Bibliografia

mercoledì 31 gennaio 2018

Argento: denaro di oggi e di domani





di James Rickards


La Repubblica di Roma e il tardo Impero Romano avevano monete d'oro chiamate aurei e solidi, ma coniavano anche una moneta d'argento chiamata denario. Un denario era il salario giornaliero dei lavoratori non specializzati e dei soldati romani.

Ovviamente nel tardo Impero l'aureo, il solido e il denario erano stati tutti svalutati mescolando l'oro e l'argento con altri metalli. Il declino dell'Impero Romano andò a braccetto con il declino del denaro sonante.

All'inizio del nono secolo dopo Cristo, Carlo Magno espanse il conio dell'argento per compensare una carenza d'oro. Ciò ebbe successo nello stimolare l'economia del predecessore del Sacro Romano Impero. In un certo senso Carlo Magno inventò il quantitative easing più di mille anni fa. L'argento era la sua forma di denaro preferita.

In base al Coniage Act del 1792, sia l'oro che l'argento erano monete a corso legale negli Stati Uniti. Dal 1794 al 1935 la Zecca degli Stati Uniti emise "dollari d'argento" sotto varie forme; ed erano utilizzate come denaro dagli americani. Il dollaro americano era definito legalmente come un'oncia d'argento.

Il dollaro d'argento americano del tardo diciottesimo secolo era una copia del Real de a ocho coniato dall'Impero Spagnolo all'inizio del sedicesimo secolo. La traduzione dallo spagnolo è "pezzo di un otto", perché la moneta poteva essere divisa in pezzi da un ottavo ciascuno.

Fino al 2001 i prezzi delle azioni nella Borsa di New York erano quotati in otto e sedici, in base alla moneta spagnola d'argento e alle sue otto sezioni.

Fino al 1935 le monete d'argento degli Stati Uniti erano pure al 90%, con il restante 10% fatto di rame e aggiunto per la durabilità. Dopo il Coniage Act del 1965, il contenuto d'argento dei mezzi dollari, dei quarti di dollaro e dei centesimi venne ridotto dal 90% al 40% a causa dei prezzi in ascesa dell'argento e all'accumulo da parte dei cittadini che ritenevano prezioso il contenuto in argento delle vecchie monete.

La nuova legge firmata dal presidente Johnson segnava la fine del vero conio dell'argento negli Stati Uniti. Nel 1968 venne terminata la convertibilità dei vecchi "certificati d'argento" con il metallo grigio.

Successivamente il conio statunitense venne caratterizzato da altri metalli e denaro cartaceo non convertibile in argento (la convertibilità dell'oro venne terminata nel 1933 invece).

Speriamo solo che gli Stati Uniti non stiano seguente le orme dell'Impero Romano in termini di declino politico in coincidenza con una sostituzione nel conio dell'oro e dell'argento con altri metalli.

Nel 1986 gli Stati Uniti introdussero nuovamente un conio dell'argento con un'oncia d'argento pura al .999, chiamata American Silver Eagle. Tuttavia non venne resa a corso legale, sebbene avesse un valore nominale di "un dollaro". Questa moneta è d'argento ed è preziosa per investitori e collezionisti, ma non è denaro.

Chi sano di mente pagherebbe un'oncia d'argento per beni e servizi che valgono un solo dollaro?

In breve, l'argento è un metallo monetario tanto quanto l'oro, ed ha un pedigree altrettanto buono quando si parla di conio. L'argento ha sostenuto le economie di imperi, regni e stati-nazione in tutta la storia.

Non dovrebbe essere una sorpresa se l'aumento o il calo dei prezzi dell'argento e dell'oro denominati in dollari siano strettamente correlati.

L'argento è più volatile dell'oro ed è più difficile da analizzare perché ha più applicazioni industriali rispetto al metallo giallo. L'argento è utile per motori, elettronica e rivestimenti.

L'oro è usato molto meno quando si tratta di usi extra monetari. L'oro ha usi altamente specializzati per i rivestimenti e cavi ultra sottili, ma queste sono porzioni molto limitate del mercato dell'oro.

Sia l'oro che l'argento sono usati in modo esteso nel mondo dei gioielli. Considero questi ultimi "ricchezza indossabile" e molto vicini al metallo puro piuttosto che un segmento separato.

Poiché l'argento ha più usi industriali rispetto all'oro, il prezzo può salire o scendere indipendentemente dalle considerazioni monetarie. Tuttavia, per periodi lunghi di tempo, gli aspetti monetari tendono a soverchiare gli usi industriali e l'argento segue da vicino l'oro in termini di dollari.

Nonostante l'oro e l'argento abbiano una stretta correlazione, quest'ultima non è perfetta. Ci sono volte in cui l'oro performa meglio rispetto all'argento e viceversa. Proprio adesso ci troviamo in un momento propizio per l'argento.

L'oro sta andando bene, e l'argento anche meglio!

Gli ultimi dati mi dicono che i prezzi dell'argento stanno per sperimentare un rally. Questa conclusione si basa in parte su un mercato toro principalmente incentrato sull'oro.

L'oro ha fatto vedere un rally storico dal 1999 al 2011, da circa $250 l'oncia a $1,900 l'oncia, un guadagno di circa il 900% in dodici anni. Sin da allora i  prezzi dell'oro sono scesi seguendo un ritracciamento del 50% (usando come base il 1999) e hanno raggiunto un fondo a $1,050 l'oncia a dicembre 2015.

I massimi ed i minimi di mercati toro e orso sono difficili da vedere anticipatamente, ma diventano evidenti col senno di poi. L'oro è salito di oltre il 23% nel 2016-2017. Dall'inizio del 2018 è chiaro che il mercato orso dell'oro sia finito due anni fa e che sia iniziato un nuovo mercato toro.

L'argento non solo sta seguendo le orme dell'oro, ma sta sfoggiando grande potenziale malgrado la volatilità. I rally di oro e argento sono basati su una combinazione di domanda/offerta, pressione geopolitica crescente e aumento delle aspettative d'inflazione in risposta ad un'erosione della fiducia nel denaro fiat e nel settore bancario centrale.

In aggiunta l'argento ha una formazione tecnica davvero eccellente. L'analista di metalli preziosi Samson Li di Thomson Reuters ha scritto quanto segue il 2 gennaio 2018:

Dal punto di vista tecnico l'argento è pronto per un breakout verso l'alto nel 2018. Le cifre del CFTC mostrano che il COMEX è stato a corto d'argento per tre settimane sin dal 12 dicembre. Non è un segreto, ma è una situazione particolarmente rara per l'argento; l'ultima volta che il COMEX è rimasto a corto d'argento è stato tra la fine di giugno e l'inizio di agosto 2015. Un sentimento d'investimento può oscillare da una parte all'altra e conferire all'argento un'innata volatilità; questa carenza dovrebbe puntare ad un rally dovuto alla scarsità. Guardando indietro al precedente periodo nel 2015, il prezzo dell'argento era di $15.61/oz il sette luglio, ed era la terza settimana consecutiva di carenza. Circa un anno dopo l'argento avrebbe sfoggiato più di $20/oz a luglio 2016 [...]. Il sentimento attuale suggerisce che l'argento potrà essere uno dei metalli preziosi con maggiori possibilità di andare bene nel 2018, superando una qualsiasi crisi che potrebbe bastonare il settore delle commodity escluso l'oro.

La buona notizia è che il rally dell'argento è ancora alle battute iniziali. I guadagni recenti si amplificheranno nei mesi e negli anni a venire.

L'argento performerà meglio dell'oro nel breve termine, e le azioni delle compagnie d'estrazione dell'argento andranno ancora meglio del metallo.

Saluti,


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 30 gennaio 2018

I prezzi degli asset sono spropositati

Una puntualizzazione iniziale è necessaria in virtù dell'argomento trattato in questo articolo: aspettative sull'inflazione. Secondo la teoria canonica, sono queste aspettative che guidano l'andamento dell'inflazione; se, ad esempio, c'è un improvviso aumento del prezzo di un bene, allora gli attori di mercato si aspetteranno un aumento maggiore di suddetti prezzi. In questo contesto si ergono i banchieri centrali, i quali utilizzano il metodo della cosiddetta "inflation targeting" per rassicurare gli attori di mercato che essi faranno tutto il possibile per tenere le cifre dell'inflazione entro un determinato range. Peccato, però, che l'inflazione non sia guidata dalle aspettative, bensì sia un aumento dell'offerta di moneta. Senza un precedente aumento di quest'ultima non può esserci inflazione dei prezzi, mentre invece i commentatori mainstream e gli economisti pensano tautologicamente che l'inflazione dei prezzi sia causata dall'inflazione dei prezzi. Il prezzo non è altro che la quantità di denaro pagata per un bene, e se offerta di quest'ultimo e offerta di denaro rimangono invariati non ci sarà alcun aumento di prezzi. Così come non ci sarà un aumento generale dei prezzi se, ad esempio, un improvviso salto dei prezzi del petrolio innescasse aspettative inflazionistiche più alte; questo evento ricadrebbe solo sulla filiera influenzata da tale commodity, ma non avrebbe alcuna influenza su altri settori. Ciò che avremmo sarebbe solo una ridistribuzione della spesa degli attori di mercato, con conseguente aggiustamento dei prezzi. Senza la creazione di denaro ex novo, a parità di condizioni, non ci sarebbe alcun aumento generale dei prezzi.
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di Thorsten Polleit


Viviamo in tempi inflazionistici. Alcune persone potrebbero considerare questa affermazione controversa. Questo perché di questi tempi l'inflazione è ampiamente considerata come un aumento dell'indice dei prezzi al consumo (IPC) oltre il 2% all'anno. Tuttavia ci sono ragioni convincenti per mettere in discussione questo punto di vista. Da un lato l'IPC non include "asset" come, ad esempio, azioni, abitazioni, immobili, ecc. Di conseguenza l'evoluzione dei prezzi di questi asset non è spiegata dai cambiamenti nell'IPC.

