Bibliografia

giovedì 1 marzo 2018

Il franco svizzero e l'euro: e adesso?





di Mihai Macovei


Nel gennaio 2015 la Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha inaspettatamente rimosso l'ancoraggio del franco con l'euro.[1] Questa mossa è stata ben accolta dagli economisti di libero mercato, inclusi gli articolisti del Mises Wire.[2] Si riteneva che gli aggiustamenti di breve periodo dell'economia svizzera, innescati dall'apprezzamento del franco, fossero preferibili ai rischi della stabilità macroeconomica posti dall'inflazione importata dall'area Euro durante suddetto ancoraggio. Tuttavia sarebbe stato difficile prevedere se la politica monetaria interventista della BNS sarebbe proseguita anche dopo l'eliminazione dell'ancoraggio.

Cerchiamo, però, di fornire un po' di background. Dall'inizio della Grande Recessione, gli investitori si sono rivolti al franco svizzero come bene rifugio. Temevano che politiche monetarie e fiscali troppo allentate avrebbero danneggiato la qualità della maggior parte delle altre valute. I flussi finanziari netti in entrata al ritmo di 460 miliardi di franchi (70% del PIL del 2016) sono finiti nell'economia alpina sotto forma di rimpatrio di depositi bancari. Contemporaneamente sono stati registrati ingenti avanzi nelle partite correnti per circa 600 miliardi di franchi. Oltre la metà degli afflussi esterni è stata acquistata dalla Banca Nazionale Svizzera per limitare l'apprezzamento del franco e aiutare gli esportatori. Ciò ha comportato un aumento considerevole degli asset di riserva esteri per circa 690 miliardi di franchi.[3] La BNS ha anche ridotto in modo aggressivo i suoi tassi d'interesse a livelli negativi, superando sia la FED che la BCE.

La vastissima scala degli interventi monetari della BNS, non solo durante ma anche dopo la fine dell'ancoraggio, è stata probabilmente meno ovvia per la maggior parte degli osservatori. Aiutata dal differenziale del tasso d'interesse negativo, la media mensile degli afflussi finanziari esteri si è dimezzata durante l'ancoraggio (grafico a sinistra in basso). Tuttavia gli acquisti valutari della BNS, misurati come la variazione delle riserve in valuta estera, hanno assorbito quasi completamente gli afflussi esterni. Dopo l'ancoraggio, gli acquisti valutari della BNS sono scesi a circa il 60% degli afflussi esteri, ma l'aumento medio mensile delle riserve è diminuito solo del 20% in termini assoluti. Ciò dimostra che la fine dell'ancoraggio franco/euro è stato seguito da pesanti interventi monetari della BNS. Nel contempo la liquidità interna assorbita dalla BNS è aumentata in modo significativo dopo l'annullamento di suddetto ancoraggio.[4]

Fonte: BNS e calcoli personali (basati su dati trimestrali per il conto annuale e dati mensili per riserve e depositi della BNS)

Nonostante gli ingenti acquisti di valute estere, il franco si è apprezzato di circa il 45% in termini nominali rispetto all'euro da metà 2007 a settembre 2017 (grafico a destra sopra). In termini reali, l'apprezzamento è stato inferiore di circa il 27% in termini di IPC a causa di un differenziale inflazionistico favorevole all'area Euro.[5] L'apprezzamento del franco ha avuto luogo perché l'ancoraggio può solo "aiutare" fino ad un certo punto, cioè stabilizzare il tasso di cambio nominale. Gli acquisti di valute estere che hanno sostenuto l'ancoraggio hanno gonfiato il livello dei prezzi interno a svantaggio degli esportatori. Pertanto se le banche non avessero "volontariamente" collocato gran parte dei nuovi franchi stampati in depositi presso la BNS, la competitività dei prezzi delle esportazioni sarebbe stata ugualmente danneggiata. Val la pena di notare che, al di fuori dell'ancoraggio, un significativo calo dei prezzi delle importazioni ha limitato l'aumento dei prezzi interni a vantaggio delle esportazioni (grafico a sinistra qui sotto).

Invece di accogliere con favore il calo dei prezzi delle importazioni, la BNS temeva che tale fatto avesse potuto causare una leggera deflazione.[6] Ha scelto di importare parte dell'inflazione dell'area Euro e, così facendo, s'è accollata un enorme rischio per la stabilità finanziaria. Gli aggregati monetari sono aumentati in modo esponenziale, in quanto la base monetaria (M0) è aumentata di 12 volte, a 550 miliardi di franchi, e l'offerta di moneta più ampia (M3) è aumentata di circa il 60% durante il decennio terminato a settembre 2017. Fortunatamente non ha avuto luogo un aumento esponenziale del credito interno tramite il meccanismo di moltiplicazione, ma il credito ipotecario è aumentato di circa il 5% all'anno. Nel periodo decennale sopraccitato ha gonfiato i prezzi degli immobili di circa il 50% per gli appartamenti e il 40% per le case unifamiliari.

