martedì 16 gennaio 2018

È finalmente finito l'incubo peronista in Argentina?





di Federico Fernández


L'inizio del 21° secolo ha visto l'Argentina nel bel mezzo di una tempesta.

Nel 2001 il Paese è stato sommerso da una profonda recessione che si è trasformata in una crisi politica dopo le elezioni di metà mandato ad ottobre. Alla fine di quell'anno cadde l'amministrazione guidata da Fernando de la Rúa e ne seguì più di un decennio di politiche populiste.

Gli anni '90 non assomigliavano ai primi anni 2000. Dopo la caduta del muro di Berlino, tutta l'America Latina, dal Messico all'Argentina, ha vissuto la cosiddetta "onda neoliberale". In Argentina il neoliberismo ha significato una serie di riforme economiche, come ad esempio la privatizzazione dei monopoli statali altamente inefficienti — come quello delle telecomunicazioni.

Ha significato anche la riduzione dei dipendenti pubblici e un'apertura relativa dell'economia, ma la questione chiave era un sistema monetario basato sulla "convertibilità". La commissione valutaria istituita dall'allora ministro delle finanze, Domingo Cavallo, fermò quasi immediatamente un problema inflazionistico cronico e decennale che dal 1989 si era evoluto in iperinflazione.

Alla fine degli anni '90 le incoerenze del programma economico causarono squilibri, enormi disavanzi e disoccupazione. Nel 1998 l'economia entrò in un lungo periodo di recessione. Il presidente de la Rúa arrivò al potere con una campagna conservatrice, promettendo di sostenere la convertibilità e la stabilità dei prezzi, ma anche di rilanciare l'economia e combattere la corruzione dilagante.

Nello stesso momento Hugo Chávez veniva eletto in Venezuela. Il messaggio di Chávez era diametralmente opposto. Era chiaro che il neoliberismo sarebbe stato sostituito da una nuova ondata di populismo.

I semi del neopopulismo in Argentina furono piantati dal presidente Eduardo Duhalde, un oscuro personaggio della provincia di Buenos Aires arrivato alla presidenza grazie ad una procedura parlamentare appena due anni dopo aver perso le elezioni contro de la Rúa. Molti sostengono che sia Duhalde sia il partito peronista stavano cospirando contro il governo, fino a provocarne il crollo.

L'amministrazione Duhalde sarà ricordata per due decisioni. La prima è stata l'abolizione del sistema della convertibilità, cosa che ha rappresentato uno degli eventi più traumatici della storia del Paese. La parità con il dollaro aveva creato di fatto un'economia del dollaro, dal momento che gli argentini tendevano a diffidare del peso. I politici lo sapevano e sapevano anche che sarebbe stato troppo difficile onorare contratti e risparmi in dollari. Quindi devono aver gridato "Eureka!" quando qualcuno se n'è uscito con il concetto di svalutazione asimmetrica — che in pratica significava la distruzione di tutti i contratti esistenti.

Questa procedura ha rappresentato un importante trasferimento di ricchezza. I perdenti erano i risparmiatori, le persone che vivevano di stipendi, i creditori di contratti privati in dollari come i mutui, e molti altri. Tutti loro hanno visto il proprio reddito ed i propri risparmi liquefatti da un tasso di cambio imposto e dal potere di erosione dell'inflazione.

La seconda è stata l'implementazione di tasse sull'esportazione nel settore agricolo. Non molti Paesi nella storia hanno tassato i propri esportatori, l'hanno fatto principalmente quelli che hanno economie altamente estrattive con élite politiche corrotte ed inefficienti. Duhalde era desideroso di unirsi a questo patetico club di leader del Terzo mondo.

Nel 2003 la coppia Kirchner è salita al potere. Sono rimasti in carica per tre mandati consecutivi per un totale di dodici anni (Néstor Kirchner 2003-07 e Cristina Kirchner 2007-15). La politica delle tasse sull'esportazione è stata la quintessenza del loro piano economico.

Il ventunesimo secolo è stato finora un secolo caratterizzato da un dollaro debole e una politica monetaria allentata da parte della Federal Reserve. Questo allentamento monetario è stato caratterizzato da un eccesso di liquidità e tassi d'interesse estremamente bassi. I tassi di cambio internazionali hanno reagito di conseguenza, con un dollaro che è affondato rispetto all'euro. L'oro ha anche vissuto un rally invisibile per molti decenni. Questo processo di indebolimento è stato accompagnato da un boom dei prezzi delle materie prime.

