, ovvero, il patriottismo è l'ultimo rifugio di un furfante (si riferiva a coloro che lo invocavano).

Tenendo a mente queste regole, iniziamo a parlare dell'America e della sua posizione nel mondo.



L'America sarebbe diventata introspettiva?

Il dominio globale americano, indiscusso dopo la dissoluzione della vecchia Unione Sovietica, è ora messo in discussione dalla Cina, la quale progetta di assorbire l'intero continente eurasiatico all'interno della sua sfera d'influenza commerciale. Prima che il presidente Trump ricoprisse la sua carica nel gennaio 2017, la minaccia per l'egemonia americana non era vista come una questione pubblica e la sua politica era di proteggere gli interessi degli Stati Uniti attraverso la diplomazia, il commercio e la presenza militare. Le operazioni segrete erano usate per destabilizzare i regimi che erano considerati una minaccia per gli interessi americani, in particolare in Medio Oriente, ma anche in Ucraina, un importante stato cuscinetto tra la Russia e gli stati membri della NATO in Europa. Era la continuazione della politica "guns and butter", anche se come politica globale non stava più dando i risultati sperati.

Poi è arrivato Trump. La sua elezione a sorpresa come presidente ha portato diversi uomini d'affari falliti nella Casa Bianca. La sua comprensione dell'economia e del processo politico è pari a zero, ma per la base elettorale era un'alternativa migliore a quella della Clinton. Trump ha imbastito una piattaforma politica anti-immigrazione, anti-globalizzazione, anti-commercio estero e anti-guerre estere. Era pro-business e pro-America. In breve, è stato eletto per rovesciare le politiche di Clinton, Bush e Obama. L'America doveva diventare introspettiva nelle sue relazioni estere, invertendo le tendenze della globalizzazione.

Trump è politicamente in contrasto con gli alleati, in particolare quelli nell'Europa statalista, prevalentemente socialista. La sua insistenza sul fatto che i membri europei della NATO debbano pagare di più per i costi della NATO è stata interpretata come un segnale che le relazioni stabilite non possono più essere date per scontate, e la Germania in particolare dovrebbe affermare una maggiore indipendenza. Infatti l'establishment e tutte le sue istituzioni sono stati minacciati dalla retorica di Trump. Tuttavia la prospettiva di un miglior rapporto con la Russia, una delle speranze pre-elettorali di Trump, è svanita con accuse di ingerenza russa nelle elezioni presidenziali. Ma probabilmente le politiche trumpiane più dirompenti riguardano il commercio.

Trump è fermamente convinto che i deficit commerciali siano il risultato di accordi commerciali sleali. In questo è sostenuto da Peter Navarro, direttore della politica commerciale e industriale alla Casa Bianca, da Wilbur Ross, segretario al commercio, e da Robert Lighthizer, rappresentante commerciale degli Stati Uniti. Finora Trump ha strappato il NAFTA, l'accordo commerciale con il Canada e il Messico, che è stato "rinegoziato", così come il KORUS, l'accordo commerciale con la Corea del Sud. Ha tolto l'America dal Trans-Pacific Partnership, che comprendeva alleati come il Giappone, l'Australia, il Cile e l'Asia sud-orientale. Ha avviato una disputa commerciale con l'UE, che per ora è stata messa in pausa. Ha introdotto dazi elevati su acciaio e alluminio importati.

Il disavanzo commerciale dell'America è attualmente pari a oltre $600 miliardi all'anno, di cui circa i due terzi sono nei confronti della Cina. L'America sta minacciando di introdurre ulteriori dazi sulle importazioni cinesi per un totale di $200 miliardi e, in assenza di un accordo, verranno estesi a quasi tutte le esportazioni cinesi da $500 miliardi negli Stati Uniti. Ci sono speranze che Trump stia facendo la voce grossa solo perché in vista ci sono le elezioni di medio termine. Tuttavia se gli Stati Uniti intendono estendere le sanzioni come promesso, sembra dipendere dai pragmatici della Casa Bianca che si oppongono a Navarro e Ross. Se ci riusciranno, presumibilmente la Cina e l'America troveranno un compromesso; in caso contrario la guerra dei dazi si intensificherà.

La politica commerciale americana sta subendo una radicale trasformazione dai tempi in cui l'America era felice di gestire un deficit commerciale, fintanto che i dollari in eccedenza venivano reinvestiti in America, finanziando tra l'altro il deficit di bilancio del governo. Tutte le materie prime, e in particolare l'energia, hanno un prezzo in dollari sui mercati internazionali, il che significa che c'è una domanda costante per esse in commerci extra-Stati Uniti. Lo status del dollaro come valuta di riserva, unito al controllo dell'America su istituzioni internazionali come FMI, Banca Mondiale e banche di sviluppo regionale, ha fatto sì che l'America sia diventata il banchiere centrale del mondo e attraverso le sue banche commerciali il finanziatore di tutte le attività transfrontaliere. È un dominio del mondo con mezzi monetari, e il bisogno di dollari garantirebbe sempre la loro accettazione a livello mondiale e sottoscriverà gran parte del loro valore.

