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lunedì 30 aprile 2018
L'avvoltoio del debito, Parte #4
di David Stockman
Trump sembra pensare che la salita del 37% nel mercato azionario tra il giorno delle ultime elezioni e il picco del 26 gennaio riguardi esclusivamente la sua persona, e in un certo senso è vero.
Donald Trump è un illuso e lo sono anche gli scommettitori nel casinò di Wall Street. Continuano a comprare quello che i robo-trader stanno comprando, il che, a sua volta, ha funzionato bene per nove anni di seguito e quindi credono che continuerà ad andare bene.
Così facendo, gli scommettitori sono diventati decisamente spericolati. Dopotutto, il mercato era già alle stelle lo scorso gennaio, trattando al 23X i guadagni dell'indice S&P 500 e sfoggiando un margin debt da record a $554 miliardi. Tuttavia, al fine di caricare ancora di più queste azioni ultra rischiose, gli scommettitori hanno aggiunto $112 miliardi ai loro conti di margine, contribuendo così a spingere l'indice S&P ad un ridicolo 27X verso la fine dello gennaio scorso.
E qui sta il vero pericolo della Finanza delle Bolle trentennale alimentata dalla FED e dei $67,000 miliardi di debito che ha accumulato l'economia statunitense: hanno completamente distaccato Wall Street dall'economia di Main Street, il che significa che lo slancio speculativo e gli interni del casinò stanno operando senza freni; inoltre continueranno a far levitare i prezzi degli asset finanziari fino a quando qualche potente shock innescherà l'ennesimo crash simile a quelli nel 2008, 2000 e 1987.
Crediamo fermamente che uno "shock dei rendimenti" nel mercato obbligazionario sarà la causa scatenante e per un motivo evidente: le banche centrali del mondo hanno scatenato un mostro del credito – $67,000 miliardi negli Stati Uniti, $40,000 miliardi o più in Cina e $230,000 miliardi a livello globale – e sanno che devono fermare l'inesorabile monetizzazione del debito e di altri asset.
La leadership per questo compito spetta al nuovo presidente della FED, Jerome Powell, keynesiano e capitalista clientelare di lunga data. Infatti durante i 45 incontri durante i quali è stato membro della FED di Bernanke/Yellen, non ha dissentito una sola volta nei confronti delle loro tesi.
Così ora si ritrova per le mani l'epica bolla generata da quella folle stampa di denaro e drastica repressione dei tassi d'interesse, ma Powell non ha assolutamente idea della gigantesca disconnessione che ne è risultata tra Main Street e Wall Street.
Di conseguenza sembra pensare che Main Street abbia una forte economica in base alla presunta piena occupazione raggiunta, quando in realtà le cose non stanno affatto così; e crede anche in un sistema bancario riformato e regolato con prudenza al centro di Wall Street, quando in realtà pullula dei frutti di una speculazione implacabile – FANGS, ETF leveraged, parità di rischio, accordi di finanza strutturata carichi di rischi nascosti e debito, e innumerevoli altri
In altre parole, il nuovo presidente della FED ha ribadito che quello che ci aspetta è una navigazione tranquilla, suggerendo addirittura al Congresso che l'economia statunitense è benedetta da considerevoli ostacoli, tra cui le esportazioni e la politica fiscale!
La disconnessione tra l'economia di Main Street e la bolla finanziaria di Wall Street è palesemente instabile ed insostenibile. Infatti questa grave condizione, che Powell e la sua casata keynesiana non riescono a vedere, darà presto origine ad uno sconvolgente sussulto innescato dall'azione della FED.
Parliamo, ovviamente, della normalizzazione dei tassi d'interesse con quattro aumenti nel corso di quest'anno, e una campagna di dumping obbligazionario senza precedenti da $600 miliardi all'anno.
E questo è solo l'inizio: Powell sottintende che il bilancio della FED dovrebbe continuare a ridursi fino a raggiungere i $2,500 miliardi. Vale a dire, i nostri banchieri centrali keynesiani stanno fissando il dumping a $2,000 miliardi di titoli esistenti sui mercati del debito.
Inutile dire che i mutuatari di margine rappresentati nelle parti superiori del grafico qui sotto non vedranno sicuramente arrivare niente di tutto ciò, e non si rendono conto che la FED non è più loro amica.
Nella Parte 3 abbiamo praticamente documentato suddetta disconnessione: in particolare, dal picco pre-crisi di 10 anni fa nel quarto trimestre del 2007, l'indice S&P 500 è cresciuto del 58%, mentre l'economia industriale non è sostanzialmente andata da nessuna parte.
Per quanto riguarda la produzione di beni di consumo, essa è ancora in calo del 5%, mentre la produzione manifatturiera è in calo del 2%, la produzione industriale totale comprese le utenze è in aumento di appena il 2% e la produzione di attrezzature aziendali è cresciuta a meno del 3%. Anche gli utili dell'indice S&P 500 aggiustati all'inflazione sono aumentati solo dell'8% per azione.
Tuttavia, la teoria keynesiana sostiene che il settore industriale è una reliquia dell'economia di vostro nonno e che la produzione di energia, metalli, fattorie e fabbriche non è poi così importante: i servizi sono il futuro!
Tendiamo a chiederci, naturalmente, da dove dovrebbe provenire tutto il reddito per acquistare livelli crescenti di cibo, carburante, beni di consumo e beni strumentali dall'estero, se non vengono prodotti qui; e ci chiediamo anche come dovrebbero essere pagati i ranghi crescenti di lavoratori nei saloni di bellezza, negli studi di pilates e nei campi da golf, se il valore aggiunto e il reddito nel settore industriale non crescono rapidamente.
Nonostante l'aggiunta di $15,000 miliardi di nuovo debito al bilancio pubblico e privato della nazione dal quarto trimestre del 2007, che nel metodo keynesiano di calcolo economico si è aggiunto modestamente alla spesa misurata e quindi al PIL, il settore dei servizi non ha affatto retto la baracca.
Il grafico qui sotto misura tutto, l'economia industriale e il settore dei servizi incluso il governo, e racconta essenzialmente la stessa storia.
Infatti non è possibile avere una misura più completa e affidabile di quella riguardante le vendite finali reali (che rimuove le distorsioni causate dai cicli degli inventari e dall'inflazione). Eppure le vendite finali reali sono aumentate solo del 15.2% dal picco del quarto trimestre 2007. Stiamo parlando di solo lo 0.6% annuo, e quindi non possiamo parlare di "ripresa"... almeno non secondo uno standard storico.
Durante il ciclo picco/picco dell'era Reagan/Bush (dal secondo trimestre del 1981 al secondo trimestre del 1990), le vendite finali reali sono cresciute del 3.5% all'anno, e durante il ciclo degli anni '90 del 3.3% all'anno. Da allora tutti i pompaggi monetari della FED, avendo aumentato il proprio bilancio da $500 miliardi a $4,500 miliardi, non hanno spostato l'economia degli Stati Uniti di un centimetro.
Per esempio, il picco della crescita delle vendite finali reali durante il falso boom immobiliare di Greenspan è stato solo del 2.5% annuo; e durante i 10 anni dal picco del quarto trimestre 2007 è rallentato a solo l'1.4% annuo. Infatti se si butta in qualche burrone la sottostima statistica dell'inflazione da parte del governo, si ha fondamentalmente un'economia piatta per Main Street e un'economia in bolla per Wall Street.
Allo stesso modo, il mondo del lavoro racconta la stessa storia. Nel quarto trimestre del 2007, l'economia non agricola statunitense impiegava 237 miliardi di ore di lavoro secondo un tasso annualizzato. Eppure, dopo dieci anni di chiacchiere sulla piena occupazione, il dato del quarto trimestre 2017 è arrivato a 251.7 miliardi di ore di lavoro, o solo il 6.2% in più.
Proprio così. Nonostante una cornucopia di lavori a basso costo e part-time in hotel, ristoranti, parchi sportivi, negozi, agenzie di cura, case di cura, centri diurni, ecc., nell'ultima decade le ore totali di lavoro utilizzate dall'economia statunitense sono cresciute a solo lo 0.6% annuo.
Sì, come tutto il resto, le ore di lavoro totali hanno subito un grave colpo durante la Grande Recessione. Le ore totali impiegate sono diminuite di oltre il 7%, ma l'incapacità di un rimbalzo è precisamente il motivo per cui l'attuale pseudo-ripresa è molto diversa.
Durante il ciclo degli anni '80, ad esempio, le ore di lavoro calarono del 3% dal picco del secondo trimestre 1981 al minimo del quarto trimestre del 1982, ma poi rimbalzarono. Per il ciclo nel suo insieme, che si è concluso nove anni dopo nel secondo trimestre del 1990, le ore di lavoro totali salirono del 2.0% all'anno, nonostante il grande calo nel 1981-1982.
Allo stesso modo, il tasso di crescita da picco a picco delle ore lavorative totali durante il ciclo degli anni '90, il più lungo della storia, fu dell'1.8% all'anno.
In seguito, tuttavia, la creazione dei posti di lavoro nell'economia statunitense è calata drasticamente. Il tasso di crescita per entrambi i cicli dal 2000 è stato appena dello 0.6% all'anno.
Inutile dire che la crescita piatta delle ore di lavoro durante l'attuale pseudo-ripresa non è stata compensata da un'impennata nella produttività, o da una qualche sorta di arrivo anticipato dell'età dei robot. Infatti la crescita della produttività del lavoro durante il ciclo attuale è stata appena la metà di quella registrata durante le tre precedenti espansioni.