Fonte: BNS e World Economic Outlook del FMI

Nonostante le preoccupazioni della BNS e il persistente apprezzamento del tasso di cambio reale, le esportazioni svizzere si sono dimostrate estremamente buone (grafico a destra qui sopra). Dal 2007 al 2016 sono cresciute di quasi il 50% in termini di volume e più che raddoppiate in euro, superando di gran lunga l'andamento delle esportazioni dell'area Euro. La ragione della buona evoluzione delle esportazioni risiede nelle politiche di libero mercato e in un contesto economico competitivo che ha favorito l'emergere di imprese altamente innovative.[7] Diverse multinazionali svizzere sono leader mondiali in nicchie industriali all'avanguardia, come quella farmaceutica, chimica, ingegneristica, scientifica e di precisione. La domanda piuttosto anelastica per i loro prodotti permette loro di impostare i prezzi sui mercati internazionali. Ciò spiega perché le società svizzere hanno fatto registrare vendite in crescita e margini di profitto importanti. Mentre il crescente potere d'acquisto del franco ha aumentato le entrate in euro, la politica di ancoraggio della Banca Nazionale Svizzera sembra che abbia danneggiato le esportazioni. Queste ultime hanno chiaramente sottoperformato durante il periodo dell'ancoraggio e sono cresciute in termini di volume solo di circa il 3% su base annua rispetto ad un tasso di crescita complessivo di circa il 4.5% durante l'intero decennio precedente. Inoltre l'aumento delle esportazioni in euro è stato molto minore durante l'ancoraggio.

Infatti il settore manifatturiero svizzero ha resistito bene alle sfide poste dalla globalizzazione negli ultimi due decenni. Riorientando se stesso verso[8] attività di valore più elevato, ha mantenuto una percentuale relativamente alta di valore aggiunto nell'economia (grafico a sinistra qui in basso). Nonostante il collasso generale del commercio internazionale nel 2009, ha recuperato nel 2010 e nel 2011. Tuttavia potrebbe non essere una coincidenza che questa quota sia diminuita costantemente durante l'ancoraggio (2012-2015) e si sia stabilizzata solo nel 2016. Inoltre l'occupazione nella produzione manifatturiera ha iniziato a scendere nell'ultimo trimestre del 2011 e si è stabilizzata solo nel 2016 (grafico a destra qui sotto). L'altro settore principale che ha perso occupazione è stato il turismo, il che suggerisce che durante l'ancoraggio i due principali settori orientati all'esportazione si sono ritirati a favore di attività domestiche non commerciabili, come l'immobiliare, la sanità, l'istruzione o la pubblica amministrazione. Questo sviluppo replica il noto modello di errata allocazione delle risorse economiche descritto dalla Teoria Austriaca del ciclo economico. E non si può smettere di pensare che è stato proprio dopo la fine dell'ancoraggio del franco che i settori commerciali si sono ripresi meglio, soprattutto in assenza di pesanti interventi monetari.

Fonte: database OCSE e BNS

Mises ha spiegato a fondo come i piccoli Paesi finiscano per importare le politiche inflazionistiche dei loro principali partner commerciali se ancorano le loro valute per evitare le conseguenze delle svalutazioni competitive. Il caso del franco svizzero fornisce un buon esempio degli svantaggi dell'ancoraggio ad una valuta che perde il suo potere d'acquisto. Illustra anche la teoria della bilancia dei pagamenti di Mises secondo cui un arbitraggio valutario che non è supportato da successivi sviluppi dei prezzi, non può distorcere indefinitamente la parità del potere d'acquisto prevalente sul mercato. In questo caso, qualsiasi variazione di esportazioni e saldi commerciali è solo transitorio.[9] E questo rende non solo "superflui", ma anche controproducenti, gli interventi delle autorità per regolare i flussi finanziari internazionali al fine di controllare l'offerta di moneta nell'economia.[10]

