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lunedì 2 ottobre 2017
Non c'è mai stata una vera e propria mania per i tulipani
di Lorraine Boissoneault
Quando i tulipani arrivarono nei Paesi Bassi, tutto il mondo impazzì. Un marinaio che confuse un bulbo di tulipano raro per una cipolla e lo mangiò insieme al suo panino con le aringhe, venne accusato di reato e gettato in prigione. Un bulbo di nome Semper Augustus, noto per i suoi petali bianchi e rossi, venne venduto ad un costo maggiore di un palazzo in un quartiere alla moda di Amsterdam, completo di giardino anche. Man mano che il mercato dei tulipani cresceva, esplose la speculazione, con i commercianti che chiedevano prezzi esorbitanti per quei bulbi che dovevano ancora fiorire. E poi, come accade con tutte le bolle finanziarie, il mercato dei tulipani implose, mandando in rovina tutti i relativi commercianti.
Per decenni, gli economisti hanno indicato la tulipmania del XVII secolo come un avvertimento per i pericoli interni al libero mercato. Scrittori e storici hanno scoperto l'assurdità dell'evento. L'accaduto offre anche il background per il nuovo film Tulip Fever, basato su un romanzo con lo stesso nome di Deborah Moggach.
L'unico problema: nessuna di queste storie è vera.
Cosa accadde veramente e come andò a finire la storia della speculazione sui tulipani in Olanda? Anne Goldgar ha scoperto la verità quando ha scavato negli archivi storici per fare le ricerche del suo libro, Tulipmania: Money, Honor, and Knowledge in the Dutch Golden Age.
"Scherzo sempre sul fatto che il libro dovrebbe intitolarsi, Tulipmania: Roba più noiosa di quello che crediate", dice la Goldgar, professoressa di storia moderna al King's College di Londra. "Le persone sono così interessate all'accaduto perché pensano di poterne trarre delle lezioni. Non credo che sia necessariamente il caso".
Ma prima di prendere come riferimento quello che successe nei Paesi Bassi ed applicarlo alle bolle successive — la bolla South Sea nel 1700 in Inghilterra, la bolla ferroviaria del XIX secolo, la bolla dotcom e il bitcoin — bisogna comprendere la società olandese alla fine del XVII secolo.
Per cominciare, il Paese viveva un importante cambiamento demografico durante la sua guerra per l'indipendenza dalla Spagna, avuta inizio nel 1560 e continuata nel 1600. Fu durante questo periodo che i mercanti arrivarono nelle città portuali come Amsterdam, Haarlem e Delft e stabilirono avamposti commerciali, tra cui la famosa Dutch East India Company. Questa esplosione nel commercio internazionale portò enorme fortuna ai Paesi Bassi, nonostante la guerra. Nella loro nazione da poco indipendente, gli olandesi erano guidati principalmente da oligarchie urbane composte da mercanti ricchi, a differenza di altri Paesi europei dell'epoca controllati dalla nobiltà. Come scrive la Goldgar nel suo libro: "Nuove facce, nuovo denaro e nuove idee contribuirono a rivoluzionare l'economia olandese alla fine del XVI secolo".
Mentre l'economia cambiava, cambiavano anche le interazioni sociali ed i valori culturali. Un crescente interesse per la storia naturale e un fascino per l'esotico tra la classe mercantile significò che i beni dell'Impero ottomano e del lontano est raggiunsero prezzi elevati. L'afflusso di questi beni spinse anche gli uomini di tutte le classi sociali ad acquisire competenze nelle aree in cui la domanda era più forte. Un esempio che la Goldgar ci dà è l'acquirente di pesce Adriaen Coenen, il cui manoscritto Whale Book gli permise di incontrare il presidente dell'Olanda. E quando il botanico olandese Carolus Clusius istituì un giardino botanico all'Università di Leiden nel 1590, il tulipano balzò rapidamente agli onori della cronaca.
Originari delle valli e delle montagne di Tien Shan (al confine dove la Cina e il Tibet incontrano Afghanistan e Russia), i tulipani venivano coltivati a Istanbul già nel 1055. Nel XV secolo il Sultano Mehmed II dell'Impero ottomano aveva molti fiori nei suoi 12 giardini, i quali richiedevano un personale di 920 giardinieri. I tulipani erano tra i fiori più pregiati, diventando infine un simbolo degli Ottomani, scrive il corrispondente di giardinaggio per il The Independent Anna Pavord in The Tulip.
Gli olandesi appresero che i tulipani potevano essere coltivati dai semi che crescevano sui bulbi madre; un bulbo che cresce dal seme impiegherebbe dai 7 ai 12 anni per fiorire, ma un bulbo stesso potrebbe fiorire in un anno. Di particolare interesse per Clusius e altri commercianti di tulipani erano i "bulbi rotti", i cui petali mostravano righe multicolori piuttosto che un singolo colore. L'effetto era imprevedibile, ma la crescente domanda di questi rari tulipani "rotti" portò i naturalisti a studiare i modi per riprodurli. (In realtà era un virus che faceva ammalare i bulbi e ne impediva la riproduzione.) "L'alto prezzo di mercato per i tulipani a cui si riferisce la versione attuale della tulipmania fa riferimento ai prezzi per i bulbi rotti particolarmente belli", scrive l'economista Peter Garber. "Poiché la rottura era imprevedibile, alcuni hanno caratterizzato la tulipmania tra i coltivatori come un gioco d'azzardo, con i coltivatori impegnati a produrre varietà migliori e sempre più bizzarre".