Pertanto, durante i 10 anni successivi al picco del quarto trimestre 2007, l'indice della produttività del lavoro è aumentato solo del 12%, ben lontano dalla salita del 58% dei prezzi reali delle azioni durante tal periodo.
Su base annua, stiamo parlando di un mero 1.1%. E durante i sette anni trascorsi dal quarto trimestre del 2010, dopo che l'economia post-recessione si è stabilizzata, il tasso di crescita della produttività è scivolato a solo lo 0.7% annuo.
La tendenza negli ultimi sette anni, in particolare, è semplicemente al di fuori delle classifiche storiche, il che significa che non si tratta di una vera ripresa. Ad esempio, durante il ciclo di 9 anni di Reagan/Bush, la produttività del lavoro è cresciuta all'1.7% annuo, per poi accelerare al 2.0% annuo durante il ciclo degli anni '90 e al 2.8% annuo nel periodo 2001-2007.
Infatti le cifre passate della produttività del lavoro gridano la presenza di un'enorme disconnessione nel periodo attuale. Per esempio, tra il 1953 e il 2010, la produttività del lavoro è cresciuta del 2.2% all'anno.
Più del 3X rispetto al misero aumento annuale dello 0.7% dal quarto trimestre 2010.
Il fatto che quasi ogni metrica riguardo Main Street mostri un aumento del 2-15% nell'ultimo decennio in termini reali rispetto all'aumento del 58% dei prezzi azionari aggiustati all'inflazione, non è minimamente preso in considerazione da Powell e dalla sua squadra di banchieri centrali, così come dai venditori ambulanti di Wall Street.
E questo perché in un mercato ossessionato dai prezzi delle azioni tutto è basato sui delta, cioè, la velocità di variazione del rumore statistico più recente rispetto al periodo precedente.
In questo contesto, i capi della FED affermano di avere solo un interesse passeggero per quanto riguarda i prezzi delle azioni, ma questa è una delle più grandi bugie dei tempi moderni; sono assolutamente ossessionati dalle medie azionarie e quindi si sono essenzialmente trasformati in analfabeti economici.
Nella sua presentazione a Capitol Hill, per esempio, Powell ha sottolineato la ripresa delle esportazioni come prova che l'economia statunitense ha continuato a rafforzarsi.
Davvero?
Esportazioni di beni e servizi nel quarto trimestre 2017 hanno fatto registrare un tasso annuo di $2,419 miliardi. Se si osserva il grafico qui sotto, potete vedere che questa cifra è praticamente la stessa ($2,337 miliardi) di quella registrata tre anni fa nel quarto trimestre del 2014.
Durante il fine settimana Pechino ha dichiarato Xi presidente a vita, nazionalizzato senza preavviso la massiccia pila di fusioni/acquisizioni da $300 miliardi denominata Anbang, e i dati pubblicati mostrano che i prezzi delle abitazioni nelle città di livello 1 stanno calando di anno in anno.
Non pensiamo che queste notizie significhino tempi di boom per lo Schema Rosso di Ponzi, o che il debito e la speculazione lungo la scia della "crescita globale sincronizzata" si dimostreranno all'altezza del compito. Al contrario, l'abbuffata di credito prima del diciannovesimo Congresso del Partito Comunista in Cina è finita, il che significa che Pechino intende lottare contro il suo mostro del credito da $40,000 miliardi.
Infatti tenete a mente i dazi imminenti del 10% e del 25% su alluminio e acciaio, rispettivamente, e la futura posizione delle barre rosse sul grafico qui sotto sarà fortunata se rimarrà sulla linea piatta.
Non solo la disconnessione tra Main Street e Wall Street è stata ignorata dall'Eccles Building, ma Powell e la sua banda di stampatori folli di denaro sono compiaciuti perché i loro indicatori di recessione non lampeggiano né di rosso né di arancione per quanto riguarda la maggior parte delle metriche.
E quindi?
Nel mondo della Finanza delle Bolle e dei mercati finanziari guidati dalle banche centrali, le recessioni non provocano correzioni o crash del mercato azionario. Invece sono i crolli del casinò che causano recessioni, perché innescano brutali e radicali manovre di "ristrutturazione" nei piani alti delle grandi aziende americane.
Queste offerte d'acquisto disperate per placare gli dei del trading si traducono in licenziamento di lavoratori, dismissione degli inventari, vendita di asset a reddito fisso e fallimenti di avviamenti legati ad operazioni di fusione/acquisizione. Alla fine, queste azioni di ristrutturazione aziendale portano l'economia di Main Street ad un bust.
Come sempre, il problema è il catalizzatore del crash nelle ultime fasi delle bolle finanziarie alimentate dalle banche centrali. E questa volta non è davvero difficile veder arrivare lo "shock dei rendimenti" nel mercato obbligazionario. Vale a dire, quando $1,800 miliardi di offerta – $1,200 miliardi di nuovo debito del Tesoro americano e $600 miliardi di vecchio debito scaricato dalla FED – finiranno nei mercati dei bond nel 2019, i mercati alla fine saranno costretti a ripulirsi.
Per esempio, la legge della domanda e dell'offerta non è stata abrogata, e le altre due importanti banche centrali del mondo – la BCE e la PBOC – si stanno dirigendo verso bordo campo. Di conseguenza il rendimento di compensazione sarà compreso tra il 4% e il 5% e, nel contesto storico del grafico qui sotto, le implicazioni sono evidenti.
Nella parte 5 faremo uno sforzo per sondare la carneficina finanziaria che si profila davanti a noi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
=> Potete leggere la Parte 1 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-1.html
=> Potete leggere la Parte 2 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-2.html
=> Potete leggere la Parte 3 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-3.html
=> Potete leggere la Parte 5 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-5.html
=> Potete leggere la Parte 6 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-6-ultima.html
venerdì 27 aprile 2018
L'avvoltoio del debito, Parte #3
di David Stockman
Ecco perché i nostri $67,000 miliardi di debito pubblico e privato contano sul serio: hanno fatto sì che il rapporto storico tra le tendenze di Main Street e Wall Street andassero in tilt.
La produzione industriale di gennaio a 107.24, solo un po' più alta di quella di tre anni fa a novembre 2014 (106.61), e solo dell'1.8% superiore a quella registrata nella fase di picco pre-crisi nel novembre 2007 (105.33). Se si utilizzano i CAGR, parliamo di un microscopico tasso di crescita annuale dello 0.18% per un intero decennio e durante il terzo ciclo di espansione più lungo della storia.
Per contro, l'indice S&P 500 al picco del 26 gennaio (2873) è salito dell'84% rispetto al livello del novembre 2007 (1560). E affrettiamoci a togliere la componente inflazionistica in modo da conformarci su una base d'analisi coerente che prenda in considerazione il guadagno e l'indice di produzione industriale basato sul volume. Dunque il deflatore del PIL è aumentato del 17% nello stesso periodo, quindi in termini reali l'indice S&P 500 è aumentato del 58%.
E questo non dall'orribile minimo del marzo 2009, ma dal picco del mercato azionario un anno prima la Grande Recessione. Quindi come può il mercato azionario salire del 58% dal picco pre-crisi, mentre l'economia industriale è solo salita dell'1.8%?
Risposta: la salita non è dovuta ad una cornucopia di guadagni. Infatti su una base aggiustata all'inflazione, la crescita degli utili reali è stata tanto piatta quanto quella della produzione industriale. Pertanto al picco nel 2007, i guadagni dell'indice S&P in dollari attuali ammontavano a $99 per azione. Durante il periodo annuale più recente (dicembre 2017), hanno fatto registrare $106.84 per azione, rappresentando quindi un guadagno dell'8% nel corso dell'intero decennio.
Potremmo dire che un guadagno del 58% nei prezzi delle azioni rispetto un guadagno dell'8% in guadagni reali e un guadagno del 2% nella produzione reale non potrebbero accadere nemmeno tra un milione di anni su un libero mercato onesto. E, soprattutto, non quando i numeri vengono aggiustati all'inflazione e quando attraversano un ciclo economico completo da picco a picco.
Quindi quello che abbiamo è un disaccoppiamento monumentale e senza precedenti dei prezzi degli asset finanziari dall'economia reale di Main Street. Né è difficile da identificare la causa di questa pericolosa divergenza.
Il fatto è che il massiccio stimolo monetario sin dalla grande crisi finanziaria non ha mai lasciato i canyon di Wall Street. Un debito ultra economico ed operazioni di supporto ai prezzi della FED e di altre banche centrali, hanno favorito un focolaio di speculazioni ed ingegneria finanziaria (ad esempio "vol" di vendita allo scoperto) che non ha precedenti.
E ciò include anche il picco delle dotcom nel marzo 2000. La maggior parte delle cose folli accadute allora erano inezie a livello di capitalizzazione di mercato rispetto a quelle che vediamo oggi. Ad esempio, Pets.com fece registrare un picco massimo di mercato di soli $400 milioni prima che perisse.
Al contrario, la capitalizzazione di mercato di Amazon (AMZN) ha raggiunto i $734 miliardi, dove viene trattata al 246X i guadagni annuali e al 115X il flusso di cassa operativo.