La Cina si sta muovendo per mangiare i monopoli del dollaro nei prezzi delle materie prime e nel commercio. Se avrà successo, non c'è dubbio che il potere d'acquisto del dollaro calerà. Per approfondire questa tesi, dobbiamo ora passare a parlare della Cina.



Cina

L'uscita della Cina dalla povertà del comunismo maoista è stata notevole. Ha raggiunto questo obiettivo abbracciando il capitalismo, pur mantenendo un rigido controllo politico. Si dice che la leadership cinese abbia osservato i successi di Singapore e Hong Kong, guidati principalmente da uomini d'affari cinesi. Ha capito che copiando i loro modelli economici di capitalismo liberista, insieme ad un governo autoritario, avrebbe potuto migliorare la vita e la ricchezza della gente comune dalla quale lo stato alla fine trae il suo potere.

Lo stato cinese pianifica e dirige le sue imprese statali verso obiettivi chiari. Lo fa attraverso una serie di piani quinquennali, l'attuale è il tredicesimo e arriverà fino al 2020. Il prossimo è già stato redatto e soprannominato "Made in China 2025". Presenta investimenti statali in robotica, auto elettriche, intelligenza artificiale, biotecnologie e aviazione. L'equivalente di $300 miliardi saranno spesi per questi settori, sconvolgendo gli americani che si vedono esclusi dalla Cina e preoccupati che le industrie cinesi sovvenzionate avranno un ingiusto vantaggio commerciale nei mercati dell'export.

La Cina sta ancora migliorando le proprie infrastrutture ed è in procinto di spostare centinaia di milioni di cittadini da lavori agricoli umili e non qualificati ad una classe media nelle città. La Cina ha ora più di cento città con oltre un milione di persone, alcune delle quali sono megalopoli. Abbiamo tutti sentito parlare di Shanghai che ha 34 milioni di persone. Pochi di noi sanno di Guangzhou che ne ha 25 milioni, lo stesso numero di Pechino.

Inoltre la diffusione dell'automazione e dell'innovazione tecnologica è in accelerazione. E come se ciò non bastasse, la Cina sta costruendo due "strade della seta", una via terra verso l'Europa e una via mare, entrambe collegate tra loro in diversi punti. Sarà una rete di trasporti e comunicazioni che riunirà l'intero continente asiatico attraverso il commercio.

Già una Mercedes può essere consegnata da Stoccarda in Germania allo showroom di Pechino in due settimane. Il tempo verrà abbassato fino a dieci giorni. E Zanussi, il produttore italiano di elettrodomestici, è in grado di consegnare prodotti dalle sue fabbriche cinesi nei mercati europei con la stessa scala temporale, rispetto ai trenta giorni via mare.

Così ambiziosi sono i piani della Cina che ha una continua necessità di assicurarsi materiali industriali per lo sviluppo delle infrastrutture. È in alleanza politica ed economica con la Russia, che è il maggiore esportatore mondiale di energia e ha notevoli risorse minerarie. La partnership è assicurata in vari modi, il più importante dei quali è lo Shanghai Cooperation Organisation, che può essere descritto come un forum economico il quale abbraccia la cooperazione militare e la costruzione di infrastrutture. Allo SCO appartengono Cina, India, Kazakistan, Kirghizistan, Pakistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan. Lo status di osservatore, che è il trampolino di lancio per la piena adesione, include Afghanistan, Bielorussia, Iran e Mongolia. La Turchia, che è anche membro della NATO, è un partner di dialogo ed è un passo più lontano dall'appartenenza allo status di osservatore, ma il suo ruolo attuale è una dichiarazione d'intenti.

I membri della SCO, gli osservatori ed i partner di dialogo coprono una popolazione totale di tre miliardi e mezzo, il 45% della popolazione mondiale. Questo è il cortile della Cina ed il suo mercato futuro. Aggiungete a questo i suoi legami commerciali in espansione con l'Europa occidentale e centrale più le nazioni dell'Asia meridionale, e dominerà l'intero continente eurasiatico attraverso il commercio.

Ha inoltre investito $140 miliardi nell'Africa sub-sahariana, sviluppando il continente africano come fornitore di materie prime. L'Africa sta rapidamente crescendo. La Cina è anche il più grande partner commerciale dell'Australia.

Chi pensa che l'America controlli il commercio mondiale attraverso il dollaro dovrebbe svegliarsi: la Cina si sta espandendo ovunque. E come abbiamo visto, la Cina esporta circa $600 miliardi di merci in America, rispetto a quelle importate pari a $200 miliardi. La Cina è il più grande estrattore d'oro del mondo. Se non accade qualcosa che interromperà i progressi della Cina, essa avrà la più grande economia in % del PIL in pochi anni. La chiave per capire il ritmo di questo cambiamento non è pensare in proiezioni lineari, ma in termini esponenziali.