Dall'altra parte, e ancor più essenziale, le variazioni dei prezzi di beni e servizi sono associate a cambiamenti nella quantità di denaro. Questo è il motivo per cui gli economisti erano soliti intendere un aumento della quantità di moneta come inflazionistica (e un declino della quantità di moneta come deflazionistico): senza il denaro che circolava, non poteva esserci un fenomeno come l'inflazione — questa è una tendenza al rialzo di tutti i prezzi di beni e servizi nel tempo. La verità è che l'aumento generale dei prezzi è inestricabilmente legato al denaro.



I prezzi degli asset sono spropositati

Un indicatore di uno sviluppo monetario inflazionistico è il legame tra lo stock di moneta statunitense M2 e il PIL nominale. Questo rapporto può essere indicato come una misura di "eccesso di liquidità". Dall'inizio della crisi 2008/2009, l'eccesso di liquidità è cresciuto fortemente — poiché la crescita del PIL è rimasta indietro rispetto all'aumento della quantità di denaro. Perché? Beh, gran parte dell'espansione monetaria ha spinto verso l'alto i prezzi degli asset — in particolare nel mercato azionario e immobiliare.




La Federal Reserve (FED) ha creato l'ennesimo "boom inflazionistico". L'economia USA è alimentata da tassi d'interesse estremamente bassi, accompagnati da un'ulteriore crescita del credito e della moneta fiat. L'espansione monetaria porta ad un aumento artificiale dei consumi e delle spese per investimenti, con conseguenti miglioramenti in termini di produzione e occupazione. Inoltre la liquidità si fa strada nei mercati finanziari (asset), facendo salire i prezzi degli asset e persino i livelli delle valutazioni.



Come far continuare il boom: più inflazione

Per mantenere il boom inflazionistico — e prevenire il "bust" — la FED deve assicurarsi che il credito e l'offerta di moneta continuino ad aumentare e che, non meno importante, i costi di finanziamento e del capitale rimangano a livelli abbastanza bassi. Ciò detto, la politica inflazionistica deve andare avanti, soprattutto per ragioni politiche. Tassi d'interesse più alti e un rallentamento del credito e della creazione di denaro porterebbero togliere la brocca del punch e la festa si fermerebbe di colpo. Il boom economico si trasformerebbe in un bust.

L'inflazione funziona solo se passa inosservata, se c'è "inflazione a sorpresa". Tuttavia, non appena le persone scoprono che il potere d'acquisto dei soldi diminuisce più di quanto si aspettavano, i polli vengono spennati: le persone tengono in considerazione un aumento dell'inflazione nei loro contratti per salari, locazioni e prestiti. Se ciò accade, non c'è più un effetto sorpresa e l'inflazione perde il suo potere di stimolare l'economia (attraverso segnali di prezzo ingannevoli).

Una banca centrale che vuole far continuare il boom e prevenire il bust rimane con una sola opzione: deve creare una dose maggiore di inflazione a sorpresa. Il lettore può già sapere a cosa porterà un simile "gioco dell'inflazione". Fa percorrere all'economia una strada ad alta inflazione o, nel caso estremo, una strada di super inflazione, o addirittura iperinflazione, che alla fine distruggerà il potere d'acquisto della valuta.



Perché non c'è crisi

Finora i mercati finanziari sono rimasti abbastanza calmi. L'inflazione non è vista come un problema importante, come dimostrato, ad esempio, dalle aspettative sull'inflazione. Come mai? Ci potrebbero essere due ragioni. Innanzitutto la maggioranza delle persone ricava le proprie aspettative sull'inflazione dall'IPC (possiamo parlare di "aspettative sull'inflazione che si adattano"). Poiché quest'ultimo è stato relativamente basso per molti anni, la gente non si aspetta che l'inflazione aumenti nei prossimi anni.




In secondo luogo molte persone sembrano non rendersi conto che "l'inflazione dei prezzi degli asset" rovina il potere d'acquisto del denaro allo stesso modo in cui lo fa l'inflazione nell'IPC: se volete comprare azioni, case o terreni, il rendimento sarà infimo se i prezzi di questi asset salgono. Finché l'inflazione dei prezzi degli asset non viene intesa come una forma di "vera inflazione", le aspettative sull'inflazione rimarranno attenuate e le banche centrali potranno continuare il loro schema inflazionistico.

In questo contesto possiamo trarre due conclusioni. Innanzitutto l'inflazione è viva e vegeta: è attualmente in aumento nei prezzi degli asset. In secondo luogo, ad un certo punto nel tempo un boom inflazionistico rischia di trasformarsi in un bust — uno scenario che colpirebbe pesantemente l'economia, il sistema finanziario e i prezzi degli asset. Sfortunatamente non si può prevedere (con alcuna precisione scientifica) quando il boom si trasformerà in un bust; dipende da certe condizioni.

Detto questo, l'attuale boom potrebbe protrarsi per un bel po' — con le economie che continueranno ad espandersi ed i prezzi degli asset che correranno da un livello record a quello successivo. Tuttavia sappiamo che l'attuale boom inflazionistico — che presumibilmente è acclamato da molti in quanto fornisce più posti di lavoro e redditi supplementari — sta in realtà gettando le basi per un bust.

L'investitore dovrebbe tenere a mente che le banche centrali non solo mettono in moto un boom inflazionistico (che finirà in lacrime), ma che combatteranno un bust con più inflazione (aumentando ulteriormente la quantità di denaro). Detto questo, gli investitori devono essere consapevoli di una verità piuttosto scomoda: abbiamo avuto l'inflazione, e ce ne sarà ancora di più. Il denaro continuerà a perdere il suo potere d'acquisto.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 29 gennaio 2018

Perché gli ambientalisti devono comprendere come funziona l'economia





di Steven Horwitz


Uno dei temi più complessi per i difensori dell'impresa libera è la preoccupazione per l'ambiente, in particolare il cambiamento climatico. Ciò che rende le tesi degli ambientalisti più sofisticate, è che spesso usano idee e termini che vengono usati per descrivere i sistemi economici.

Ad esempio, i sistemi naturali e sociali sono evolutivi. La natura, come la società, è un ordine emergente (o quello che Hayek definiva "spontaneo"). Ho descritto i mercati come "ecosistemi epistemologici". E sia l'ecologia che l'economia condividono lo stesso prefisso. Ancora più interessante, gli ambientalisti spesso usano parole come "risorse", "scarsità" e "efficienza" che si sentono anche nelle discussioni sui mercati e sull'economia in generale.

A causa di queste somiglianze, i difensori dei mercati liberi e quelli preoccupati per l'interferenza umana nel mondo naturale dovrebbero ascoltarsi l'uno con l'altro più attentamente. Di recente ho avuto la possibilità di partecipare a questo tipo di conversazione e mi ha fatto pensare ad una mala comunicazione e a ciò che l'economia può aggiungere al modo in cui gli ambientalisti spesso considerano questi problemi. Quelli che seguono sono alcuni pensieri correlati su tale tema.



Economisti ed ambientalisti

Un'idea recita che i difensori dei mercati dovrebbero fare più attenzione alle analogie con gli ecosistemi naturali quando parlano con gli ambientalisti. I mercati funzionano molto come l'evoluzione darwiniana, almeno per analogia. L'imprenditorialità e l'innovazione sono gli equivalenti economici delle "mutazioni" e il sistema profitti/perdite è l'equivalente economico della "selezione naturale".

Proprio come il processo biologico conduce a specie che si adattano ai loro ambienti perché le mutazioni che migliorano la loro sopravvivenza verranno trasmesse alle generazioni future, così i processi economici portano gli esseri umani meglio "adattati al loro ambiente sociale" a riordinare il mondo fisico in modi in cui potranno creare più valore.

Gli ambientalisti riconoscono come questi tipi di sistemi adattativi complessi creino l'ordine senza un progettista nel mondo naturale e, notando come la stessa descrizione si applica ai mercati, ritengono possa essere un modo per generare conversazioni più interessanti e produttive, per non parlare di un maggiore apprezzamento per i mercati.

Come gli economisti, gli ambientalisti sono preoccupati per le risorse scarse e l'efficienza. Ciò che spesso ci divide è come comprendiamo tali termini. Ad esempio, gli ambientalisti tendono a pensare alle risorse come oggetti fisici che sono prodotti dalla natura, come le "risorse naturali". A volte trascurano le risorse di capitale prodotte dall'uomo e la combinazione tra natura ed umanità (che è la risorsa che chiamiamo lavoro).

Come esempio di questa confusione, consideriamo il tema che ho incontrato di recente: le forme verdi di energia, come l'energia solare, sono auspicabili perché usano meno risorse naturali scarse e perché creano milioni di posti di lavoro.

La mia risposta come economista è applaudire a qualsiasi modo di produrre qualcosa che utilizza meno risorse naturali, ceteris paribus. Se posso creare la stessa quantità di energia usando meno carbone e nient'altro, questo è un bene. Ma osservate il resto dell'affermazione: l'energia verde richiede anche più di quella risorsa scarsa nota come lavoro umano. Questo è ciò che significa "creare posti di lavoro" in questo contesto. Ci sono diverse prove che l'energia verde richieda molto più lavoro rispetto al combustibile fossile, o ad altre forme basate sul carbonio.

Gli ambientalisti giustamente capiscono che è un bene usare meno risorse naturali scarse, ma sembrano dimenticare tale idea quando si tratta di lavoro umano.



Ne vale la pena?

Sfruttare le risorse scarse significa che dobbiamo considerare quanto lavoro occorrerà per produrre una particolare quantità di energia. Proprio come utilizzare più risorse naturali di quelle che dovremmo usare significa abbandonare le alternative realizzabili con suddette, allo stesso modo creare posti di lavoro che potrebbero non essere necessari per produrre l'energia significa abbandonare altre cose che avremmo potuto avere.