All'imminenza del suo trentesimo compleanno, AMZN non è più una start-up, né un modesto produttore. Ad esempio, il suo flusso di cassa disponibile nel 2017 era di ben $6.5 miliardi, rappresentando un netto di $18.5 miliardi di flusso di cassa operativo e $12.0 miliardi di spese in conto capitale. Al contrario, nel 2016 la liquidità per le operazioni era quasi la stessa, a $17.3 miliardi, mentre le spese in conto capitale erano sostanzialmente inferiori, a $7.8 miliardi.
Di conseguenza l'aritmetica ci dice tutto ciò che dobbiamo sapere. Il flusso di cassa disponibile di Amazon nel 2016 era di $9.5 miliardi, il che significa che negli ultimi 12 mesi la sua capitalizzazione è aumentata di $375 miliardi, o del 103%; sebbene il flusso di cassa disponibile sia diminuito del 32%.
Algoritmi e robo-trader nel casinò hanno apparentemente deciso di premiare un tonfo di $3 miliardi nel flusso di cassa disponibile con un guadagno di $375 miliardi in valutazione.
Il nostro punto qui non è semplicemente che Jeff Bezos ed i suoi seguaci non sono così ricchi come pensano di essere, o che centinaia di miliardi di capitalizzazione di mercato di AMZN sono destinati ad essere vaporizzati quando questa orribile bolla di Wall Street alla fine scoppierà.
Né che Amazon sia una specie di anomalia. Di fatto la valutazione assolutamente stupida che ora ha raggiunto è semplicemente sintomatica di un mercato azionario rovinato dalle banche centrali, non più in grado di valutare nulla correttamente o minimamente in linea con le tendenze piatte registrate da Main Street.
A tal proposito, prendete in considerazione la penosa incapacità di Wall Street di capire che GE altro non era che un castello di sabbia alla cui base c'era solo ingegneria finanziaria. O che il successore di Jack Welch, Jeffrey Immelt, stava bruciando liquidità in ingegneria finanziaria come se non ci fosse un domani in un tentativo disperato di mantenere vivo il prezzo delle azioni di GE.
Non stiamo esagerando. Durante i cinque anni terminati a dicembre 2017, GE ha pagato $41 miliardi di dividendi e $35.5 miliardi di riacquisti di azioni proprie. Eppure mentre rimetteva nel casinò circa $77 miliardi, stava divorando voracemente il suo granoturco attraverso le dismissioni seriali e il fatto che aveva generato solo $46 miliardi in flusso di cassa disponibile.
Eppure i robo-trader e gli scommettitori non hanno affatto notato il rapido calo del flusso di cassa disponibile fino a quando non è precipitato da $28 miliardi a metà del 2014 in territorio negativo due anni fa; solo allora la capitalizzazione di mercato di GE ha iniziato uno scivolone devastante da $300 miliardi a $125 miliardi (ed è ancora in calo).
Inutile dire che GE non è l'unica azienda che sta mangiando i suoi semi invece di piantarli e questa è l'essenza della Finanza delle Bolle. Questo è ciò che fanno i piani alti delle grandi aziende quando sono incentivati dalla speculazione alimentata dalle banche centrali e dalla falsificazione dei prezzi degli asset a spostare la loro capacità di flusso di cassa e di bilancio in manovre d'ingegneria finanziaria, non in investimenti a lungo termine in attività produttive e strategie di crescita.
Questo è anche il motivo per cui il taglio delle tasso Trump/GOP finanziato col deficit è stato completamente fuorviante. La schiacciante quota del guadagno al netto delle imposte finirà in riacquisti di azioni proprie e dividendi, non in investimenti produttivi a vantaggio di Main Street. E con un record di $171 miliardi di riacquisti di azioni proprie annunciati durante i primi due mesi del 2018, la prova è servita.
A questo ritmo, le società nell'indice S&P 500 raggiungeranno un folle tasso di riacquisto annuale di $1,000 miliardi rispetto ai livelli già folli di $500-$600 miliardi raggiunti negli ultimi anni.
A dire il vero, non crediamo che arriveranno mai lì perché lo "shock dei rendimenti obbligazionari" farà in modo che i consigli d'amministrazione ritornino presto alla realtà. Tuttavia anche questa possibilità ci ricorda che la massiccia esplosione di riacquisti di azioni proprie, operazioni di fusione/acquisizione e altre forme di ingegneria finanziaria aziendale ($15,000 miliardi dal 2006) sono parte integrante della deformazione delle banche centrali che sta alla base del disaccoppiamento di Wall Street da Main Street.
Tale disaccoppiamento ha portato massiccia inflazione per i valori degli asset finanziari e deflazione simultanea nella capacità di crescita di Main Street. Ad esempio, la dilagante politica predatoria di Amazon, settore dopo settore, non è il libero mercato al lavoro, né incorpora il genio dell'inventiva o la "distruzione creativa" di Schumpeter.
Al contrario, Amazon è un veicolo gigantesco di pura e semplice "distruzione distruttiva".
La sua orribile capitalizzazione di mercato a $735 miliardi ed i pazzeschi multipli di valutazione sono la causa dei suoi prezzi predatori. Cioè, a 25X il flusso di cassa disponibile, Jeff Bezos varrebbe $20 miliardi, non $125 miliardi. Solo in questa ottica la sua strategia dei prezzi sarebbe molto più razionale, e soprattutto Amazon non avrebbe distrutto decine di miliardi di asset altrimenti produttivi nei centri commerciali e in altri luoghi che ha cancellato.
Inutile dire che la valutazione di Amazon da parte di Wall Street e la conseguente predazione di Main Street sono solo uno dei modi in cui la Finanza delle Bolle sta danneggiando l'economia reale. Le migliaia di miliardi di inutili operazioni di fusione/acquisizione alimentate dal debito a buon mercato e il conseguente falso "accrescimento" dei guadagni sono solo l'ennesima prova di ciò.
Nel perseguimento dell'impossibile realizzazione di "sinergie", sono stati cancellati posti di lavoro e gli ingredienti della crescita futura (cioè, ricerca e sviluppo, formazione e sviluppo del personale, marketing, ecc.) per placare gli speculatori di Wall Street. Quando le suddette sinergie non appaiono, o si perdono nel tempo, i miliardi di avviamenti e risorse risultanti vengono stornati ed esclusi dai "guadagni aggiustati" sulla base del fatto che non sono ricorrenti!
Quindi in assenza della Finanza delle Bolle alimentata dalla FED, gli investimenti reali netti in impianti e attrezzature non sarebbero crollati del 35% rispetto ai livelli del secolo scorso.
Questo ci riporta al rapporto sulla produzione industriale di gennaio. Quando si scava al di sotto dei titoli della stampa generalista, si scoprono prove ancora più convincenti che l'economia di Main Street non si è "ripresa".
Pertanto la produzione manifatturiera totale è ancora del 2.3% al di sotto del livello di un decennio fa al picco pre-crisi del novembre 2007!
Inoltre, dopo il rimbalzo quadriennale dal fondo del giugno 2009, l'espansione è rallentata. Il ritmo quinquiennale della crescita dal gennaio 2013 è stato pari ad un magro 0.97% all'anno. Perché, quindi, la FED e Wall Street continuano a chiamarla ripresa economica?
Il grafico qui sotto ci mostra come sono state le riprese nel corso della storia. Durante l'espansione di nove anni tra il picco pre-recessione del giugno 1981 e quello del giugno 1990, la produzione manifatturiera si espanse al 2.8% annuo. Durante il boom tecnologico degli anni '90, il ritmo di espansione era ancora più forte: 4.7% annuo.
Anche l'espansione di sette anni sospinta dal boom immobiliare di Greenspan, tra giugno 2000 e novembre 2007, ha generato un ritmo di crescita annuale dell'1.7%. Eppure a 10 anni dall'ultimo picco, e con la produzione manifatturiera ancora del 2.3% sotto il punto di partenza, i geni di Wall Street non osano porsi la perenne domanda: siamo ancora lì?
In realtà quando si scava sotto la superficie, l'intera idea di una ripresa industriale diventa semplicemente ridicola. Il grafico qui sotto tiene traccia degli ultimi tre cicli economici per tre componenti principali della produzione manifatturiera e in tale contesto è ovvio che non vi è stata alcuna ripresa economica.
Infatti le attrezzature aziendali sono cresciute del 3.5% annuo durante il ciclo picco/picco degli anni '80 (giugno 1981 - giugno 1990) e successivamente di un ritmo del 7.0% durante l'espansione degli anni '90. Anche durante il falso boom immobiliare di Greenspan la produzione di attrezzature aziendali è cresciuta al 2.3% annuo, prima di calare sostanzialmente a solo lo 0.28% annuo durante l'attuale pseudo-ripresa.
Nel caso della produzione di beni di consumo, il mancato recupero è ancora più drammatico. Dopo una media del 2.0% all'anno nei tre cicli tra il 1981 e il 2007, la produzione di beni di consumo negli Stati Uniti nel gennaio 2018 era ancora del 4.5% al di sotto del suo picco pre-crisi.
Allo stesso modo, la produzione di materiali da costruzione è cresciuta del 2.1% annuo durante il ciclo del 1980, del 2.4% all'anno durante l'espansione degli anni '90 e di circa l'1.0% all'anno nel ciclo 2001-2007. Al contrario, la produzione di materiali da costruzione nel gennaio 2018 era ancora del 13% al di sotto del suo livello pre-crisi.
