Bibliografia

venerdì 21 settembre 2018

Il peggior uomo nella storia moderna





di Alasdair Macleod


Sembra incredibile che a dispetto di tutta la storia fattuale e della conoscenza filosofica, qualcuno dovrebbe celebrare il bicentenario della nascita di Karl Marx. Più di chiunque altro, attraverso idee sbagliate, ha la responsabilità, indiretta, della morte di circa cento milioni di persone nel secolo scorso e della severa soppressione attraverso la servitù economica e sociale di ben un terzo della popolazione mondiale. E se includete anche coloro che hanno sofferto sotto il giogo del socialismo moderno di ispirazione marxista, la filosofia secondo cui lo stato è più importante dell'individuo, quasi tutto il mondo è stato influenzato dalla filosofia marxista.

Potrebbe sembrare un'affermazione estrema, ma vi basta chiedere a chiunque, ovunque, se considera più importante l'individuo o lo stato, per vedere se questa supposizione sia corretta. L'unica spiegazione per la continua adorazione di quest'uomo è l'ignoranza e la cecità dei suoi sostenitori di fronte alla realtà. Tuttavia, durante la sua vita era a malapena conosciuto. È rimasto sconosciuto fino alla rivoluzione russa, trentaquattro anni dopo che cominciò ad essere preso sul serio.

In che modo Marx ha raggiunto questa posizione postuma? Non attraverso le sue teorie economiche, anche se spesso vengono citati i principi fondamentali del suo Manifesto del Partito Comunista, ma attraverso la sua filosofia, vecchie idee di uomini dimenticati come Hegel (1770-1831), le quali ha reinterpretato in una filosofia socialista che oggi ancora molti accettano nonostante le prove accumulate contro di essa. La differenza con Hegel è che quest'ultimo si sforzò di stabilire che l'evoluzione storica avrebbe portato ad aumentare la libertà individuale, mentre Marx si sforzava di dimostrare che l'individuo non aveva alcun ruolo nell'evoluzione storica.

Hegel sosteneva che tutta la realtà è capace di esprimersi in categorie razionali e può essere ridotta ad un'unità sintetica mediante il ragionamento dialettico all'interno di un sistema di idealismo assoluto.[1] In parole povere, concluse che tutti noi prendiamo spunto dai nostri ambienti e circostanze sociali e culturali, e che essi a loro volta sono fissati da eventi storici. Questo divenne la base per la filosofia di classe di Marx, che, in comune con Hegel, negava qualsiasi ruolo all'indipendenza del pensiero umano.

La sua posizione filosofica è stata ampiamente descritta nel suo libro, A Contribution to the Critique of Political Economy, pubblicato nel 1859. Il principio fondamentale del marxismo è affermato all'inizio della prefazione, dove definisce la sua deduzione dalla dialettica hegeliana: "Non è la coscienza degli uomini che determina la loro esistenza, ma la loro esistenza sociale che determina la loro coscienza." In altre parole, l'organizzazione sociale ha la precedenza sull'individuo, e quindi ne consegue che l'individuo è subordinato all'organizzazione sociale.

Segue da questa logica che le classi che si formano in base agli interessi materiali, costringono i membri di tali classi a pensare e ad agire nei loro ristretti interessi di classe e non indipendentemente nel loro interesse personale, non esistendo nulla di simile. Per Marx, le ideologie si sono evolute su linee di classe, dove dominavano gli interessi della minoranza, la borghesia. E poiché la borghesia trae beneficio dal lavoro del proletariato, è nel loro interesse mantenerlo represso. L'accumulo di ricchezza nelle mani della borghesia era interamente dovuto allo sfruttamento del proletariato.

Il mondo di Marx era un bianco e nero di abbienti e non abbienti, sfruttatori e sfruttati. Come aveva detto Emmanuel Kant (1724-1804): "Se un uomo ha più del necessario, un altro uomo ne ha meno."[2] L'unico modo in cui questo presunto errore potrebbe essere eliminato, sarebbe attraverso il collasso del sistema capitalista, il quale ha portato agli squilibri sopraccitati. La soluzione finale era una società senza classi, consegnando al proletariato i mezzi di produzione amministrati a loro nome da un governo rivoluzionario.