Imporre barriere commerciali, che sembrano poter diminuire l'influenza cinese nel commercio mondiale, rappresenta la risposta giusta a questa rivoluzione industriale cinese? Non sarebbe meglio abbracciarla, come hanno fatto molte aziende americane includendo la produzione cinese nelle loro catene di approvvigionamento? Ovviamente non per chi crede, come Trump, che il nazionalismo americano sia fondamentale.

Invece di essere realista, l'approccio antagonista dell'America nei confronti della Cina l'ha spinta in una guerra finanziaria con quest'ultima. La Cina segue i dettami di Sun Tzu, generale e stratega militare cinese vissuto 2,500 anni fa. Un suo aforisma appropriato è il seguente: "Sii estremamente inafferrabile, fino a prendere la forma. Sii estremamente misterioso, fino a soffocare ogni suono. Così facendo potrai decidere il destino del tuo avversario". Ed eccone uno appropriato per Donald Trump: "Fingi inferiorità e incoraggia la sua arroganza". Forse è per questo che Trump sbraita, mentre Xi sorride educatamente e non dice nulla. Trump si vanta delle ottime relazioni che ha con Xi. Quest'ultimo sorride educatamente e non dice nulla.

Nel frattempo la Cina sta eliminando il più possibile il dollaro, sviluppando invece mercati finanziari per la propria valuta. Certo, questa parte del suo piano è stata sospesa per il momento, perché le guerre commerciali di Trump hanno indebolito lo yuan, e la PBOC ha comprato yuan per sostenere il tasso di cambio. Ma questa potrebbe essere una fase temporanea.

C'è un altro modo di guardare a suddetto intervento. La PBOC ha venduto parte della sua enorme riserva di dollari. Misurata in yuan, tale mossa è stata molto redditizia. E ad un certo punto la Cina vorrà che lo yuan aumenti rispetto al dollaro per alcune ottime ragioni: ha bisogno di importare materie prime in quantità enormi, e questo farà salire i prezzi in dollari; l'effetto sull'inflazione dei prezzi in Cina dipenderà in larga misura dal tasso di cambio tra dollari e yuan, quindi sarà nel suo interesse avere una valuta più forte per ridurre l'impatto dell'inflazione.

La Cina ha anche incoraggiato i suoi fornitori di energia e materie prime ad accettare yuan anziché dollari. Tutto ciò indica un tasso più elevato per lo yuan rispetto al dollaro al fine di incoraggiarne l'accettazione diffusa. Questo ci porta al futuro dello yuan rispetto al dollaro e all'effetto sul prezzo dell'oro.



Uno yuan più forte sosterrà l'oro

Come notato sopra, la Cina deve abbracciare le conseguenze di uno yuan più forte se vuole portare a termine il suo attuale tredicesimo piano quinquennale. Se non riuscirà a farlo, non solo l'aumento dei prezzi delle materie prime alimenterà l'inflazione dei prezzi interna, ma sarà comunque vulnerabile all'utilizzo del dollaro da parte dell'America come arma strategica.

In ogni caso, sta spostando la sua attenzione economica dalla produzione di beni a basso costo verso i valori aggiunti di qualità e tecnologia. Invece di impiegare un gran numero di lavoratori semi-specializzati nelle linee di produzione, la produzione di beni per l'esportazione sta diventando altamente automatizzata. L'investimento di capitali sta sostituendo l'elemento salariale nei costi. Il tempo impiegato nei processi di produzione è diminuito di conseguenza.

I presunti svantaggi di gestire una valuta in continuo indebolimento stanno quindi diventando banali. Stando così le cose, dovremmo aspettarci delle mosse per avviare un cambiamento nel sistema monetario. Ma prima di esaminarle, dobbiamo parlare brevemente del dollaro.

Per il momento il dollaro è forte rispetto all'euro. Nonostante il deficit commerciale degli Stati Uniti con l'Eurozona, il flusso di capitali nell'altra direzione sta facendo calare l'euro. Poiché le banche ed i loro clienti negli hedge fund hanno accesso agli euro attraverso i mercati monetari generali, possono prendere in prestito denaro a tre mesi a -0.3%, vendere euro in cambio di dollari ed investire in buoni del Tesoro USA trimestrali con un rendimento del 2.3%. Aggiungeteci una leva di dieci volte (che è quello che fanno le banche) ed avrete un rendimento annualizzato del 26%. E poiché il trade weighted index del dollaro è composto al 50% da euro, la vendita di euro in cambio di dollari in questi arbitraggi è il motivo per cui il TWI del dollaro è così forte.

Questa disfasia tra euro e dollari sta creando enormi tensioni monetarie, una situazione che non può durare. O la FED o la BCE devono escogitare una soluzione, oppure il tutto finirà in una crisi monetaria.

Per il momento, contrariamente agli attuali commenti sui media generalisti, la proprietà estera di depositi in dollari ed investimenti denominati in dollari ha raggiunto il massimo storico. Per finanziarsi il governo degli Stati Uniti dipende dagli stranieri che acquistano buoni del Tesoro. Tuttavia i dazi di Trump contribuiranno ad aumentare i prezzi interni, oltre a stimolare un deficit di bilancio che supererà i mille miliardi di dollari. In breve, si sta sviluppando una situazione altamente inflazionistica che porterà ad un rapido aumento dei rendimenti obbligazionari (il che significa un calo dei prezzi delle obbligazioni) e una potenziale crisi per il governo degli Stati Uniti. L'aumento dell'inflazione e le difficoltà di finanziamento comporteranno un calo del tasso di cambio del dollaro.

