Bibliografia

martedì 3 luglio 2018

Ecco la vera definizione di recessione e non riguarda affatto il PIL





di Frank Shostak


Secondo il National Bureau of Economic Research (NBER), l'istituzione che monitora i picchi ed i minimi dei cicli economici:

Una recessione è un calo significativo e diffuso dell'attività economica che dura più di qualche mese, normalmente visibile nel PIL reale, reddito reale, occupazione, produzione industriale e vendite al dettaglio. Una recessione inizia subito dopo che l'economia ha raggiunto un picco di attività e finisce quando l'economia raggiunge il suo livello minimo.[1]

Secondo il NBER, poiché una recessione influenza ampiamente l'economia e non è limitata ad un settore, è opportuno prestare attenzione ad una singola misura dell'attività economica aggregata, ovvero, il PIL reale. Il NBER considera il PIL reale come la migliore misura dell'attività economica aggregata.

Sospettiamo che sulla base della definizione molto generale del NBER, la stampa finanziaria, come scorciatoia, abbia introdotto la definizione popolare di recessione inquadrandola in due trimestri consecutivi di calo del PIL reale. Inoltre, seguendo la regola dei due quarti di declino nel PIL, gli economisti non devono aspettare il verdetto finale del NBER, che spesso può richiedere molti mesi dopo la recessione.

Indipendentemente dal fatto che si adotti la definizione più ampia del NBER, o della versione abbreviata, queste definizioni non ci dicono niente in realtà.

Dopotutto, lo scopo di una definizione è stabilire l'essenza dell'oggetto dell'indagine. Sia il NBER che la definizione popolare non forniscono una spiegazione di cosa sia una recessione. Invece descrivono le varie manifestazioni di quest'ultima.



Il problema con la misurazione del PIL

Un altro grave problema con entrambe le definizioni è che la recessione è definita in termini di prodotto interno lordo reale (PIL), il quale rispecchia presumibilmente il totale dei beni e dei servizi finali prodotti.

Per calcolare un totale, devono essere sommate diverse cose; ma affinché possano essere sommate, devono avere qualcosa in comune. Non è possibile sommare frigoriferi ad automobili ed ottenere l'unità totale dei beni finali. Poiché la produzione reale totale non può essere definita in alcun modo, non può essere neanche quantificata. Per risolvere questo problema, gli economisti utilizzano la spesa monetaria complessiva per beni e la dividono per un prezzo medio di tali prodotti. Ma è possibile il calcolo di una media dei prezzi?

Supponiamo che vengano condotte due operazioni. Nella prima operazione un televisore viene scambiato per $1,000. Nella seconda operazione una camicia viene scambiata per $40. Il prezzo o il tasso di cambio nella prima operazione è di $1,000/TV. Il prezzo nella seconda operazione è di $40/camicia. Al fine di calcolare il prezzo medio, dobbiamo sommare questi due rapporti e dividerli per 2. Tuttavia $1,000/TV non è possibile sommarlo a $40/camicia, il che implica che non è possibile stabilire un prezzo medio.

Su questo tema Rothbard scrisse:

Pertanto qualsiasi concetto di livello medio dei prezzi comporta l'addizione, o la moltiplicazione, di unità di prodotti completamente diverse, come burro, cappelli, zucchero, ecc. Ed è quindi privo di significato e illegittimo.[2]

Poiché il PIL è espresso in termini di dollari, che sono aggiustati secondo un dubbio deflatore dei prezzi, è ovvio che le sue fluttuazioni saranno determinate dalle fluttuazioni della quantità di dollari pompata nell'economia. Quindi le varie dichiarazioni degli statistici statali riguardo il tasso di crescita dell'economia reale, non sono altro che un riflesso delle fluttuazioni del tasso di crescita dell'offerta di moneta.

Una volta che la recessione viene affiancata al PIL reale, non sorprende se la banca centrale sembri essere in grado di contrastare gli effetti recessivi che emergono. Ad esempio, facendo aumentare la quantità di denaro nell'economia, le azioni della banca centrale sembrerebbero efficaci poiché il PIL reale mostrerà una risposta positiva a questo pompaggio dopo un breve lasso di tempo. (Ricordate che i cambiamenti nel PIL reale riflettono cambiamenti nell'offerta di moneta). Si osservi che una volta che l'economia è espressa attraverso il PIL, la banca centrale sembrerà essere in grado di gestire l'economia (cioè, il PIL) mediante un adeguato mix di politiche.

Anche se si dovesse accettare che il PIL reale non sia una finzione e descriva la cosiddetta economia reale, vi è ancora un problema sul perché le recessioni siano di natura ricorrente. È possibile che vari shock causino questa recessione ripetitiva? Sicuramente ci deve essere un meccanismo che dia origine a questo evento ripetitivo...



La causa dei cicli boom/bust

In un mercato libero e senza ostacoli, potremmo immaginare che l'economia sarebbe soggetta a vari shock, ma è difficile immaginare un fenomeno di cicli boom/bust ricorrenti.

Secondo Rothbard:

Prima della rivoluzione industriale, verso la fine del XVIII secolo, non c'erano stati boom e depressioni periodicamente ricorrenti. Ci sarebbe stata un'improvvisa crisi economica ogni volta che un re avrebbe dichiarato guerra, o confiscato la proprietà dei suoi sudditi; ma non vi era alcun segno di fenomeni particolarmente moderni costituiti da oscillazioni generali e regolari nel mondo degli affari, espansioni e contrazioni.[3]

In breve, il fenomeno del ciclo boom/bust è in qualche modo collegato al mondo moderno. Ma qual è la connessione? Un attento esame ci rivela che il collegamento è in realtà il sistema bancario moderno, coordinato dalla banca centrale.

