Bibliografia

venerdì 1 settembre 2017

Pensionamento: scampare alla frode ed affrontare la realtà





di Francesco Simoncelli


L'esperienza è un fattore cruciale che ci permette di modificare situazioni potenzialmente dannose e trasformarle in modo permanente in vantaggi per il nostro tornaconto. Nel corso della mia, seppur breve, carriera di scrittore ho imparato quanto sia importante andare dritti al punto per attrarre l'attenzione del lettore. Qui farò lo stesso. Questo report, analizzando il sistema pensionistico statale, si focalizzerà su due punti fondamentali: la natura truffaldina degli schemi pensionistici e la loro inevitabile bancarotta.

Andremo nel dettaglio di ognuno in modo da fornire al lettore un quadro più chiaro possibile di come la propaganda autoreferenziale dello stato sia stata imbastita per accecare il più a lungo possibile gli individui che gli prestano orecchio (volenti o nolenti).

Il buon economista, come sosteneva anche Frederic Bastiat, cerca sempre di prestare attenzione a quegli episodi che sono celati rispetto a quelli più palesi, scava in fondo a quello che si vede per estrarre quello che non si vede. Era un ottimo esercizio quando, ad esempio, Rothbard guardava le persone che correvano come "api" nella metropolitana di New York. Gli studiosi di prasseologia hanno questo “vezzo” e studiano l’azione umana quando possono e quando intuiscono che la situazione che osservano avrà un certo valore esplicativo e didattico. L’esempio di Rothbard ci aiuta ad assimilare meglio la lezione enunciata in precedenza dal suo mentore, Ludwig von Mises: l’essere umano è un soggetto agente. Nessuno puo’ leggere nella mente altrui quindi, a prima vista, potrebbe sembrare che certe persone che fanno determinate cose non sappiano in realtà cosa stiano facendo. In metropolitana, infatti, le persone sembrano impazzire tutte in una volta. Forse potrebbe trattarsi di un caso di empatia portato agli estremi, ma ognuno di noi sa quello che vuole. Ed agisce conformandosi ai propri desideri per raggiungerlo.

Questa semplice riflessione serve a ricordare al lettore distratto come nessuno puo’ sapere cosa vorrà un’altra persona, quindi non puo’ prendere decisioni per lui. Da qui ne consegue che il mercato (l’insieme di tutte le azioni di ogni singolo individuo) è l’unica entità in grado di allocare correttamente ed efficacemente le scelte dei partecipanti al suo interno. Se ci pensate, è un ottimo escamotage della natura per tenere a bada il lato oscuro degli individui.

Quello che la natura non puo’ impedire è la truffa. Ci vuole talento anche in questo, non è facile manipolare il pensiero altrui al fine di farlo cadere in una spirale distruttiva che lo porterà a cedere con l’inganno parte del suo guadagno a qualcuno che non lo meriterebbe affatto. Poiché gli uomini intuiscono che è impossibile controllare il mercato, quello che invece è possibile, è manipolare il pensiero altrui facendo credere con l’inganno che ci sono alcuni in grado di controllarlo. Insomma, un bluff. E’ lo stesso scenario che abbiamo all’interno dell’attuale sistema bancario centrale: il corso del fiume è estraneo all’influsso dei sassi lanciati nel suo letto dai banchieri centrali, questi ultimi possono solo influenzare temporaneamente il suo corso.

I pianificatori centrali gestiscono molti artifici mentali con cui tentano di imbrigliare il pensiero comune in uno schema più vicino possibile alla prevedibilità. Questo permette loro di prolungare l’illusione e restare al comando il più a lungo possibile. La loro posizione è ambita, ma pochi riescono ad annichilire la loro coscienza a tal punto da arrivare lì in cima. C’è chi direbbe che ricoprire quel ruolo significa perdere progressivamente ogni briciolo di empatia umana e buon senso. Puo’ darsi, ma cio’ non toglie che essere pianificatori centrali non vuol dire altro che essere ladri. E non tutti sono abili ladri.

Sanno che prima o poi finirà. Ma cercano di farlo durare fintanto che sono al comando. Mediante ulteriori artifici? Potete scommetterci! Poi il testimone passerà alla nuove generazione di ladri, e se saranno tanto abili da far perdurare ancora un po’ la truffa buon per loro, altrimenti addio.

