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martedì 12 dicembre 2017
I mercati sono davvero calmi come sembrano?
di Thorsten Polleit
Gli indicatori che misurano lo "stress" dei mercati finanziari hanno raggiunto i loro livelli storici più bassi. Ad esempio, la volatilità del mercato azionario non è mai stata così bassa dall'inizio degli anni '90. Gli spread del credito si sono ridotti e i prezzi dei credit default swap sono scesi ai livelli pre-crisi. Di fatto, gli investitori non sono più infestati da preoccupazioni sulla stabilità del sistema finanziario, potenziali inadempienze e sorprese sfavorevoli nei mercati finanziari. Come mai?
La politica monetaria svolge un ruolo significativo. Riducendo i tassi d'interesse e aumentando la quantità di denaro nel sistema bancario, le banche centrali di tutto il mondo hanno stimolato le rispettive economie dopo il crash del 2008/2009. Ma questa non è tutta la storia. Il fatto che gli investitori si aspettino che le banche centrali siano pronte a respingere un rallentamento dell'economia e il calo dei prezzi nei mercati azionari e immobiliari, non è affatto meno importante.
La verità è che gli investitori si aspettano che le banche centrali forniscano una "rete di sicurezza". Questa aspettativa li incoraggia a sottoscrivere di nuovo investimenti rischiosi (che altrimenti avrebbero rifiutato). Ciò detto, le banche centrali hanno innescato un colossale "azzardo morale": gli investitori si sentono praticamente sicuri che il profilo di rischio/rendimento dei loro investimenti sia diventato più favorevole.
Di conseguenza gli investitori spingono verso l'alto i prezzi degli asset. Con l'aumento dei prezzi delle azioni, il costo del capitale delle imprese diminuisce, incoraggiando investimenti ancor più rischiosi. I consumatori, vedendo l'apprezzamento del loro patrimonio immobiliare, si indebitano ancora di più. Il debito in scadenza viene rinnovato a tassi d'interesse bassi e la capacità di spesa dei mutuatari aumenta. In altre parole: la manipolazione al ribasso dei tassi d'interesse e il calo dell'avversione al rischio, si traducono in un rafforzamento ciclico dell'economia.
Ma aspettate: il rialzo dei tassi d'interesse da parte della FED e la riduzione pianificata del suo bilancio, non annulleranno quelle forze che finora hanno spinto l'attività economica verso territori positivi? No, non necessariamente. Il punto cruciale è la rete di sicurezza della FED: se gli investitori continueranno a presumere che la FED rimarrà volentieri il "prestatore di ultima istanza", anche una politica monetaria fatta di alcuni rialzi dei tassi a breve termine è difficile che inficerà la ripresa attuale.
Ecco perché: se le cose dovessero peggiorare, la FED dovrebbe invertire la sua politica monetaria restrittiva. Questo potrebbe spiegare perché i mercati finanziari sono rimasti piuttosto rilassati alla luce dell'attuale ciclo di rialzo dei tassi della FED, iniziato a dicembre 2015. E i mercati non sono diventati instabili a causa del piano della FED di ridurre il suo bilancio, ovvero, una riduzione della liquidità nel sistema bancario statunitense e della quantità di denaro.
Molte persone accolgono i guadagni in termini di produzione e occupazione, oltre a rendimenti decenti sugli investimenti nei mercati degli asset, che sono stati determinati dalla politica monetaria ultra espansionista della FED. Tuttavia, il lato negativo di tutto questo non dovrebbe essere trascurato. Le banche centrali di tutto il mondo, sotto la guida della FED, hanno infatti orchestrato l'ennesimo boom artificiale — che, prima o poi, vacillerà e si trasformerà in un bust.
Questa non è affatto una previsione pessimistica, ma si basa su principi economici saldi: una politica di tassi d'interesse artificialmente bassi, un aumento inarrestabile della quantità di denaro e prezzi di mercato manipolati politicamente, non possono portare ad una maggiore prosperità e ad un aumento dell'occupazione nel lungo periodo. Pensarlo è delirante. La verità è che alla fine una tale politica monetaria causerà un altro giro di guai.
Entra in scena il rischio
Tassi d'interesse più alti hanno il potenziale di far crollare la piramide del credito. Per molti consumatori diventerebbe difficoltoso ripagare il proprio debito, emergerebbero investimenti improduttivi e ci sarebbero perdite aziendali, e i prezzi delle azioni e delle abitazioni alla fine seguiranno la legge di gravità. I mercati del credito potrebbero schiantarsi dal momento che i mutuatari correrebbero il rischio di inadempienza per i loro debiti, con le banche che attualmente hanno una capacità limitata di assorbire le perdite sui loro libri di prestito.
Questo è lo scenario se le banche centrali tolgono le caramelle di Halloween (ovvero, tassi d'interesse bassi). Tassi d'interesse più alti sono una cosa, un'altra invece è l'appiattimento della curva dei rendimenti (ovvero, la differenza tra i rendimenti a lungo e breve termine). Un calo della curva dei rendimenti fa sì che le banche restringano la loro offerta di credito. Con l'esaurimento del credito bancario, la liquidità del mercato finanziario cala e la festa finisce: i prezzi degli asset iniziano a crollare.
Come mostra il grafico qui sotto, una curva dei rendimenti piatta o addirittura negativa ha accompagnato in passato un crollo del mercato azionario. Dall'inizio del 2014, la curva dei rendimenti è in calo, fondamentalmente perché i tassi d'interesse a breve sono aumentati, mentre i tassi d'interesse a lungo termine sono scesi. Anche se i rialzi dei tassi d'interesse da parte della FED non si sono tradotti in maggiori costi di finanziamento, un appiattimento continuo della curva dei rendimenti rimane un motivo per aspettarsi l'inaspettato.
Ma forse questa volta è diverso? Forse ci sono buone ragioni per aspettarsi che la FED rialzi i tassi d'interesse solo un po' e non troppo? Perseguendo una politica molto lenta di rialzo dei tassi d'interesse, la FED rende un po' più facile per i debitori e l'intera economia adeguarsi ad un regime di costi di finanziamento e di capitale maggiorati. Come indica il basso livello di volatilità, i mercati si aspettano che la FED riesca ad evitare il prossimo crash.
L'approccio lento e graduale della FED nel restringimento della politica monetaria potrebbe infatti ridurre il rischio che possa "rialzare troppo e troppo velocemente i tassi d'interesse", far scoppiare la bolla del credito e far crollare il castello carte (del credito). Tuttavia persiste un rischio considerevole che la FED trasformerà nuovamente il boom in bust. E siamo onesti: in considerazione della sua storia, non ci sono motivi per aspettarsi che la FED non faccia pasticci questa volta.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Se perdono il controllo perdono il potere, perché il controllo è il potere.
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