Dopo tutti i soldi che gli speculatori olandesi spesero per i bulbi, si produssero fiori solo per circa una settimana — ma per gli amanti dei tulipani, quella settimana fu gloriosa. "Come oggetti di lusso, i tulipani si inserirono bene in una cultura abbondante di capitali e cosmopolita", scrive la Goldgar. I tulipani necessitavano di competenze, apprezzamento della bellezza e dell'esotico e, naturalmente, abbondanza di denaro.
Ecco dove entra in gioco il mito. Secondo la leggenda popolare, la mania dei tulipani influenzò tutti i livelli della società olandese nel 1630. "La foga tra gli olandesi per possederli era così grande che l'industria ordinaria del Paese venne trascurata e la popolazione, a tutti i livelli, si gettò nel commercio dei tulipani", ha scritto il giornalista scozzese Charles Mackay nel suo Extraordinary Popular Delusions and the Madness of Crowds. Secondo questo punto di vista, tutti, dai mercanti più ricchi agli spazzacamini, iniziarono a commerciare i tulipani, acquistando bulbi a prezzi elevati e vendendoli a prezzi ancora più elevati. Le aziende volevano far parte solo del commercio di tulipani, diventando questa una mania alla fine del 1636. Ma nel febbraio 1637 le cose cambiarono. Sempre più persone non accettavano più di acquistare i tulipani ai prezzi che avevano promesso, ed i commercianti che avevano già pagato rimasero in debito o andarono in bancarotta. Almeno questo è ciò che è sempre stato raccontato.
Infatti "non c'erano molte persone coinvolte e le ripercussioni economiche furono piuttosto minori", dice la Goldgar. "Non sono riuscita a trovare nessuno che fosse andato in bancarotta. Se fosse stata veramente una distruzione totale dell'economia, come suggerisce la leggenda, sarebbe stata una cosa molto più difficile da affrontare".
Questo non significa che tutto su questa storia sia errato; i commercianti si impegnarono in un commercio frenetico di tulipani e pagarono prezzi incredibilmente elevati per alcuni bulbi. E quando un certo numero di acquirenti annunciò di non poter pagare il prezzo elevato in precedenza concordato, il mercato crollò e causò una piccola crisi — ma solo perché vennero indebolite le aspettative sociali.
"In questo caso fu molto difficile affrontare il fatto che quasi tutte le relazioni si basavano sulla fiducia, e le persone pensarono: non mi importa se ho detto che intendevo comprare questa cosa, non lo faccio più e non ho intenzione di pagare. Non c'era alcun meccanismo per forzare le persone a pagare, perché i tribunali non erano disposti a farsi coinvolgere", dice la Goldgar.
Ma il commercio dei tulipani non riguardò tutti i livelli della società e non causò il crollo dell'industria ad Amsterdam e altrove. Come scrive Garber: "Mentre la mancanza di dati preclude una conclusione solida, i risultati dello studio indicano che la speculazione dei bulbi non fu una vera e propria mania".
Quindi, se la tulipmania non fu in realtà una calamità, perché si dice che lo sia stata? Purtroppo abbiamo tra di noi critici morali cristiani. Da una grande ricchezza deriva una grande ansia sociale, o come scrive Simon Schama in The Embarrassment of Riches: An Interpretation of Dutch Culture in the Golden Age: "La prodigiosa qualità del loro successo proveniva sicuramente dalla loro testa, ma li rese anche un po' inquieti." Tutte le storie squallide sulla rovina economica di un innocente marinaio gettato in carcere per aver mangiato un bulbo di tulipano, di spazzacamini entrati in quel mercato nella speranza di diventare ricchi — provengono da opuscoli propagandistici pubblicati dai calvinisti olandesi preoccupati che il boom del consumismo dei tulipani avrebbe portato ad un decadimento della società. La loro insistenza sul fatto che tale ricchezza fosse ingiusta è arrivata fino ai giorni nostri.
"Alcune idee di allora non sono sopravvissute, come l'idea che Dio punisce con la peste le persone che vanno oltre. Questa è una delle cose che la gente diceva nel 1630", dice la Goldgar. "Ma l'idea che si viene puniti se si va oltre? Esiste ancora. È tutto riconducibile a "l'orgoglio prima della caduta".
La Goldgar non si preoccupa di romanzieri e registi che si prendono grosse libertà con il passato. Si arrabbia solo quando gli storici e gli economisti trascurano di fare i loro compiti. Lei stessa non si presenta come una che deve sfatare i miti; dice solo d'essere inciampata nella verità quando s'è seduta a studiare la vecchia documentazione della leggenda popolare. "Non avevo modo di sapere se tutto questo fosse vero prima di iniziare a leggere questi documenti", dice la Goldgar. "Ho scoperto un tesoro inaspettato".
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
Quindi, se uno converte in Bitcoin è uno spazzacamino.
RispondiEliminaÈ uno spiazza-cammino.
EliminaLa tesi del post è interessante e riecheggia la stessa critica che Rothbard rivolse contro molte "lacune" di Smith, il cui calvinismo avrebbe inficiato il suo modo di ragionare con speciale riguardo alla ricchezza degli individui.
R.G.