Una valuta in calo va ad aumentare il costo dell'energia e delle materie prime industriali, alimentando ulteriormente l'inflazione dei prezzi. La Cina seguirà il dollaro? La risposta, come abbiamo visto sopra, è No.

Attualmente lo yuan è diviso tra controlli di capitale tra mercati nazionali ed esteri. I residenti cinesi non sono autorizzati a detenere valuta estera, una situazione che non può continuare per molto tempo se lo yuan ha la necessaria liquidità internazionale. Senza dubbio i controlli di capitale hanno permesso alla PBOC di controllare il tasso di cambio senza che lo svantaggio della speculazione sulla valuta nazionale lo indebolisse. Una salita dello yuan scoraggerà l'accumulo di valute estere, quindi se i controlli di capitale devono essere revocati, dovrà accadere in tale contesto.

Se il prezzo dell'oro dovesse salire solo moderatamente, continuerà ad avere un buon valore in Cina, il più grande mercato al mondo tra risparmio e consumo di oro fisico. Questo aspetto sta diventando il peggior risultato per il prezzo. Tuttavia l'accumulo di quantità record di dollari in mani straniere è una condizione che in passato ha portato alla sospensione degli accordi di Bretton Woods, quando i dollari di proprietà straniera venivano rimborsati in oro. In seguito a quella crisi, l'oro salì di valore oltre venti volte. Solo che questa volta sarà la Cina a trainare i prezzi dell'energia e delle materie prime, non il cartello dell'OPEC. L'aumento del prezzo dell'oro questa volta dipenderà da come gli Stati Uniti gestiranno il loro declino.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


venerdì 26 ottobre 2018

La lezione della Lehman





di Francesco Simoncelli


Sono ormai passati dieci anni dal fallimento della Lehman Brothers, ma ciò che vediamo nell'ambiente economico non rappresenta affatto un ritorno a fondamentali di mercato in accordo con le scelte degli individui. La lezione che ha avuto il suo culmine con il fallimento della banca d'investimento statunitense non ha innescato alcuna scintilla di curiosità in coloro che hanno assistito impotenti alla caduta di un colosso creduto "solido" dalla maggior parte degli analisti finanziari. Richard Fuld, l'allora amministratore delegato della banca, non solo aveva ricevuto premi per la gestione corretta delle finanze della sua attività, ma è stato lesto a suggerire i classici "attacchi degli speculatori" quando le azioni della Lehman hanno iniziato ad incassare colpi incapacitanti. Una litania alquanto comune, non trovate? Anche perché è la stessa che abbiamo sentito quando Monte dei Paschi è finita sotto la lente d'ingrandimento dei media generalisti. Come ci insegna Juncker, quando le cose si fanno critiche bisogna mentire... e questo è accaduto più e più volte. Ma attenzione, però, perché la Lehman non era una banca qualunque, bensì una banca d'investimenti, quindi popolata da professionisti del settore sia dal lato degli impiegati che dal lato della clientela.

Malgrado ciò, la stessa banca è fallita. Perché? Perché i trader cialtroni sono quelli che misurano i delta e traggono le conclusioni. Spesso hanno attaccato questo spazio divulgativo poiché si ripete con una certa costanza come l'attuale ambiente economico sia costellato da errori economici pesante destinati ad essere corretti. Ma come riferimento prendono ciò che vedono sui loro monitor e in base a ciò prendono le loro decisioni... così come hanno fatto i trader "competenti" della Lehman. La loro incompetenza si palesa con prorompenza quando avviene il cosiddetto "evento imprevedibile" che fa cadere tutto il castello di carte finanziario. Di conseguenza invece di capire cosa succede, si trasformano in pecoroni e parlano a vanvera di effetti marginali, senza mai additare le cause. Un minuto di silenzio per tutti quei fessi che seguono i trader cialtroni.

Non è un caso se anche i grandi nomi nel mondo economico siano stati presi in contropiede dalla caduta della Lehman, e tra questi ci sono gli ex-presidenti della FED Bernanke e Yellen. Sembrava che l'ingegneria finanziaria avesse lanciato un nuovo paradigma nel mondo dell'alta finanza e tutti si aspettavano un mondo senza fine. Sulla carta i rapporti di capitale della Lehman erano solidissimi ed i prodotti in cui investiva erano definiti praticamente "a basso rischio". Il paradigma della bolla è proprio questo: gli asset gonfiati sono "a basso rischio", quindi bisogna battere il ferro finché è caldo. E la Leham proprio questo ha fatto, cavalcando la bolla e prestando orecchio ad una selva di analisi atte senza una teoria solida alle spalle: "è solo una correzione passeggera", "stavolta è diverso", "l'opportunità di comprare durante un ribasso", ecc.