Parte di questa confusione deriva da significati diversi dati ad "efficienza". Gli ambientalisti sono spesso interessati alla cosiddetta "efficienza energetica", o "efficienza delle risorse". Un esempio potrebbe essere il chilometraggio del gas. Le automobili sono più efficienti se fanno più miglia al gallone.

Per un economista, tuttavia, l'efficienza relativa è "efficienza economica" o "ne valeva pena?"

Abbiamo la tecnologia per creare automobili molto più efficienti dal punto di vista del consumo di carburante, ma se non possono essere costruite per meno di, ad esempio, $100,000, la maggior parte della gente dirà che non ne vale la pena. Tali automobili potrebbero essere più efficienti dal punto di vista tecnologico, ma sarebbero meno efficienti dal punto di vista economico.

Detto in modo diverso, tali vetture utilizzerebbero risorse preziose per dare vita a qualcosa che pensiamo sia meno prezioso delle alternative.



Capire la scarsità

Anche questo è un punto in cui la parola "scarsità" entra in gioco. Sembra che gli ambientalisti trattino "la scarsità" come sinonimo di "rarità". Una cosa è scarsa se è poca in numero. Ma per gli economisti la scarsità non è una questione di patrimonio fisico, bensì una relazione tra lo stock fisico e il desiderio umano per tale bene.

Ad esempio, a mio avviso esiste nel mondo solo una palla da baseball autografata da Steven Horwitz. Al contrario, ci sono molte palle da baseball autografate da Derek Jeter. Nonostante siano più numerose, le palle da baseball di Jeter sono molto più scarse (come si riflette nel loro valore molto più elevato) perché nessuno vuole una palla autografata da Horwitz, ma molte persone vogliono una palla autografata da Jeter.

Quello che i mercati ci permettono di fare, è avere un indicatore della scarsità: i prezzi. Il fatto che la gente pagherà molto di più per una palla di Jeter piuttosto che una palla di Horwitz, ci dice che la palla di Jeter è più scarsa e più preziosa. I prezzi forniscono conoscenze e incentivi sulla scarsità delle merci, comprese le risorse naturali, e ci permettono di usarle solo per quelle cose il cui valore per le persone è abbastanza alto.

I mercati ci permettono di effettuare tali confronti di valore e, quindi, sorvolare l'efficienza tecnologica e considerare l'efficienza economica. Cioè, i mercati ci costringono a pensare ai costi.

Gli ambientalisti più sofisticati lo capiscono fino ad un certo punto, per questo le migliori proposte per affrontare il cambiamento climatico sono quelle che cercheranno, ad un certo punto, di iscrivere il sistema dei prezzi nel processo.



Le sanzioni statali non risolveranno il problema

Le carbon tax, per esempio, cercano di includere i costi esterni dell'energia a base di carbonio nelle decisioni prese dai produttori di energia. Queste proposte spesso cercano di far tornare ai consumatori le entrate raccolte, in modo da aiutarli a far fronte ai prezzi più elevati dell'energia causati dalla tassa.

Queste proposte sono migliori del vecchio approccio regolamentare "comando e controllo", ma portano con sé due problemi che solo gli economisti notano.

In primo luogo, trovare la giusta imposta/prezzo non è una cosa semplice. Sappiamo che i prezzi di mercato sono il risultato di quello che Mises definì "mercanteggiare". Mises sottolineò anche che i cambiamenti dei prezzi che osserviamo sono la fine visibile di una catena di causalità che inizia nella mente umana. Ciò che fa funzionare i prezzi di mercato è che essi sono il risultato dei processi decisionali delle persone, rischiando le proprie risorse e avvalendosi delle proprie conoscenze.

I prezzi impostati dalla burocrazia non hanno gli stessi incentivi per un comportamento attento, né contribuiranno ad acquisire tanta conoscenza, come accade invece con i prezzi reali del mercato. Le battaglie politiche su tali tasse sono inevitabili e con esse se ne va ogni apparenza di razionalità economica.

E questo ci porta al secondo punto che gli economisti possono avanzare nei confronti degli ambientalisti: il fallimento del mercato non è una condizione sufficiente per l'intervento dello stato. Le proposte di una carbon tax, come tutte le altre politiche simili, possono sembrare interessanti sulla carta, ma dobbiamo sempre chiederci se i politici riusciranno ad attuarle.

Ad esempio, supponiamo che una carbon tax raccolga miliardi in entrate che saranno destinate alla ridistribuzione in favore delle famiglie statunitensi. Conoscendo la storia della previdenza sociale, ci aspetteremmo che i politici non tentino di utilizzare tali entrate per soddisfare potenti interessi speciali, o per altri scopi che fornirebbero più voti?

Gli economisti possono ricordare agli ambientalisti che per quanti disordini ci possano essere nei mercati (come in natura), spesso l'intervento statale è peggiore. Dobbiamo confrontare la realtà di due processi imperfetti e il fatto che i mercati siano imperfetti non è di per sé una giustificazione per l'intervento dello stato.

Si dice che le cose più interessanti succedano ai confini, dove le culture si scontrano. Questo vale per i confini tra gli ordini spontanei dei mercati e degli ecosistemi.

Anche se mi sono concentrato su ciò che gli ambientalisti possono imparare dagli economisti, l'apprendimento avviene in entrambi i sensi. Dimostrare come tracciare le linee di demarcazione quando due ordini emergenti interagiscono tra loro, come natura ed economia, richiede un dialogo attento e paziente. Spero che entrambi i gruppi siano in grado di accettare la sfida.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


venerdì 26 gennaio 2018

Comprendere il denaro e i prezzi





di Alasdair Macleod


Questo articolo spiega il lato monetario dei prezzi, e perché le valute governative, scoperte dall'oro, sono destinate a crollare. E perché l'oro, il denaro scelto dai mercati durante la storia, conserverà o aumenterà il suo potere d'acquisto misurato secondo le merci che acquisterà nei prossimi anni.

Poche persone hanno piena comprensione del rapporto tra denaro e beni. Questa è la relazione che imposta i prezzi. Tuttavia, senza questa comprensione, le banche centrali quasi certamente falliranno nei loro obiettivi (come hanno sempre fatto finora) e gli individui ignari delle proprietà monetarie dell'oro non saranno in grado di proteggere la propria ricchezza in condizioni finanziarie che stanno diventando sempre più instabili.

Il denaro è il legame tra la nostra produzione e il consumo. Come individui, massimizziamo il valore della nostra produzione attraverso la specializzazione. Rendendo disponibile la nostra produzione ad altri, acquistiamo quei beni e servizi che gli altri producono meglio rispetto a noi e ad un costo molto inferiore. Ecco perché gli economisti classici hanno convenuto che attraverso il denaro, scambiamo beni per altre merci. Il denaro semplifica in modo impensabile lo scambio, permettendo a tutti di valorizzare la propria produzione, accettata da tutti gli acquirenti e venditori nelle varie comunità e anche in futuro. Ma, e questo è importante, tratteniamo solo quella quantità di denaro di cui abbiamo bisogno.

Affinché una merce possa essere denaro, deve essere ampiamente accettata e stabile, in modo che i cambiamenti di prezzo si riflettano esclusivamente nella domanda e nell'offerta dei singoli beni. Questi prezzi sono impostati dai valori soggettivi degli acquirenti, perché la decisione di acquistare o meno e a che prezzo è sempre la loro. Il produttore, che vuole vendere, non dispone di questa opzione, per cui i prezzi non sono impostati dai costi di produzione, come comunemente affermato. È un errore frequente da parte dei politici e dei burocrati affermare che il costo della produzione determina i prezzi. Secondo loro se un bene non è profittevole, l'imprenditore rinuncerà a produrre. No, se rinuncerà, andrà in bancarotta.

Sono queste ipotesi sbagliate che alimentano il mito che lo stato, in veste di agente economico, è superiore ai mercati liberi. La verità è un'altra. A meno che un consumatore non sia costretto, acquisterà solo i prodotti che vuole a prezzi che è disposto a pagare. I produttori devono ballare in accordo con la musica del consumatore, perché in una società capitalista egli è il re. Per questo motivo i produttori si sforzano di ridurre i loro costi e di migliorare i loro prodotti per competere. Presumendo la presenza di denaro sonante, cioè denaro che soddisfa le condizioni della stabilità monetaria, i prezzi tendono a diminuire nel tempo, trainati da metodi di produzione migliori, dal progresso tecnologico e dalla concorrenza.

La questione si fa più complicata quando si considera che il potere d'acquisto del denaro, il suo valore di scambio oggettivo, non è mai costante, come tutti di solito presumono invece. Anche il potere d'acquisto del denaro sonante varia, il suo valore di scambio obiettivo non è mai fisso. La ragione è che, come individui, la nostra esigenza di liquidità monetaria è destinata a variare, se non giorno per giorno, tra i giorni di paga e tra le stagioni. Ognuno di noi contribuisce ai cambiamenti nel rapporto di prezzo tra beni e denaro.

Nella pratica, tendiamo a non mantenere saldi di cassa inutili, riservando abbastanza liquidità per le nostre necessità prevedibili sotto forma di contanti, depositi presso le banche, o credito disponibile da ritirare. Altrimenti il denaro o viene speso, o risparmiato per essere reinvestito in modo produttivo.

C'è un'importante differenza tra i soldi che usiamo oggi e il denaro sonante del passato. Il denaro non liberamente convertibile in oro ad un tasso fisso, è denaro a credito. Anche le banconote e le monete sono crediti governativi, mentre i depositi dei clienti presso le banche sono inconfondibilmente credito sia in origine che di fatto. Le quantità di credito-denaro e di credito bancario possono variare notevolmente. L'oro come denaro varia meno, a causa della sua natura anelastica.

L'oro viene continuamente estratto e la quantità allocata come denaro varia, in quanto varia anche la percentuale dello stock estratto allocato per altri usi, ad esempio per gioielli e ornamenti. La linea di divisione tra l'uso dell'oro come denaro e gioielli è di per sé sottile. La popolazione umana è aumentata, specialmente negli ultimi due secoli, quindi ci sono più persone sulla Terra che necessitano di liquidità monetaria e, poiché il loro standard di vita migliora, anche la loro domanda aggregata di liquidità monetaria è destinata ad aumentare.

