di Daniel Lacalle
Immaginate per un momento di essere un cittadino britannico con diversi dubbi sulla Brexit. Accendete la televisione e ascoltate il Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, affermare quanto segue:
- I 27 paesi dell'Unione dovrebbero adottare l'euro e Schengen entro il 2019.
- "Non siamo difensori ingenui del libero commercio".
- L'Europa ha bisogno di un Sovrintendente Europeo per l'Economia e le Finanze, che sia anche vice-presidente della Commissione e Presidente dell'Eurogruppo.
- Si deve creare un Fondo Monetario Europeo.
Probabilmente, in quel momento, molti dubbi si dissiperebbero. Peccato per coloro che vorrebbero che il Regno Unito rimanesse nell'Unione Europea. Probabilmente pensereste "grazie a Dio ne siamo fuori".
Il discorso di Juncker del 13 settembre non ha cercato di trovare elementi per un accordo con il Regno Unito, ma di rafforzare il modello attuale della zona Euro. È stato presentato come un'opportunità per ricordarci il progetto dietro l'Unione Europea, basato sul dirigismo economico e finanziario dell'interventismo francese. Decisamente lontano dal modello britannico, finlandese, irlandese o olandese basato sulla libertà economica.
Questo è il grosso problema. Il messaggio "più Europa" è sempre orientato verso "più interventismo".
Poche settimane fa abbiamo messo in dubbio il messaggio trionfale della Commissione Europea, il quale affermava che "l'Europa ha lasciato la crisi grazie all'azione decisiva dell'Unione Europea". Dopo il discorso di Juncker, possiamo dire che è scomparsa la minima probabilità che con la Brexit si fosse colta la palla al balzo per migliorare la libertà, la flessibilità e il dinamismo.
Invece di riflettere sulla ragione per cui l'iper-regolamentata Europa c'abbia messo tre volte il tempo degli altri Paesi per uscire dalla crisi, siamo di fronte alla classica risposta del potere burocratico.
Secondo Juncker e altri burocrati a Bruxelles se l'Europa cresce meno, crea meno occupazione ed esce dalla crisi più in ritardo, non è dovuto all'eccessiva burocrazia, ma perché non ce n'è abbastanza.
L'UE corre il rischio di cadere nella glorificazione della pianificazione centralizzata, l'assoluta omogeneità e l'interventismo obsoleto che non ha niente a che vedere con gli Stati Uniti d'America e invece presenta troppe coincidenze con l'Unione Sovietica dipendente sul politburo.
La richiesta di efficienza di Juncker può essere interpretata come un soffio d'aria fresca, ma contrasta con la realtà.
Secondo l'Intelligent Regulation Forum ed i dati ufficiali dell'Unione Europea per il 2015, i Paesi membri sono soggetti a più di 40,000 normative poiché fanno semplicemente parte dell'UE. Complessivamente tra regole, direttive, specifiche settoriali e industriali e la giurisprudenza, si stima che esistano circa 135,000 regole obbligatorie.
Un Fondo Monetario Europeo è chiaramente un sotterfugio per dare libero sfogo al finanziamento incontrollato degli elefanti bianchi statali, a vantaggio del governo centrale e dei settori in cerca di rendite. Di fronte all'evidente fallimento del già dimenticato "piano Juncker", nessuno sembra considerare il fallimento continuo dei piani industriali e di stimolo che hanno portato all'Unione Europea una sovraccapacità di oltre il 20% ed enormi buchi finanziari. Secondo Transparency International, nell'Unione europea tra il 10% e il 20% di tutti gli appalti pubblici si perdono in costi eccessivi e il 5% del bilancio annuale dell'UE non viene contabilizzato.
Nessuno c'ha pensato prima d'ora... un'idea "geniale": un mega fondo monetario che finanzia progetti megalomani senza un vero e proprio ritorno economico e con fondi illimitati pagati con i soldi dei contribuenti e un sovrintendente che si unisce agli altri super-ministri e alle sovrastrutture nazionali e sovranazionali. Una strategia che ha funzionato perfettamente... mai.
Un modello sbagliato
Il problema fondamentale di queste proposte è che spingono avanti un modello sbagliato, che potrebbe essere migliorato imparando da coloro che questo messaggio ostracizza, siano essi i britannici, i finlandesi, gli irlandesi o gli olandesi.
Che nessuno dei consiglieri e degli assistenti di Juncker abbia messo in dubbio la comodità di includere la seguente frase, è davvero interessante: "Non siamo sostenitori ingenui di un libero commercio, proponiamo un nuovo quadro comunitario per il controllo degli investimenti".
Ma no. Non si parla di correggere gli evidenti errori dell'interventismo. Non c'è un serio dibattito sul perché l'Europa non abbia, ad esempio, un Google, un Amazon o una Apple mentre conserva gelosamente un conglomerato di dinosauri. Non si parla di migliorare l'apertura nei confronti del resto del mondo in modo da stimolare l'arrivo di investimenti in Europa. Si parla d'imporre soprattutto un "dirigismo", che funzioni o meno. Si parla di creare un santuario per adorare la burocrazia a tutti i costi, e coprirlo con spese inutili e arroventare la stampante monetaria quando le prove di una stagnazione diventano lampanti dopo minimi rimbalzi.
La cosa peggiore non è che il cittadino britannico pensi "è una buona cosa che siamo fuori". La cosa peggiore è ignorare una parte dell'Unione Europea che non vuole una fotocopia dell'interventismo francese.
Quando Bruxelles mette sullo stesso piano più Europa con più interventismo, l'UE corre il rischio di diventare meno. Molto meno.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
È solo un esperimento folle, anzi, la riproposizione soft e mascherata del più tragico esperimento novecentesco.
RispondiEliminaSta fallendo già. Come l'altro. Speriamo in modo meno cruento.
Ma il destino di tutti i tentativi di forzare la realtà secondo i disegni di pochi è sempre lo stesso. Peccato che nel frattempo si debba assistere all'inevitabile brutta fine di tutti i topi che seguono i pifferai magici.
Per l'Italia il meglio deve ancora venire.
RispondiEliminasi, interventismo mondiale, anzi universale
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