Queste sono solo chiacchiere a cui possono credere i trader cialtroni o coloro tanto imbecilli da credere che basta un pezzo di carta per formare una persona in un determinato settore professionale. Il prezzo delle azioni di una banca è il sottile velo di speranza tra i suoi attivi e le sue passività e il rischio si accumula lentamente e si snoda velocemente. Gli asset della Lehman stavano diminuendo di valore mentre le passività aumentavano man mano che le margin call arrivavano da ogni dove. I rapporti di solvibilità e liquidità della Lehman sono svaniti in una manciata mesi. Il fallimento della banca d'investimento americana ha anche mostrato l'inutilità degli stress test e l'analisi tradizionale del rischio, tutti quei fronzoli sventolati davanti gli attori economici per confondere le idee. Infatti le cose vanno sempre così: negare l'esistenza di rischi, quando la loro esistenza diventa innegabile dire che sono gestibili, utilizzare i contribuenti come pagatori ultimi degli eccessi speculativi, dare la colpa agli speculatori. Non si procede ad approfondire le tematiche economiche per comprendere cause ed effetti e quindi non ricadere nuovamente negli errori del passato.

Gli Austriaci dissero, e dicono tuttora, "come" e "perché" e grazie alla loro metodologia sono in grado di avvertire di pericoli economici con un certo anticipo. Ovviamente non sono in grado di prevedere il "trigger", ma espongono le linee guida attraverso le quali avere chiaro come procede un ciclo di boom/bust.



LA TEORIA AUSTRIACA DEL CICLO ECONOMICO

È attraverso l'espansione del bacino dei risparmi reali che è possibile un aumento dello stock di beni capitali. L'aumento dei beni capitali, quando correttamente allocati, consente di far emergere una crescita economica. La politica monetaria allentata è la chiave per capire i cicli di boom/bust. Durante una recessione economica anche le imprese altamente sofisticate vanno in bancarotta, nonostante esse impieghino tecnologia altamente specializzata. Un'analisi attenta rivela che la radice del problema non è la mancanza di una tale tecnologia, ma piuttosto l'impiego sbagliato delle risorse economiche da parte delle imprese.

L'impiego di risorse contrario all'approvazione dei consumatori porta a ciò che comunemente chiamiamo "perdite". Uno dei principali fattori che contribuiscono ad una allocazione errata delle risorse è la falsificazione dei segnali di prezzo mediante politiche monetarie allentate da parte della banca centrale. La falsificazione persistente dei segnali di prezzo porta nel tempo ad una struttura produttiva che potrebbe essere molto specializzata, in barba ai desideri dei consumatori. Di conseguenza, indipendentemente dal grado di sofisticazione, una volta che inizia il processo di aggiustamento in linea con le priorità principali dei consumatori, anche tutte quelle strutture presumibilmente sofisticate, ma indesiderate, iniziano a sgretolarsi.

Di norma è una politica monetaria più ristretta da parte della banca centrale ad innescare questo processo di aggiustamento. La liquidazione di quelle strutture indesiderate è ciò che costituisce una recessione o una depressione. Contrariamente a quanto si pensa, la cosiddetta forza dell'economia, rappresentata da vari dati economici, non può contrastare il processo di aggiustamento una volta messo in moto da una posizione monetaria più ristretta della banca centrale. Se quest'ultima dovesse perseguire una posizione monetaria accomodante piuttosto che invertirla, ad un certo punto nel tempo il bacino dei risparmi reali inizierà a calare. Di conseguenza anche l'economia più ampia farà lo stesso. Se la banca centrale dovesse intensificare ulteriormente la sua politica monetaria accomodante per "stimolare l'economia", ciò non farebbe altro che indebolire ulteriormente il bacino dei risparmi reali e peggiorare le cose.

Sia Mises che Rothbard sostenevano che la politica migliore una volta che un'economia finisce in recessione è che la banca centrale e lo stato non facciano nulla. La riduzione della manomissione dell'economia, aumenta i risparmi reali per le imprese. Ciò consente loro di mettere in moto il processo di accumulo di ricchezza reale. Questo a sua volta rende molto più facile assorbire varie attività mal allocate. Inutile ricordare come un calo del bacino dei risparmi reali pone l'economia su un trend di crescita in declino, mentre un bacino in espansione dei risparmi reali pone l'economia su un trend di crescita persistente.

Un calo della crescita di suddetto bacino congiunto ad un declino ciclico, è associato ad una grave crisi economica spesso etichettata come depressione economica. Se invece il bacino dei risparmi reali è in crescita e si palesa un declino ciclico dovuto ad una posizione monetaria più ristretta da parte della banca centrale, sarà molto più facile assorbire le varie attività mal allocate. La ragione principale dei cicli di boom/bust è la posizione monetaria accomodante della banca centrale. Questa si traduce nell'espansione di denaro "dal nulla", cosa che mette in moto uno scambio di niente per qualcosa.