Marx vide crolli economici sempre più dirompenti nel corso della sua vita ed essi colpivano il proletariato più duramente, portando a disoccupazione e fame. Inizialmente Marx era convinto che man mano che i crolli sarebbero peggiorati, alla fine sarebbe stata innescata una rivoluzione comunista, ed i socialisti (cioè lo stesso Marx) avrebbero preso il comando dei governi capitalisti per conto del proletariato. Sfortunatamente per Marx, questo non accadde mai, ed egli si rivolse sempre più ad una rivoluzione violenta per affrettare la soluzione definitiva, a riflesso della sua crescente impazienza e disperazione.

Marx disprezzava ed odiava anche altri socialisti, con un'irrazionalità che non poteva che essere alimentata dalla paura della competizione. Quest'odio è presente ancora oggi, con i comunisti che detestano ogni forma di socialismo nazionale. La linea di ragionamento di Marx lo ha anche liberato dalle critiche, perché i dissidenti venivano sempre etichettati come borghesi, e quindi venivano liquidati come difensori della loro classe. Etichettati come borghesi, non erano qualificati per commentare su questioni che riguardavano il proletariato. L'unica risposta era che la borghesia si unisse al proletariato, o fosse obbligata a farlo, quindi i loro interessi sarebbero stati allineati con la forza.

Non possiamo sorvolare sulle incoerenze qui, dove da una parte la borghesia non può che perseguire un rigido interesse di classe, ma i suoi membri sono capaci di esprimere un interesse indipendente richiesto per migrare in un'altra classe. E dobbiamo anche menzionare che Marx stesso, insieme al suo sostenitore Engels, era un membro della cosiddetta borghesia, così secondo la sua rigorosa dottrina, era incapace ad allinearsi all'interesse proletario.

Il dogma marxista era pieno di tali incoerenze. In parte questo era dovuto allo stato della conoscenza umana all'epoca, e che costituiva la base di ogni dibattito dialettico. Contemporaneamente Darwin propose la sua teoria evolutiva, pronunciando che gli umani si erano evoluti dalle scimmie, e quindi erano semplicemente una forma superiore di animali, non una specie a parte favorita da Dio. Questa fu una manna per la filosofia marxista.

Siamo ancora al periodo antecedente lo sviluppo della psicologia di Sigmund Freud e Josef Breuer. Allora si credeva che tutti i cervelli umani fossero gli stessi; il concetto che gli umani differissero nella loro intelligenza, nella loro acutezza, era sconosciuto. Si credeva anche che la malattia mentale fosse un disordine emanato dal corpo. Per Marx il filosofo, attingendo all'approccio dialettico di Hegel, avrebbe potuto sembrare logico che tutti siamo uguali, e che le ovvie differenze sociali dipendono dalla nostra educazione nell'una o nell'altra classe.

Non definì mai la classe, che è un concetto troppo insidioso da definire. Invece separò l'umanità tra la maggioranza sfruttata, il proletariato, e la minoranza che controlla il proletariato, la borghesia. Si aspettava che il proletariato alla fine si ribellasse, costringendo la borghesia a finire nella classe inferiore, affinché potesse essere governata da un'amministrazione socialista. Credeva veramente che ciò sarebbe accaduto, perché sotto il capitalismo l'impoverimento degli operai era inevitabile e ciò avrebbe portato ad una rivoluzione dei lavoratori. Eppure, allo stesso tempo, credeva nella legge ferrea dei salari, teorizzata da David Ricardo. Secondo questa legge, i salari erano stabiliti dalla disponibilità di lavoro e dai pagamenti richiesti per la sussistenza. Salari più alti rispetto a questo livello base avrebbero portato ad un aumento della disponibilità di manodopera nel tempo, mentre salari più bassi avrebbero ridotto il bacino di manodopera. In questo modo si prevedeva che il costo del lavoro si riequilibrasse a livello della sussistenza. Il lavoro era considerato una merce semplice, la cui offerta era regolata dalla sua domanda. Tuttavia Marx credeva nella legge ferrea dei salari, e ciò è in contrasto con la sua supposizione che il proletariato si sarebbe gradualmente impoverito.