Infatti l'unica cosa che ha mantenuto la produzione industriale complessiva su una linea piatta negli ultimi 10 anni è stato il boom delle patch di scisto e una leggera crescita dell'output delle utenze. Anche nel caso delle utenze per gas ed elettricità, il percorso di crescita annuale (linea verde qui sotto) allo 0.6% annuo non è indicativo di una robusta ripresa economica: sicuramente l'efficienza dell'uso di gas ed elettricità non è migliorata così tanto negli ultimi anni, il che significa che la crescita dell'output delle utenze è solo un ulteriore segno della stagnazione di Main Street.
In breve, prenderemo in considerazione la tesi secondo cui la produzione di scisti continuerà a crescere al tasso annuo del 6.6% registrato dall'autunno 2007. Tuttavia, questa è quasi tutta la sostanza dell'attuale pseudo-ripresa dell'intera economia industriale.
Nella Parte 4 affronteremo un tema abbastanza ricorrente. Fin dalla crisi finanziaria del 2008 e dalla Grande Recessione che ha provocato, l'economia statunitense è stata soggetta ad enormi stimoli da parte del settore pubblico: $3,500 miliardi di acquisti di obbligazioni da parte della FED e $10,000 miliardi di debito pubblico incrementale.
Quindi se queste cifre non hanno stimolato l'economia industriale, dove sono andate a finire?
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
=> Potete leggere la Parte 1 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-1.html
=> Potete leggere la Parte 2 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-2.html
=> Potete leggere la Parte 4 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-4.html
=> Potete leggere la Parte 5 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-5.html
=> Potete leggere la Parte 6 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-6-ultima.html
giovedì 26 aprile 2018
Lo scacco matto della Russia
di James Rickards
La Russia di Putin non ha mai distolto gli occhi dalla scacchiera. La sua ambizione non è l'egemonia globale, o la conquista europea. Putin cerca ciò che la Russia ha sempre cercato: l'egemonia regionale e una serie di stati cuscinetto nell'Europa orientale e nell'Asia centrale che possano aggiungere profondità strategica alla Russia.
In Siria la Russia ha il porto di Tartus, il quale è importante quando si considera che la maggior parte dei porti russi sono bloccati dal ghiaccio per mesi durante l'anno.
È stata la profondità strategica, la capacità di subire invasioni e sopravvivere grazie alla capacità di ritirarsi in una posizione centrale e di intaccare le linee di rifornimento nemiche, che ha permesso alla Russia di sconfiggere sia Napoleone che Hitler. Putin vuole il minimo rispetto che normalmente accompagnerebbe questo obiettivo geostrategico.
Capire Putin non è molto più complicato di così.
Nel ventunesimo secolo la Russia non agguanta una sfera d'influenza con la conquista, o la subordinazione, nel vecchio stile imperiale o comunista. Viene acquisita intessendo stretti legami finanziari, investimenti esteri diretti, zone di libero scambio, trattati, alleanze e una rete di associazioni che ricordano le precedenti versioni dell'UE.
L'intervento militare russo in Crimea e nell'Ucraina orientale non è stata un'iniziativa russa, ma una reazione russa. È stata una risposta agli sforzi degli Stati Uniti e del Regno Unito di attaccare la Russia spingendo in modo aggressivo e prematuro l'adesione dell'Ucraina alla NATO. Ciò è stato fatto deponendo un alleato di Putin a Kiev all'inizio del 2014.
Questo non per giustificare le azioni della Russia, ma semplicemente metterle in un contesto appropriato. Il tempo per staccare l'Ucraina dalla NATO era il 1999, non il 2014.
La situazione russo-ucraina è un sottogruppo della più ampia relazione tra Stati Uniti e Russia. Qui, l'opposizione viene non solo da oppositori interni, ma dall'élite globalista.
La globalizzazione è emersa negli anni '90 come conseguenza della fine della guerra fredda e della riunificazione della Germania. Per la prima volta dal 1914, la Russia, la Cina ed i loro rispettivi imperi potevano unirsi agli Stati Uniti, all'Europa occidentale e alle loro ex-colonie in America Latina e Africa in un unico mercato globale.
La globalizzazione si basava su frontiere aperte, libero scambio, telecomunicazioni, finanza globale, catene di approvvigionamento estese, manodopera a basso costo e libertà lungo i mari. La globalizzazione esistita dal 1990 al 2007 ha fatto progressi costanti sotto il duopolio di Bush/Clinton negli Stati Uniti e leader di mentalità simile altrove. Il nemico della globalizzazione era il nazionalismo, ma non era affatto in vista.
La crisi finanziaria del 2007-2008 ha messo fine ai guadagni facili grazie alla globalizzazione.
Le stesse élite che hanno creato il disastro finanziario, hanno cercato di "sistemare" la situazione sotto gli auspici del G20. Questo salvataggio globale è iniziato con il primo summit organizzato frettolosamente da George W. Bush e Nicolas Sarkozy, allora Presidente della Francia, nel novembre 2008.
Nonostante i salvataggi finanziari e il quantitative easing del settore bancario centrale, non è mai stata realmente ripristinata una robusta crescita autosufficiente in linea con le tendenze pre-crisi. Invece il mondo ha sofferto per una depressione decennale (definita come una crescita sotto-tendenziale) che continua ancora oggi.
La piccola crescita emersa è stata ad appannaggio dei ricchi, cosa che ha portato a livelli maggiori di disuguaglianza dei redditi registrati in oltre 80 anni.
Il malcontento era palpabile tra la classe media e la classe operaia nelle principali economie sviluppate del mondo. Questo malcontento si è trasformato in azione politica. Il risultato è stata la decisione del Regno Unito di lasciare l'UE, l'elezione di Donald Trump e l'ascesa di politici come Geert Wilders nei Paesi Bassi e Marine Le Pen in Francia, tra gli altri.
Ciò che accomuna questi politici e movimenti politici è il nazionalismo. Questo può essere definito come il desiderio di mettere gli interessi nazionali davanti alla globalizzazione. Il nazionalismo può significare chiudere le frontiere, limitare il libero commercio per aiutare l'occupazione locale, contrastare la manodopera a basso costo con i dazi ed i sussidi commerciali, e respingere gli accordi commerciali multilaterali a favore di negoziati bilaterali.
Questo ci porta al punto cruciale della relazione USA-Russia.
In poche parole, Putin e Trump sono i due nazionalisti più potenti del mondo. Qualsiasi riavvicinamento tra la Russia e gli Stati Uniti è una minaccia esistenziale all'agenda globalista.
Questo spiega gli attacchi al vetriolo, isterici e implacabili su Trump e Putin.
I globalisti devono tenere separati Trump e Putin per avere qualche speranza di far rivivere la loro agenda.
Proprio come Trump e Putin sono i campioni del nazionalismo, il presidente Xi Jinping della Cina e il cancelliere tedesco Angela Merkel sono i campioni del globalismo.
Capire questa dinamica richiede la considerazione dei ruoli paradossali di Xi e della Merkel.
Xi si posiziona come il principale sostenitore della globalizzazione, sebbene la verità sia più complessa.
Infatti il presidente Xi è il più nazionalista di tutti i maggiori leader mondiali. Spinge continuamente gli interessi a lungo termine della Cina senza particolare riguardo per il benessere del resto del mondo.
Ma la relativa debolezza militare ed economica della Cina, e la potenziale instabilità sociale, richiedono che essa collabori con il resto del mondo su commercio, cambiamenti climatici e logistica della supply chain per crescere. Xi è in una posizione paradossale: nazionalista fino al midollo, ciononostante deve indossare un rivestimento globalista per perseguire il suo obiettivo nazionalista di lungo termine.
Anche Angela Merkel è in una posizione paradossale, ma l'opposto del ruolo di Xi. La Merkel sa che la Germania deve abbracciare il globalismo sia per onere storico dato che è stata la fonte di tre grandi guerre (franco-prussiana, prima guerra mondiale e seconda guerra mondiale), sia per la necessità dell'integrazione tedesca con l'UE e la Zona Euro.
Allo stesso tempo, la Merkel ha fatto progredire la sua agenda globalista promuovendo interessi tedeschi attraverso le esportazioni e la manodopera straniera a basso costo.
Per i globalisti, il mondo si divide nella lotta manichea tra i nazionalisti, Trump e Putin, ed i globalisti, Xi e Merkel. I globalisti potrebbero giocare un gioco a due, nazionalisti contro globalisti, ma devono guardare al quadro più ampio per constatare che il mondo di oggi è in realtà un gioco a tre.
Oggi ci sono solo tre superpotenze nel mondo: Russia, Cina e Stati Uniti. Tutte le altre nazioni sono potenze secondarie o terziarie che possono allearsi con una superpotenza, rimanere neutrali o essere indipendenti, ma che altrimenti non hanno la capacità di imporre la propria volontà agli altri.
Alcuni analisti potrebbero rimanere sorpresi nel vedere la Russia nella lista delle superpotenze, ma i fatti sono indiscutibili. La Russia è la dodicesima economia più grande del mondo, ha il più vasto continente, è uno dei tre maggiori produttori di energia del mondo, ha abbondanti risorse naturali oltre al petrolio, ha armi avanzate e tecnologia spaziale, una forza lavoro istruita e, naturalmente, ha il più grande arsenale di armi nucleari di qualsiasi altro Paese.