In un gold standard l'aumento dell'offerta di oro non mette in moto uno scambio di nulla per qualcosa, cioè un atto di appropriazione indebita, ma uno scambio di qualcosa per qualcosa. In assenza di uno scambio di nulla per qualcosa, c'è una probabilità molto bassa di persistente disallineamento delle risorse. L'espansione del denaro "dal nulla" falsifica i segnali dei prezzi e porta quindi ad una errata allocazione delle risorse. I primi ricevitori di questo nuovo denaro aumentano la domanda per vari beni. Una volta che la banca centrale inverte la sua posizione e l'espansione rallenta o si ferma, la domanda per suddetti beni rallenta o si ferma del tutto.

Ovviamente in un libero mercato avremo anche un'errata allocazione delle risorse a causa di errori commerciali; tuttavia, le perdite ricorrenti impedirebbero che le allocazioni errate diventino di natura duratura. Inoltre, l'errata allocazione delle risorse, o gli errori commessi dalle imprese, non saranno ampiamente diffusi, come nel caso della cattiva allocazione causata da politiche monetarie accomodanti da parte della banca centrale. Gli errori commessi dalle imprese sono di natura locale legati al modo in cui le imprese sono gestite. Quando le politiche della banca centrale definiscono l'errata allocazione delle risorse, queste distorsioni tendono a durare a lungo poiché né lo stato né la banca centrale operano nel quadro utili/perdite. Inoltre queste politiche esercitano il loro impatto sull'economia nel suo insieme e non sono limitate ad una particolare azienda o settore.



COSTANTE EROSIONE

Per nascondere sotto il tappeto il resto degli errori economici che sarebbero dovuti essere corretti sulla scia del fallimento della Lehman, si è scelto di scendere in un territorio inesplorato attraverso l'uso del quantitative easing. Ovvero, erodere costantemente il bacino dei risparmi reali per permettere a delle entità decotte si sopravvivere un giorno di più. I prezzi degli asset hanno continuato a salire sulla scia di politiche monetarie sotto steroidi. Le banche centrali hanno iniettato più di $20,000 miliardi nelle economie, facendo salire gli asset finanziari ai massimi storici.

Tuttavia il Giappone, la Cina e l'Europa hanno dimostrato come l'effetto placebo della politica monetaria smetta di funzionare a lungo andare. Gli esempi di BCE e BOJ sono lampanti, infatti il QE rappresenta propellente una tantum per i prezzi perché deforma la struttura dei prezzi, la quale finisce però inevitabilmente per aggiustarsi alla volontà degli attori economici. La Banca del Giappone ha iniziato ad acquistare ETF e nel 2018 il mercato ha smesso di aumentare mentre il Topix ha perso il 7%; la BCE ha prolungato il programma di Q€ e le azioni europee sono scese del 4%. Le azioni cinesi sono calate di oltre il 10% nonostante il massiccio pompaggio di liquidità.

Più di $9,000 miliardi di obbligazioni a rendimento negativo possono causare molti più danni all'economia rispetto a tutte le banche di investimento nel 2008 messe insieme. Questo perché la bolla che è stata gonfiata a questo giro è negli asset che la banca centrale si suppone dovrebbe "proteggere": le obbligazioni statali. Forse le ha "protette" fin troppo... anche questo aspetto fa parte della cecità della pianificazione centrale. Senza contare che questi asset sono la base dei patrimoni dei fondi pensione, i quali hanno un obbligo ufficioso di far crescere i loro attivi di circa l'8% all'anno pena il fallimento. Questa follia nei mercati obbligazionari li ha spinti ad esplorare asset molto più rischiosi per cercare di staccare rendimenti decenti. E tra questi asset ci sono azioni e derivati di ogni tipo e rating.

Se poi prendiamo come esempio le azioni, intuiamo che la ZIRP le ha rese schiave dell'ingegneria finanziaria piuttosto che della domanda reale di mercato. Perché? Perché gli incentivi negativi alla base della ZIRP spingono i piani alti di questi imprese ad immolare i loro bilanci sull'altare di riacquisti di azioni proprie/fusioni-acquisizioni/LBO e quindi sfoggiare facilmente risultati positivi. Per non parlare dei dividendi a pioggia per gli azionisti... Ma come già sottolineato più sopra, questa mamma è una tantum e il passare del tempo fa esaurire l'effetto placebo della politica monetaria ma lascia passivi concreti. Non è un caso, infatti, che il settore ricerca/sviluppo viene bypassato dirottando i fondi principalmente nell'ingegneria finanziaria. In questo modo l'azienda si scollega dall'economia reale e risucchia risorse economiche scarse (capitale umano e strumentale), le quali verranno allocata in modo errato. Maggiori risorse vengono sequestrate da queste attività zombi, maggiore sarà il dolore economico da sopportare quando la correzione inevitabile libererà queste risorse intrappolate.

Secondo l'ultimo documento della Banca dei Regolamenti Internazionali il numero di imprese zombie è nettamente aumentato negli ultimi venti anni.


Questa è il quadro generale di un problema che va oltre la piccola/media impresa. È una parte significativa dell'economia globale!

