di Alasdair Macleod
Ci sono due problemi con la comprensione della deflazione: è mal definita e ha una brutta nomea. Questo articolo mira a porre la deflazione nel suo giusto contesto. Questo è un argomento importante per i sostenitori dell'oro come denaro, i quali saranno consapevoli del fatto che il denaro sonante, in teoria, porta a prezzi più bassi nel tempo e tale viene spesso criticato come obiettivo, perché non rappresenta uno stimolo inflazionistico.
La definizione più semplice di deflazione è la seguente: contrazione della quantità di denaro. Questo può avvenire in uno o più di tre modi. La banca centrale può ridurre la quantità della base monetaria, le banche commerciali possono ridurre la quantità di credito bancario, o gli stranieri, in possesso della vostra valuta, a causa di uno squilibrio commerciale la vendono alla banca centrale.
Il legame con i prezzi è tutt'altro che meccanico, perché il determinante più importante del livello generale dei prezzi è l'appetito relativo al possesso di denaro, e non i cambiamenti della quantità in circolazione, come invece direbbero i monetaristi. A parità di condizioni, una deflazione della quantità di denaro può essere compensata da un calo del desiderio degli individui di possedere contanti e depositi, in modo che il livello generale dei prezzi non ne sia influenzato.
In alternativa, può verificarsi un calo del livello generale dei prezzi senza una corrispondente deflazione monetaria. Ciò accade se aumenta la preferenza generale nel voler possedere i soldi. Un'ulteriore considerazione è che una popolazione potrebbe decidere collettivamente, in base all'incremento dell'incertezza sul futuro, di accumulare denaro invece che lasciare i propri risparmi in una banca. Il conseguente squilibrio tra la produzione da una parte e il consumo (immediato e differito) dall'altra, causato da variazioni della liquidità fisica trattenuta dalla circolazione, può avere un effetto notevole sui prezzi.
In periodi di stabilità monetaria, è probabile che si verifichi una deflazione dei prezzi a causa del progresso economico. Nei mercati liberi quando il denaro è sonante, si sviluppa una sana relazione tra consumo e risparmio. Le imprese concorrenti hanno accesso al risparmio per investire in una produzione più efficiente di beni, con conseguente miglioramento dei prodotti e riduzione dei prezzi. Inoltre le catene della produzione si allungano, portando pienamente i vantaggi della specializzazione all'assemblaggio delle parti in ogni prodotto. Ma queste condizioni possono durare solo se il denaro è sonante, in totale assenza di quei fattori che sconvolgono le preferenze generali relative ai beni.
I critici della deflazione dei prezzi in un ambiente monetario sonante non riescono a capire che il livello dei tassi d'interesse si autoregola. I tassi d'interesse regolano la divisione tra consumo presente e consumo differito, e non influenzano la quantità complessiva di denaro. I tassi aumentano quando le imprese fanno offerte per i fondi e finanziare gli investimenti nella produzione. Le imprese che investono in produzione calcolano i loro costi in base ai prezzi previsti e, se sperimentano un calo dei prezzi, ciò inciderà sul tasso d'interesse che sono disposti a pagare per nuovi investimenti. Pertanto il Paradosso di Gibson, secondo cui i tassi d'interesse sono correlati al livello generale dei prezzi, spiega perché i tassi d'interesse non sono correlati al tasso d'inflazione dei prezzi, come credono i monetaristi.
Il denaro sonante e stabile è la condizione ottimale per realizzare il progresso economico. Queste erano le condizioni ampiamente sperimentate in Gran Bretagna durante il diciannovesimo secolo grazie al gold standard e al libero scambio. Le persone potevano perseguire i loro obiettivi senza che lo stato s'intromettesse. L'errore principale è stato lo stabilire un sistema a riserva frazionaria, che consentiva lo sviluppo di un ciclo creditizio, ma guardando attraverso questi alti e bassi, il progresso economico ha apportato sostanziali miglioramenti agli standard di vita, prezzi più bassi e l'accumulo di ricchezza individuale nel tempo.
Durante il regno della regina Vittoria, che ha coperto la maggior parte di quel periodo, i prezzi scesero mentre i redditi da lavoro rimasero generalmente stabili. È stato palesemente un periodo deflazionistico a livello dei prezzi, pur essendo il più economicamente progressista di tutta la storia economica. Quando è la conseguenza di una moneta sonante, la deflazione dei prezzi è il risultato ideale che i leader politici dovrebbero accogliere a braccia aperte.
La quantità di denaro richiesta per questa condizione è stata fissata dai mercati. L'oro ha adempiuto al ruolo di valuta di riserva essendo accettato internazionalmente come denaro vero. Ciò significava che l'arbitraggio dei prezzi funzionava efficacemente oltre i confini, a sua volta moderando le diverse preferenze in termini di denaro tra le giurisdizioni, garantendo livelli di prezzo comuni. Questo in accordo con la teoria economica classica, e ha funzionato in modo molto efficace. La prima interruzione di questo processo di mercato arrivò dalla Banca d'Inghilterra, che in seguito a crisi periodiche indotte dal credito, assunse il ruolo di prestatore di ultima istanza. Una volta stabilito il principio di intervento, sarebbero seguite ulteriori aree di "miglioramento" sui mercati liberi.
