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giovedì 26 aprile 2018
Lo scacco matto della Russia
di James Rickards
La Russia di Putin non ha mai distolto gli occhi dalla scacchiera. La sua ambizione non è l'egemonia globale, o la conquista europea. Putin cerca ciò che la Russia ha sempre cercato: l'egemonia regionale e una serie di stati cuscinetto nell'Europa orientale e nell'Asia centrale che possano aggiungere profondità strategica alla Russia.
In Siria la Russia ha il porto di Tartus, il quale è importante quando si considera che la maggior parte dei porti russi sono bloccati dal ghiaccio per mesi durante l'anno.
È stata la profondità strategica, la capacità di subire invasioni e sopravvivere grazie alla capacità di ritirarsi in una posizione centrale e di intaccare le linee di rifornimento nemiche, che ha permesso alla Russia di sconfiggere sia Napoleone che Hitler. Putin vuole il minimo rispetto che normalmente accompagnerebbe questo obiettivo geostrategico.
Capire Putin non è molto più complicato di così.
Nel ventunesimo secolo la Russia non agguanta una sfera d'influenza con la conquista, o la subordinazione, nel vecchio stile imperiale o comunista. Viene acquisita intessendo stretti legami finanziari, investimenti esteri diretti, zone di libero scambio, trattati, alleanze e una rete di associazioni che ricordano le precedenti versioni dell'UE.
L'intervento militare russo in Crimea e nell'Ucraina orientale non è stata un'iniziativa russa, ma una reazione russa. È stata una risposta agli sforzi degli Stati Uniti e del Regno Unito di attaccare la Russia spingendo in modo aggressivo e prematuro l'adesione dell'Ucraina alla NATO. Ciò è stato fatto deponendo un alleato di Putin a Kiev all'inizio del 2014.
Questo non per giustificare le azioni della Russia, ma semplicemente metterle in un contesto appropriato. Il tempo per staccare l'Ucraina dalla NATO era il 1999, non il 2014.
La situazione russo-ucraina è un sottogruppo della più ampia relazione tra Stati Uniti e Russia. Qui, l'opposizione viene non solo da oppositori interni, ma dall'élite globalista.
La globalizzazione è emersa negli anni '90 come conseguenza della fine della guerra fredda e della riunificazione della Germania. Per la prima volta dal 1914, la Russia, la Cina ed i loro rispettivi imperi potevano unirsi agli Stati Uniti, all'Europa occidentale e alle loro ex-colonie in America Latina e Africa in un unico mercato globale.
La globalizzazione si basava su frontiere aperte, libero scambio, telecomunicazioni, finanza globale, catene di approvvigionamento estese, manodopera a basso costo e libertà lungo i mari. La globalizzazione esistita dal 1990 al 2007 ha fatto progressi costanti sotto il duopolio di Bush/Clinton negli Stati Uniti e leader di mentalità simile altrove. Il nemico della globalizzazione era il nazionalismo, ma non era affatto in vista.
La crisi finanziaria del 2007-2008 ha messo fine ai guadagni facili grazie alla globalizzazione.
Le stesse élite che hanno creato il disastro finanziario, hanno cercato di "sistemare" la situazione sotto gli auspici del G20. Questo salvataggio globale è iniziato con il primo summit organizzato frettolosamente da George W. Bush e Nicolas Sarkozy, allora Presidente della Francia, nel novembre 2008.
Nonostante i salvataggi finanziari e il quantitative easing del settore bancario centrale, non è mai stata realmente ripristinata una robusta crescita autosufficiente in linea con le tendenze pre-crisi. Invece il mondo ha sofferto per una depressione decennale (definita come una crescita sotto-tendenziale) che continua ancora oggi.
La piccola crescita emersa è stata ad appannaggio dei ricchi, cosa che ha portato a livelli maggiori di disuguaglianza dei redditi registrati in oltre 80 anni.
Il malcontento era palpabile tra la classe media e la classe operaia nelle principali economie sviluppate del mondo. Questo malcontento si è trasformato in azione politica. Il risultato è stata la decisione del Regno Unito di lasciare l'UE, l'elezione di Donald Trump e l'ascesa di politici come Geert Wilders nei Paesi Bassi e Marine Le Pen in Francia, tra gli altri.
Ciò che accomuna questi politici e movimenti politici è il nazionalismo. Questo può essere definito come il desiderio di mettere gli interessi nazionali davanti alla globalizzazione. Il nazionalismo può significare chiudere le frontiere, limitare il libero commercio per aiutare l'occupazione locale, contrastare la manodopera a basso costo con i dazi ed i sussidi commerciali, e respingere gli accordi commerciali multilaterali a favore di negoziati bilaterali.
Questo ci porta al punto cruciale della relazione USA-Russia.
In poche parole, Putin e Trump sono i due nazionalisti più potenti del mondo. Qualsiasi riavvicinamento tra la Russia e gli Stati Uniti è una minaccia esistenziale all'agenda globalista.