Che cosa accadrà alla domanda di credito di queste aziende man mano che i tassi saliranno ancora? prendiamo la Ford come esempio. A febbraio le case automobilistiche stavano ancora offrendo finanziamento allo 0% per 72 mesi. La Ford sapeva che le vendite sarebbero calate se avesse cercato di passare l'aumento dei tassi d'interesse ai suoi clienti. Infatti la perdita di redditività dovuta a questo calo delle vendite sarebbe stata superiore al costo di una continuazione dei finanziamenti allo 0%. SI stimava infatti che i costi di Ford sarebbero saliti a circa $1.4 miliardi. Il profitto annuale di Ford è di circa $5 miliardi, quindi questa decisione avrebbe consumato circa il 28% del suo utile netto.

Di recente abbiamo appreso che la Ford smetterà di produrre auto ad eccezione della sportiva Mustang, e Focus crossover. Si concentrerà sui camion, che hanno margini più elevati. I margini per camion e SUV possono essere abbastanza grassi da sostenere il sussidio finanziario, per ora. Lontano dalla copertura della stampa, molte altre aziende stanno riducendo la loro domanda di credito in risposta all'aumento dei tassi. Poi ogni gruppo di pressione e ogni politico farà pressione sulla FED affinché abbassi i tassi per evitare i fallimenti delle società zombi, i licenziamenti della loro forza lavoro, le perdite per banche/assicuratori/fondi pensione, la perdita di entrate fiscali, lo squilibrio dei bilanci previdenziali, l'imbarazzante colpo alle statistiche economiche come il PIL e la disoccupazione, ecc.

Quello disegnato è un quadro del calo della domanda di credito con l'aumento dei costi. E la domanda calerà ancora di più se si verificano suddetti fallimenti e licenziamenti. I disoccupati non acquistano nuovi camion Ford, anche se quest'ultima concede loro un finanziamento dello 0% per 72 mesi. Infatti le imprese gli zombi potrebbero non sopravvivere ancora a lungo, poiché con i tassi in aumento a partire da quest'anno la maggior parte di queste imprese zombi non sarà più in grado di rinnovare il loro debito in scadenza. Di conseguenza, poiché i tassi aumentano, i default aumenteranno inevitabilmente e non a caso Goldman Sachs avverte di un'ondata di fallimenti da $1,300 miliardi; e a seconda di quanto diventi diffuso il contagio, il fallout potrebbe avere conseguenze nefaste per il mercato obbligazionario, visto che circa $1,300 miliardi di debiti dovranno essere rifinanziati nei prossimi 5 anni.



LA "TOKENIZZAZIONE" DELL'ECONOMIA

Ci sono stati molti sviluppi negativi nei dieci anni successivi alla crisi della Lehman. Uno si sarebbe aspettato l'abbandono delle politiche monetarie e fiscali allentate affinché gli errori che hanno portato alla crisi della Lehman non si sarebbero ripetuti. Purtroppo non è stato così, sia per l'attuale ciclo del credito che per il prossimo. Il problema è non sapere chi è il responsabile. E questo è un problema di teoria economica. Gli economisti moderni insistono sul fatto che lo stato dovrebbe avere il controllo sul libero mercato. Sostengono che quest'ultimo sia incline a finire in cicli periodici di boom/bust, i quali possono essere alleviati solo dallo stato. Questa convinzione si è evoluta dalla proposizione dei keynesiani secondo cui lo stato dovrebbe avere un bilancio in pareggio durante la fase recessiva del ciclo economico, invece che lungo tutto il ciclo. L'idea era di aumentare la spesa con i deficit di bilancio per creare denaro durante il bust, nella speranza di recuperare più tardi, quando la ripresa avrebbe generato entrate fiscali superiori. La teoria economica classica è stata sostituita da una teoria statale della pianificazione economica.

Alcuni dicono che il primo segno della follia è credere che si abbia ragione e che la realtà sia sbagliata. È un problema che affligge i banchieri centrali. Definiscono il ciclo di boom/bust un ciclo economico supponendo che la sua origine sia nel libero mercato. Non considerano minimamente l'ipotesi che possa essere la politica monetaria stessa. Non riescono a rendersi conto che il ciclo ha le sue origini in un ciclo del credito, il quale è interamente una loro responsabilità.

Lo stato incolpa il settore privato, ed impiega esperti per supportare le sue politiche in modo da avere una giustificazione indiscutibile. La FED, ad esempio, impiega oltre 300 economisti di grande competenza (presumibilmente)... ciononostante continuano a sbagliare. Non ci vuole un genio per capire che se le banche centrali smettessero di manipolare il denaro, ed impedissero alle banche commerciali di emetterlo dal nulla sotto forma di credito bancario, il ciclo del credito scomparirebbe e con esso il ciclo economico. Invece dieci anno dopo la Lehman ci ritroviamo in una condizione in cui gli errori economici del passato si sono ingigantiti, mentre ne sono nati di nuovi: nessun deleveraging, l'economia di Main Street non ha affatto visto aumentare la propria ricchezza, l'ingegneria finanziaria alimentata dal credito facile è andata ad intasare gli ultimi bilanci puliti presenti sui mercati (medie/grandi aziende).