La truffa prevede il raggiro di un individuo e la relativa cessione dei suoi asset al truffatore. E' semplice, e per questo è efficace. Perché? Perché la truffa che più è resistita nel tempo si basa proprio su questo schema, conosciuto anche come schema di Ponzi. In realtà questa truffa coinvolge anche tratti psicologici dell'animo umano, i quali hanno un effetto predominante in qualsiasi schema di Ponzi. Questa sorta di catene di San Antonio sono condannate a rompersi sin dall'inizio e lungo la loro scia lasciano solo devastazione e lacrime. Chi riesce ad uscirne prima risulta vincitore, gli altri soffriranno grandi perdite. Che si tratti di Bernie Maddoff o Gianfranco Lande, la storia finisce quasi sempre allo stesso modo: il suo ideatore finisce in prigione. Questa "tradizione" venne inaugurata dallo stesso Charles Ponzi.

Se si fosse limitato a prendere i soldi dal suo bacino di babbei e fosse scappato, sarebbe stato di sicuro vincitore. Oltre all'apparente inspiegabilità della volontà degli ideatori degli schemi di Ponzi di rimanere e credere alle proprie promesse fantasiose, c'è anche l'inspiegabilità di come così tanti boccaloni siano disposti a cedere i propri asset in cambio di ritorni esorbitanti. Su quali premesse? Non si sa. Un po' quello che promise John Law quando invitò i propri investitori e creditori ad investire nella Mississippi Inc. La storia è pingue di esempi simili, grandi e piccoli, e tutti coinvolgono elementi psicologici. Infatti, nonostante ci possa essere qualcuno che voglia informare coloro che sono finiti nella rete di uno schema di Ponzi, egli non riceve altro che porte in faccia; in uno schiocco di dita la realtà diventa apparentemente irrilevante, mentre i sogni sono da difendere a tutti i costi.

Sono ingenui. Non c'è altro modo di definirli. Di chi è la colpa? Loro, ovviamente. Nessuno li costringe, la loro rivalsa giudiziaria rappresenta una speranza di vittoria morale contro la loro ingenuità. Ma questo non risolve il problema: sono degli ingenui pronti a credere alle favole dei truffatori. Ma anche i truffatori credono alle proprie favole perché non scappano prima. Credono di aver trovato la pietra filosofale della ricchezza infinita, credono che stavolta sia diverso. Ecco la formula dell'ingenuità: stavolta è diverso.

Ma gli schemi di Ponzi tradizionali non coinvolgono coercizione, a differenza degli schemi di Ponzi degli stati che invece coinvolgono anche pistole e distintivi. Infatti la maggior parte delle persone pensa che pagando oggi una somma di soldi, riceverà in cambio qualcosa di prezioso una volta che abbandonerà la forza lavoro per vivere di rendita; ovvero, pensa che il sistema previdenziale statale sarà in grado di fornirgli quelle risorse per cui ha duramente lavorato e pagato per tutta la sua vita. Questo non lo credono solo i vecchi, ma anche i giovani che oggi sono nella forza lavoro.

Non vogliono essere dei perdenti, quindi continuano a finanziare il sistema credendo di poterne usufruire quando si ritireranno. Ascoltano i media parlare di "riforme" dei sistemi pensionistici, credono che riusciranno a fregare il sistema andando in pensione prima che esso salti in aria. Sono coscienti che salterà in aria, ma pensano che sia una data lontano nel tempo. Perché? Perché i media mainstream raccontano questa favola: "Il sistema così com'è è insostenibile, ma se si agisce subito c'è speranza di farlo andare avanti ancora per un po'. Abbiate speranza, date fiducia ai pianificatori centrali."

Lo schema prosegue. Ma la domanda che non viene mai posta è questa: a che prezzo? I fondi delle pensioni pubbliche sono fondamentalmente costituiti da una pila di bond statali che fruttano un interesse. Di conseguenza questo meccanismo è totalmente dipendente dal finanziamento statale, ovvero, da come lo stato riesce e finanziarsi. Problema: la maggior parte degli stati mondiali si sta avvicinando rapidamente alla soglia dei rendimenti decrescenti, ovvero, il punto in cui il debito che continua ad accumulare per le sue spese non rende più come prima (es. Se incassa 1 ne spende 3).