La Russia ha enormi problemi, tra cui dati demografici negativi, accesso limitato agli oceani, condizioni meteorologiche avverse e terreni fertili limitati. Tuttavia, nessuno di questi problemi annulla i punti di forza della Russia.
Nonostante la prospettiva di migliorare le relazioni, Putin rimane il maestro degli scacchi geopolitico che è sempre stato.
Il suo gioco di lungo termine comporta l'accumulo di oro, lo sviluppo di sistemi di pagamento alternativi e la definitiva scomparsa del dollaro come valuta di riserva globale.
Saluti,
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
mercoledì 25 aprile 2018
L'avvoltoio del debito, Parte #2
di David Stockman
Nella Prima Parte abbiamo postulato che il grafico qui sotto incarna l'incubo che presto fagociterà Wall Street: si può cavalcare la tigre finanziaria per un po' di tempo, ma alla fine è generalmente impossibile uscirne vivi.
Ciò che ha guidato l'economia americana negli ultimi tre decenni è stata l'espansione del debito, privato e pubblico, a ritmi molto più rapidi della crescita del PIL. Ma ciò ha comportato un costante aumento del rapporto della leva nazionale fino a quando non ha raggiunto ciò che equivale al Picco del Debito: 3.5X il reddito nazionale.
Come abbiamo dimostrato anche nella Prima Parte, il fulcro di quest'evento è stato l'abbandono dell'ancoraggio dollaro/oro nell'agosto del 1971. Successivamente la FED ha espanso il suo bilancio a piacimento, iniettando credito fiat nel sistema finanziario ad un ritmo folle; e ha anche aperto la strada per il popolamento del FOMC da parte di accademici e burocrati keynesiani al posto dei banchieri conservatori che avevano gestito la FED prima del 1970.
Infine il bilancio della FED è cresciuto di 82 volte nei 48 anni successivi al giugno 1970, scoppiando da $55 miliardi a $4,500 miliardi al recente picco dopo il QE3. L'effetto è stata una drastica e duratura repressione finanziaria che ha spinto i rendimenti dei titoli obbligazionari molto al di sotto di quelli che sarebbero prevalsi in un libero mercato basato sull'offerta di risparmi reali.
Detto in modo diverso, la massiccia eruzione del bilancio della FED ha forzato la reciprocità della stampa monetaria tra tutte le banche centrali del mondo a causa del timore di un aumento dei tassi di cambio; una sindrome che affligge politici e policymaker ovunque. Quindi i bilanci modesti delle banche centrali che nel giugno 1970 ammontavano a circa $80 miliardi, ammontano oggi a più di $22,000 miliardi.
Cioè, capeggiato dalla banca centrale americana, il convoglio delle banche centrali globali si è evoluto in un gigantesco compratore di obbligazioni sovrane. Hanno gestito collettivamente l'equivalente monetario di un motel da quattro soldi: le obbligazioni, come gli scarafaggi, sono entrate nei loro bilanci e non ne sono più uscite.
Questo massiccio sequestro del debito sovrano finanziato attraverso il credito fiat che le banche centrali hanno creato dal nulla, ha avuto due effetti: innanzitutto sopprimerne i rendimenti ben al di sotto dei livelli di compensazione di un mercato onesto. Questa è solo l'ABC della legge della domanda e dell'offerta.
Il secondo effetto, alimentato dai carry trade degli speculatori, ha spinto i prezzi delle obbligazioni ancora più in alto, spingendo così i rendimenti ancora più in basso. Ciò, a sua volta, ha fatto sì che il costo del debito relativo al reddito diminuisse costantemente, incentivando i settori pubblico e privato ad incrementare i rapporti di leva finanziaria a livelli che erano inauditi prima del 1970.
Alla fine il debito a basso costo è stato incorporato nella trama dei settori pubblico e privato. In tal modo, l'aumento dei rapporti di leva ha causato l'avanzamento delle attività economiche future, il che significa che il PIL interno e mondiale sono molto più alti di quanto sarebbero stati se la crescita fosse stata finanziata da risparmi reali provenienti dalla produzione, non alimentata dal debito finanziato e stimolato dalle banche centrali.
Ad esempio, la spesa per gli asset a reddito fisso finanziata al margine grazie agli acquisti di obbligazioni da parte delle banche centrali – direttamente o indirettamente tramite lo spostamento dell'arbitraggio – ha fatto salire il PIL più rapidamente rispetto a quanto avrebbero fatto gli investimenti basati sui risparmi. Anche così, l'eruzione dei bilanci delle banche centrali globali è proseguita a ritmi drammaticamente più rapidi rispetto alla crescita del PIL gonfiato dal debito.
Pertanto il PIL globale è aumentato da circa $3,000 miliardi a $80,000 miliardi dal 1970, o del 26X. Per contro, i bilanci delle banche centrali sono esplosi di circa 275 volte.
Eppure, come fece notare l'economista Herb Stein, le cose che sono insostenibili tendono a fermarsi. E soprattutto al momento attuale, con un'esplosione di debito totale alimentata dal settore bancario centrale.
Infatti lo stato attuale dell'economia statunitense e il suo debito pubblico/privato totale incarnano esattamente la Legge di Stein. Per ribadire: nel giugno 1970 il PIL era di $1,100 miliardi e da allora è cresciuto del 18X a $19,600 miliardi. Al contrario, il debito pubblico e privato totale era di $1,580 miliardi e da allora è aumentato del 42X a $67,000 miliardi.
Infatti la legge del capitalismo alla fine prevarrà. Questo perché estendere queste tendenze, insostenibilmente divergenti, anche per un altro decennio porterebbe ad una totale assurdità. Come abbiamo anche sottolineato nella Prima Parte, tra dieci anni il PIL nominale ammonterà a $35,000 miliardi e il debito pubblico e privato totale raggiungerà i $150,000 miliardi.
PAZZIA!
Anche la FED la pensa così. E questa è la vera ragione della sua normalizzazione e del QT (quantitative tightening).
Sfortunatamente i nostri pianificatori monetari centrali non riescono a rendersi conto che la linea blu (debito) nel grafico qui sotto ha ferito gravemente l'economia di Main Street, e mentre "rimuove l'allentamento monetario" e riduce il suo bilancio il danno non farà altro che aggravarsi
In secondo luogo, durante le fasi finali di questa bolla del debito durata 50 anni, il debito a basso costo è tornato sempre più nei canyon di Wall Street tramite acquisti di azioni societarie, operazioni di fusione/acquisizione e altre manovre di ingegneria finanziaria. Qui ha alimentato un'enorme inflazione dei valori degli asset finanziari e uno tsunami di speculazioni selvagge e di scommesse pericolose.
Per esempio non ci sarebbe mai stato un ETF sul VIX in un sistema con denaro onesto e disciplina finanziaria; e nemmeno ci sarebbero stati i titoli spazzatura europei scambiati a rendimenti dei decennali USA, o le patch di scisto finanziate con obbligazioni spazzatura, o la "volatilità" scambiata come una "asset class". In un mercato libero, quest'ultima non avrebbe alcuna tendenza e sarebbe quindi non redditizia per il trading.
In una parola, il sistema bancario centrale keynesiano è la causa dei $300,000 miliardi di titoli di debito ($220,000 miliardi) e titoli di equity ($80,000 miliardi).
Pertanto, mentre la FED avanza verso la terra sconosciuta del QT e il massiccio drenaggio di liquidità dai canyon di Wall Street, spingendo quindi il resto del convoglio delle banche centrali mondiali a fare lo stesso, il suo impatto sarà quello di esporre le falsificazioni, le distorsioni, le deformazioni e gli investimenti improduttivi accumulati nel corso dei vari decenni.
Inutile dire che tutto ciò scatenerà reazioni a catena, o ciò che i banchieri centrali chiamano "contagi", negli interstizi del vasto sistema finanziario mondiale. Il mispricing era piacevole ed arrivava lentamente, silenziosamente e in modo incrementale; l'esposizione di tutte queste falsificazioni, non così tanto.
Infatti ciò che ci attende è simile a quello che Keynes scrisse una volta circa l'insidioso funzionamento dell'inflazione: si insinua così profondamente nel tessuto della finanza e della vita economica che diventa virtualmente invisibile.
Sostituite "finanziarizzazione" e "inflazione degli asset" alimentata dal debito nella citazione più famosa del Grande Pensatore, ed avrete esattamente ciò che ha prodotto nel mondo attuale l'era della Finanza delle Bolle.
Con un continuo processo di inflazione, i governi possono confiscare, segretamente e inosservati, una parte importante della ricchezza dei loro cittadini. Non vi è alcun mezzo più subdolo e sicuro per rovesciare le basi esistenti della società: la svalutazione della valuta. Tale processo coinvolge tutte le forze nascoste del diritto economico dalla parte della distruzione, e lo fa in un modo che solo un uomo su un milione sia in grado di capirlo.
In ogni caso, sepolto nel grafico qui sotto c'è l'enorme danno inferto a Main Street ed a Wall Street.
Ma non più. Il QT sta per innescare l'altrettanto famoso aforisma di Warren Buffett: ci si sta accorgendo che i nuotatori nudi sono effettivamente nudi.
Per quanto riguarda Main Street, è stato a lungo evidente che il cosiddetto LBO della nazione post-1970 abbia frenato la crescita tendenziale del PIL reale facendolo calare costantemente. Come in tutte le economie legate al debito, l'impatto iniziale è stato piacevole perché l'attività incrementale portata avanti nel tempo ha più che compensato l'aumento del costo di carry del debito.