Questo spiega gli attacchi al vetriolo, isterici e implacabili su Trump e Putin.
I globalisti devono tenere separati Trump e Putin per avere qualche speranza di far rivivere la loro agenda.
Proprio come Trump e Putin sono i campioni del nazionalismo, il presidente Xi Jinping della Cina e il cancelliere tedesco Angela Merkel sono i campioni del globalismo.
Capire questa dinamica richiede la considerazione dei ruoli paradossali di Xi e della Merkel.
Xi si posiziona come il principale sostenitore della globalizzazione, sebbene la verità sia più complessa.
Infatti il presidente Xi è il più nazionalista di tutti i maggiori leader mondiali. Spinge continuamente gli interessi a lungo termine della Cina senza particolare riguardo per il benessere del resto del mondo.
Ma la relativa debolezza militare ed economica della Cina, e la potenziale instabilità sociale, richiedono che essa collabori con il resto del mondo su commercio, cambiamenti climatici e logistica della supply chain per crescere. Xi è in una posizione paradossale: nazionalista fino al midollo, ciononostante deve indossare un rivestimento globalista per perseguire il suo obiettivo nazionalista di lungo termine.
Anche Angela Merkel è in una posizione paradossale, ma l'opposto del ruolo di Xi. La Merkel sa che la Germania deve abbracciare il globalismo sia per onere storico dato che è stata la fonte di tre grandi guerre (franco-prussiana, prima guerra mondiale e seconda guerra mondiale), sia per la necessità dell'integrazione tedesca con l'UE e la Zona Euro.
Allo stesso tempo, la Merkel ha fatto progredire la sua agenda globalista promuovendo interessi tedeschi attraverso le esportazioni e la manodopera straniera a basso costo.
Per i globalisti, il mondo si divide nella lotta manichea tra i nazionalisti, Trump e Putin, ed i globalisti, Xi e Merkel. I globalisti potrebbero giocare un gioco a due, nazionalisti contro globalisti, ma devono guardare al quadro più ampio per constatare che il mondo di oggi è in realtà un gioco a tre.
Oggi ci sono solo tre superpotenze nel mondo: Russia, Cina e Stati Uniti. Tutte le altre nazioni sono potenze secondarie o terziarie che possono allearsi con una superpotenza, rimanere neutrali o essere indipendenti, ma che altrimenti non hanno la capacità di imporre la propria volontà agli altri.
Alcuni analisti potrebbero rimanere sorpresi nel vedere la Russia nella lista delle superpotenze, ma i fatti sono indiscutibili. La Russia è la dodicesima economia più grande del mondo, ha il più vasto continente, è uno dei tre maggiori produttori di energia del mondo, ha abbondanti risorse naturali oltre al petrolio, ha armi avanzate e tecnologia spaziale, una forza lavoro istruita e, naturalmente, ha il più grande arsenale di armi nucleari di qualsiasi altro Paese.
La Russia ha enormi problemi, tra cui dati demografici negativi, accesso limitato agli oceani, condizioni meteorologiche avverse e terreni fertili limitati. Tuttavia, nessuno di questi problemi annulla i punti di forza della Russia.
Nonostante la prospettiva di migliorare le relazioni, Putin rimane il maestro degli scacchi geopolitico che è sempre stato.
Il suo gioco di lungo termine comporta l'accumulo di oro, lo sviluppo di sistemi di pagamento alternativi e la definitiva scomparsa del dollaro come valuta di riserva globale.
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
La Merkel è però un vassallo, quando Trump picchierà duro non potrà rifugiarsi da Putin....
RispondiEliminaEd Israele? Globalisti politicofinanziari col culo degli altri e sciovinisti aggressivi e paraculi in medio oriente?
RispondiEliminail libero commercio è cosa verso cosa, non cosa verso denaro creato dal nulla e debito da emissione accumulatosu debito pubblici e sofferenze bancarie. l america ha le sue colpe (dilemma di triffin) e gli esportatori pure, che se fosse debito verso di loro (e non verso il sistema socio economico appesantito da emissione) col cavolo che esporterebbero cosi. il libero commercio liberisti (non quelli dei liberali) è per l apertura a spese degli altri
RispondiEliminaEsatto. Il liberismo col fiatmoney è imperialista. Nulla a che vedere col libero scambio.
EliminaL'agenda globalista cerca di imporsi con la creazione continua di minacce e paure globali secondo una vecchissima strategia che presenta in sequenza problema e soluzione.
RispondiEliminaCambiamento climatico (una ovvietà spacciata per sorpresa), pandemie mortali imminenti, terrorismo internazionale e multiforme, ...
Non ho nulla di particolare contro un futuro multietnico, dubito davvero molto della sostenibilità di un futuro multiculturale, ma ciò che mi è assolutamente insopportabile è un futuro costruito, artificiale ed artificioso imposto con inganno, arroganza e coercizione dall'alto.
Ed è quello che vedo in itinere.