Bibliografia

giovedì 3 maggio 2018

Il mito della velocità del denaro





di Frank Shostak


Per la maggior parte dei commentatori finanziari, un fattore importante che rinforza o indebolisce l'effetto dei cambiamenti nell'offerta di moneta sull'attività economica e sui prezzi è la velocità del denaro.

Si sostiene che quando la velocità del denaro aumenta, a parità di tutte le altre condizioni, il potere d'acquisto del denaro diminuisce (cioè, i prezzi dei beni e dei servizi aumentano). L'opposto si verifica quando la velocità diminuisce.

Se, ad esempio, la quantità di moneta aumentasse del 10% in un dato anno — mentre il livello dei prezzi misurato dall'indice dei prezzi al consumo rimanesse invariato — ciò significherebbe un rallentamento di circa il 10% nella velocità di circolazione.



Il punto di vista generalista sulla velocità del denaro

Secondo il pensiero popolare l'idea dietro la velocità è semplice. Si ritiene che in qualsiasi intervallo di tempo, ad esempio un anno, una determinata quantità di denaro possa essere utilizzata più e più volte per finanziare gli acquisti di beni e servizi. Il denaro che una persona spende per beni e servizi in un dato momento può essere utilizzato successivamente dal destinatario per acquistare altri beni e servizi.

Ad esempio, durante un anno una particolare banconota da dieci dollari potrebbe essere usata come segue: il panettiere John paga dieci dollari ad un produttore di pomodori, George. Il coltivatore di pomodori usa la banconota da dieci dollari per comprare patate da Bob, il quale usa la banconota da dieci dollari per comprare lo zucchero da Tom. I dieci dollari sono stati utilizzati in tre transazioni. Ciò significa che la banconota da dieci dollari è stata utilizzata 3 volte durante l'anno, la sua velocità è quindi 3.

Una banconota da $10, che circola con una velocità di "3", ha finanziato transazioni per un valore di $30 in quell'anno. Di conseguenza se ci sono transazioni per un valore di $3000 miliardi in un'economia in un determinato anno e in quell'anno c'è uno stock di denaro medio di $500 miliardi, allora ogni dollaro viene utilizzato in media 6 volte durante l'anno (6 * $500 miliardi = $3000).

I $500 miliardi sono aumentati per diventare effettivamente $3000 miliardi. Da ciò viene stabilito che:

Velocità = valore delle transazioni / offerta di moneta

Questa espressione può essere riassunta come

V = P * T / M

Dove V sta per velocità, P sta per prezzi medi, T sta per volume di transazioni e M sta per offerta di moneta. Questa espressione può essere ulteriormente riorganizzata moltiplicando entrambi i lati dell'equazione per M. Questo a sua volta darà la famosa equazione di scambio:

M * V = P * T

Questa equazione afferma che la velocità del denaro è uguale al valore delle transazioni. Molti economisti impiegano il PIL invece di P * T concludendo così:

M * V = PIL = P * (PIL reale)

L'equazione di scambio sembra offrire una grande quantità di informazioni riguardanti lo stato dell'economia. Ad esempio, se si dovesse presumere una velocità stabile, per un dato stock di moneta si potrebbe stabilire il valore del PIL. Inoltre le informazioni relative al prezzo medio o al livello dei prezzi consentono agli economisti di stabilire lo stato di produzione reale e il suo tasso di crescita.

La maggior parte degli economisti prende molto seriamente l'equazione di scambio. I dibattiti che gli economisti hanno sovente, riguardano prevalentemente la stabilità della velocità. Quindi, se la velocità è stabile, il denaro diventa uno strumento molto potente nel tener traccia dell'economia. L'importanza del denaro come indicatore economico diminuisce quando la velocità diventa meno stabile e quindi meno prevedibile. Si ritiene che una velocità instabile implichi una domanda di moneta instabile, il che rende molto più difficile per la banca centrale orientare l'economia lungo il sentiero della stabilità economica.



Perché la velocità non ha nulla a che fare con il potere d'acquisto del denaro

Ma la velocità ha qualcosa a che fare con i prezzi delle merci? I prezzi sono il risultato di azioni individuali. Il panettiere John crede che aumenterà il suo tenore di vita scambiando le sue dieci pagnotte di pane per $10, i quali gli consentiranno di acquistare cinque chili di patate da Bob l'agricoltore. Allo stesso modo, Bob ha concluso che per mezzo dei $10 sarà in grado di acquistare dieci kg di zucchero, che a suo avviso aumenteranno il suo tenore di vita.

Entrando in uno scambio, sia John che Bob sono in grado di realizzare i loro obiettivi e quindi promuovere il loro rispettivo benessere. John ha convenuto che è un buon affare scambiare 10 pagnotte di pane per $10, perché gli consente di procurarsi 5 kg di patate. Allo stesso modo, Bob ha concluso che $10 per i suoi 5 kg di patate sono un buon prezzo e gli consentirà di assicurarsi 10 kg di zucchero. Il prezzo è il risultato di fini diversi e quindi priorità diverse.

Sono le azioni mirate delle persone a determinare i prezzi dei beni e non la velocità.