Ma quegli effetti apparentemente salutari erano temporanei. Pertanto il primo riquadro nel grafico qui sotto rappresenta lo status quo pre-Camp David. Durante il 1953-1971, l'età d'oro della prosperità degli Stati Uniti, il PIL reale è cresciuto ad un tasso del 3.8% all'anno, mentre il rapporto storico di leva dell'economia americana si avvicinava strettamente alla media dell'1.5X. La crescita era organica, sostenibile ed era nata dal genio del capitalismo privato, relativamente libero da un pesante intervento dello stato.
Come dimostrato dalla linea rossa nel secondo riquadro, 1971-2000, il rapporto di leva ha iniziato la sua ascesa incessante accelerando bruscamente dopo che Alan Greenspan arrivò alla FED nel 1987 ed inaugurò esplicitamente l'era della Finanza delle Bolle. Durante quel periodo, la spinta alla crescita mediante una maggiore leva finanziaria è stata solo parzialmente compensata dal crescente onere dei costi di carry del debito.
Il terzo riquadro, il periodo 2000-2007, coglie l'ultima fase maniacale del cosiddetto LBO nazionale quando il boom immobiliare di Greenspan ha portato il debito ipotecario nella stratosfera finanziaria. Durante quell'intervallo di sette anni di follia, il rapporto di leva nazionale è salito da un 2.8X il reddito nazionale a 3.8X al picco della crisi finanziaria.
Ma nonostante la più grande ondata di pompaggi del debito, compresi oltre $3,000 miliardi di mortgage equity withdrawal (MEW), che sono confluiti nel flusso della spesa per i consumi, il pedaggio pagato dalla crescita economica è diventato palesemente ovvio. Su base picco/picco, la crescita del PIL reale è rallentata a solo il 2.4% annuo.
L'ultimo riquadro copre i dieci anni trascorsi dal picco pre-crisi e parla da sé: nonostante il più grande stimolo monetario e fiscale nella storia registrata, il rapporto di leva ha smesso di crescere e così anche Main Street.
La linea rossa si è spostata a malapena perché le famiglie erano arrivate già al Picco del Debito nel 2007 e il debito delle imprese era cresciuto solo modestamente, anche se era stato quasi interamente riciclato a Wall Street attraverso l'ingegneria finanziaria.
La morale della favola lascia poco all'immaginazione: il costo di carry di un debito pubblico/privato ora a $67,000 miliardi e l'immolazione dei flussi di cassa aziendali e dei bilanci per finanziare l'ingegneria finanziaria, hanno causato una discesa del tasso tendenziale di crescita del PIL reale a solo l'1.2%. Questo è appena un terzo delle cifre durante l'epoca d'oro prima della follia di Camp David.
Inutile dire che le persone che popolano la FED e Wall Street non hanno idea della triste realtà rappresentata nel grafico qui sotto. Sono così concentrate sui "flussi" di breve termine e sui "dati in entrata" ad alta frequenza che non riconoscono né il fatto del cosiddetto LBO nazionale, evidente nella linea rossa, né la scomparsa della crescita economica storica, inequivocabilmente evidente nelle barre grigie.
Inoltre l'affermazione di una ripresa tiepida dovuta alla Grande Recessione ha esaurito il suo uso. Al contrario, se lo shock per Main Street fosse stato semplicemente ciclico, come sostenuto dai nostri banchieri centrali keynesiani, il PIL perso sarebbe stato più che recuperato dopo 9 anni.
In realtà il tasso di crescita del PIL reale all'1.2% nell'ultimo riquadro rappresenta la condizione dell'economia di Main Street e mostra la verità sulla bolla quarantennale del debito. Per intenderci, l'economia americana ha solo guadagnato tempo. Questo è il prezzo reale di $67,000 miliardi di debito ed una leva dell'economia degli Stati Uniti fino alla sua massima tolleranza, a 3.5 volte il reddito nazionale.
Anche così, però, le barre grigie nel grafico qui sopra sottostimano la gravità del danno inferto all'economia di Main Street che è il risultato dell'esplosione del debito post-1970. Ciò è dovuto al fatto che una parte significativa della crescita tendenziale sin dal 2007 è dovuta all'orrenda reflazione del mercato azionario e agli effetti sulla ricchezza (reversibili) che ne derivano.
Ciò che intendiamo è che il 10-20% delle famiglie americane ha beneficiato, sia finanziariamente sia psicologicamente, del rialzo del 4X dell'indice S&P 500 (da 670 a marzo 2009 a circa 2750).
Di conseguenza hanno acquisito sufficienti aumenti salariali e plusvalenze per finanziare robusti livelli di spesa al consumo. Tale spesa ha aumentato gli aggregati che prendono in considerazione anche il restante 80% delle famiglie americane, le quali possiedono poche azioni e hanno sperimentato deboli aumenti dei salari.
Il grafico qui sotto è una prova sorprendente. Il tasso di tendenza della linea rossa, che riflette i lavoratori nella produzione e non nella supervisione, è in realtà diminuito sin dalla crisi del 2008. Al tasso attuale di crescita del 2.3% a/a, la crescita dei salari nominali è appena al passo con l'inflazione dell'IPC, che a sua volta sottostima l'aumento del costo della vita di tutti i giorni.
Al contrario, la parte superiore della scala del lavoro è composta da cosiddetti lavoratori nella supervisione. I loro salari sono saliti sin dal fondo post-crisi e sono ora nella zona di crescita del 4%. Ciò è in parte dovuto al fatto che il 20% di questi posti di lavoro è stato meno esposto all'off-shoring, e anche perché la categoria di supervisione cattura la quota maggiore dei bonus e degli incentivi.
Di conseguenza, il 20% dei titolari di posti di lavoro ha contribuito in modo sproporzionato al modesto rimbalzo della spesa per consumi e alla crescita del PIL sin dal 2009.
Infatti, come mostreremo nella Parte 3, sin dal 2008 la maggior parte dell'economia di Main Street ha percorso la linea piatta nel migliore dei casi. Ad esempio, la produzione industriale è ancora al suo livello pre-recessione ed i salari reali settimanali non sono affatto aumentati
Di conseguenza il massiccio stimolo monetario dal settembre 2008 non ha mai lasciato i canyon di Wall Street; il massiccio afflusso di credito della banca centrale ha semplicemente esteso ed aumentato le distorsioni finanziarie.
Quindi la bolla finanziaria della banca centrale colpirà molto più Wall Street che Main Street, che ha molto meno da perdere.
E crediamo che il successo di Wall Street sia dovuto principalmente ai piani alti delle grandi aziende americane. Avendo accumulato debiti su debiti nell'ultimo decennio per finanziare $15,000 miliardi in manovre d'ingegneria finanziaria, lo "shock dei rendimenti" bloccherà il flusso di liquidità aziendale in operazioni di riacquisto di azioni proprie e fusione/acquisizione.
Ancora più importante, la reazione a catena innescata dai riacquisti di azioni proprie sarà praticamente incontrollabile. Il grande muro dei veicoli d'investimento passivi, ETF e fondi indicizzati, scaricherà automaticamente le azioni quando gli smart money si accorgeranno che la festa è finita e che i costi di carry ed i rischi della speculazione sono improvvisamente aumentati.
Abbiamo definito questa prospettiva il peggior incubo di Wall Street. Nella Parte 3 esamineremo ulteriormente i particolari delle bombe ad orologeria finanziaria che sono in agguato nel sistema finanziario.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
=> Potete leggere la Parte 1 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-1.html
=> Potete leggere la Parte 3 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-3.html
=> Potete leggere la Parte 4 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-4.html
=> Potete leggere la Parte 5 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-5.html
=> Potete leggere la Parte 6 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-6-ultima.html
martedì 24 aprile 2018
Lo show politico di Trump sui dazi
di Gary North
Trump sa come negoziare.
La posta in gioco è minuscola se perde. Questo perché tutte le chiacchiere riguardo una guerra commerciale sono solo retorica. Non c'è possibilità di una guerra commerciale. Quei giorni sono finiti sin dal 1945.
Sembra che stia negoziando con il presidente Xi. Questa è un'illusione. Sta negoziando con i democratici e con tutti i repubblicani al Congresso che odiano il suo coraggio. Sta facendo call al loro bluff. Dimostrerà ai suoi sostenitori che (1) ha spina dorsale e (2) i suoi avversari sono smidollati. Sarà facile da dimostrare. I suoi avversari sono davvero imbranati.
Non ci sarà nessuna guerra commerciale. Ma c'è una guerra politica.
LA CAUSA DELLE RECESSIONI
I media generalisti hanno subito sventolato il feticcio di una guerra commerciale dopo il declino di 724 punti del Dow Jones Industrial Average il 22 marzo. Il calo successivo di 424 punti è stato anch'esso attribuito alla minaccia di una guerra commerciale. Questa spiegazione è una combinazione di economia keynesiana ed ostilità nei confronti di Trump.
Questa è stata la linea di partito dell'Organizzazione Mondiale del Commercio per tutto il mese scorso. Ecco il titolo di Newsweek: Donald Trump's Trade War Will Cause 'Deep' Global Recession, Says WTO Director. Sciocchezze.
