mercoledì 29 agosto 2018

L'Europa dovrebbe armonizzarsi al livello tributario dell'Irlanda, non della Francia





di Daniel Lacalle


Ogni volta che parliamo di tagli fiscali e programmi fiscali orientati alla crescita in Europa, molti ci dicono che "non è possibile" e che l'Unione Europea non lo consente.

Tuttavia ciò è falso. Sistemi fiscali orientati alla crescita non solo sono possibili nell'Unione Europea, ma i Paesi che li attuano hanno tassi di crescita economica più elevati, meno disoccupazione ed uno stato sociale ben finanziato.

Per ingannarci, siamo costretti ad ignorare Irlanda, Paesi Bassi e Lussemburgo, nonché la maggior parte dei leader della tecnologia e della creazione di posti di lavoro.

Tasse più basse e maggiore liberalizzazione rispetto al resto dell'Eurozona significano maggiore crescita, migliore ricchezza e maggiore benessere sociale. Il miracolo economico dell'Irlanda non è statalismo. Il suo segreto è porre la stabilità di bilancio, l'attrazione per gli investimenti, l'iniziativa privata e massimizzare il reddito disponibile dei cittadini come quintessenza della sua politica economica.

L'Irlanda ha un'aliquota societaria del 12.5% e un'aliquota del 6.25% sul reddito derivante da brevetti e proprietà intellettuale, un fattore chiave per attrarre aziende tecnologiche. Il suo salario minimo è quasi il doppio di quello della Spagna, del Portogallo e di altri Paesi della zona Euro, anche le pensioni medie sono più alte ed i suoi sistemi sanitari e di istruzione sono di altissima qualità, con nove università tra le migliori al mondo secondo il Best Global Universities Ranking 2018.

Il debito dell'Irlanda rispetto al PIL è del 73%, la disoccupazione è del 5.1% (la disoccupazione giovanile all'11.4%), il deficit pubblico è solo dello 0.7% del PIL.

Solo pochi anni fa, l'Irlanda era vicina al baratro finanziario e il rendimento dei titoli decennali era salito al 14%. L'Irlanda era considerata uno dei Paesi a più alto rischio di default insieme a Spagna, Portogallo, Grecia ed Italia. Da allora, le tasse basse, il controllo del budget e le riforme orientate ad attrarre capitali, hanno reso l'Irlanda l'economia europea in più rapida crescita, con un tasso di disoccupazione inferiore alla metà di quello della Spagna, ad esempio.

I deficit sono stati tagliati, il debito è sotto controllo, l'economia dovrebbe crescere del 5.1% nel 2018 e dovrebbe raggiungere la piena occupazione nel 2019.

L'Unione Europea non ha bisogno di armonizzare i sistemi fiscali, ma se lo facesse, dovrebbe farlo implementando i sistemi che promuovono la crescita e l'occupazione, non quelli che promuovono la stagnazione.

Un sistema fiscale confiscatorio e un settore pubblico ipertrofico hanno creato debito e stagnazione in quei Paesi dell'Eurozona che li hanno implementati. La Francia è un esempio chiave.

L'ultima volta che la Francia ha avuto un bilancio in pareggio era il 1980 e dal 1974 non ha mai generato un surplus. Il debito pubblico ha raggiunto il 97% del PIL e l'economia è rimasta stagnante per due decenni. La disoccupazione si attesta al 9.2% (con il 20.4% di disoccupazione giovanile) e nel 2017 aveva ancora un deficit delle partite correnti di €6.5 miliardi, mentre l'Eurozona aveva un surplus. In un Paese in cui la spesa pubblica supera il 57% del PIL, dove la spesa della pubblica amministrazione è cresciuta di oltre il 13% dal 2008 e il 22% della popolazione attiva lavora per lo stato, i governi locali e gli enti pubblici, parlare di austerità è uno scherzo. Inoltre la Francia ha speso decine di miliardi su "piani di stimolo" sin dal 2009. In particolare, €47 miliardi nel 2009, €1.24 miliardi nel settore automobilistico e due "piani di crescita" sotto il mandato di Hollande: €37.6 miliardi ("investimenti") e €16.5 miliardi ("tecnologia").

Quando parliamo di tassazione nella zona Euro, di solito parliamo di entrate fiscali rispetto al PIL, e non di cuneo fiscale, che è ciò che ciascuno di noi paga in tasse sul proprio reddito totale.

Secondo lo studio PricewaterhouseCoopers Paying Taxes del 2018, le società europee hanno un cuneo fiscale del 40%. Il cuneo fiscale è quasi del 40% inferiore in Paesi come Lussemburgo, Irlanda o Danimarca, e il 12% in meno nei Paesi Bassi.


Se guardiamo alle famiglie, le cose sono molto simili. La maggior parte dei Paesi della zona Euro ha un cuneo fiscale per le famiglie (con uno stipendio e due figli) che è il doppio della media in Irlanda, Svizzera o Lussemburgo e del 20% in più rispetto all'Olanda.


Ma per quanto riguarda la protezione sociale ed il welfare? Irlanda, Paesi Bassi e Lussemburgo hanno sistemi di welfare facilmente accessibili e ben finanziati.

Gli interventisti parlano sempre dei Paesi nordici come nazioni con tasse molto alte, eppure il loro cuneo fiscale è inferiore per le aziende e le famiglie rispetto alla media dell'Eurozona.

I Paesi con imposte più alte non godono di un welfare migliore o protezione sociale migliore, ma hanno tassi di disoccupazione più elevati, crescita più debole e debito più elevato. L'alta tassazione scoraggia l'attività economica, gli investimenti e il consumo e, ovviamente, le entrate fiscali si indeboliscono.

Macron chiede un'armonizzazione dei sistemi fiscali in Europa. Sono d'accordo, cerchiamo di armonizzarci al livello dell'Irlanda. Ma no, quello che Macron sottintende quando usa la parola "armonizzare" è "aumentare le tasse": la ricetta per la disoccupazione e la stagnazione.

I governi ignorano l'effetto benefico della tassazione orientata alla crescita, perché il loro obiettivo non è la crescita, gli investimenti o l'occupazione, ma il controllo.

Il modello fiscale europeo non può essere quello di imporre ciò che non funziona. Le tasse devono essere abbassate per crescere e creare più occupazione. Le tasse elevate non garantiscono il welfare state, lo rendono insostenibile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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