La fuga verso qualità nel franco svizzero è stata determinata dalle minori aspettative inflazionistiche rispetto all'area Euro. E infatti le compagnie svizzere hanno gestito relativamente bene le distorsioni transitorie dovute all'apprezzamento del franco. Ma l'introduzione dell'ancoraggio supportato da massicci acquisti nel mercato delle valute ha gonfiato sia i prezzi delle importazioni che il livello dei prezzi interni. Ciò è stato dannoso per le esportazioni e la produzione, e ha drasticamente limitato i guadagni in potere d'acquisto sia per le imprese che per i consumatori. Ha anche deviato i fattori di produzione verso settori non commerciabili, rischiando un boom del credito interno e una bolla dei prezzi delle abitazioni. Se solo la BNS fosse meno influenzata dalla deflazione e avesse più fiducia nei meccanismi di autocorrezione del mercato, la liberazione del franco svizzero potrebbe non essere irrealizzabile.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Riferimenti

Dorobăț, Carmen E. (2015), What a Swiss Surprise!, Mises Wire: https://mises.org/blog/what-swiss-surprise

Grass, C. (2016), "Switzerland Votes on "Free Lunch", Mises Wire: https://mises.org/blog/switzerland-votes-free-lunch

Hollenbeck, Franck (2015), Switzerland Frees the Swiss Franc, Mises Daily Articles: https://mises.org/library/switzerland-frees-swiss-franc

Mises, Ludwig von.1949. Human Action: A Treatise on Economics. Auburn Ala.: Ludwig von Mises Institute. Scholar’s Edition, 1998: https://mises.org/system/tdf/Human%20Action_3.pdf?file=1&type=document

Mises, Ludwig von.1953. The theory of Money and Credit. New Haven: Yale University Press, 1953: https://mises.org/library/theory-money-and-credit

Mises, Ludwig von.1978. On the Manipulation of Money and Credit. Indianapolis: Liberty Fund, Inc., 1978: http://lf-oll.s3.amazonaws.com/titles/2401/Mises_Manipulation1580_LFeBk.pdf

Salerno, Joseph T (2015), Swiss National Bank: Hero or Villain, Mises Wire: https://mises.org/blog/swiss-national-bank-hero-or-villain

The Economist (2015), "Why the Swiss unpegged the franc", The economist explains, Jan 18th 2015: http://www.economist.com/blogs/economist-explains/2015/01/economist-explains-13

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Note

[1] La BNS ha fissato una soglia di 1.20 per il tasso di cambio CHF/EUR da settembre 2011 a gennaio 2015, introducendo di fatto un ancoraggio del franco svizzero con l'euro.

[2] Si veda Salerno, Dorobăţ e Hollenbeck (2015).

[3] Il resto dei proventi in valuta estera, circa 350 miliardi di franchi, sono stati investiti all'estero sotto forma di investimenti diretti in titoli e investimenti di portafoglio da parte del settore privato.

[4] Dal 2008 al 2011, la BNS ha assorbito ingenti quantità di liquidità emettendo titoli e conducendo operazioni di pronti contro termine. All'introduzione dell'ancoraggio nel settembre 2011, le operazioni di mercato aperto sono state improvvisamente interrotte. Le banche hanno iniziato a parcheggiare volontariamente l'eccesso di liquidità nei depositi a vista presso la BNS, che a settembre 2017 sono cresciuti a circa CHF530 miliardi, anche se il tasso d'interesse pagato era negativo: -0.75%.

[5] L'indice dei prezzi al consumo (IPC) è rimasto pressoché invariato in Svizzera, mentre è aumentato di oltre il 15% nell'area Euro tra giugno 2007 e settembre 2017. L'apprezzamento reale è stato persino inferiore al 21% in termini di prezzi alla produzione.

[6] I timori per la deflazione non si sono nemmeno materializzati per quanto riguarda l'IPC. Se prendiamo in considerazione asset come immobili o azioni, il livello dei prezzi è effettivamente aumentato nell'ultimo decennio.

[7] La Svizzera ha scalato la classifica dell'Indice di Competitività Globale negli ultimi sette anni ed è posizionata al primo posto in Europa e al quarto nell'indice mondiale della libertà economica 2016. La sua politica fiscale è tra le più solide tra le principali economie, con bassi livelli di spesa pubblica, debito e un fisco amichevole. Il decentramento fiscale svizzero e l'atteggiamento prudente di bilancio sono sanciti dalla legge grazie alla sua democrazia rappresentativa che ha tenuto a bada le iniziative per concedere più poteri al governo. A tal proposito si veda Claudio Grass (2016).

[8] Si veda Mises, ([1949] 1998), pp 782.

[9] Si veda Mises (1953), pp 181-186.

[10] Si veda Mises ([1978] 2011), pp.25.

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