Infatti, secondo Mises nell'Azione Umana, il concetto di velocità è vuoto:

Analizzando l'equazione dello scambio si può presumere che uno dei suoi elementi — l'offerta totale di moneta, il volume di scambio, la velocità di circolazione — cambi, senza chiedere come si verificano tali cambiamenti. Non si comprende che i cambiamenti di queste grandezze non emergano nella Volkswirtschaft [economia politica, o più approssimativamente "economia"] in quanto tali, ma nelle condizioni dei singoli attori e che l'interazione delle reazioni di questi attori provoca alterazioni della struttura dei prezzi. Gli economisti si rifiutano di iniziare dalla domanda e dall'offerta di denaro dei vari individui. Introducono invece la nozione spuria della velocità di circolazione modellata dai modelli della meccanica.

Inoltre il denaro non circola mai come tale:

Il denaro può essere nel processo di trasporto, può viaggiare in treni, navi o aerei da un luogo all'altro. Ma anche in questo caso, è sempre soggetto al controllo di qualcuno, la proprietà di qualcuno.

Di conseguenza il fatto che la cosiddetta velocità sia "3", o qualsiasi altro numero, non ha nulla a che fare con i prezzi medi e il potere d'acquisto medio del denaro in quanto tale. Inoltre il potere d'acquisto medio del denaro non può nemmeno essere stabilito. Ad esempio, nella prima transazione il prezzo di un dollaro è stabilito come una pagnotta di pane. Nella seconda transazione il prezzo di un dollaro è stabilito come 0.5 kg di patate, mentre nella terza transazione il prezzo è un kg di zucchero. Dal momento che pane, patate e zucchero non sono commensurabili, non si può stabilire un prezzo medio del denaro.

Se il prezzo medio del denaro non può essere stabilito, significa che neanche il prezzo medio delle merci può essere stabilito. Di conseguenza l'equazione di scambio cade a pezzi. Concettualmente il tutto non è una proposizione sostenibile e coprire un errore attraverso la matematica non può renderlo meno fallace.

Secondo Rothbard in Man, Economy and State:

L'unica conoscenza che possiamo avere delle determinanti del prezzo, è la conoscenza dedotta logicamente dagli assiomi della prasseologia. La matematica può al massimo tradurre solo le nostre conoscenze precedenti in una forma relativamente non intellegibile.

Anche se dovessimo accettare che il servizio essenziale del denaro è la sua velocità di circolazione, non c'è modo che questa caratteristica possa spiegare il potere d'acquisto del denaro. Su questo punto Mises spiega nell'Azione Umana:

Anche se ciò fosse vero, sarebbe comunque errato spiegare il potere d'acquisto — il prezzo — dell'unità monetaria sulla base dei suoi servizi. I servizi resi da acqua, whisky e caffè non spiegano i prezzi pagati per queste cose. Ciò che spiegano è solo il motivo per cui le persone, nella misura in cui riconoscono questi servizi, in determinate condizioni richiedono quantità precise di queste cose.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


1 commento:

  1. A proposito di miti, è di questi giorni la notizia che i numeri dell'occupazione in Italia sono migliorati. Come al solito i megafoni dei media generalisti danno in pasto dati fuorvianti alla popolazione, in modo da far percepire qualcosa che in realtà non esiste. Questo è un compito che gli riesce bene soprattutto puntando il dito ai Delta: basta una variazione mensile positiva, distaccata dal trend sottostante, per portare giubilo e deferenza nei confronti di pianificatori centrali presumibilmente onniscienti. E' il caso dei rallegramenti odierni riguardanti i dati presumibilmente positivi mostrati dal mondo del lavoro italiano. Davvero? Io seguo sempre questa massima: mai fidarsi e verificare.

    Sfatiamo quindi il mantra della ripresa economica guidata dalle politiche del governo e della banca centrale guardando i grafici presenti nel tweet segnalato sopra. Il primo rappresenta la crescita dei salari: morta e sepolta. Il secondo rappresenta il tasso di inattività ancora ai massimi storici. E il terzo ci mostra come la leggera flessione nel tasso degli inattivi sia solo figlia di un aumento dei lavori part-time, i quali diversamente da quelli da capofamiglia (ancora nettamente sotto il picco pre-recessione) non permettono di mantenere una famiglia. Inoltre, a causa dei costi del lavoro elevati, tendono ad essere più occupati le persone over 50: più esperienza pratica rispetto aio neo-laureati e prossimità del fine rapporto lavoro a causa del pensionamento.

    Quindi, no, non c'è nulla di cui rallegrarsi dei Delta positivi che sovente vengono sventolati come il feticcio della pseudo-ripresa. Ciò che abbiamo di fronte è una stagnazione secolare che ha eroso i pilastri della prosperità capitalistica, stagnazione alimentata dalle politiche interventiste di banche centrali e stati. Ironia della sorte, là fuori ci sono ancora persone belanti nelel piazze che chiedono ai colpevoli di risolvere una situazione che loro stessi hanno creato. Non metteranno mai fine a questa stagnazione, perché significherebbe smettere di predare il bacino dei risparmi reali da cui si sono abbeverati fino ad adesso. Non riuscendo ad operare un calcolo economico in accordo con l'economia di mercato, significherebbe mettere fine alla loro esistenza. Ma continuando queste politiche auto-distruttive, l'esito sarà lo stesso. E' per questo che la pianificazione centrale è condannata, ma nel frattempo ci sarà dolore economico per chi si farà trovare impreparato.

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