Insieme questi fattori portano ad un continuo aumento del potere d'acquisto dell'oro nel tempo, quando viene utilizzato come denaro. Anche se oggi non circola come denaro, questo fatto è ancora vero. Attraversava i confini nazionali con implicazioni per il suo potere d'acquisto locale, ma in tutto il mondo la sua disponibilità è sempre stata limitata.

L'oro conta perché, ad eccezione dell'argento, è l'unica forma di denaro che è sopravvissuta sin da quando gli individui hanno scoperto la convenienza del denaro rispetto al baratto. È anche al di là del controllo degli stati, in quanto non possono emetterlo se prima non lo comprano. È soggetto ai vincoli della sua offerta, per cui come mezzo di credito non può essere svalutato. La sua relativa anelasticità e la sua solidità sono le ragioni primarie per cui gli stati non amano l'oro monetario e costringono gli altri ad usare le alternative scelte da loro. L'interesse degli stati è dunque di scoraggiare, o addirittura impedire l'uso dell'oro come denaro.

Malgrado ciò oltre la metà della popolazione mondiale, presumibilmente ignorante dal punto di vista finanziario agli occhi dell'Occidente, ancora comprende, attraverso l'esperienza e l'istinto, che l'oro mantiene il suo ruolo di denaro rispetto al denaro fiat degli stati e alle cifre elettroniche delle banche. Le persone istruite, che cercano di comprendere i prezzi leggendo i giornali e le pubblicazioni keynesiane, sono coloro che hanno perso completamente la bussola monetaria. Sto parlando di noi negli stati pregni di welfare, istruiti ma ignoranti per quanto riguarda la teoria monetaria e il vero rapporto tra denaro e beni, credendo che il denaro sia una questione riservata esclusivamente allo stato. Siamo noi che non capiamo i pericoli del denaro fiat emesso in quantità crescenti dal sistema bancario.



Comprendere il valore oggettivo di scambio del denaro

Il potere d'acquisto del denaro è considerato come il suo valore di scambio oggettivo. Il termine "valore di scambio" non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. "Oggettivo" significa in questo contesto: indiscutibile, o dato per scontato. Il denaro è l'ancora di una transazione e contrasta con il valore soggettivo posto sulle merci. Come utilizzatori di denaro, ci è conveniente affermare che non ci sono cambiamenti di prezzo dal lato monetario, in modo che ogni soggettività nel prezzo si rifletta nelle merci scambiate. Tuttavia siamo consapevoli che nel tempo, se non durante la nostra vita quotidiana, il valore del denaro è ben lungi dall'essere una costante oggettiva. Ciò deve portare a domandarci su quali basi fondiamo il nostro valore del denaro.

Dal punto di vista logico possiamo conoscere il valore del denaro facendo riferimento alla nostra esperienza più recente del suo valore, e poi nel tempo poter giudicare la sua solidità. Questo è il motivo per cui un residente in Svizzera può avere una stima diversa dei suoi franchi rispetto ad un residente in Argentina dei suoi pesos.

In ultima analisi, ciò comporta una valutazione del valore del denaro prima che diventi tale, per questo la gente in tutto il mondo sa che l'oro ha un valore radicato in altri usi sulla base delle sue proprietà fisiche. Il denaro fiat e quello digitale non ha un valore d'uso alternativo. Per guadagnare credibilità, le valute statali di oggi hanno basato la loro integrità sull'oro o l'argento, essendo una volta liberamente scambiabili per uno o altri di questi metalli monetari. Non è più così, e da un punto di vista teorico le valute statali sono sottoposte ad un rischio continuo di perdere la loro credibilità come denaro.

L'establishment macroeconomico di oggi ci dice che questa preoccupazione deve essere respinta e che qualunque economista metta in discussione la validità delle monete fiat come denaro, deve essere ridicolizzato. Questa non è una confutazione accettabile del Teorema della Regressione descritto nei paragrafi precedenti, ed è dovere di un economista che cerca la verità non soprassedere questa importante questione.

Nessuno ha trovato una spiegazione alternativa e credibile per valutare il denaro su questa base regressiva, in parte perché molti economisti contemporanei non comprendono appieno il rapporto soggettivo/oggettivo nell'impostare i prezzi in unità monetarie, e in parte perché le implicazioni di questa comprensione indebolirebbero la fiducia nella politica monetaria. Ciò è evidente nella Teoria Generale dell'Occupazione, dell'Interesse e della Moneta di Keynes, che ancora oggi è un vademecum per gran parte della professione economica.[1]

Le implicazioni della mancanza di una teoria dei prezzi è davvero cruciale. Senza una comprensione del rapporto tra denaro e beni, gli errori della politica monetaria sono inevitabili. E quando questi errori si manifestano, le libertà personali vengono limitate attraverso interventi statali sempre più distorcenti e controproducenti. L'aumento della soppressione economica è il risultato, come è stato dimostrato dalle conseguenze della repressione sovietica al momento del crollo dell'URSS.

Se il denaro e il credito in un'economia sono costanti nel tempo, e mettendo da parte per un momento i vantaggi della concorrenza dei prezzi, le migliorie tecniche nella produzione e la tecnologia, il livello generale dei prezzi può rimanere stabile solo se la preferenza generale per il possesso del denaro in relazione alle merci rimane costante. In caso contrario, un calo della preferenza complessiva per il possesso di denaro comporterà un calo del potere d'acquisto del denaro, evidenziato da un diffuso aumento dei prezzi. Allo stesso modo, un aumento complessivo della preferenza per il possesso di denaro comporterà un aumento del potere d'acquisto del denaro, evidenziato da un calo dei prezzi.



Le offerte di denaro sono aumentate

Dall'ultima crisi finanziaria si è registrata una massiccia espansione delle offerte della maggior parte delle valute mondiali. Il grafico seguente mostra l'espansione dei dollari fiat sin dal 2009; molto superiore rispetto al ritmo di aumento prima della crisi finanziaria mostrato dalla linea tratteggiata.




La Fiat Money Quantity registra la quantità totale di denaro in circolazione e nel sistema bancario sotto forma di contanti e depositi.[2] Alcuni di questi aumenti si sono registrati nelle riserve bancarie presso la FED ($2,000 miliardi), ma questa è solo una frazione del totale ($10,000 miliardi).

Senza ricorrere alle evidenze di statistiche statali discutibili, è facile capire come questa triplicazione dell'offerta di denaro in soli nove anni non abbia ancora portato all'aumento previsto del livello generale dei prezzi. L'inflazione monetaria ha finora gonfiato i prezzi degli asset. Ma tutti i residenti che vivono nei centri finanziari attestano che i prezzi stanno aumentando più rapidamente di quanto ammettano le statistiche statali. Lungi dall'essere un mistero, il motivo per cui i prezzi non hanno ancora mostrato la rapida espansione dell'offerta di denaro è che tali aumenti sono in realtà in corso e hanno molto da mostrare.

Sin dalla crisi finanziaria, l'espansione monetaria è diventata il fattore dominante per aumentare il livello generale delle preferenze monetarie. I depositi bancari si sono gonfiati dal momento che il credito bancario è stato ampliato, perché c'è bisogno di tempo affinché gli individui possano aggiustare i loro saldi di cassa alle proprie esigenze economiche. Ricordate, lo scopo del denaro è quello di agire come un ponte tra la nostra produzione e il consumo, non come un asset da accumulare.

L'aggiustamento delle preferenze monetarie alla normalità è soggetto ad una combinazione di fattori, tra cui l'inflazione dei prezzi degli asset, prima che incida sui prezzi dei beni. La soppressione dei tassi d'interesse continua a generare nuovi depositi, incoraggiando anche l'espansione del credito bancario come mostra il grafico qui sopra. Inoltre la proprietà di tutto quel denaro tende all'inizio a rimanere nelle mani di pochi, per poi disperdersi nel tempo in quelle di molti.

Tuttavia il passaggio verso una preferenza per i beni, man mano che le persone cercano di ridurre i loro saldi di cassa, non è mai stato accompagnato da un aumento della loro disponibilità, sfociando in importazioni, deficit commerciali, debolezza delle valute e aumenti dei prezzi. Ciò è dovuto a quella regola inflessibile secondo cui produciamo per consumare, quindi non possiamo consumare ciò che non produciamo, a meno che non lo importiamo. Questo è il motivo per cui i disavanzi commerciali sono una conseguenza dell'espansione del credito bancario nelle mani dei consumatori. Infatti senza disponibilità di beni provenienti dall'estero, i prezzi del mercato interno aumenterebbero più rapidamente, in quanto l'equilibrio delle preferenze monetarie si aggiusterebbe alla normalità.

Ci sono pertanto due modi attraverso i quali i prezzi possono adeguarsi alla variazione delle preferenze monetarie: gli scambi esteri, la cui conseguenza è incarnata da deficit commerciali crescenti per soddisfare la domanda che la sola produzione nazionale non può soddisfare, e un restringimento dell'offerta. Quando vengono importati i beni, l'aumento dei prezzi è spesso ritardato ed i colli di bottiglia nell'offerta interna sono temporaneamente alleviati. Altrimenti le conseguenze sarebbero le solite: i prezzi aumentano per adattarsi da una preferenza per il denaro ad una preferenza per le merci.

Ora dobbiamo affrontare il problema su base globale, perché l'offerta di beni di uno stato-nazione che espande l'offerta di denaro si basa in larga misura sulle importazioni. Ciò non può avvenire quando le banche centrali seguono le stesse politiche espansionistiche in modo coordinato, ignorando le differenze nei tassi di risparmio.[3]

Immaginate un mondo in cui le preferenze dei consumatori per il denaro vengano pompate da tutte le banche centrali e dalle banche commerciali espandendo il credito, solo per poi ritornare alla normalità. La scarsità di beni non può essere soddisfatta da un altro pianeta, quindi i prezzi in tutto il mondo devono aumentare rapidamente per assorbire l'adeguamento nelle relative preferenze. Non abbiamo bisogno di immaginarlo, perché sono proprio le condizioni in cui ci troviamo ora, grazie al coordinamento delle politiche monetarie su base globale.