Mercoledì il Federal Open Market Committee ha aumentato il tasso pagato sulle riserve in eccesso. Il Dow è sceso giovedì e venerdì. Ma nessuno ha incolpato il FOMC.
È tempo di ripassare la teoria Austriaca del ciclo economico. Le depressioni e le recessioni non sono causate dai dazi. Sono causate dalle politiche della banca centrale.
Ci possono essere vendite sul mercato azionario che ricordano quelle del 1929 in risposta alla firma dello Smoot-Hawley Act. Ma lo Smoot-Hawley non causò la Grande Depressione. Fu invece la politica monetaria della Federal Reserve a causarla. Ciò è stato dimostrato nel 1963 con il libro di Murray Rothbard, America's Great Depression. Potete scaricarlo gratuitamente. Cliccate qui. Nel 2001, l'economista Austriaco Roger Garrison della Auburn University, ha commentato il libro di Rothbard e la sua tesi, la quale era impopolare quando fu pubblicato. Ha scritto:
Incolpare gli stati per i cicli economici era difficile negli anni '60 -- il decennio in cui il keynesismo regnava supremo -- sia nelle sedi del potere che nelle aule accademiche. A Rothbard viene attribuito il merito di aver tenuto in vita (durante un periodo in cui la Scuola Austriaca era quasi completamente scomparsa) le idee chiave su come il processo di mercato procede bene se lasciato in pace e come va storto quando la banca centrale induce più crescita che i risparmiatori sono disposti a finanziare.
Nota: la sua tesi non è mai stata popolare. Passa attraverso cicli di impopolarità, da meno intensa a più intensa.
Quando arriverà la prossima recessione -- e arriverà -- i keynesiani e gli economisti non Austriaci andranno dritti ai dazi di Trump come prima linea di difesa contro l'analisi economica Austriaca. La Federal Reserve è l'istituzione economica centrale negli Stati Uniti. Controlla la base monetaria. Imposta il tasso d'interesse pagato sulle riserve in eccesso detenute dalle banche commerciali. I membri del Federal Open Market Committee, il quale definisce la politica monetaria, sono keynesiani. Gli altri keynesiani non li biasimeranno mai. Daranno la colpa a Trump.
Rispetto all'influenza della Federal Reserve, i dazi sono economicamente periferici.
COMMERCIO ESTERO
La maggior parte del commercio estero negli Stati Uniti è in materie prime. Il più grande componente nel deficit della bilancia commerciale degli Stati Uniti era quello delle importazioni di petrolio. Questo si è ridotto a causa delle tecnologie del fracking. Possiamo vedere l'effetto qui. Il grafico inizia nel 2006.
https://www.census.gov/foreign-trade/statistics/graphs/PetroleumImports.html |
Ecco cosa importano gli americani
https://atlas.media.mit.edu/en/profile/country/usa |
Ecco le nazioni verso le quali esportiamo.
https://atlas.media.mit.edu/en/profile/country/usa |
Importiamo di più dalla Cina rispetto a qualsiasi altra nazione: il 22%.
https://atlas.media.mit.edu/en/profile/country/usa |
Ma i dazi proposti finora sono solo sull'acciaio cinese e l'alluminio. Non c'è ancora nessun elenco di altri prodotti. Ciò aumenterà leggermente i prezzi per quei segmenti della produzione negli Stati Uniti che dipendono dall'acciaio e dall'alluminio. Quanto è importante per il PIL la produzione manifatturiera? Non molto. La produzione manifatturiera come quota del PIL reale negli Stati Uniti non è cambiata molto dal 1947.
https://www.stlouisfed.org/on-the-economy/2017/april/us-manufacturing-really-declining |
In tutto il mondo, la produzione manifatturiera costituisce il 17% e diminuisce costantemente.
https://data.worldbank.org/indicator/NV.IND.MANF.ZS |
La maggior parte dell'economia mondiale è condotta a livello nazionale: niente importazioni o esportazioni.
Il PIL dell'Occidente è dominato dai servizi. I dazi non si applicano ai servizi.
I dazi sono pressoché irrilevanti dal punto di vista economico. Sono molti rilevanti, invece, dal punto di vista politico.
TRUMP CONTRO XI
Negli Stati Uniti la componente commerciale ricoperta dalla Cina è il 22% delle importazioni statunitensi. Stiamo parlando perlopiù di prodotti finiti, non materie prime come acciaio e alluminio. Esportiamo principalmente prodotti agricoli in Cina. Ci sono altri mercati a cui rivolgersi se la Cina applica dazi al cibo proveniente dagli Stati Uniti. Inoltre non tutti gli acquisti di cibo cesseranno a causa dei dazi. In ogni caso, solo l'8% delle esportazioni americane va in Cina.
Il commercio estero rappresenta circa il 27% dell'economia statunitense. La Cina è un importante partner commerciale, ma nessuno sta suggerendo che il commercio con la Cina cesserà. Ci saranno tasse sulle vendite imposte su alcuni prodotti.
I dazi proposti per l'acciaio e l'alluminio cinesi rappresenteranno dazi doganali per $50 miliardi di importazioni. Nota: non si tratta di $50 miliardi in dazi totali. Si tratta di dazi doganali per importazioni da $50 miliardi. I titoli dei giornali sono fuorvianti: Trump firma un ordine che prevede quasi $50 miliardi di dazi sulle importazioni cinesi.
I dazi proposti sono del 25% per l'acciaio e del 10% per l'alluminio. Se le importazioni dei due metalli sono 50-50 (sto facendo un esempio, non lo so a quanto ammontino), questo significa un aumento dei prezzi da $6.2 miliardi per gli acquirenti di acciaio, con gli acquirenti di alluminio che pagano un extra di $2.5 miliardi.
Le importazioni di acciaio e alluminio da tutte le nazioni, non solo dalla Cina, rappresentano circa il 2% delle importazioni totali. Questo è un bip sullo schermo di un computer.
Nel frattempo, la Cina ha risposto con una minaccia di dazi doganali per $3 miliardi di importazioni americane. Quali percentuali? Ci può essere un dazio del 25% sulla carne di maiale. Oppure sui tubi di acciaio: il 15%. O un dazio del 15% su frutta e vini.
Gli Stati Uniti hanno un'economia da $19,000 miliardi.
Stiamo parlando di una tempesta in una piccola teiera.
I media anti-Trump hanno usato un linguaggio sproporzionato.
Trump rafforzerà il supporto con la sua base con un gesto simbolico.
Non ci sarà nessuna guerra commerciale.
C'è una battaglia politica sui dazi. Trump è probabile che vinca.
LA STRATEGIA VINCENTE DI TRUMP
Su quale base giuridica Trump ha minacciato di imporre dazi? Il 27 aprile 2017 ha annunciato che avrebbe indagato sulle esportazioni negli Stati Uniti senza fare il nome delle nazioni. Ha invocato il Trade Expansion Act del 1962.
Il Trade Expansion Act aveva lo scopo di ridurre i dazi, non di aumentarli. Leggete qui.
Ha annunciato questa inchiesta lo scorso aprile. Questo gli ha fornito i 270 giorni che richiede la prassi. Per legge, il segretario al commercio deve condurre l'inchiesta. Il segretario Wilbur Ross ha completato le indagini.
Ecco l'annuncio della Casa Bianca l'8 marzo 2018. (Ho creato un PDF di questo documento, dato che scomparirà quando Trump lascerà la carica. È qui.)
Sta usando il Trade Expansion Act per contrarre il commercio.
Adesso questa storia diventa ancor più bizzarra. Ha nell'effettivo sospeso temporaneamente i dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio dai seguenti Paesi: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Messico, Paesi membri dell'Unione Europea e Corea del Sud. Potete leggerlo sul sito web della Casa Bianca. Inizierà i negoziati il 1° maggio. Questo comunicato stampa non è menzionato dai media generalisti. È qui. Poiché questa pagina verrà rimossa quando Trump lascerà la carica, ne ho realizzato un PDF. È qui.
Il Congresso può rovesciare questo ordine esecutivo con un voto di due terzi.
Se i democratici votano in blocco, e sono supportati da repubblicani filo-commerciali -- ci sono pochi repubblicani che a parole non sono sostenitori del libero scambio -- il Congresso potrà facilmente rovesciarlo. Ma se i democratici lo faranno, perderanno voti a novembre tra i lavoratori. D'altra parte, se rimangono in silenzio, faranno in modo che Trump se la cavi. I repubblicani alla Camera potranno stare sereni. I democratici non saranno in grado di incolpare Trump quest'estate e falliranno se i servitori della Pelosi rimarranno muti.
Avrà vinto la trattativa -- non con la Cina, ma con i democratici ed i repubblicani favorevoli al commercio. Se il Congresso porrà il veto, avrà vinto lo stesso tra la sua base elettorale. Praticamente non può perdere.
Tutto questo riguarda la politica nazionale, non la sicurezza nazionale. Non vi è alcuna minaccia alla sicurezza nazionale da parte di acciaio e alluminio cinesi. In ogni caso, come sarà salvata l'America con un aumento del 10% dei dazi sull'alluminio? L'intera sciarada è ridicola dal punto di vista economico. È logica dal punto di vista politico. Sembra che Trump vincerà questa battaglia. Non vedo come possa perdere.
È il maestro della contrattazione.
È Trump contro il Congresso. Sono i New England Patriots contro la Hawthorne Country Day School.