Ad esempio, il debito totale dello zio Sam raggiunge attualmente i $16,000 miliardi, ma il vero gap finanziario che affrontano gli USA totalizza i $200,000 miliardi. Questi soldi rappresentano il valore presente di tutte le spese future secondo le stime del professore dell'Università di Boston Laurence Kotlikoff. Il governo dovrebbe trovare suddette risorse ADESSO, investirle ed ottenere come minimo un ritorno del 5% per sostenere questo grande apparato sforna-promesse. Impossibile. Soprattutto al giorno d'oggi con tassi di interesse reali negativi. Eppure si fa finta che sia possibile nascondendo la vera natura ed i costi veri di queste promesse.

Perché di questo si tratta: promesse. Il fondo da cui la Previdenza Sociale, ad esempio, effettua i pagamenti non ha al suo interno denaro. Ci sono solo una pila di bond statali e l'illusione propagandata dai media secondo cui ogni persona ha un conto presso una banca sconosciuta in cui una cassetta di sicurezza al suo interno reca il proprio nome. In questo modo le persone vanno a dormire tranquille.

Ma i problemi rimangono perché il settore pensionistico è una promessa di lungo termine che non può essere cancellata, solo un default palese potrebbe farlo ma verrà spinto il più a lungo possibile lontano nel tempo. Perché? Politicamente inaccettabile. Quindi che si fa? La stessa storia che finora ha caratterizzato questo schema di Ponzi: si calcia il barattolo lungo la strada, cercando in tutti i modi di far aumentare le entrate. Ciò pero' è in antitesi con la salute globale dell'economia: stagnazione ai minimi storici del Baltic Dry Index, disoccupazione rampante, pressione sui tassi d'interesse dei bond statali, aumento della dipendenza dal welfare statale, sofferenze bancarie, incagli bancari, asset non performanti, ecc. Questo a sua volta si riverbera sullo stato di salute dello stato e del fondo generale legato alle pensioni, i quali hanno entrambi i conti in rosso.

Sono due zoppi che camminano reggendosi ad una stampella: il contribuente. Entrambi prendono in prestito coattamente dai contribuenti e si rimpallano i fondi di cui dispongono per mantenere in vita l'illusione di un ripagamento costante nel lungo periodo. Prendono in prestito a breve e spendono a breve, promettendo di ripagare a lungo. Non funziona. Perché? Perché c'è bisogno di nuove leve da far entrare nello schema, le quali al momento latitano. Scrive Oskari Juurikkala:

[...] Gli schemi della previdenza sociale in tutto il mondo sviluppato stanno affrontando una grave crisi dovuta alla maggiore longevità, all'età pensionabile declinante e – evviva! – a quozienti di fecondità al di sotto del livello di ricambio.

Quello che il buon statista non aveva realizzato è come il nuovo sistema avrebbe interessato le motivazioni degli individui per lavorare, risparmiare e per avere bambini. I tassi di partecipazione alla forza lavoro fra gli operai più anziani sono declinati drammaticamente dagli anni 60 in tutto il mondo occidentale. Le regole di indennità della previdenza sociale nella maggior parte dei paesi significano che lavorare, semplicemente, non paga. In questo modo, gli schemi di previdenza sociale prepagata contribuiscono al loro proprio fallimento.

Ma i disincentivi a lavorare non sono l'unico problema con gli schemi di previdenza sociale del governo. Anche il cambiamento demografico è un risultato di quei sistemi, perché la previdenza sociale obbligatoria penalizza la condizione di genitore e la gravidanza. Purtroppo, i bassi quozienti di fecondità non accelerano soltanto l'insolvibilità degli schemi pubblici prepagati, ma la mancanza di prole implica anche il declino di nazioni vecchie di secoli.

Il declino della fertilità nel ventesimo secolo è una triste realtà. I quozienti di fecondità erano superiori a 5 sia Europa che negli Stati Uniti appena cento anni fa, ma entro l'anno 2000, erano scesi fino intorno a 1.5 in Europa e 2.0 negli Stati Uniti. Molte nazioni europee sperimentano quozienti di fecondità molto al di sotto del livello di ricambio: la Spagna, l'Italia e la Grecia si tuffano fino a 1.3. La Germania – dove secondo Adenauer la gente avrebbero sempre avuto bambini – raggiunge la cifra ugualmente tetra di 1.4. Secondo alcune valutazioni l'Italia ridurrà la relativa popolazione della metà durante i prossimi 50 anni.