Il ritmo di aumento del livello generale dei prezzi è generalmente impostato dal ritmo a cui la preferenza per il denaro si deteriora a favore di una preferenza per le merci. Il risultato è un'inversione del rapporto tra stock monetario e valore totale di tutti i beni, il quale ritorna a dov'era prima che l'offerta di denaro si espandesse, ma ogni unità monetaria acquista notevolmente meno cose rispetto a prima. Se consideravamo conveniente prima dell'espansione monetaria detenere un saldo di $5,000 nei conti bancari per le nostre necessità, ora avremo bisogno di $15,000 che compreranno le stesse quantità di merci a circa tre volte il prezzo rispetto a prima. Naturalmente se la persona comune vede che il potere d'acquisto del denaro si deteriora in misura significativa, tenterà di ridurre ulteriormente i propri saldi di cassa, facendo crollare in definitiva il potere d'acquisto del denaro. Questa è iperinflazione, e un crack-up boom man mano che le persone cercano di liberarsi della valuta in favore di quanti più beni possibile.

Questo fenomeno potrebbe anche essere espresso con altre parole: la validità del valore oggettivo di scambio delle valute viene completamente spazzata via. Le prove poi diventano chiare. Oggi sulla stampa finanziaria c'è un silenzio assordante su questo tema, la quale si concentra sulla rapida espansione del debito, ignorando l'aumento simultaneo dell'offerta di denaro. Se ci si focalizza sul debito e si esclude la sua controparte, i depositi, è naturale non riuscire ad apprezzare i problemi insiti nel valore oggettivo di scambio del denaro.



Inflazione e deflazione

Le espressioni inflazione e deflazione sono troppo grezze per una corretta comprensione del denaro e dei prezzi, in particolare nel contesto in cui vengono comunemente utilizzate. L'inflazione dei prezzi è associata al miglioramento delle condizioni economiche e la deflazione a prezzi in calo, considerati come prova di un deterioramento delle condizioni economiche. Entrambe le spiegazioni sono sbagliate, cosa che dovrebbe apparire evidente una volta compresi gli effetti delle preferenze per il possesso del denaro rispetto alle merci sulla variazione dei prezzi. Le modifiche delle preferenze relative sono indipendenti dalla performance economica, a meno che non sia disturbata dall'espansione e dalla contrazione di denaro scoperto come sopra descritto.

Le ipotesi delle banche centrali sono diverse invece, come abbiamo visto. Gli sviluppi monetari negli Stati Uniti sono ampiamente riflessi negli aumenti delle preferenze monetarie in altre valute, gonfiate dall'espansione del credito. Le banche centrali stanno seguendo politiche monetarie comuni in base a fraintendimenti comuni, perché la verità è che i banchieri centrali di oggi, come Lord Keynes in passato, hanno una comprensione limitata del rapporto di prezzo tra denaro e beni. Di conseguenza un mandato comune è quello di mantenere l'inflazione dei prezzi ad un tasso modesto, tipicamente il 2%. I banchieri centrali credono, senza fondamento, che i prezzi in aumento stimolino il business, quando tutto quello che stimolano sono solo le statistiche.

Nella psiche dei banchieri c'è il valore oggettivo di scambio del denaro, in modo che, nonostante tutte le prove contrarie, i banchieri centrali possano espandere l'offerta di denaro senza limitazioni, finché i prezzi ufficiali non si allineano verso l'obiettivo d'inflazione. Non riescono a comprendere le conseguenze delle loro azioni. Come un serbatoio pieno e traboccante, la comunità non finanziaria ha già un livello di liquidità molto più elevato del normale e le conseguenze di una eventuale normalizzazione si rifletteranno in una perdita del controllo della situazione.

Per gli stessi motivi l'establishment ha un timore irrazionale per un calo dei prezzi, le condizioni tipiche quando c'è denaro sonante.

I deflazionisti vedono un sistema bancario fragile, incapace di assorbire le perdite da una crisi economica di cui sono continuamente preoccupati. Sostengono che una crisi finanziaria vada ad eliminare le garanzie bancarie, in quanto i prezzi degli asset diminuiscono, portando ad una corsa per la liquidità per coprire gli obblighi di debito. Dicono che questo porterà ad un calo dei prezzi, facendoci rivivere la depressione degli anni '30.

Ora i banchieri centrali sembrano preoccupati per questo esito. La FED vuole preparare il proprio bilancio per la prossima crisi, la Banca per i Regolamenti Internazionali ci avverte che potremmo essere sull'orlo di una nuova catastrofe finanziaria e la Banca d'Inghilterra ordina alle banche di aumentare le riserve di capitale per proteggersi dal rischio di credito crescente.

Naturalmente queste preoccupazioni vengono espresse come un'alternativa al rialzo dei tassi d'interesse per rallentare la crescita del credito. La Banca d'Inghilterra, per esempio, cerca di mantenere i tassi d'interesse a questi livelli, o almeno leggermente più su, mentre dice alle banche a chi prestare e a chi no. Come al solito, la Banca d'Inghilterra non comprende il punto: l'inflazione dei prezzi sarà determinata delle attuali preferenze monetarie elevate e non dalle politiche bancarie.

La politica monetaria è un inganno. Le banche centrali stanno posizionandosi per affrontare la prossima crisi prima che le conseguenze monetarie dell'ultima siano risolte.

Il risultato è inevitabilmente ciclico. I prezzi inizieranno ad aumentare ad un ritmo maggiore e i tassi d'interesse devono aumentare per mantenere il passo. Tassi nominali a breve e medio termine non abbordabili sono una certezza. Possiamo supporre che seguirà una nuova crisi finanziaria ed economica, nel qual caso le imprese sovraindebitate andranno in default, i valori degli asset caleranno e le banche si sposteranno dall'essere insolventi al fallimento, proprio come temono i deflazionisti. La risposta da parte delle banche centrali sarà quella d'inondare il sistema finanziario con ancora più soldi, in modo da mantenere vive le banche e le imprese insolventi. Dovrà essere introdotto nuovamente il quantitative easing per sostenere i prezzi degli asset e per finanziare le spese pubbliche, solo che questa volta sarà più grande di quelli precedenti.

Le banche centrali potrebbero riuscire a posticipare una crisi per un anno o due, ma il costo sarà una nuova ondata di soldi in un settore privato che già ne detiene troppi rispetto ai beni. La capacità di assorbire questo denaro in più rispetto ai livelli di liquidità esistenti è fortemente limitata e potrebbe causare un notevole aumento dei prezzi di beni e servizi, una volta che scomparirà l'incertezza iniziale.

Al contrario, il denaro sonante, l'oro fisico, non è di proprietà degli stati in quantità sufficienti da fornire la liquidità necessaria per gli scambi quotidiani. Ciò sembra offrire un'opportunità di arbitraggio tra denaro coperto e scoperto; un'opportunità mai vista prima su scala globale, almeno non fin dai tempi dei romani.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


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Note

[1] Si veda il capitolo 21, La teoria dei prezzi. Keynes non riuscì a comprendere la vera soggettività dei prezzi, confondendosi tra la distribuzione delle risorse produttive e una teoria della produzione e dell'occupazione nel suo complesso. Si tratta di un fuori pista che ha lasciato bloccati i suoi devoti seguaci fino ad oggi.

[2] I depositi di risparmio sono inclusi nella FMQ come depositi a vista sulla base che le banche li rimborseranno sempre su richiesta, per cui non possono essere considerati nient'altro che denaro.

[3] I tassi di risparmio sono importanti, poiché spostano la spesa dal consumo immediato. Così, la Cina, che ha un tasso di risparmio che si avvicina al 40%, può espandere il credito bancario e mantenere un surplus commerciale.

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giovedì 25 gennaio 2018

Bitcoin potrebbe fallire, ma almeno adesso sappiamo come fare






di Nassim Nicholas Taleb


Seguiamo la logica delle cose sin dall'inizio. O, piuttosto, dalla fine: i tempi moderni. Mentre sto scrivendo queste righe, stiamo assistendo ad una sommossa contro una certa classe di esperti in settori che per noi sono troppo difficili da comprendere, come la realtà macroeconomica, e in cui non solo l'esperto non è un esperto, ma nemmeno lo sa. Che i precedenti capi della Federal Reserve, Greenspan e Bernanke, avessero poca conoscenza della realtà empirica è qualcosa che abbiamo scoperto solo un po' tardi: una macroBS potrebbe durare più a lungo di una microBS, motivo per cui dobbiamo stare attenti su chi dotare di macro decisioni centralizzate.

La cosa peggiore è che tutte le banche centrali hanno operato sotto lo stesso modello, rendendola una monocultura perfetta.

Nei domini complessi le competenze non si concentrano: in una realtà organica, le cose funzionano in modo distribuito, come Hayek dimostrò in modo convincente usando la nozione di conoscenza distribuita. Bene, sembra che non abbiamo nemmeno bisogno di quella cosa chiamata conoscenza, perché le cose funzionino bene. Né abbiamo bisogno della razionalità individuale. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è la struttura.

Ciò non significa che tutti i partecipanti abbiano una condivisione democratica delle decisioni. Un partecipante motivato può spostare sproporzionatamente l'ago (ciò che ho studiato come l'asimmetria del dominio della minoranza), ma ogni partecipante ha la possibilità di essere quel giocatore.

In qualche modo, sotto la trasformazione di scala, emerge un effetto miracoloso: i mercati razionali non richiedono che ogni singolo trader sia razionale. Infatti lavorano bene in un'intelligenza zero – una folla con intelligenza pari a zero, sotto il giusto design, funziona meglio di una gestione in stile sovietico composta da esseri umani estremamente intelligenti.