CONCLUSIONE
Tutte le chiacchiere su una recessione mondiale a seguito di piccoli rialzi dei prezzi interni di alcuni beni importati dalla Cina sono assolutamente prive di senso.
Ci sarà sicuramente una recessione. Non sarà il risultato dei mini-dazi di Trump. Sarà il risultato delle politiche del Federal Open Market Committee sin dal 2008.
Se i democratici incolperanno i dazi per la recessione, Trump potrà dire: "Allora perché i democratici del Congresso non hanno chiesto un voto per scavalcare il mio ordine esecutivo? Il Congresso può scavalcare i miei veti. Invece non c'hanno nemmeno provato. Perché non l'hanno fatto?"
Trump non può perdere.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
lunedì 23 aprile 2018
L'avvoltoio del debito, Parte #1
di David Stockman
Questa storia sta diventando davvero ridicola. In nome dei vecchi tempi, abbiamo ricontrollato il livello del debito federale durante il mese in cui arrivammo nella Città Imperiale 24 anni fa. Era il giugno 1970 e il debito federale era di $275 miliardi.
Intendiamoci, mentre quel numero non era esattamente poco, c'erano voluti 188 anni per accumularlo. Cioè, lo Zio Sam aveva preso in prestito una media di $28,000 la settimana durante le 9.776 settimane da quando George Washington aveva prestato giuramento come primo presidente della nazione.
Stiamo rimuginando su questo dato storico perché, a quanto pare, il Tesoro americano in questa settimana emetterà $258 miliardi di debito pubblico.
Proprio così. L'emissione programmata del debito dello Zio Sam questa settimana sarà quasi uguale al suo indebitamento cumulativo durante i primi 188 anni della nazione e i suoi primi 37 presidenti!
E, sì, c'è stata un'inflazione considerevole sin dal giugno 1970. E non ultimo perché esattamente 13 mesi dopo, Tricky Dick Nixon decise di staccare la spina di Bretton Woods e l'ancoraggio del dollaro con l'oro.
Inutile dire che tale decisione avrebbe scatenato una recessione e un mucchio di disagi per le prospettive di rielezione di Nixon. Infatti l'economia americana ebbe un mucchio d'inflazione ed una finanziarizzazione distruttiva nel corso del mezzo secolo successivo.
Di conseguenza, il livello dei prezzi oggi è 5 volte più alto quando misurato dal deflatore del PIL. Quindi, in potere d'acquisto dei dollari di oggi, la cifra del debito del 1970 sarebbe stata di circa $1,200 miliardi.
Non è un caso se abbiamo soprannominato Trump il Re del Debito. Il suo piano di bilancio è quello di prendere in prestito tanto denaro durante l'anno a venire (anno fiscale 2019) quanto fecero i primi 37 presidenti degli Stati Uniti!
Di conseguenza i keynesiani, i politici di entrambi i partiti e gli scommettitori di Wall Street, lo sanno: gli Stati Uniti hanno un monumentale problema di debito, e sicuramente non è stato "preso in considerazione".
Quindi il nostro scopo in questa serie di articoli divisa in sei parti è di spiegare come non sia stato preso in considerazione, e perché questa situazione anomala sia ormai arrivata alle sue battute finali.
Tanto per essere chiari, non stiamo parlando solo dei $21,000 miliardi di debito pubblico, ma dei $67,000 miliardi di debito pubblico e privato che stanno strangolando l'economia statunitense.
Questi ultimi sono il risultato deplorevole del cosiddetto LBO nazionale che l'economia americana ha subito sin dal giugno 1970.
Il fatto è che i $1,500 miliardi di debito pubblico e privato totale ammontavano allora al 150% del PIL. E questo rapporto di leva nazionale all'1.5X era sostanzialmente rimasto invariato durante i precedenti 100 anni di robusta crescita economica e aumento di 25 volte il reddito reale pro-capite.
Al contrario, a $67,000 miliardi di debito totale oggi, il rapporto di leva degli Stati Uniti si attesta a circa il 3.5X. Se il rapporto di leva storico all'1.5X il reddito nazionale non fosse stato rovesciato dalla perfidia di Tricky Dick, oggi ci sarebbero $30,000 miliardi di debito totale per l'economia statunitense, non $67,000 miliardi.
Quindi i $37,000 miliardi in più rappresentano una macina economica che sta indebolendo la crescita capitalista e che ora ha messo in pericolo sia Main Street che Wall Street.
Questo perché la massiccia crescita del credito alimentata dalla banca centrale e scatenata dalla follia del 1971 ha raggiunto il suo limite, anche secondo i nostri banchieri centrali keynesiani. Quindi ora stanno intraprendendo un'inversione di bilancio epocale che cambierà drasticamente le dinamiche fondamentali del sistema finanziario, ed esporrà la vasta falsificazione dei valori degli asset finanziari a Wall Street.
Infatti è stata la struttura mentale keynesiana di oggi che spinse Nixon a gettare via l'oro. Venne consigliato da quelli che abbiamo definito "keynesiani d'acqua dolce" intorno a Milton Friedman, i quali erano tanto statalisti in materia di denaro e macro-gestione economica di Washington quanto i loro compatrioti "di acqua salata" a Cambridge, MA. Differivano solo sulla tecnica: strumenti di politica monetaria e strumenti di politica fiscale.
Purtroppo se praticata per un periodo di tempo abbastanza lungo, i keynesiani – insieme ai politici ed ai burocrati che trovano conveniente abbracciare il loro modello imperfetto – perdono letteralmente la memoria. Almeno per quanto riguarda la memoria storica.
Detto in modo diverso, vengono incurabilmente infettati dal "bias della modernità" e così facendo finiscono per diventare ciechi di fronte agli errori e alle anomalie insostenibili su cui si basa l'intero schema del debito.
Per esempio, se colui che scrive avesse fatto il check-in all'Ecles Building nel giugno 1970, avrebbe scoperto che il bilancio della FED era di soli $55 miliardi. E questo accadeva dopo 56 anni di stampa di denaro.
Quello che è accaduto durante i successivi 48 anni è stata un'eruzione monetaria, permessa dalla follia di Camp David di Nixon. Per esempio, il bilancio della FED è esploso dell'82X, o di quasi il 10% annuo nel corso di mezzo secolo.
Va da sé che non si sarebbe potuto trovare un economista (o anche un profano) a Washington, Cambridge o Chicago nel giugno 1970, che avrebbe raccomandato o addirittura immaginato una tale esplosione del bilancio della banca centrale durante i successivi 50 anni. Persino il populista e sciroccato monetario Wright Patman, deputato del Texas e presidente della House banking and currency committee, non avrebbe mai accettato una cosa del genere.
Il resto è storia, ovviamente. Cioè, l'esplosione dell'82X del credito della banca centrale ha dato origine al grafico bizzarro qui sotto.
Per esempio, nel giugno 1970 il PIL era di $1,100 miliardi e da allora si è espanso del 18X a $19,600 miliardi. Al contrario, il debito pubblico e privato totale era di $1,580 miliardi e da allora si è espanso del 42X a $67,000 miliardi.
Inutile dire che far crescere queste tendenze insostenibilmente divergenti anche per un altro decennio porterebbe ad una totale assurdità: $35,000 miliardi di PIL nominale e $150,000 miliardi di debito totale.
Infatti questo forse spiega perché la FED abbia cessato di pubblicare sin dal quarto trimestre 2015 la cifra totale del debito nel mercato del credito nel suo rapporto trimestrale "Flusso di fondi", quando la cifra era di $63,500 miliardi.
Inutile dire che questo grafico è molto importante per l'era imminente di normalizzazione dei tassi d'interesse e quantitative tightening (QT). Una cosa è permettere ai tassi d'interesse di salire di 200-300 punti base in un contesto in cui l'economia trasporta $30,000 miliardi di debito; un'altra è, ovviamente, quando il peso è di $67,000 miliardi.
In breve, il bias della modernità si rivelerà il tallone d'Achille dell'era ormai finita della Finanza delle Bolle. L'economia degli Stati Uniti ha preso in prestito e stampato denaro così a lungo che la sua posizione sulla mappa economica e finanziaria è stata persa di vista; il che significa che l'impatto della prossima inversione epocale nelle politiche della banca centrale non è nemmeno lontanamente apprezzato.
Si prenda in considerazione il bilancio della FED. Anche se gli Stati Uniti avessero seguito la regola della crescita monetaria fissa di Milton Friedman a circa il 3% annuo, il bilancio della FED di $55 miliardi del giugno 1970 sarebbe rimasto a soli $230 miliardi oggi.
Pensiamo che $4,200 miliardi di credito extra abbiano cambiato tutto?
Sì, come spiegheremo nella Parte 2.
Nel frattempo ecco un grafico che dovrebbe spaventare i giocatori d'azzardo nel casinò di Wall Street.
Fino ad ora non si era mai vista una contrazione del bilancio della banca centrale fino a $2,000 miliardi. Né l'impatto è stato mai immaginato, così come nel giugno 1970 non poteva essere immaginata un'esplosione dell'82X del bilancio della FED.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
=> Potete leggere la Parte 2 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-2.html
=> Potete leggere la Parte 3 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-3.html
=> Potete leggere la Parte 4 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/04/lavvoltoio-del-debito-parte-4.html
=> Potete leggere la Parte 5 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-5.html
=> Potete leggere la Parte 6 a questo indirizzo: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/05/lavvoltoio-del-debito-parte-6-ultima.html