Aggiungeteci anche le spese mediche al quadro generale previdenziale ed avrete chiaro come questa situazione sia equivalente ad un treno in corsa che si dirige verso un cavalcavia in fiamme. Una volta che lo attraverserà le conseguenze saranno imprevedibili e soprattutto devastanti per coloro che si faranno trovare impreparati.

Comunque esistono già esempi di sistemi alternativi ad un sistema pubblico, basati fondamentalmente sulla solidarietà volontaria e sulla libera scelta del proprio avvenire. Ciò che è importante è che non vengano soffocati dal clientelismo statale che, come per le società di mutuo soccorso, distrugge tutto ciò che gli può fare concorrenza.

La burocratizzazione, il monopolio e l'aumento inevitabile dei costi sono il prezzo da pagare quando si permette di amministrare a dei freddi burocrati, snodi cruciali della nostra esistenza. Peccato che per quanto siano calcolati e "precisi" i trucchi contabili con cui prolungare l'agonia di questi sistemi, la realtà, o per meglio dire il mercato, scopre sempre il vaso sotto cui c'è una pila di vermi. La sua dinamicità lo rende un avversario impossibile da battere per l'immobilismo marmoreo della pianificazione centrale.

Ma per il momento siamo impantanati nel bel mezzo della propaganda statalista che ha lavorato molto tempo affinché venisse creata questa truffa. Esattamente sin dal 1880, sin da quando fu ideato da Otto von Bismarck. La parola d'ordine era la seguente: pianificazione e controllo sociale centrale. Vengono finanziati apparati che tengono sotto controllo, col paravento delle elemosine, per assicurarsi una sottoclasse comodissima per gli scopi di controllo sociale governativo e della classe dirigente. Infatti i programmi previdenziali non vengono pagati dai ricchi, bensì dalla classe media e dalla classe operaia.

L'unico modo che hanno i super ricchi di conservare la loro ricchezza è attraverso l'espansione del potere statale, il quale può ampliare la sua sfera d'azione ed introdurre più norme. Quali sono quelle norme amate dai super ricchi? Barriere all'ingresso, una volta raggiunto l'apice il modo migliore per non farsi scalzare dall'efficienza competitiva del libero mercato è rappresentato da una serie infinita di legacci burocratici destinati a congelare il mercato stesso.

I super ricchi sono spaventati a morte dal laissez-faire, la sua presenza li porterebbe di nuovo a competere sul mercato. E' un'anatema ai loro occhi, perché il libero mercato punisce coloro che non innovano e non soddisfano i desideri dei consumatori. Per questo i super ricchi sono disposti a finanziare una piccola parte del welfare state in modo da tenere sotto controllo (il più a lungo possibile) il resto della popolazione, il cui onere è proporzionalmente maggiore: tassazione regressiva. Per i super ricchi è un buon affare: il potere dello stato si amplia ed il loro portafoglio anche. Infatti, come si vede dal grafico qui sopra, l'1% ha i propri risparmi investiti nel mercato azionario il quale ha beneficiato enormemente dalla politica di quantitative esaing della FED.




Un chiaro svantaggio per le tasche della classe media ed operaia che si vedono spiazzate da rendimenti esigui, se non addirittura nulli. L’ondata di tassi bassi, originata dalla politica monetaria della banca centrale, coinvolge ogni tipo di investimento, in particolar modo quello nel settore delle assicurazioni e delle pensioni integrative. Per via di alcuni obblighi di legge, compagnie assicurative e fondi pensionistici devono infatti investire una parte del portfolio in titoli di stato. La stessa cosa vale anche per le banche ed i loro clienti. La conseguenza è che i margini di guadagno si assottigliano e la propensione al risparmio cala.

La presunta lungimiranza dei pianificatori centrali, intenti a salvaguardare gli interessi di una ristretta cerchia di individui, si infrange contro la loro limitata capacità di influenzare solo il breve termine; effetti secondari ed indesiderati scaturiti dalle loro presunte politiche "salvifiche," smonteranno pezzo per pezzo i loro piani ben congeniati. Pensate ad esempio a Detroit. Per molto tempo questa città ha rappresentato la proverbiale "scritta sul muro". Ma per molto tempo si è fatto finta che non esistesse, che i problemi potessero essere rimandati nel tempo ad libitum; che il governo locale potesse accumulare debiti su debiti per pagare pensioni e programmi sanitari, come se nulla fosse; in sostanza, che esistessero i cosiddetti pasti gratis.