Ecco perché bitcoin è un'idea eccellente. Soddisfa i bisogni di un sistema complesso, non perché sia ​​una criptovaluta, ma proprio perché non ha un proprietario, nessuna autorità che possa decidere del suo destino. È di proprietà della folla, dei suoi utenti. E ora ha una storia di diversi anni, abbastanza per essere un animale a sé stante.

Affinché altre criptovalute possano competere, hanno bisogno di avere una tale proprietà hayekiana.

Bitcoin è una valuta senza uno stato. Ma, ci si potrebbe chiedere, non avevamo già oro, argento e altri metalli senza uno stato? Non proprio. Quando trattate oro, scambiate "in loco" ad Hong Kong e finite per ricevere un credito su un titolo lì, che potrebbe essere necessario spostare in New Jersey ad esempio. Le banche controllano il gioco della custodia e lo stato controlla le banche (o, piuttosto, i banchieri ed i funzionari statali sono, per essere educati, strettamente uniti). Quindi bitcoin ha un enorme vantaggio sull'oro nelle transazioni: la liquidazione non richiede un custode specifico. Nessuno stato può controllare quale codice avete nella vostra testa.

Infine, bitcoin speriemtnerà alti e bassi. Potrebbe fallire; ma poi sarà facilmente reinventato, poiché ora sappiamo come funziona. Nel suo stato attuale, potrebbe non essere conveniente per le transazioni, non abbastanza buono per comprare il vostro espresso decaffeinato al bar. Potrebbe essere troppo volatile per essere una valuta, per ora. Ma è la prima valuta organica.

Ma la sua sola esistenza è una polizza assicurativa che ricorderà agli stati che l'ultima cosa che possono controllare, cioè la valuta, non è più il loro monopolio. Questo dà a noi, la folla, una polizza assicurativa contro un futuro orwelliano.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


mercoledì 24 gennaio 2018

Perché il socialismo ormai è morto





di Gary North


Il socialismo era una filosofia specifica della proprietà statale dei mezzi di produzione.

Il welfare state non è mai stato una variante del socialismo. Marx, il socialista più famoso, disprezzava la democrazia. Disprezzava tutti i tentativi di miglioramento economico attraverso la legislazione. Voleva una rivoluzione proletaria. Predicava -- il verbo corretto -- una religione rivoluzionaria. Questa era la tesi del mio primo libro, Marx's Religion of Revolution (1968). Potete scaricarlo qui.

Rimase in silenzio su come lo stato avrebbe stanziato risorse in base al suo sistema. Non pubblicò nulla sulle operazioni effettive della società post-rivoluzionaria, del socialismo e del suo successore finale, il comunismo. Verso la fine della sua carriera, nella sua ultima pubblicazione, poco più di un opuscolo, scrisse questo: "Tra la società capitalista e quella comunista si colloca il periodo della trasformazione rivoluzionaria dell'una nell'altra, che corrisponde anche ad una transizione politica in cui lo stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato". (Critique of the Gotha Program, Pt. IV, 1875) Questo era un obiettivo puramente politico. Durante la sua carriera rimase in silenzio su come lo stato avrebbe dovuto, o voluto, oppure potuto, gestire l'economia.

Offrì alcuni slogan famosi. Offrì una retorica sull'inevitabile trionfo della classe proletaria. Ma non offrì linee guida ai leader dei proletari vittoriosi.

I socialisti nel diciannovesimo secolo erano altrettanto silenziosi su come lo stato potesse allocare la produzione in modo da creare la buona società. Nel ventesimo secolo non esisteva un trattato teorico dettagliato sull'economia del socialismo, con dettagli sulle effettive operazioni delle agenzie di pianificazione centrale in un mondo in cui lo stato avrebbe posseduto i mezzi di produzione. Non c'era alcun equivalente di Human Action di Ludwig von Mises, o Man, Economy, and State di Murray Rothbard, o Capitalism di George Reisman.

In retrospettiva, sembra incredibile: stiamo parlando di un movimento che catturò l'Unione Sovietica e la Cina, eppure non esisteva un solo libro, figuriamoci uno scaffale di libri, disponibile per Lenin nel 1917 e Mao nel 1949 che potesse servire da guida per il tipo di organizzazione economica che dovevano imporre. Non esisteva un trattato che potesse servire da modello per il socialismo del Nuovo Ordine Mondiale, il socialismo non rivoluzionario, o il comunismo marxista. Eppure Marx disse che il suo era un socialismo scientifico -- non socialismo utopistico, come le opere dei suoi critici.

L'utopia significava "da nessuna parte". Erano tutti socialisti utopisti, incluso Marx.

Il socialismo è sempre stato un movimento basato principalmente sulla retorica. Non c'è mai stata una logica. C'erano infinite promesse su come la politica o la rivoluzione di classe potessero condurre ad un paradiso socialista, ma non c'era nulla di scritto su come avrebbe funzionato questo paradiso.

Marx offrì i suoi famosi dieci punti nel Manifesto del Partito Comunista (1848), ma erano meri slogan. Il fatto che abbia incluso una banca centrale (n. 5) è indicativo di quanto fosse confuso riguardo al passaggio dal capitalismo al socialismo al comunismo. Non approfondì mai ulteriormente. Aveva un sacco di tempo per offrire dettagli. Morì nel 1883.

Ecco ciò che i difensori del socialismo rifiutano di affrontare: non esiste una teoria della pianificazione economica socialista. Una teoria economica socialista è sempre mancata. Non esiste inoltre un trattato pratico che sia servito da guida per i pianificatori economici socialisti dopo le loro rivoluzioni nazionali. La pianificazione economica socialista è stata caotica. Nessuna teoria della pianificazione socialista è mai emersa da questo caos.

Quando guardiamo alla storia del socialismo, che significa proprietà statale dei mezzi di produzione, ci sono pochi esempi: l'URSS e la Cina comunista si sono avvicinate, ma i mercati neri hanno sempre continuato ad operare in entrambe le società. A fianco di questi grandi stati, c'erano anche piccoli stati comunisti: Albania, Cuba e Corea del Nord. Nessuno di loro ha prodotto una teoria della pianificazione socialista.

Il governo laburista della Gran Bretagna dal 1945 al 1951 nazionalizzò l'estrazione del carbone e gran parte dell'assistenza medica, ma non estese il controllo sui mercati dei capitali alla City, la giurisdizione legale separata dei banchieri nel centro di Londra. La Banca d'Inghilterra mantenne la maggior parte della sua sovranità. I laburisti la nazionalizzarono nel 1946, ma poi non riuscirono ad esercitarvi il controllo. Rimase keynesiana.

In breve, non ci sono modelli funzionanti di socialismo. Questo perché non ci sono modelli teorici di socialismo. È sempre stato basato sulla retorica, non sulla logica. Non è mai stato basato su alcun sistema di causalità economica. Non ha alcuna teoria delle sanzioni economiche paragonabile alle sanzioni nel libero mercato (es. profitti/perdite).

Ciò fu sottolineato nel 1920 da Mises nel suo saggio, "Economic Calculation in the Socialist Commonwealth". Sosteneva che il socialismo fosse intrinsecamente irrazionale. Non ha un sistema di proprietà privata, pertanto non ha mercati dei capitali. Ma senza i mercati dei capitali, non ci possono essere prezzi per il capitale. Senza prezzi per il capitale, i pianificatori centrali non sanno come allocare il capitale per servire i bisogni della gente. Quindi, sosteneva, il socialismo non può sopravvivere.

Questa argomentazione non fu mai confutata da nessun socialista. L'immigrato polacco e professore universitario all'Università di Chicago, Oskar Lange, scrisse diversi articoli alla fine degli anni '30 sugli argomenti di Mises, ma erano strettamente teorici. Quando tornò nella Polonia comunista nel 1945, e in seguito fu posto in posizioni di autorità nel governo, nulla di ciò che aveva scritto nei suoi famosi saggi fu effettivamente attuato dal governo polacco. Il suo ipotetico piano di pianificazione socialista rimase solo pura teoria. Si basava sull'idea che i pianificatori centrali potessero generare i prezzi attraverso il trial & error per allocare il capitale. Ma non ci sono prezzi generati dai consumatori in un commonwealth socialista. Più precisamente, non vi sono sanzioni economiche ad essi collegate. Se non esiste un sistema di profitti/perdite, non vi sono sanzioni economiche significative per i pianificatori. Ma ci sono sicuramente sanzioni politiche, come hanno scoperto i pianificatori sotto Stalin e Mao. Non è che i dittatori liquidassero il capitale, liquidavano letteralmente gli oppositori politici ed i burocrati che perdevano il loro favore.

Ci sono stati pochissimi economisti marxisti che hanno insegnato nelle università americane. Hanno avuto un'influenza pari a zero sulla professione. Non ci sono stati molti altri economisti socialisti nei campus. C'è stata una raffica di pubblicità verso la fine degli anni '60 riguardo un piccolo gruppo di queste persone che si definiva Union of Radical Political Economists. Ho studiato con una delle sue figure più importanti alla scuola di specializzazione, Howard Sherman. Teneva conferenze, scriveva bene in inglese, non usava le equazioni. Non sponsorizzò mai il socialismo nella classe a cui ho partecipato. Se abbia mai convertito qualcuno al socialismo, deve averlo fatto in privato.

I professori socialisti sono confinati principalmente ai dipartimenti di sociologia e ai dipartimenti di letteratura. Queste persone non hanno mai seguito un corso di economia. Non comprendono la logica della causalità economica. Come i loro predecessori nel diciannovesimo secolo, limitano i loro commenti alla retorica.

Vediamo folle di studenti universitari che affermano di essere a favore del socialismo. Ma nessuna di queste persone ha mai letto un libro sulla teoria economica socialista. Questo è comprensibile dal momento che non ce n'è uno.