Successivi miglioramenti nelle conoscenze economiche hanno comunque smentito entrambe le teorie. L'approccio di Marx presumeva arrogantemente che i lavoratori siano schiavi del lavoro, cosa che non sono. Sono individui con aspirazioni individuali e, come hanno mostrato più tardi Freud e Breuer, hanno cervelli separati dal corpo, con capacità mentali individuali che governano il corpo. Marx disprezzava persino i sindacati dell'epoca, sostenendo che chiedere salari più alti significava colludere con i membri della borghesia negoziando con loro, quando invece dovevano cercare la loro distruzione. Il suo pensiero si era evoluto: prima la classe borghese si sarebbe suicidata col passare del tempo, poi invece finì per incoraggiare una rivoluzione di classe violenta. I lavoratori in sciopero compromettevano entrambe le alternative.

Marx elaborò anche una teoria del materialismo dialettico, un concetto basato sulla dialettica hegeliana e la filosofia materialista di Ludwig von Feuerbach (1804-72), in cui le forze produttive materiali erano destinate a spingere la società attraverso la lotta di classe verso il socialismo. Il materialismo, in questo senso, è la dottrina secondo cui tutti i cambiamenti sono causati da entità materiali, processi ed eventi, e che tutte le idee, le scelte e i giudizi di valore umani possono essere ridotti a cause materiali, che un giorno saranno spiegate dalle scienze naturali.

Marx, l'uomo, ed Engels, il suo finanziatore, provenivano dalla borghesia e non avevano nulla in comune con il proletariato. La loro motivazione era fondamentalmente disonesta. Dopo aver aspettato la distruzione della borghesia attraverso un'evoluzione dal capitalismo, cercarono attivamente una rivoluzione violenta, e non c'è dubbio che si aspettavano con impazienza di emergere come i leader del nuovo ordine. Disprezzavano gli altri socialisti, i quali erano visti come rivali. Molto più famoso ai tempi di Marx fu Ferdinand Lassalle (1824-64), che condivideva la filosofia di base hegeliana, ma aiutò Bismarck a sconfiggere i liberali in Prussia. Per Marx, questa cooperazione con un governo era un anatema, proprio come sarebbe stato il socialismo nazionale era per i marxisti nel secolo successivo.

Per Marx, il comunismo mondiale poteva avere solo un leader e gli altri socialisti dovevano essere denunciati. Come dice von Mises, la cosa peggiore per un socialista è essere governato da un socialista che non è suo amico.

Marx ed Engels disprezzavano sia il nazionalismo che il socialismo nazionale, perché volevano una rivoluzione globale, quindi non c'era spazio per le caratteristiche nazionali o per la cooperazione con i governi. Era la loro offerta per il dominio del mondo, preparata nella sala di lettura della British Library. Un decennio dopo la pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista, Marx smise di sostenere la rivoluzione pacifica in favore della guerra civile in tutti i Paesi per distruggere la classe borghese. Marx ed Engels cercarono di provocarla e trarne beneficio. La trama con Engels prese sempre più questa direzione ed Engels studiò la scienza militare in preparazione del suo ruolo di comandante in capo.[3]

Nonostante le teorie di Marx ed il successivo complotto con Engels, il marxismo fu esposto dagli eventi come un fallimento. Negli anni che seguirono la pubblicazione del Manifesto del Partito Comunista fino alla sua morte, avvenuta nel 1883, nonostante i cicli di boom/bust fino alla metà di quel secolo, il destino del proletariato migliorò incommensurabilmente. C'era qualcosa di sbagliato con le previsioni marxiste, e l'architetto capo era finito nell'oblio. Aveva, tuttavia, stabilito il modello per Lenin, il quale avrebbe impugnato lo stendardo marxista con la rivoluzione russa trentaquattro anni dopo.

