Bibliografia

martedì 9 gennaio 2018

Una flat tax non è più “efficiente” di un sistema fiscale con scappatoie





di Per Bylund


Una tesi spesso ripetuta è che le scappatoie nel codice fiscale sono "inefficienti". Una tassa più efficiente, dicono gli economisti, è una flat tax che non si possa evadere. Perché? Perché ciò significa che nessuno sprecherà risorse per la pianificazione fiscale e quindi l'evasione fiscale. In altre parole, più risorse saranno utilizzate nella produzione, che è meglio per "l'economia".

Lasciando da parte l'argomento morale ed etico in materia di evasione fiscale, anche l'efficienza è completamente avulsa da questa storia. Ci mostra quanto gli economisti abbiano deviato dalla comprensione di quello che presumibilmente cercano di conoscere: il mercato.

La tesi delle scappatoie inefficienti si basa sul fatto che gli usi apparentemente improduttivi delle risorse siano uno spreco, perché non contribuiscono all'economia globale. Ma questa è una tesi arretrata e, infatti, ha la stessa scarsa validità della tesi contro "l'accumulo" di fondi. E presuppone che le persone (o, più in particolare, le loro risorse di proprietà) siano per l'economia piuttosto che l'economia per le persone.

Sembra comunque intuitivo che le risorse utilizzate per non produrre o acquistare beni/servizi contribuirebbero poco alla macchina economica. Dopo tutto, se qualcuno utilizza una parte del proprio reddito per pagare contabili ed avvocati fiscali per capire come pagare meno tasse, allora questi soldi potrebbero essere utilizzati in modo produttivo per aumentare l'offerta di beni (attraverso investimenti/produzione), o la loro domanda (mediante acquisto e spesa). Invece questi soldi vengono reindirizzati per diventare reddito per quelle persone che torcono i numeri e per creare strutture legali che sfruttano le scappatoie.

Questa intuizione è sbagliata, perché non comprende bene l'economia e fraintende il funzionamento del processo di mercato.

Proprio come l'accumulo priva presumibilmente la società dei soldi mantenendoli "inattivi" piuttosto che usati nella produzione, "investire" nel trovare e sfruttare le scappatoie non crea nulla di utile. Ma forse non del tutto. L'idea secondo cui le risorse che non vengono utilizzate nella produzione sono in qualche modo sprecate, è sbagliata. Il proprietario delle risorse ha scelto (ciò che sembrava essere) il corso d'azione più prezioso a sua disposizione, il che difficilmente rappresenta uno spreco. È per definizione massimizzante il valore — dal punto di vista del proprietario.

L'economia funziona esattamente in questo modo: i proprietari delle risorse le investono per soddisfare i loro desideri e le loro necessità. Tutti noi lo facciamo, sempre. Lo facciamo direttamente attraverso i consumi, come mangiare un panino al prosciutto o guidare in una posizione preferita, o indirettamente attraverso la produzione che soddisfa i nostri desideri in futuro o le voglie di altri (le quali ci porteranno reddito che potremo usare per soddisfare le nostre). Il mercato è costituito semplicemente da scambi simili e con il meccanismo dei prezzi possiamo dirigere le risorse verso i loro usi più preziosi — al fine di creare più soddisfazione per noi stessi.

Se lo sfruttamento delle scappatoie fiscali fosse veramente inefficiente, nessuno lo sceglierebbe volontariamente per dirigere le proprie risorse in questo modo. Dato che esiste, questo significa che valorizzano i pochi soldi che possono essere trattenuti dall'IRS — nonostante le spese per farlo. Vale più delle alternative disponibili.

Chiudere queste scappatoie, quindi, ha un solo effetto: precludere per coloro che le utilizzano il corso d'azione che ha più valore. In altre parole, peggiora la loro condizione. E questo è presumibilmente "efficiente" per la nuova razza di economisti.

L'unico modo per rendere vera questa affermazione è pensare all'economia come ad una macchina piuttosto che ad un organismo, una macchina con uno scopo specifico: creare posti di lavoro. Sia che questi posti di lavoro creino un valore effettivo o no, ciò che conta è la spesa totale all'interno dell'economia che, a sua volta, crea la capacità d'occupazione. È un argomento keynesiano ripetuto fino alla nausea, il quale si limita a trascurare se l'economia crea davvero valore — almeno finché i soldi corrono in tutto il sistema e le persone vengono impiegate e pagate per fare cose (come scavare buche da riempire di nuovo).

L'efficienza, intesa in questo modo, è l'opposto della creazione di valore, perché distruggere valide alternative per gli attori economici non rappresenta un "miglioramento" del sistema economico. Non c'è da meravigliarsi se la teoria keynesiana non includa né sia compatibile con il concetto di imprenditoria.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


4 commenti:

  1. Ottimo articolo.
    Ma è ovvio che anche la flat tax sia fuffa come i suoi presupposti teorici. Trattasi sempre e comunque di proposta politica e non di fatto emerso dallo scambio libero perché non interferito politicamente.

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  2. Da Di Maio: non è più tempo per Italia di lasciare euro: «Alla domanda se intendesse sforare il tetto nel rapporto deficit/Pil come Francia e Spagna, Di Maio ha risposto: “Sì. Propongo di superare il 3% e fare investimenti ad alto moltiplicatore su energia, infrastrutture, dissesto del territorio... In questo modo c’è più gettito per lo Stato e lo stato ripaga il deficit”.»

    La spesa pubblica (soprattutto in recessione) viene vista come una soluzione senza costi per risolvere i problemi economici, e più ce n'è più in fretta si risolveranno. Nonostante la (pseudo)logica alla base di questa proposizione sia facile da seguire, si basa su un presupposto falso: non c'è alcuna correlazione tra la spesa pubblica e l'occupazione, come credono falsamente i keynesiani. Credere che l'economia sia guidata dalla domanda equivale a mettere il carro davanti ai buoi. È ovviamente facile farlo per chi non ha la più pallida idea di cosa sia l'imprenditorialità e di quale sia il ruolo dell'imprenditore all'interno dell'ambiente economico.

    Presumendo l'esistenza di equilibri e considerando l'economia come una macchina in grado di essere "aggiustata" dalla visione illuminata del meccanico di turno, è possibile non solo giustificare l'intervento statale distorcente, ma l'istituzione di un ambiente dirigista e socialista. E in presenza di questi ambienti economici, è "logico" parlare di una mancanza di spesa, perché causa carenze/sovrabbondanze e le imprese sono costrette a tagliare i costi e licenziare.

    Ma l'economia reale non funziona così. Ciò che muove un'economia non è la spesa o la domanda, ma l'imprenditorialità e la produzione. Questa gente dovrebbe ripassare un attimo l'enunciato della Legge di Say prima di dare fiato alla bocca.

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    1. Siamo al capolinea. Inutile nasconderselo. Molti politici noti neanche si ripresenteranno. Sanno cosa sta arrivando. E che sarà meglio non farsi trovare...

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