Sono motivati dalla retorica. La retorica è tutto ciò a cui sono stati esposti. Si recano a grandi riunioni di massa per protestare contro questo o quell'aspetto del capitalismo, ma non hanno programmi. Non hanno un'agenda personale e non hanno un'agenda sociale. In questo senso, sono proprio come Karl Marx.

La differenza è questa: non troveranno sponsor ricchi come Frederick Engels, il quale gestiva la fabbrica tessile della sua famiglia a Manchester e usava un po' del suo denaro per mantenere Marx.

Queste persone fanno rumore, ma in termini di perseguire un'agenda sistematica per trasformare gli Stati Uniti in un commonwealth socialista, sono davvero innocue.

Quando Deng Xiaoping inaugurò la riforma agraria nel 1979, che si basava fortemente sulla proprietà privata, lanciò il periodo di crescita economica più impressionante che un grande Paese avesse mai sperimentato. Ma questo pose fine alla pianificazione economica socialista. Quando il 25 dicembre 1991 Mikhail Gorbachev annunciò che l'Unione Sovietica stava fallendo, pose fine al fascino per il socialismo tra gli intellettuali. Si erano sempre aggrappati al socialismo perché si aspettavano che la loro classe avrebbe esercitato il potere in un regime socialista. Quando divenne chiaro che l'Unione Sovietica era troppo debole per imporre la sua volontà alle masse russe, quella fu la fine della loro infatuazione per il comunismo e il socialismo. Le loro ragioni si sono sempre basate sul potere, mai sulla logica del socialismo.

Quindi, in questo mese, nel centenario della rivoluzione bolscevica di Lenin in Russia, possiamo rallegrarci del fatto che il socialismo è morto. Da un punto di vista teorico, non è mai stato vivo. È stato un cadavere sin dal primo giorno. Era sostenuto dalla retorica, non dalla logica.

Se volete visualizzare il futuro del socialismo, pensate al cadavere di Lenin in Piazza Lenin. È vestito di buon punto, ma non può andare da nessuna parte.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


martedì 23 gennaio 2018

Mentre le posizioni short su bitcoin aumentano, è imminente uno short squeeze?





da Zerohedge


Due settimane fa, quando bitcoin era trattato nel range dei $15,000, abbiamo pubblicato quello che col senno del poi s'è rivelato un avvertimento per gli investitori in bitcoin, sottolineando che i trader nei suoi futures stavano accumulando silenziosamente posizioni nettamente short. Come abbiamo scritto il 7 gennaio, i dati del CFTC per i fondi a leva - che consistono in gran parte da hedge fund e vari money manager - mostravano posizioni short per circa $14 milioni, o circa un quarto per l'open interest totale. "In altre parole", come abbiamo riassunto, "gli investitori-speculatori hanno usato i contratti futures per posizionarsi short nei confronti di bitcoin".

Pochi giorni dopo, a seguito di quella che col senno del poi sembra essere stata una notizia mal interpretata, ovvero, la Corea del Sud che stava preparando una proposta di legge per vietare gli exchange di bitcoin (qualcosa che è stato negato sin da allora), oltre ai nervi tesi per la chiusura della piattaforma di scambio fraudolenta BitConnect, quelle posizioni short sono state generosamente ricompensate poiché fruttanti circa un guadagno del 40% quando bitcoin è sceso a $9,000 la scorsa settimana, per poi rimbalzare modestamente sin da allora.

Il declino dei prezzi in tutto lo spazio delle criptovalute è stato generale, con la capitalizzazione totale di mercato delle criptovalute scesa del 35% da un picco di circa $800 miliardi il 6 gennaio a circa $520 miliardi il 16 gennaio. Le criptovalute hanno recuperato il 18 gennaio sebbene la ripresa in bitcoin è stata più modesta, conducendo ad un declino del 30% di quest'ultimo nella capitalizzazione totale del mercato.




E mentre alcuni avevano già considerato spacciati i futures su bitcoin un mese dopo il loro lancio a causa della mancanza di volumi e di partecipazione da parte dei trader, i recenti movimenti frenetici nei prezzi delle criptovalute hanno visto un rimbalzo dei volumi di trading tra le tre criptovalute più importanti, come mostra il seguente grafico di JP Morgan.




I volumi di trading sui futures di bitcoin sia al CME sia al CBOE sono aumentati significativamente, a $180 milioni e $165 milioni rispettivamente, toccando quasi i massimi di $190 milioni del 23 dicembre, rispetto ai volumi giornalieri medi di circa $80 milioni e $70 milioni rispettivamente tra questi due picchi.




Mentre i volumi sono saliti, la partecipazione totale nei mercati dei futures è rimasta debole, con l'open interest al CME a circa $80-90 milioni, ampiamente coerente con la media sin dall'inizio dell'anno. Invece i contratti CBOE hanno visto un declino significativo a $20 milioni nell'open interest rispetto alla sua media di circa $60 milioni, sebbene ciò sia molto probabilmente legato alla maturazione dei contratti CBOE il 17 gennaio piuttosto che alla vendita diffusa delle criptovalute il giorno precedente.




Il fatto che meno della metà dell'open interest dei contratti di gennaio sia stata investita di nuovo in contratti successivi, ci suggerisce che i contratti futures del CBOE sono stati usati, almeno finora, per impostare posizioni speculative short.

Infine diamo un'occhiata al posizionamento netto, il quale rivela che il trend emerso due settimane fa è diventato sempre più marcato col passare del tempo, con i dati recenti del CFTC che mostrano che le posizioni nette short possedute da speculatori non commerciali erano pari a $30 milioni il 9 gennaio, o circa il 40% dell'open interest. Questa "volontà" di coloro posizionati short si è concretizzata solo la settimana successiva, il 16 gennaio, mentre bitcoin soffriva il suo peggior crash dopo anni. La continua pressione convogliata da coloro posizionati short è mostrata nel grafico qui sotto, il quale, nonostante mostri solo i dati delle ultime cinque settimane, dimostra che le posizioni short su bitcoin sono diventate sempre più aggressive col passare delle settimane.




E mentre le posizioni short crescono nel tempo, ci si può chiedere quanto ci possa volere prima che uno short squeeze – a causa di un possibile catalizzatore rialzista a lungo atteso o per qualche altro motivo – imperversi nel mondo dei futures di bitcoin, riversandosi immediatamente nel mercato spot ed innescando potenzialmente il prossimo movimento in alto nel mondo delle criptovalute.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


lunedì 22 gennaio 2018

Lunga vita ai bond vigilantes!





di David Stockman


La maggior parte degli speculatori di borsa di oggi non ricordano i bond vigilantes e nemmeno ne riconoscerebbero uno in carne e ossa. Inoltre erano troppo spaventosi per essere trasformati in personaggi di Seasame Street.

Ma ieri sera alcuni strani cavalieri sono stati avvistati al galoppo verso la Cina e il Giappone. Mentre il loro volto potrebbe non dire niente ai non addetti ai lavori, i tipi di Wall Street stanno per scoprire che qualcosa piomberà nel loro parco giochi.

E proprio nel momento peggiore. Dopotutto il calo di 150 punti nel Dow ogni giorno sin dall'inizio dell'anno, è stato alimentato da un puro impulso speculativo. Come è stato già notato, l'indice S&P 500 ha fatto registrare uno dei tratti più lunghi nella storia finanziaria senza un ribasso nemmeno del 5%.




Allo stesso modo, la metrica RSI settimanale per l'indice S&P 500 indica "overbought" e per un periodo più lungo di quello visto nel 1959. Vale a dire, nei giorni in cui il grande team del presidente Dwight Eisenhower e il presidente della FED, William McChesney Martin, fecero in modo che il bilancio federale venisse equilibrato e che Wall Street non si ubriacasse con lo stimolo monetario della FED.

Inutile dire che all'epoca non c'erano nemmeno i bond vigilantes, perché non erano necessari. I prezzi del decennale USA venivano impostati dagli investitori e dai risparmiatori. E dopo l'Accordo tra il Tesoro USA e la FED nel 1951, tutti sarebbero inorriditi di fronte ad un qualsiasi tentativo da parte dell'Eccles Building di manomettere i prezzi delle obbligazioni USA o la curva dei rendimenti.

Questo è un altro modo per dire che il mercato obbligazionario era sano, stabile ed efficiente, perché era guidato da investitori con denaro reale che impiegavano risparmi privati ​​da reddito e produzione, non crediti fiat emessi dalla FED attraverso il QE.




Cosa è successo poi? I risparmiatori sono stati distrutti da Arthur Burns e William Miller durante gli anni '70. Questo perché questi i due presidenti della FED, uno codardo e l'altro incapace, si prostrarono davanti al bullismo politico della Casa Bianca e ai consigli economici keynesiani, che approssimativamente erano la stessa cosa.

Quindi comparvero i bond vigilantes, perché i risparmiatori non erano in grado di vedere l'inflazione a due cifre che stava divorando il loro capitale. Anzi, erano così determinati nel pretendere che il valore attuale delle loro cedole e quello del loro capitale rimanessero integri, che continuarono a vendere i decennali fino a quando il rendimento non fu alto abbastanza da compensarli.

Il possente Paul Volcker capì perfettamente che il suo compito non era quello di spaccare il mercato obbligazionario o schiacciare i bond vigilantes, ma di spezzare l'inflazione delle merci e del lavoro che era stata scatenata da Burns/Miller. Così non esitò, neanche quando il decennale USA raggiunse il rendimento del 15.8% nel settembre 1981.

Alla fine l'IPC precipitò in risposta alla medicina Volcker, e molto più rapidamente del previsto: da un tasso annuale di quasi l'11% nell'estate del 1981 ad un intervallo compreso tra il 2-4% alla fine del 1983. Quindi i bond vigilantes si ritirarono, come mostrato nel grafico qui sotto.




