mercoledì 21 marzo 2018
Il canto del cigno delle banche centrali, Parte 2
di David Stockman
Se vi state chiedendo perché le cose peggioreranno di molto prima di migliorare, prendete in considerazione i seguenti spunti politici. In sostanza ci ricordano come Washington si stia dirigendo verso una conflagrazione del mercato obbligazionario, la quale propagherà il caos a Wall Street.
Il culto del sistema bancario centrale ha ora completamente imbalsamato i politici da un capo all'altro dello spettro ideologico. Apparentemente anche la voce più intellettualizzata del populismo anti-establishment non sa che "i tassi d'interesse bassi" non sono un regalo per lo stato; e sicuramente non sono la chiave per una crescita sostenibile a lungo termine.
Infatti se ci fosse una sola cosa che un governo repubblicano potrebbe fare per fermare lo scivolamento della nazione verso la stasi economica, sarebbe liberare la delicata molla del capitalismo – il denaro e il mercato dei capitali – dal soffocante e deformante dominio dei banchieri centrali. Questi ultimi hanno distrutto la determinazione onesta dei prezzi. Prezzi non manipolati nel mercato del credito, dei capitali e del rischio sono la conditio sine qua non per la prosperità sociale.
I repubblicani hanno dimenticato tale verità decenni fa durante il regno di Richard Nixon. Tricky Dick chiuse la finestra d'oro a Camp David nell'agosto del 1971, facendo venire meno l'obbligo statunitense di mantenere il dollaro convertibile a $35 l'oncia e il sistema monetario mondiale ancorato all'asset monetario per eccellenza.
Ma la successiva deriva verso una valuta fiat e la massiccia espansione mondiale del credito non furono opera di Nixon. In verità, il genio malvagio dietro l'errore catastrofico di Camp David era Milton Friedman e il suo fattorino nel gabinetto di Nixon, George Schultz. I due erano apostoli del libero mercato quando si trattava di merci, salari, affitti, beni, servizi e qualsiasi altra cosa, compresi il gioco d'azzardo, la prostituzione e la droga. Ma non il denaro.
Friedman si sbagliava a proposito della colpevolezza della FED per la Grande Depressione del 1930-1933, e da quell'errore eresse una teoria del controllo statale del denaro che alla fine si è evoluta nell'odioso governo dei banchieri centrali keynesiani di oggi.
A dire il vero, Friedman aveva una visione austera del lavoro dei banchieri centrali, simile alla pubblicità dei riparatori della Maytag dell'epoca. Invece stavano perlopiù seduti nell'Eccles Building a leggere recensioni di libri e a giocare a Scarabeo, mentre occasionalmente spingevano le offerte monetarie per mantenere la crescita di M1 esattamente al 3.00% annuo. Credevano che facendo bene tale lavoro, avrebbero elargito prosperità capitalista per sempre, un mondo senza fine.
Il problema con questo postulato friedmaniano era duplice: era sbagliato in teoria e impossibile nella pratica!
Quindi non esiste una regola fissa per la crescita dell'offerta monetaria. Man mano che cambiano demografia, tecnologia, modo di fare impresa e costumi sociali, solo il mercato può discernere il loro impatto sulla quantità e sulla velocità del denaro.
Allo stesso modo, in risposta all'innovazione bancaria i parametri di ogni aggregato monetario possono cambiare in modo sostanziale, rendendo impossibile una misurazione coerente. Ciò avvenne, infatti, quando gli sweep account si moltiplicarono a metà degli anni '90, facendo così scendere il livello dei "depositi a vista" del 50% o più e facendo precipitare il ritmo di crescita di M1.
Peggio ancora, non c'era alcuna possibilità che i politici di entrambe le estremità di Pennsylvania Avenue potessero identificare, nominare e confermare membri del Federal Reserve Board, il tipo di eunuchi monetari fedeli alla teoria di Friedman. Inesorabilmente, quindi, la FED venne popolata non da puristi del 3.00% per M1, ma da banchieri, accademici e burocrati pronti a tutto.
Arthur Burns è stato il primo presidente della FED ad uscire fuori dagli schemi dopo Camp David, e dopo aver ossequiato ossessivamente alle richieste di Nixon per un boom economico nel 1972, ha trascorso il resto del suo mandato tentando di riabilitare la sua reputazione – inducendo nell'economia degli Stati Uniti violenti cicli di boom e bust durante la metà degli anni '70.
Poi arrivò William Miller, ex-produttore di ingranaggi, pompe, elicotteri e caddy, il quale pensava che l'inflazione fosse causata dai prezzi alti del petrolio, non dalla grande espansione del credito alimentata dalla banca centrale. Fortunatamente Paul Volcker lo sapeva, schiacciò l'inflazione delle merci e dei salari con tassi d'interesse al 20% e si guadagnò l'inimicizia immortale dei repubblicani, che ingannarono Reagan per liberarsi di lui alla prima opportunità (agosto 1987).