Ora sappiamo cos'è successo. Proprio come Marx cercò una rivoluzione comunista globale, distruggendo sia gli stati nazionali che la borghesia, Lenin aveva lo stesso obiettivo. È persistito nell'era postbellica, con l'annessione dell'Europa orientale e con i persistenti tentativi di indebolire l'Europa occidentale. Le spie sovietiche erano ovunque. Non solo i cinque professori di economia di Cambridge e di sinistra promuovevano il socialismo nelle migliori università, persino Harry Dexter-White, un funzionario del Tesoro americano che fondò il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, era una spia sovietica.[4]

Marx era un lavativo che avrebbe dovuto semplicemente sprofondare nell'oblio. Ma come Keynes nel secolo successivo, ha fatto sì che le sue mezze verità sembrassero eminentemente plausibili.

La ragione per cui Marx era un uomo pessimo, persino malvagio, è il complotto per il dominio non solo di un Paese, ma del mondo intero, sostenendo le forze distruttive della violenza civile. Era una parodia scadente di un cattivo dei film di James Bond. E come nel caso di tutti i socialisti, voleva il dominio totale. Potreste pensare che fosse un Don Chisciotte dei suoi tempi, delirante e pazzo, e che Engels fosse una specie di Sancho Panza finanziario senza cervello. Non è così: Marx fu un fallimento come filosofo.

Fu la filosofia sbagliata di Marx che portò alla morte di cento milioni di anime, perpetrata da coloro che ispirò, così come la schiavitù della maggior parte della popolazione in terra eurasiatica. E se vogliamo identificare il suo errore catastrofico in termini più semplici, ci basta leggere la frase nella prefazione al suo A Contribution to the Critique of Political Economy. Infatti sarebbe bastato enunciarla al contrario: "È la coscienza degli uomini che determina la loro esistenza, e non la loro esistenza sociale".

il mondo sarebbe oggi un posto molto migliore, con la gente comune che avrebbe portato progresso economico al prossimo senza sostenere il peso delle filosofie fallite di Marx.

Marx è la mia nomina per l'uomo peggiore nella storia moderna dell'umanità, e dovremmo ricordare questo e solo questo nel bicentenario della sua nascita.



[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Hegel, come Marx, ragionava partendo da una tesi, poi passava ad una negazione della tesi e quindi una negazione della negazione. Questa doveva essere la prova inconfutabile di una conclusione. Ma se i fatti storici e ordinari, e qualsiasi ipotesi, sono sbagliati sin dall'inizio, l'intera tesi ovviamente decade.

[2] L'aforisma di Kant è stato smentito da un certo numero di economisti che sottolineano che gli scambi sono volontari e che entrambe le parti ne beneficiano, altrimenti lo scambio non avverrebbe. È anche vero per quanto riguarda il rapporto tra datore di lavoro e dipendente, sebbene possa essere più spinoso.

[3] A Engels piaceva la caccia alla volpe, proclamandola una buona preparazione per il comando militare. Era inconciliabilmente borghese, persino snob, rifiutandosi di sposare il suo amore di sempre, perché era socialmente inferiore.

[4] Dexter-White era solo una delle spie sovietiche di alto livello nel governo degli Stati Uniti. L'intera rete è stata rivelata da Oleg Gordievsky, un disertore del KGB, nel suo libro KGB, The Inside Story, Hodder & Stoughton 1990.

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5 commenti:

  1. Francesco Simoncelli, o sei stupido o sei in malafede. Probabilmente entrambe.

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  2. Grande pezzo di ALASDAIR MACLEOD
    Grazie Francesco.

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  3. Articolo eccellente! Verità assolute mai citate,raccontate,divulgate....tanto quanto le solite che conosciamo tutti!😉

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