Il mondo del laissez-fare del passato non è quello di oggi. L'economia classica è stata sostituita dall'interventismo post-keynesiano. Lo stato sociale, più che i liberi mercati, alimenta le aspettative individuali, in particolare nelle economie avanzate. La combinazione di un mercato libero, di una moneta sonante e di una deflazione dei prezzi è ora al di là della nostra portata, a meno di un importante azzeramento economico e finanziario. Affinché ciò accada, dobbiamo subire sia sconvolgimenti politici che monetari, invertendo la tendenza verso il controllo statale su tutto. E questo è probabile che accada solo attraverso una crisi, che è il contesto in cui oggi si teme la deflazione.
Una crisi deflazionistica
Come affermato sopra, uno dei fattori che contribuisce alla deflazione monetaria è la contrazione del credito bancario. La normale politica commerciale di una banca consiste nel massimizzare i profitti garantendo, per quanto possibile, che il rischio di prestito sia adeguatamente valutato, sfruttando quindi l'espansione del credito sulla base del capitale della banca. Pertanto, se una banca riesce a ottenere uno spread medio del 3% al netto del rischio di prestito stimato e presta dieci volte il proprio capitale, ottiene un rendimento lordo del 30% al netto delle perdite attese sui prestiti. Tuttavia se vi è un aumento imprevisto del rischio di prestito, e la banca si trova di fronte alla possibilità di perdite sul suo credito complessivo, il capitale della banca potrebbe iniziare a scomparire rapidamente. Pertanto le banche possono improvvisamente decidere di contrarre i loro bilanci per proteggere il loro capitale.
Il processo, non controllato, porta ad una crisi finanziaria ed economica, sospinta da una deflazione del credito bancario quando le banche, in massa, decidono di contrarre i loro bilanci. Il primo economista a descrivere questo effetto nel dettaglio fu Irving Fisher, che nel 1932 pubblicò Booms and Depressions. Questo libro fu seguito nel 1933 da un articolo su Econometrica, intitolato The Debt-Deflation Theory of Great Depressions.[1]
Il documento di Fisher del 1933 costituì la base per l'analisi e la comprensione della deflazione, e mentre la sua analisi sulle cause di un ambiente deflazionistico è discutibile, la sua conclusione centrale, che il credito bancario in contrazione rappresenta un danno diffuso, è indiscutibile. Le banche sono costrette dal calo dei valori collaterali nei loro bilanci a liquidare ciò che possono. Ne scaturisce un panico generale, con la liquidazione delle garanzie, cosa che riduce i valori degli asset ed aumenta il costo del debito in termini reali. Qualsiasi banchiere che abbia vissuto una crisi finanziaria nel diciannovesimo secolo sarebbe stato pienamente consapevole delle dinamiche di un crollo del credito bancario. Non c'era nulla di nuovo nella scoperta di Fisher.
L'errore dell'analisi di Fisher consisteva nel non comprendere che l'origine di una deflazione indotta dal credito bancario era la precedente espansione del credito stesso. Questo errore fu aggravato dagli economisti successivi, che tendevano semplicemente a confondere la normale deflazione dei prezzi in un'economia monetaria sana con la correzione di un'eccessiva espansione del credito bancario. Di conseguenza qualsiasi diminuzione del livello generale dei prezzi è ora considerata indesiderabile.
Lo abbiamo visto riconfermato nella crisi finanziaria dieci anni fa, quando le banche centrali e gli stati hanno fatto di tutto per evitare che i prezzi calassero. È diventato chiaro che la produzione di beni era diventata troppo dipendente dall'inflazione dei prezzi degli asset, che a loro volta erano stati gonfiati dal credito bancario. Quando questo processo si fermò a causa della crisi immobiliare in America, il credito bancario (incluse le operazioni di cartolarizzazione fuori bilancio) cessò di espandersi, i prezzi delle proprietà crollarono ovunque e le merci rimasero invendute.
La risposta del libero mercato era corretta. I prezzi degli articoli di grandi dimensioni vennero abbassati e la produzione diminuì. La sovraccapacità nell'industria automobilistica venne ridotta e i produttori tagliarono i loro prezzi. I lavoratori, che compresero la crisi a livello pratico, erano pronti a subire tagli salariali ed a lavorare part-time. Questo gli stati non potevano permetterlo, spaventati dallo spettro della deflazione. Gli stati supportarono i prezzi pagando i consumatori per rottamare le loro auto, e le banche centrali firmarono assegni a tempo indeterminato per impedire alle banche di pignorare i prestiti andati a male.
Erano tempi spaventosi per tutti. Quella crisi ha minacciato di spazzare via le banche. Non si poteva consentire un calo dei prezzi ed i relativi effetti sui valori capitali. L'inversione del trasferimento di ricchezza dal mutuante al mutuatario rappresentava una minaccia sistemica. Volevamo disperatamente essere salvati dalle conseguenze dell'inflazione precedente. Avendo osservato l'abisso, l'establishment ha convenuto che la deflazione è una cosa molto negativa e che le banche centrali dovrebbero garantire che i prezzi aumentino per sempre. Questa è ora la politica ufficiale.