Ironicamente Ronald Reagan era un antidiluviano monetario che credeva davvero nel gold standard. Ma, sfortunatamente, aveva trascurato di leggere l'addendum sul curriculum di Alan Greenspan. Quello era il posto in cui sosteneva di essere un uomo fedele al denaro sonante sin dai tempi di Ayn Rand, ciononostante le sue tesi si erano semplicemente "evolute".
Come disse al sottoscritto all'epoca, non vedeva alcun motivo per cui il FOMC non potesse essere il sostituto migliore per il gold standard. Per inciso, nell'estate 1987, si offrì di vendere al sottoscritto la sua società di consulenza economica, la Townsend-Greenspan. Peccato che questa perdesse persistentemente denaro vendendo previsioni macroeconomiche, perlopiù sbagliate, alle società americane.
Ahimè, la ditta era un flusso prodigioso di onorari per persone abili solo nelle chiacchiere, un talento che sarebbe diventato l'essenza del Maestro nel suo mandato alla Federal Reserve.
Inutile dire che il talento di Greenspan per discorsi finanziari boriosi è stato tanto efficace nella Città Imperiale quanto durante i suoi decenni a spingere le ricchezze dei più grandi ricchi d'America. Alla fine ha trasformato i riparatori della Maytag di Friedman in un politburo monetario e la FED in un veicolo di pianificazione monetaria centrale.
In verità, non c'è mai stata una differenza netta tra i keynesiani della generazione Samuelson-Heller-Tobin e i monetaristi "d'acqua dolce" della scuola Friedman. Entrambi credevano che il capitalismo tendesse verso l'instabilità e che senza controllo questa instabilità avrebbe infine fatto precipitare l'economia in una spirale di depressione mortale.
In verità, il capitalismo commette errori e li corregge in modo competente e tempestivo. Non esiste un desiderio recondito di costante discesa verso la depressione. Inoltre, come abbiamo ampiamente dimostrato in The Great Deformation, gli anni '30 sono stati una conseguenza delle aberrazioni della politica monetaria della Grande Guerra e dei ruggenti anni Venti, non della presunta instabilità ciclica del capitalismo.
In ogni caso, l'unica differenza dell'epoca (1955-1987) era che i keynesiani della prima generazione pensavano che la politica fiscale anticiclica avrebbe curato questa malattia endemica, mentre Friedman pensava che la politica monetaria vincolata alle regole avrebbe aggiustato tutto.
In questo contesto, Greenspan è diventato anche il grande evangelista di tale "cambiamento di rotta".
In sostanza, scartò la regola del 3% di Friedman giustificandosi con gergo tecnico sull'incommensurabilità degli aggregati monetari, sebbene si ammantasse del vecchio Humphrey-Hawkins Act sulla piena occupazione come missione essenziale della FED. E poi vendette l'intero pacchetto ai repubblicani.
Da quel momento in poi, invece di concentrarsi strettamente sulla stabilità relativa dei prezzi e sulla disciplina finanziaria come era accaduto durante il dopoguerra – con William McChesney Martin e Paul Volcker – il mandato della banca centrale sarebbe diventato plenario. Persino il livello del mercato azionario e il patrimonio netto della società americane sarebbero diventati oggetto dei suoi interventi – questioni che erano impensabili anche quando la squadra di Nixon aveva abbattuto il vecchio ordine monetario a Camp David.
Il punto di svolta finale arrivò dopo che scoppiò la prima bolla di Greenspan nel grande crash delle dotcom dell'aprile 2000. L'economia degli Stati Uniti avrebbe dovuto passare attraverso una correzione dopo che il debito insostenibile e gli asset finanziari avevano alimentato le abbuffate degli anni '90.
Ma Greenspan era ora in piena attività – modalità Humphrey-Hawkins, determinato ad usare la manipolazione dei prezzi del mercato monetario e l'espansione del bilancio della FED per impedire una correzione macroeconomica (anche recessione). Alla fine abbassò il tasso dei fondi per 30 mesi consecutivi, spingendolo dal 6.5% nel novembre 2000 all'1.0% nel giugno 2003.
Successivamente arrivò la grande bolla dei mutui, l'inflazione dilagante dei prezzi delle abitazioni, la cartolarizzazione dei titoli a Wall Street, l'orgia dei derivati e la Grande Crisi Finanziaria. Nel momento in cui Greenspan se ne andò nel gennaio 2006, il bilancio della FED era cresciuto da $200 miliardi a quasi $700 miliardi durante il suo mandato di 19 anni.