La fonte delle recessioni risulta essere il presunto "protettore" dell'economia: la banca centrale stessa.

Ulteriori indagini dimostrerebbero che il fenomeno delle recessioni non riguarda la debolezza dell'economia in quanto tale, ma la liquidazione di varie attività sorte sulla scia delle politiche monetarie accomodanti della banca centrale. Ecco perché.

Una politica monetaria allentata della banca centrale mette in moto uno scambio di niente per qualcosa, il che equivale a una deviazione di ricchezza reale dalle attività creatrici di ricchezza a quelle che la sprecano. Nel processo questa deviazione indebolisce i creatori di ricchezza, e questo a sua volta indebolisce la loro capacità di far crescere l'insieme complessivo della ricchezza reale.

L'espansione di quelle attività che si basano sulla politica monetaria allentata è ciò che possiamo definire un "boom" economico (o una falsa prosperità economica). Si noti che una volta che il ritmo dell'espansione monetaria si è rafforzato, indipendentemente da quanto sia forte e grande un'economia, si rafforzerà il ritmo della deviazione della ricchezza reale.

Tuttavia, una volta che la banca centrale restringe la propria posizione monetaria, ciò rallenta la deviazione della ricchezza reale dai creatori di ricchezza a coloro che la sprecano. Quelle attività nate grazie alla precedente politica monetaria accomodante, ricevono in questa fase meno sostegno dall'offerta di moneta. Finiscono quindi nei guai: emerge un fallimento economico o la cosiddetta recessione.

Indipendentemente da quanto sia grande e forte un'economia, una posizione monetaria più ristretta indebolirà le varie attività anti-economiche che sono sorte in seguito alla precedente politica monetaria allentata. Ciò significa che le recessioni, o i bust economici, non hanno nulla a che fare con la cosiddetta forza di un'economia, una maggiore produttività, o una migliore gestione delle scorte da parte delle imprese.

Ad esempio, a seguito di una posizione monetaria allentata da parte della FED, emergono varie attività per soddisfare la domanda di beni e servizi dei primi destinatari del denaro ex novo. Ora, anche se queste attività sono ben gestite e mantengono un controllo degli inventari molto efficiente, questo fatto non può essere di grande aiuto una volta che la banca centrale annulla la sua posizione monetaria allentata. Ancora una volta, queste attività sono il prodotto della posizione monetaria allentata della banca centrale. Una volta invertita la posizione, indipendentemente da quanto sia efficiente la gestione degli inventari, queste attività subiranno pressioni e rischieranno di essere liquidate.

Da quanto detto si può concludere che le recessioni sono la liquidazione delle attività economiche nate da una politica monetaria accomodante della banca centrale. L'intero processo recessivo viene messo in moto quando le banche centrali invertono la posizione precedente.

Abbiamo stabilito che le recessioni riguardano le liquidazioni di attività improduttive, ma perché sono ricorrenti? La ragione di ciò sono le politiche della banca centrale che mirano ad aggiustare le conseguenze non intenzionali che derivano dai suoi precedenti tentativi di stabilizzare la cosiddetta economia, cioè, il PIL reale.

A causa del lasso di tempo dovuto alle variazioni monetarie, alle variazioni dei prezzi e alle variazioni del PIL reale, la banca centrale è costretta a rispondere agli effetti delle sue precedenti politiche monetarie. Queste risposte agli effetti delle politiche passate danno luogo alle fluttuazioni del tasso di crescita dell'offerta di moneta e, a sua volta, ai cicli ricorrenti di boom/bust.



Conclusioni

Contrariamente al modo di pensare popolare, le recessioni, quando correttamente comprese, non sono una crescita negativa del PIL per almeno due trimestri consecutivi.

Le recessioni, che sono messe in moto da una posizione monetaria ristretta della banca centrale, riguardano le liquidazioni di attività sorte in seguito alle precedenti politiche monetarie allentate. Piuttosto che prestare attenzione alla cosiddetta forza del PIL reale per accertare dove si diriga l'economia, sarà più utile prestare attenzione al tasso di crescita dell'offerta di moneta.

Seguendo il tasso di crescita dell'offerta di moneta, si può accertare il ritmo dei danni all'economia reale che le politiche della banca centrale vi infliggono. Quindi l'aumento del ritmo di crescita dell'offerta di moneta dovrebbe significare che il ritmo della distruzione della ricchezza si sta intensificando. Al contrario, un calo del ritmo di crescita dell'offerta di moneta dovrebbe significare che il ritmo della distruzione della ricchezza si sta indebolendo.

Inoltre una volta compreso che la cosiddetta crescita economica reale, rappresentata dal PIL reale, riflette le fluttuazioni del tasso di crescita dell'offerta di moneta, diventa chiaro che un boom economico non ha nulla a che fare con un'espansione economica reale e sostenibile. Al contrario, tale boom riguarda una distruzione economica, poiché indebolisce il bacino della ricchezza reale, il cuore della crescita economica reale.

Quindi, nonostante dati "buoni" sul PIL, molti più individui potrebbero trovare molto più difficile riuscire a sbarcare il lunario.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] The NBER’s Business-Cycle Dating Procedure (NBER, 21 ottobre 2003).

[2] Murray N.Rothbard, Man Economy and State, Nash Publishing p. 734.

[3] Rothbard The Austrian Theory of the Trade Cycle and other essays, The Mises Institute, 1983.

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