L'errore nel credere che i prezzi debbano continuamente aumentare, piuttosto che scendere gradualmente in una combinazione di mercati liberi e moneta sonante, tornerà a farsi vivo. Dovremmo aspirare alla deflazione e al progresso economico del diciannovesimo secolo, e questo obiettivo dovrebbe essere la nostra unica speranza di fuga da un'altra crisi finanziaria potenzialmente peggiore di quella di dieci anni fa. Non vi è alcun segno di un tale cambiamento, con stati insolventi ovunque e terrorizzati persino dalla semplice menzione della deflazione.
Il decennio dall'ultima crisi del credito è stato sprecato, senza che siano state prese misure per garantire che non si ripeta, o in alternativa, quando accadrà, non affrontare il collasso sistemico che è stato così spaventoso l'ultima volta. Dieci anni rappresentano un numero ragionevole per cambiare le aspettative del mercato e spostarsi gradualmente verso un mondo più stabile, tempo che invece è stato completamente sprecato.
Qui, per qualsiasi stato disposto ad ascoltare, ci sono le modifiche minime necessarie per scendere dalla giostra alimentata dal credito che finirà per distruggerci tutti.
- Accettare che gli affari di un'altra nazione non siano affar proprio. Cessare tutte le spese militari, diverse da quelle richieste a scopi puramente difensivi. Le risorse e le tecnologie rilasciate da questa mossa verrebbero reindirizzate dagli imprenditori per il servizio e il beneficio dei consumatori.
- Smettere di colludere a livello sovranazionale per seguire politiche monetarie ed economiche comuni. Le riunioni del G20 e del G8 promuovono solo il pensiero di gruppo interventista, impedendo una corretta comprensione degli errori politici.
- Abbracciare i vantaggi del libero commercio, rimuovendo tutte le barriere tariffarie. Se un produttore straniero desidera scaricare l'eccesso di capacità nella vostra economia, lasciate che i vostri consumatori ne raccolgano i benefici.
- Deregolamentare, chiarendo che gli individui debbano badare a sé stessi. Lo stato è inutile nel proteggere il consumatore. Le aziende che hanno intenzione di prosperare dovranno costruire la loro reputazione sulla correttezza e sull'onestà, invece di nascondersi dietro i regolamenti statali.
- Incoraggiare la coesione familiare, invece di aspettarsi automaticamente che lo stato si occupi degli anziani, degli handicappati e dei figli. Socializzare i valori familiari non è affare dello stato, che non può fornire servizi di welfare in modo efficace.
- Ridurre il ruolo dello stato nell'economia, con l'obiettivo a lungo termine di ricoprire meno del 20% del PIL.
- Allo stato dovrebbe essere impedito di fare deficit. Le entrate dovrebbero corrispondere alle spese. Il capitale prestato allo stato non dovrebbe più essere sottratto all'uso produttivo nel settore privato.
- Re-introdurre il denaro sonante attraverso un Comitato Valutario e un legame con l'oro fisico.
- Spiegare alle banche e ai loro clienti che non esiste un prestatore di ultima istanza e nessuna garanzia di deposito. La deregolamentazione dei servizi finanziari e la rimozione di questa rete di sicurezza costringeranno le banche a smettere di speculare sui mercati finanziari e ad essere prudenti per proteggere la propria reputazione. I tassi dei prestiti interbancari penalizzeranno l'aggressione finanziaria.
- Licenziare tutti gli economisti nei governi e chiudere tutti gli uffici statistici dei governi. Nel migliore dei casi non servono a scopi costruttivi, e nel peggiore dei casi sono depositari di cattivi consigli, come attesta la crescente instabilità economica e finanziaria.
- Mettere fine alla banca centrale e sostituirla con un Comitato Valutario avente un unico scopo: regolare l'emissione della valuta convertibile nello stock nazionale d'oro.
Possiamo solo sognare. Questi dieci punti ci riporterebbero a quell'era in cui la deflazione dei prezzi, che favoriva un autentico progresso economico, migliorava la condizione umana in modo più efficace che in qualsiasi altro momento nella storia. Tutti i miglioramenti non sono arrivati grazie agli stati, ma grazie alla gente comune, nonostante gli stati.
Non dimentichiamoci che la forza di un'economia liberalizzata nei decenni successivi alle guerre napoleoniche permise al governo britannico di ridurre i suoi livelli elevati di debito. Questa è l'alternativa pratica alla convinzione che il debito dovrebbe essere ridotto attraverso l'inflazione.
Gli stati seguono un percorso diametralmente opposto, il quale finirà per sopprimere completamente i mercati liberi. È la strada verso il fallimento finale dello stato. Critichiamo il Venezuela, l'Argentina, la Turchia e lo Zimbabwe, perché i loro errori sono ovvi, ma non riusciamo a capire che l'unica differenza tra loro e noi è la velocità del loro fallimento rispetto alla nostra.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] Econometrica Vol. 1, n. 4 (ottobre 1933), pp. 337-357.
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