Prima di affrontare l'articolo di oggi vorrei puntualizzare un fatto: non tutte le colpe sono da addossarsi all'Africa per quanto riguarda le sue sfortune economiche. Sebbene l'articolo di oggi metta in evidenza tutto ciò, c'è da dire che anche i Paesi occidentali hanno abbandonato ormai gli stessi principi che l'Africa s'è ritrovata ad ignorare: libero scambio, principio di legalità, diritti di proprietà. Infatti, oltre alla pratica già nota di scaricare nel continente nero i prodotti agricoli finanziati con programmi pubblici, c'è un altro modo in cui l'Europa, ad esempio, alimenta il proprio lato socialista e mercantilista: il sistema dei dazi sui prodotti processati. Ovvero, più un prodotto è lavorato, più il dazio su di esso sale, spingendo il Paese esportatore a commerciare prodotti non lavorati (i semi di cacao non hanno dazi, mentre invece le barrette di cioccolato hanno un dazio del 30%). Nel caso del caffè e della cioccolata, questa direttiva è impostata per impedire all'Etiopia e al Ghana di lavorare i propri prodotti e quindi minacciare l'industria alimentare europea. Il dazio, quindi, limita fortemente l'industrializzazione dei Paesi poveri, spingendoli a rimanere territori agricoli e a non processare i propri prodotti. Non solo, c'è poi la filiera della pesca. Dopo aver imposto quote stringenti sul pescato nelle acque europee, l'UE ha stretto accordi con Paesi africani per pescare nelle loro acque in cambio di una miseria (per circa un miliardo di dollari la Mauritania ha permesso all'Europa di pescare nelle proprie acque per 25 anni). La foglia di fico degli aiuti esteri non cambia questo enorme danno economico.
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di Marian L. Tupy
L'eccellente articolo di Robert Colvile sul fraintendimento del Principe Carlo riguardo le cause della povertà africana, costituisce una buona occasione per approfondire la storia economica dell'Africa.
La povertà africana non è stata causata dal colonialismo, dal capitalismo o dal libero scambio. Come ho già fatto notare, molte ex-colonie dell'Europa si sono arricchite proprio perché hanno mantenuto molte di quelle istituzioni coloniali e hanno partecipato al commercio globale. La povertà africana ha preceduto il contatto del continente con l'Europa e persiste ancora oggi. Questo è un risultato di scelte politiche sfortunate, la maggior parte delle quali è stata effettuata dai leader africani dopo l'indipendenza.
Come l'Europa, l'Africa ha iniziato in condizioni di estrema povertà. Il professore Angus Maddison dell'Università di Groningen ha stimato che all'inizio dell'era comune, il reddito medio pro capite in Africa era di $470 all'anno (in dollari del 1990). La media globale era sostanzialmente uguale a quella dell'Africa. L'Europa occidentale e l'Africa settentrionale, che erano parte dell'impero romano, stavano leggermente meglio ($600). Al contrario, il Nord America rimaneva dietro rispetto all'Africa ($400). Nel complesso, il mondo era abbastanza uguale e molto povero.
Possiamo far risalire le origini della disuguaglianza globale, che hanno visto l'Europa occidentale e, più tardi, il Nord America, diventare delle potenze rispetto al resto del mondo, all'ascesa delle città-stato del Nord Italia nel XIV secolo e nel XV secolo. Nel 1500 un europeo medio era circa due volte più ricco di un africano medio. Ma il vero divario negli standard di vita si sarebbe aperto solo dopo la Rivoluzione Industriale, iniziata in Inghilterra alla fine del XVIII secolo e diffusasi in Europa e nel Nord America nel XIX secolo.
Nel 1870, quando gli europei controllavano non più del 10% del continente africano (per lo più il Nord e il Sud Africa), i redditi dell'Europa occidentale erano già quattro volte superiori a quelli in Africa. L'Europa, in altre parole, non aveva bisogno dell'Africa per diventare prospera. L'Europa colonizzò l'Africa perché era prospera e, di conseguenza, più potente. La cronologia degli eventi non giustifica o difende il colonialismo, ma aiuta a spiegarlo.
Le fortune dell'Africa sotto i governi coloniali sono diverse. Molti progressi sono stati compiuti in termini di salute ed istruzione. Maddison stima che nel 1870 c'erano 91 milioni di africani. Nel 1960, anno dell'indipendenza, la popolazione africana era cresciuta più di tre volte – a 285 milioni. L'OCSE stima che nello stesso periodo la quota della popolazione africana che frequentava la scuola passò da meno del 5% ad oltre il 20%. Sul lato opposto, gli europei trattavano con disprezzo gli africani e li sottoponevano a discriminazioni e talvolta a violenze.
Tali violenze si intensificarono durante la lotta africana per l'indipendenza, in quanto i poteri coloniali tentavano di battere i nazionalisti africani. Di conseguenza i leader africani sono diventati capi di Paesi dove la repressione del dissenso politico era già una normalità. Invece di abrogare le leggi sulla censura e la detenzione, i leader africani le conservarono e le ampliarono.