Dal punto di vista storico esiste una correlazione tra i prezzi delle materie prime e il ciclo del dollaro USA. Per di più, come sostengono esponenti della cultura economica mainstream ed Austriaca, esiste una relazione causale tra la politica monetaria statunitense e il comportamento dei prezzi delle materie prime. Nelle parole di Steve Hanke: "Le prove suggeriscono che la Federal Reserve è il principale colpevole nella storia dell'inflazione delle materie prime".

È stato questo colpo di fortuna che ha facilitato l'attuazione dell'agenda populista del governo argentino. È stato l'ingrediente chiave della sua ricetta distruttiva. I Kirchner hanno semplicemente adattato il modello venezuelano alle condizioni locali. Il governo del Venezuela esercita la proprietà e il controllo sulla compagnia petrolifera nazionale, PDVSA, mentre il governo argentino, a partire dall'amministrazione di transizione non eletta nel 2002-3, ha pesantemente tassato le esportazioni di materie prime.

L'ascesa del populismo argentino (e venezuelano) è stata favorita indirettamente dalla politica monetaria della Federal Reserve e del suo impatto sui prezzi delle materie prime. Contrariamente alle affermazioni del loro apparato di propaganda — che comprende l'istruzione pubblica, i media e gli intellettuali — la forza trainante del processo sociopolitico in entrambi i Paesi non è stato il cosiddetto "modello di accumulazione con inclusione sociale" o "rivoluzione bolivariana", ma principalmente il ciclo del dollaro e le sue ripercussioni sui prezzi delle materie prime.

L'ordine democratico è tornato in Argentina nel 1983. Tra allora e il 2015, i peronisti sono saliti al potere per 24 su 32 anni. Le uniche eccezioni alla loro egemonia sono state le amministrazioni di Alfonsin (1983-1989) e de la Rúa (1999-2001). Entrambe sono finite prima della loro scadenza naturale.

L'influenza populista pervasiva del peronismo può essere fatta risalire alla fine degli anni '40. Da allora il peronismo ha avuto un'influenza egemonica sulla vita politica del Paese. Gabriel Zanotti ritiene che questo sia precisamente il "dramma culturale" dell'Argentina e lo paragona all'ipotetica situazione in cui la Germania di oggi avesse un partito nazionalsocialista estremamente popolare, con tutti gli altri partiti tedeschi a copiare ed imitare l'agenda nazista.

Il programma economico dei peronisti e dei populisti in generale viene descritto egregiamente da un termine coniato da Ludwig von Mises: distruzionismo. Non ha prodotto nulla. Non ha creato nulla. Ha vissuto parassitando le risorse create dalle generazioni precedenti e sfruttando i contesti internazionali favorevoli.

Ma dopo settant'anni di dominio politico, il populismo egemonico sembra mostrare segni di esaurimento. Il partito peronista, un tempo potente, è oggi ridotto ad una debole lega di signori feudali provenienti dalla cintura suburbana più povera della provincia di Buenos Aires. Può darsi che gli eccessi dell'ex-presidente Cristina Kirchner abbiano segnato l'apice del potere peronista e l'inizio del suo declino.

Dopo tanti anni di cattiva gestione e decadenza economica, la frustrazione è palpabile. Il candidato Daniel Scioli, sconfitto alle ultime presidenziali nel 2015, ha incentrato la sua campagna elettorale sulla costruzione di nuovi sistemi fognari. Eppure lo stesso Scioli è stato governatore di Buenos Aires per otto anni e il suo partito è rimasto in carica in questa provincia dal 1987 al 2015. Ventotto anni non sono stati abbastanza per risolvere la situazione dei liquami.

L'attuale presidente, Mauricio Macri, si è presentato alle elezioni offrendo una chiara alternativa anti-populista. La sua vittoria è stata scioccante come quella di Trump e la Brexit. Ha fatto molto bene in tutti i settori della società, compresi quelli in condizioni pietose.

La sorpresa generata dall'elezione di Macri tra esperti, sondaggisti e persino la comunità imprenditoriale, potrebbe (e dovrebbe) essere attribuita alle tendenze sottostanti alla società argentina. Queste tendenze non sono ancora pienamente apprezzate. Potrebbe essere che la vittoria di Macri sia un sintomo di qualcosa di molto più profondo, vale a dire, che gli argentini ne hanno avuto abbastanza del populismo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Dirigismo fasciocomunista sudamericano che piace tanto ai nostri benpensanti antropologicamente superiori.

    L'alternativa dei tecnocrati europei però fa ugualmente schifo.

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  2. Beh 80 anni son tanti, diciamo che possono bastare...... Non fatelo leggere però questo articolo ai peti stellati, i loro idoli come quelli del loro lider maximo che ama le belle ville sul mare, sono stati per anni i kirchner e chavez, grandi combattenti della povertà.... loro.

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