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lunedì 12 febbraio 2018
Il recente mini crash è solo l'inizio?
di Brendan Brown
Secondo le opinioni dei media generalisti, una dichiarazione d'allerta sull'inflazione è stato il catalizzatore del mini crash del mercato azionario statunitense il 2 febbraio e il 5 febbraio 2018. Questa spiegazione riporta alla mente il crollo del mercato azionario dell'ottobre 1987. In altre occasioni della storia, le segnalazioni sull'inflazione non hanno avuto un effetto così immediato, con il conseguente pullback dei prezzi degli asset (che in genere conduce all'inflazione di beni e servizi) in attesa di un sostanziale restringimento della politica monetaria.
Ora tutti si rendono conto che un "break-out" dell'inflazione (dall'inerzia sotto lo standard del 2%) significherebbe un grande problema per lo zio Sam e un'eventuale recessione. Alcuni investitori che sono saliti a bordo del treno della "caccia a rendimenti decenti", hanno deciso che era ora di scendere, ma avvicinandosi all'uscita hanno incontrato una folla di persone che la pensavano allo stesso modo. I prezzi degli asset sono calati o, peggio, il mercato si è bloccato. Ad aggravare la fuga precipitosa c'è stato l'arrivo di altri investitori che hanno improvvisamente scoperto come prodotti e servizi all'avanguardia avevano un valore fuori scala.
Molti hanno deciso invece di posticipare la loro uscita sperando in un tempo più tranquillo in futuro. La storia della fuga precipitosa e la consapevolezza che molti dei suoi ex-partecipanti "vogliono uscire", pesano come macigni sui mercati e sull'economia.
Nell'autunno del 1987, l'allarme inflazionistico venne suonato dal nuovo capo della FED (Alan Greenspan), il quale lasciava intendere che non avrebbe più indirizzato la politica monetaria verso il rafforzamento del dollaro, in linea con l'Accordo del Louvre di quell'anno. Paul Volcker (il precedente capo della FED) ebbe un rimorso tardivo per aver perseguito una politica d'inflazione monetaria a seguito degli Accordi del Plaza nell'estate 1985 (dove aveva sottoscritto la politica di svalutazione del dollaro del Ministro del Tesoro Baker). Nella prima metà del 1987, Volcker stava restringendo la politica, infastidendo il Segretario del Tesoro e quindi non riuscendo ad ottenere una nomina per un ulteriore mandato. La Bundesbank affermò rapidamente che la Germania (diversamente dal Giappone) non avrebbe seguito gli Stati Uniti in questo viaggio verso l'inflazione monetaria. La divergenza politica USA/Germania (sottolineata dal segretario Baker che criticava l'aumento dei tassi della Bundesbank) e la relativa battuta d'arresto del dollaro, innescarono un allarme inflazionistico sui mercati azionari degli Stati Uniti.
Il defunto Jude Wanniski, un noto economista contemporaneo vicino ai conservatori anti-Baker, considerò questo allarme come il catalizzatore del Black Monday (19 ottobre). Il dramma aggiuntivo fu l'incapacità di fornire una nuova strategia di copertura durante l'inflazione dei prezzi degli asset post-Plaza; molti investitori si erano convinti di poter prendere posizioni di rischio maggiori rispetto al passato, ma quando i prezzi calarono improvvisamente scoprirono che questo strumento di "copertura" era inutile.
Oggi la Germania è fuori dal quadro generale in termini di allarmi sull'inflazione. Il nuovo accordo di coalizione sigilla l'abdicazione tedesca come sovrano in moneta forte in Europa, un ruolo in pratica abbandonato a tappe sin dal lancio dell'Unione Monetaria Europea. In ogni punto in cui la Germania avrebbe potuto fermare l'indebolimento del regime monetario europeo, il cancelliere Merkel è tornato sulla posizione predefinita: "Non c'è modo di tornare indietro".