Proprio perché il dominio coloniale era stato così psicologicamente degradante nei confronti degli africani in generale, e dei leader nazionalisti in particolare, i governi africani dopo l'indipendenza erano determinati ad espellere molte delle istituzioni coloniali. Dal momento che il principio della legalità, il governo responsabile, i diritti di proprietà e il libero scambio erano importazioni europee, dovevano scomparire. Invece molti leader africani scelsero di emulare le politiche sociali ed economiche che rappresentavano l'esatto contrario del libero mercato occidentale e della democrazia liberale – l'Unione Sovietica.
Emulare l'URSS negli anni '60 non era del tutto irrazionale. Durante gli anni '30 il Paese subì una rapida industrializzazione, trasformando una nazione di contadini in una potenza formidabile. L'industrializzazione arrivò al costo di circa 20 milioni di vite umane, ma permise all'URSS di trionfare sulla Germania di Hitler (ad un costo di ulteriori 27 milioni di vite). All'inizio degli anni sessanta, il Paese non solo produsse enormi quantità di acciaio e armamenti, ma sembrava pronto a vincere la lotta scientifica contro l'Occidente, quando il 12 aprile 1961 Yuri Gagarin divenne il primo uomo ad andare nello spazio.
L'arretratezza dell'economia sovietica non si palesò fino agli anni '70. A quel tempo, purtroppo, il bacillo socialista aveva infettato gran parte dell'Africa, la quale adottò un governo monopartitico che distrusse la responsabilità ed il principio della legalità, indebolì i diritti di proprietà e, di conseguenza, la crescita economica. Vennero imposti controlli sui prezzi e sui salari e il libero scambio venne sostituito con l'autarchia.
L'amore dell'Africa per il socialismo è persistito fino agli anni '90, quando, infine, ha cominciato a reintegrarsi nell'economia globale. Le relazioni commerciali con il resto del mondo sono state un po' liberalizzate e le nazioni africane hanno cominciato a deregolamentare le loro economie, scalando così le classifiche nella relazione della Banca Mondiale riguardo la facilità del fare impresa.
Detto questo, ancora oggi l'Africa rimane il continente meno libero dal punto di vista economico e più protezionistico del mondo. È questo il problema, e non il libero scambio.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Veramente interessante, dato che come sempre, raramente si discute degli effetti perversi e dannosi che "l'infezione marxista" ha prodotto nel continente Africano. C'è una bellissima serie di Stefan Molyneux su YouTube, in merito al declino inarrestabile del SudAfrica, dalla presa del potere dell'ANC di Nelson Mandela sino ai giorni nostri, dove quest'ultimo viene svelato, quale tutt'altra persona da quella che ci hanno abituato a conoscere i media mainstream ed i libri storia, cioè pacifista e nonviolento; il Sudafrica oggi è un paese al collasso, vittima di una miscela esplosiva di marxismo e revanscismo razziale, che ha permesso ad una ristretta cerchia di cleptocrati di detenere un potere immenso, in un paese ricchissimo di materie prime e metalli nobili.
RispondiEliminaCome a dire che c'è di peggio rispetto al colonialismo, che già di per sé è quel che è.
RispondiEliminaE tanto per demolire un'altra icona, chissà cosa avrebbe detto Gandhi, il razzista che disprezzava "i negri" del Sudafrica, del suo involontario compagno di storia.
R.G.
non sapevo del razzismo di gandhi, link?
EliminaPuoi cominciare da qui
Eliminahttp://www.huffingtonpost.it/2015/09/30/gandhi-razzista-libro_n_8221348.html
R.G.
Ciao a tutti.
EliminaNota a margine, Gandhi usava la parola "kaffir" come sinonimo (dispregiativo) di "negro". Per ulteriori e succulente informazioni a rgiguardo c'è "Non-violenza: Storie e Miti" del prof. Neumann dell'Universita' dell'Ontario.
Ed ora è il tempo dell'africanizzazione dell'Europa. Nulla di spontaneo, però.
RispondiEliminaPer la gioia delle corporations globaliste e delle sinistre sfasciste: nuovi lavoratori e nuovi voti a buon mercato.
Esisteva un regno nel Niger (Impero Songhai) che stava procedendo (all'epoca del nostro medioevo) alla lavorazione dei metalli e poco altro ma fu invaso dal regno del Marocco e la popolazione schiavizzata e deportata. Direi che tutta l'area subsahariana e dell'Africa centrale fu colonizzata dalle popolazioni nordafricane ed arabe già prima dell'arrivo dei "cattivi occidentali", poi con la decolonizzazione ed il "socialismo africano" finì la possibilità di avere "paesi normali", una intellighenzia prese il potere e sfruttó tutti gli altri. Mi ricorda qualcosa...
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