Questa saturazione dei vari bilanci degli attori economici renderà del tutto inutile qualsiasi nuovo stimolo proprio perché nonostante si possa aggiungere ulteriore debito alla gigantesca montagna già presente, esso non farà altro che infuocare di più l'improduttività del suo utilizzo e conseguentemente l'erosione continua del bacino della ricchezza reale. A questo giro, infatti, non ci sarà più una crisi del debito, ma una crisi delle valute fiat stesse. Ecco perché si sta cercando di mettere una pezza a questo inevitabile evento attraverso la tokenizzazione del denaro fiat canonico. Infatti storie di un'adozione crescente delle criptovalute spuntano giornalmente, soprattutto in virtù del livello preponderante di pianificazione centrale che si riverserà nelle nostre vite man mano che i pianificatori centrali perderanno il controllo.

Ma non solo negli USA, anche in Svizzera, ad esempio, in Austria e in Francia. La merce più commerciata in un ambiente fiat è la fiducia, e durante la prossima crisi ciò sarà decisamente evidente. Anche perché ormai anche i media generalisti sono diventate delle "Cassandre" al pari del sottoscritto che da molto tempo sta avvertendo di questo esito aggiungendo anche "come" e "perché". Il peg delle valute fiat alle criptovalute e all'oro sarà l'evoluzione dell'attuale ambiente economico, ma questa decisione porta con sé conseguenze indesiderate (per i pianificatori centrali) perché si avallerà la tesi di Hayek esposta in questo saggio.

In questo modo, la concorrenza premierà le criptovalute vere e libere, non le pseudo-criptovalute partorite da un gruppo ristretto di individui con interessi particolari. Chi ha studiato la Scuola Austriaca d'economia ed ha intuito grazie ai suoi strumenti intellettuali il potenziale di questo trend epocale, sfrutterà entrambe le situazioni e si posizionerà in anticipo traendone giustamente beneficio. Chi invece seguirà la massa e si accorgerà in ritardo del potenziale di riserva di valore/libertà che ha Bitcoin, pagherà un prezzo più alto per questa svista.

Nota a margine: chi fosse interessato ad apprendere come muovere i primi passi nel mondo delle criptovalute è disponibile questo servizio curato dal sottoscritto: https://bit.ly/2I90AY2
Per chi invece fosse interessato al metallo giallo, può consultare quest'altra pagina: https://bit.ly/2pwSv6N



CONCLUSIONE

Nel 2008 l'evento della Lehman ci ha nuovamente riproposto una lezione che la bolla dot.com avrebbe dovuto elevare a monito. Così come accaduto in tutte le altre crisi precedenti, la si è nuovamente ignorata pensando di seppellirla sotto cumuli di denaro fiat e debiti impagabili. Malgrado ciò la lezione resta e tutti gli interventi nell'economia si stanno dimostrando inutili al fine di negare l'essenza di questa lezione. Essa è insita nelle azioni dei singoli attori di mercato e, volenti o nolenti, portano avanti i principi apodittici dell'economia: le leggi economiche possono essere aggirate, ma non violate. Alla fine i nodi vengono al pettine e il presunto "mondo senza fine" che ci viene spacciato dai Trader cialtroni è solo un'illusione in cui il più furbo cerca di derubare il più sciocco.

La politica monetaria ultra allentata ha coperto tutte le classi di asset con una falsa coltre di sicurezza, mascherando il rischio con tassi ultra bassi. S'è cercato di risolvere una crisi costellata da eccesso di rischio, debito e squilibri aumentando il debito, gli squilibri ed i rischi. In sintesi, la crisi di Lehman è stata risolta creando più Lehman. L'esperimento globale post-2008 con il quantitative easing e la ZIRP/NIRP ha gonfiato le valutazioni di tutti gli asset di rischio in tutte le aree geografiche e in tutte le classi di asset: azioni, obbligazioni, credito, proprietà immobiliari, ecc. Stiamo parlando di circa $400,000 miliardi. La notizia peggiore è che l'eredità della Lehman andrà ad intaccare seriamente i fondi pensione, accelerando infine il crollo dell'attuale sistema di pianificazione monetaria centrale. Perché, come ripetuto spesso su questo blog, è il sistema pensionistico l'ultimo baluardo che sorregge la fiducia nello stato e nelle sue agenzie.

Ma la prossima crisi non sarà come quella del 2008, sarà peggiore. E, come ci ricorda la teoria Austriaca del ciclo economico, i tassi d'interesse in salita toglieranno gradualmente l'ossigeno a quelle attività che sono nate sulla scia delle politiche monetarie allentate, andando ad innescare quell'evento che ex post sarà definito l'incipit della recessione. È possibile che lo scoppio della bolla nei mercati del debito societario possa rappresentare il catalizzatore? Sì, come già abbiamo visto nella seconda metà del 2007 e all'inizio del 2008.