Gli esperti suggeriscono che l'accordo di coalizione della Merkel culminerà in un disastro elettorale per la sua alleanza CDU/CSU e il suo partner SPD, il che significa che la prossima volta i partiti anti-euro ed euro-scettici (AfD, FDP e Sinistra) avranno la maggioranza. Forse ciò renderà possibile un ripristino del denaro sonante in Germania, specialmente se in un'era post-Merkel il CDU/CSU si sposteranno a destra, ma questa è un'ipotesi troppo incerta e troppo lontana.
Nonostante l'abdicazione tedesca, l'allerta inflazionistica questa volta è arrivata in parte da un indebolimento del dollaro, che ha risposto alle chiacchiere del Ministro del Tesoro Mnuchin a Davos (esprimendo la passione per un biglietto verde a buon mercato) e in misura più sostanziale da un deficit di bilancio degli Stati Uniti fino al 6% del PIL il prossimo anno. Un altro fattore scatenante è stata la nomina di un lealista alla Yellen, che va anche d'accordo con il Segretario del Tesoro (e presumibilmente il presidente Trump), come capo della FED, con solo quattro senatori repubblicani che hanno votato contro. Anche i dati sui salari e sui prezzi effettivi hanno ricoperto un ruolo chiave. Anche il rendimento del decennale al 3% ha contribuito a far suonare l'allarme.
Gli asset manager che seguivano le popolari strategie della parità di rischio usando prodotti finanziari basati sul trading della cosiddetta "volatilità di mercato" (il VIX), sono rimasti sorpresi quando l'allerta ha fatto abbassare i prezzi delle azioni. Alla base delle strategie c'era l'idea che gli asset manager potessero combinare un'elevata leva finanziaria e asset a bassa volatilità percepita per creare portafogli con una maggiore volatilità complessiva e rendimenti corrispondenti; potevano anche trarre vantaggio da una presunta sovrapproduzione della volatilità nei mercati per staccare profitti da arbitraggio (prendendo posizioni short nella volatilità contro posizioni long nel rischio). Mentre il prezzo della volatilità e la volatilità effettiva si sono appiattite all'inizio di questo mese, queste strategie sono andate a gambe all'aria.
I funzionari delle banche centrali, sia della FED e della BCE, sia della Bundesbank, hanno rapidamente affermato che non vi è alcun rischio macroeconomico o addirittura gravi conseguenze finanziarie derivanti dal mini crash. Ma come potrebbe essere che un salto nel rischio percepito degli asset (volatilità) e il relativo salto nel prezzo delle opzioni put e call possano essere così irrilevanti?
Dall'ABC della finanza apprendiamo che il prezzo del credito, in particolare quello ad alto rischio, è legato al prezzo delle opzioni sull'equity sottostante e la volatilità è un input chiave per il pricing (secondo Black-Scholes). Il differenziale sui rendimenti delle obbligazioni societarie, ad esempio, dovrebbe ora salire significativamente, specialmente per le categorie ad alto rischio. Questa è una potenziale scocciatura per i mercati basati sul rischio e l'attività economica in generale. Parallelamente potremmo trovare una maggiore reticenza di molte famiglie e aziende a spendere, ora che il recente tremore nei mercati ha aumentato l'ansia per l'inflazione monetaria creata dai nostri banchieri centrali.
Non c'è dubbio che la FED, la BCE e la BoJ avrebbero esercitato le loro "Greenspan put" in risposta ad un rallentamento economico e al pullback del mercato, ritardando ulteriormente la normalizzazione delle politiche monetarie. Questa strategia ebbe successo nel 1987/8, producendo una pausa di diciotto mesi prima della fase finale dell'inflazione dei prezzi degli asset (caratterizzata poi dalla flessione del mercato immobiliare globale e dalla recessione), mentre l'inflazione delle merci aumentava di molto. Questa volta un'ipotetica "Powell put" potrebbe non avere quel successo, dato che gran parte della narrativa speculativa che ha accompagnato l'aumento della temperatura nel mercato degli asset in questo ciclo è già vecchia e il momentum che la sosteneva è svanito.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Ci sarà da divertirsi adesso data la proposta di Trump di effettuare una spesa per infrastrutture pari a $1,500 miliardi. Il classico bias keynesiano secondo cui la spesa pubblica abbia aiutato l'economia di un qualsiasi Paese ad uscire da un periodo di flessione economica. Negli Stati Uniti, ad esempio, la spesa per infrastrutture (riguardante il trasporto) è di decine di miliardi al mese (una media di $30 miliardi per il 2017 rispetto ai $25 miliardi del 2011 ed i $18 miliardi nel 2004), quindi parlare di una sua carenza è a dir poco criminale. Salvo poi scoprire che ciò che si costruisce è a dir poco inutile.