Ma non per molto: quello che Volcker stava realizzando sul fronte dell'inflazione, fu spazzato via dal taglio delle tasse di Reagan nel 1981 che devastò letteralmente la base delle entrate federali.

Ancora oggi gli agiografi di Reagan ed i revisionisti repubblicani non hanno idea di cosa fosse realmente successo, invece voi potete vederlo nel grafico qui sotto. I bond vigilantes si sentirono obbligati a rimettersi in marcia, questo perché la barra del 6.2% mostrata di seguito significava una perdita di entrate da $1,200 miliardi l'anno




In ogni caso, un gruppo di membri della Casa Bianca guidato dall'ormai leggendario Jim Baker ed io, persuase il Gipper ad approvare un aumento delle tasse per tre anni consecutivi (1982, 1983 e 1984).
E in due di questi emersero due delle recessioni più brutte sin dalla seconda guerra mondiale. Eravamo guidati dall buonsenso e dall'assoluta certezza che, in assenza di una grande iniziativa di recupero delle entrate, i bond vigilantes avrebbero preso d'assalto Wall Street.

Recuperammo circa il 40% del taglio delle tasse del 1981, ammontante a circa il 2.5% del PIL ed equivalenti ad un aumento delle tasse da $500 miliardi all'anno!

Inutile dire che la nostra ricompensa per aver allontanato i bond vigilantes fu quella di essere tacciati di "affamatori delle folle". In ogni caso, nonostante il recupero di migliaia di miliardi in entrate, il deficit esplose a $200 miliardi l'anno ed i bond vigilantes non mostrarono alcuna pietà a Reagan.
Tuttavia, come illustrato di seguito, Ronald Reagan aggiunse $1,800 miliardi al debito nazionale durante i suoi otto anni; il doppio di quello che i suoi predecessori avevano generato durante i precedenti 200 anni della repubblica.




Ma i bond vigilantes non erano completamente soddisfatti. I tassi d'interesse iniziarono a salire, passando dal 7.0% a oltre il 10.1% in vista del crollo del mercato azionario dell'ottobre 1987. I grandi deficit federali stavano iniziando a "spiazzare" gli investimenti privati. In quelle circostanze, i bond vigilantes stavano semplicemente svolgendo il loro incarico di determinazione onesta dei prezzi.




Infatti dopo che il mercato azionario calò del 30% in poche settimane, la scritta era sul muro. I bond vigilantes avevano sconfessato i presunti pasti gratis dell'era Reagan, e quindi stavano guidando l'economia degli Stati Uniti in una recessione nel 1988. Ronald Reagan sarebbe presto uscito di scena: un fallimento economico e fiscale.

Sfortunatamente venne ingannato una seconda volta. Quando si arrivò ad una scelta tra una recessione che avrebbe distrutto politicamente i repubblicani o il denaro sonante, la Casa Bianca scelse... beh, Alan Greenspan!

Vale a dire, Paul Volcker avrebbe permesso ai bond vigilantes di farsi strada nel mercato obbligazionario, quindi venne sostituito da Alan Greenspan, che il Gipper considerava erroneamente un sostenitore del denaro sonante. Il futuro Maestro ne era sostenitore mentre otteneva il suo dottorato alla Columbia negli anni '50, ma quando i nodi vennero al pettine nell'ottobre 1987, arroventò la stampante monetaria della FED.

Il conseguente flusso di liquidità rimandò i bond vigilantes nei loro spogliatoi. Ciò consentì al mercato azionario di riprendersi rapidamente, e alla nozione di "Greenspan Put" di mettere solide radici nei canyon di Wall Street.

Però dopo che la FED ridusse il tasso dei fondi federali da quasi il 10% nel 1989 al 3.0% per combattere la recessione del 1990-1991, Greenspan tentò di fare la cosa giusta: lasciare che il tasso del mercato monetario raggiungesse il proprio livello man mano che l'economia statunitense si riprendeva. Ahimè, i rialzi dei tassi che iniziarono nel febbraio 1994 furono di breve durata, e poco dopo la FED di Greenspan trovò riparo in quella che divenne la Finanza delle Bolle. Il tasso dei fondi federali venne ancorato ad un massimo del 6.0%, e tranne che per alcuni mesi durante gli ultimi 24 anni, non ha mai superato tale livello; e, in effetti, ha passato la maggior parte del tempo a rimbalzare lungo lo zero.

Durante il corso della campagna di normalizzazione abortita nel 1994, i bond vigilantes erano tornati alla carica. Per intenderci, un'economia in rapida espansione e un deficit fiscale ancora elevato richiedevano un livello molto più alto dei rendimenti per ripulire il mercato. Quindi, in meno di 10 mesi, il rendimento delle obbligazioni balzò dal 5% all'8%, suscitando in tal modo nuove preoccupazioni nell'Eccles Building.

Inutile dire che quella volta il Maestro non attese il mercato azionario per "ricalcolare" i fondamentali di bilancio e macroeconomici sottostanti. Gettò semplicemente la spugna nei confronti della disciplina finanziaria e trasformò la "Greenspan Put" in un fatto tangibile.




Da allora in poi i bond vigilantes non sono scomparsi, sono finiti invece in un lungo letargo.

Ma durante i 24 anni da quando Greenspan ha affrontato la loro ira nel 1994, è accaduto qualcosa di epocale. Cioè, dopo che la FED ha adottato la stampa monetaria e la monetizzazione del debito pubblico come uno stile di vita, praticamente tutte le banche centrali del mondo hanno seguito l'esempio.

Una dopo l'altra si sono unite alla campagna di acquisto di obbligazioni USA di Greenspan, perché in un certo senso non avevano altra scelta. Secondo gli standard dell'epoca, l'avventura monetaria di Greenspan era una specie di campagna bellica. Il Maestro espanse il bilancio della FED di quasi il 300% durante il suo mandato, mentre secondo Milton Friedman avrebbe dovuto espandersi solo del 60%; e basandosi sulla mobilitazione di lavoratori a basso costo nelle risaie dell'Asia orientale, non avrebbe dovuto espandersi affatto.

Presto la grande carovana delle banche centrali del mondo si allineò dietro la FED di Greenspan. Ad esempio, dopo aver proclamato come fosse "glorioso essere ricchi" e che la Cina avrebbe potuto raggiungere tale ricchezza attraverso l'esportazione dei prodotti fatti da lavoratori sottopagati, Deng non avrebbe lasciato che le azioni di Greenspan potessero spingere il RMB più in alto. Così la sua banca centrale comprò obbligazioni USA e vendette valuta nazionale, sequestrando nei bilanci della PBOC migliaia di miliardi in pattume obbligazionario statunitense.

Allo stesso modo, dopo che il Giappone si schiantò nel grande crollo azionario dei primi anni '90, la BOJ non avrebbe permesso che la traballante economia giapponese venisse colpita da un altro shock valutario. Anch'essa comprò obbligazioni USA.

Come mostrato di seguito, proprio durante i primi 14 anni di questo secolo i possedimenti di obbligazioni USA da parte della Cina sono aumentati di 5 volte e quelli del Giappone sono più che triplicati.

Inutile dire che questa non è un ambiente finanziario onesto.




Si può dire la stessa cosa dei petro-stati nel Golfo Persico e altrove (Norvegia). Nel loro caso, il precedente era già stato stabilito negli anni '70: scambiare le dotazioni geologiche delle loro terre per le emissioni del debito dello zio Sam. Da allora in poi, anche loro hanno ancorato le loro valute e accumulato obbligazioni sovrane USA, mantenendo i bond vigilantes legati al loro profondo sonno.

Nel complesso, le banche centrali del mondo hanno espanso i loro bilanci di oltre l'11X durante i due decenni successivi al 1995. Ed è il grafico qua sotto che ha tenuto i bond vigilantes in letargo.




Ma la scorsa notte i bond vigilantes hanno iniziato a muoversi. I giapponesi hanno infine dichiarato che al 95% del PIL, il bilancio della BOJ è probabilmente cresciuto abbastanza.

Ed i Suzerain Rossi di Pechino hanno fatto sapere a Trump che, iniziative protezionistiche o meno, non sono affatto costretti a rimanere seduti sui loro $1,300 miliardi di carta del Tesoro statunitense (e probabilmente molto di più se si prendono in considerazione Belgio e altre giurisdizioni).

Ma quello che sta realmente accadendo, è che la FED è ad un punto di svolta col QT, anche se Trump sta tentando di rappresentare la seconda venuta di Ronald Reagan. Sembra davvero di essere ritornati al 1987 se consideriamo il requisito di indebitamento da $1,200 miliardi dello Zio Sam per l'anno fiscale 2019 e la vendita di obbligazioni USA da $600 miliardi prevista dalla FED entro il 1 ottobre di quest'anno.

Vale a dire, la lunga era della monetizzazione è finita; anche se la condizione fiscale americana si sta trasformando da un disastro di lunga data in una catastrofe economica vera e propria.

Quindi i bond vigilantes sono tornati.

Hanno un bel po' di lavoro da fare.
E non solo su queste rive. Man mano che i $22,000 miliardi del cartello globale delle banche centrali inizieranno a ridursi, l'intero mondo sviluppato si troverà ad affrontare una lunga resa dei conti.




In questo contesto abbiamo ascoltato alcune cose piuttosto esilaranti da parte dei cosiddetti permabull. Secondo loro l'aumento dei tassi d'interesse significa un'economia in forte espansione e quindi un aumento dei profitti e dei prezzi delle azioni.

No, non è così. Il mondo non ha mai avuto abbastanza risparmiatori da finanziare una crescita solida e gli insaziabili appetiti fiscali della maggior parte degli stati sovrani. O almeno non ai bassi tassi d'interesse finora visti, con un mercato azionario popolato da una generazione di scommettitori che non conosce la differenza tra risparmi in denaro reale e credito fiat.

Quindi farebbero bene a pensare al rendimento del decennale USA, per non parlare della posizione short chiamata da Bill Gross.

I bond vigilantes sono la nemesi della crescita, non il suo araldo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/