Al contrario, secondo la regola fissa di Friedman avrebbe dovuto essere solo di $350 miliardi (3% all'anno); e in un sistema di denaro sonante probabilmente non sarebbe cresciuto affatto.
Come esporremo ulteriormente nella Parte 3, l'ascesa degli esportatori asiatici dopo il 1980 avrebbe significato il bisogno degli Stati Uniti di perseguire una deflazione secolare dei costi, dei prezzi e dei salari per rimanere competitivi con la forza lavoro mobilitata dalle risaie dell'Est Asia, non inflazionare il suo livello generale dei prezzi di quasi il 50% come è accaduto durante il mandato di Greenspan. E il primo scenario è esattamente quello che avremmo avuto con un gold standard.
Ancora più importante, Greenspan non solo ha impiantato un vero e proprio regime politico keynesiano nell'Eccles Building, ma lo ha anche trapiantato nel partito repubblicano stesso. Dopotutto, non è possibile trovare un keynesiano più keynesiano di Ben Bernanke. Fu proprio Greenspan ad accompagnare lo zio Ben nella Casa Bianca di George W. Bush affinché ne diventasse il consigliere economico.
Da lì il passo è stato breve verso la presidenza della FED e la sua campagna di pompaggio monetario quando il mercato ha tentato ancora una volta di correggere le violente bolle del credito ed immobiliare nel settembre 2008.
Il dottorato di ricerca di Bernanke era stato supervisionato al MIT da Stanley Fischer, il principale economista keynesiano di seconda generazione dell'era moderna; e l'argomento era stato l'errore della FED, secondo Milton Friedman, di non inondare il mercato di liquidità e di acquistare tutti i titoli di stato in vista durante il 1930-1932!
In questo contesto Janet Yellen, la studentessa di James Tobin, c'andava a nozze con la presidenza della FED. Ora è un'istituzione completamente keynesiana/statalista e, sebbene non abbia ricevuto un secondo mandato, avrebbe potuto benissimo averlo.
Durante il suo giuramento formale, ecco cosa ha detto Jerome Powell, la versione in giacca e cravatta della Yellen. Niente di quello che ha affermato potrebbe essere più lontano dalla verità. Le fondamenta dell'economia americana sono state colpite e ferite da 30 anni di soffocamento da parte della banca centrale. E, come approfondiremo nella Parte 3, non ci sono prove migliori del totale collasso del tasso di risparmio nazionale.
Quest'ultima metrica misura tutto: è la somma dei risparmi netti delle famiglie, delle imprese e dei governi. Rispetto ad una media dell'11% del reddito nazionale durante il periodo di massimo splendore della prosperità economica degli Stati Uniti tra il 1954 e il 1970, è risultato in costante declino sin da allora – accelerando bruscamente il proprio declino dopo l'era della Finanza delle Bolle, iniziata nel 1987.
Al momento, il tasso di risparmio nazionale netto è appena del 2%, ma con l'esplosione dei disavanzi fiscali trumpiani/repubblicani, è destinato a finire a zero o in territorio negativo.
Quindi è questo quello che abbiamo: un'economia che non genera risparmi netti, non può crescere o rimanere stabile nel lungo periodo. Non si può prendere in prestito dal resto del mondo per sempre.
E questo ci porta alla nostra conclusione odierna: gli stessi keynesiani nella FED che hanno presieduto al fiasco descritto nel grafico qui sotto, hanno deciso di effettuare un QT (quantitative tightening) per ricaricare la loro polvere da sparo e assicurare la loro presa sul potere finanziario plenario quando gli Stati Uniti finiranno in recessione.
Pensiamo che sia troppo tardi. Ecco perché ci sarà un caos finanziario negli anni a venire.
Tuttavia nominando Jerome Powell, Donald Trump finirà col far cadere il castello di carte finanziario che Washington ha costruito negli ultimi trent'anni.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.blogspot.it/
=> Cliccate il seguente link per leggere la Parte 1: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/03/il-canto-del-cigno-delle-banche.html
=> Cliccate il seguente link per leggere la Parte 3: https://francescosimoncelli.blogspot.it/2018/03/il-canto-del-cigno-delle-banche_23.html
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Se non fosse che tutto ciò ci sta già portando verso una guerra fredda 2.0 in Europa e nel Pacifico e forse verso una calda, si potrebbe paragonare il mito statalista del dollaro fiat in economia al danno nascosto e misconosciuto dello zucchero nell'alimentazione.
RispondiEliminaOggi sappiamo dello zucchero, ma ancora in pochi sappiamo del fiatmoney.