RispondiEliminaQuindi, a seguito di questo piano faraonico e alla volontà della FED di tirare il freno a mano normalizzando la sua politica, chi comprerà il pattume obbligazionario dello zio Sam? Gli effetti di questa politica hanno cominciato a farsi sentire nei mercati finanziari. I rendimenti obbligazionari sono aumentati vertiginosamente ed i prezzi delle azioni si sono andati in crash nelle ultime 2 settimane.
Il QE ha spinto la domanda per i bond statali perché immetteva liquidità nei conti dei Primary Dealer. Il QT non drena direttamente il denaro da queste figure, ma ha lo stesso effetto, perché nega quei finanziamenti di cui hanno bisogno per acquistare i bond statali. Questo è lo stesso problema che ha causato il crollo del mercato azionario nel 2008.Di conseguenza, non dovremmo essere sorpresi dall'azione nel mercato azionario delle ultime due settimane. Né dovremmo essere sorpresi se vedremo crash simili diverse volte quest'anno, o almeno fino a quando la FED non invertirà il QT. Ma questa volta lo zero bound è più vicino delle altre, e con esso uno spazio di manovra esiguo e gigantesche possibilità che l'intera baracca sfugga di mano.
Come ci ricorda Zerohedge, due scenari adesso si dipanano lungo la via: uno in cui i trader considerano mal strutturati i titoli del VIX e vendono solo quelli per il momento (in attesa di un tapering più consistente da parte di BOJ e BCE); oppure vendono in blocco i titoli del VIX e danno il via ad una cascata di vendite anche in altri settori. Qualunque sia il percorso, è solo la punta dell'iceberg.
L'ennesimo fallimento del libero merkato. Ci vogliono più regole e più politika!!!
RispondiEliminaGià li sento...
Cosa succede in caso di crash al mercato obbligazionario?
RispondiEliminaSalve Argent.
EliminaLa pericolosità di quello che è stato creato dalle banche centrali con la loro costante e massiccia ingerenza nei mercati, è praticamente riassunta in questo grafico. Non credo che sarà l'inflazione ciò che metterà in moto gli eventi, piuttosto una continua erosione della fiducia. (Analisi questa esposta qui, qui e qui,.)
Rivediamo in breve. Le azioni calano e il denaro che ne fuoriesce finirà inizialmente nei bond. Ma questo non farà smettere lo zio Sam di affondare in migliaia di miliardi di deficit. I mercati azionari ed obbligazionari mondiali mimeranno quelli degli Stati Uniti, ma a differenza degli USA gl istati come quelli europei sono alquanto impossibilitati ad aumentare i deficit. Quindi alzeranno ulteirormente le tasse quando una recessione è praticamente sulel loro teste, causando una depressione. Verranno smobilitati gli investimenti sul suolo USA, poiché le imprese avranno bisogno di denaro per pagare i continui aumenti fiscali in patria.
Questa mossa farà affodnare il dollaro, permettendo all'inflaziona dei prezzi di raggiungere livelli preoccupanti poiché non più attenuata dalla domanda estera. I Paesi asiatici soffriranno per il crollo delle loro esportazioni e della smobilitazione di investimenti in USA ed Europa. Affinché tutto ciò si verifichi è molto probabile che ci vogliano un paio d'anni prima, ma se mi sbaglio è perché sono accaduti prima e più in fretta.