La realtà ci ha dimostrato ancora una volta che non è così, e l'anno scorso la città di Detroit è andata in bancarotta. Tutti coloro che negli anni passati sminuivano la situazione con un semplice ed irrisorio "Nessun problema", oggi dicono la stessa cosa per quanto riguarda tutti gli altri problemi della maggior parte degli altri stati mondiali. Sebbene Detroit può essere considerato come un esempio su scala ridotta, esso può benissimo essere preso come monito per lo stato delle finanze della maggior parte degli stati mondiali. Il risultato finale sarà lo stesso: default. I pensionati che ora rischiano di essere lasciati con un pugno di mosche in mano, gridano allo scandalo. Ma per tutta la loro vita hanno vissuto nell'illusione che il governo mantenesse le sue promesse. Questa illusione è stata cullata sin da quando venne introdotto il sistema della Previdenza Sociale e Roosevelt inculcò nella mentalità dell'elettore medio l'idea dei pagamenti mensili. Il suo stratagemma era tanto diabolico quanto subdolamente geniale: se fosse riuscito a far pagare mensilmente gli elettori, essi si sarebbero assuefatti a questo sistema ed avrebbero richiesto in futuro di essere pagati (comprendendo, di conseguenza, l'importanza di quanto avevano sborsato).

"E' il nostro denaro! Abbiamo una lavorato tutta una vita!" Al grido di queste frasi avrebbero sostenuto il sistema previdenziale e pensionistitico statale. Entrambi avevano l'essenza psicologica e truffaldina di uno schema di Ponzi qualsiasi. Infine i lavoratori si scrolleranno di dosso il fardello di un sistema pensionistico insopportabile. Leggiamo cosa scrive il New York Times:

Negli ultimi anni le pensioni del settore pubblico sono diventate sempre più spesso terreno di scontro, guadagnandosi il disprezzo dei contribuenti che lavorano nel settore privato, in cui sono diventate sempre più rare le pensioni che forniscono un flusso concreto di guadagni durante l'età pensionabile.

Ma questa è solo la punta dell'iceberg, perché una ad una le varie città ed i vari stati dovranno affrontare le conseguenze dello schema di Ponzi delle pensioni. E' l'unico modo in cui si concluderà questo dramma. Non ne esistono altri. Sta già accadendo. L'America Latina ha portato avanti questo giochetto per molti anni, lasciando costantemente i propri obbligazionisti con un pugno di mosche in mano. Beh, ci sarà un motivo se lo schema di Ponzi è la truffa più vecchia della storia dell'umo e quella che ha sempre più successo. Almeno fino a quando non esplode. Durante il suo periodo di splendore ha sempre difensori che vogliono credere all'illusione; poi, quando arriva il giorno della resa dei conti, la realtà li mette davanti ad uno specchio davanti al quale osservano la loro sciocca stupidità.

Accadrà anche negli Stati Uniti. Accadrà anche al suo sistema pensionistico ed al suo sistema previdenziale. La percezione di questa sensazione sta serpeggiando tra la popolazione, e secondo una ricerca recente del Pew Research Center il 53% degli americani afferma che non riuscirà ad aver denaro durante gli anni del pensionamento. Il 66% invece si dice preoccupato di non riuscire ad avere abbastanza denaro durante gli anni del pensionamento. Non solo, ma ogni giorno la generazione dei "baby boomer" si assottiglia sempre di più ed insieme ad essa anche la forza lavoro che dovrebbe mantenere in piedi i loro anni di pensionamento. Le giovani leve, gravate da debiti impagabili legati alla bolla dei prestiti studenteschi, stanno facendo fatica a trovare lavoro a causa di un ambiente di mercato distorto dagli interventi dei pianificatori centrali che impediscono una sana pulizia del mercato da quegli investimenti improduttivi che drenano risorse dal resto delle attività.

In un libero mercato, non esiste qualcosa come la piena occupazione, perché ognuno di noi, per un motivo o per un altro, può scegliere di restare senza lavoro e non darsi la pena di cercarlo. Chi siamo noi per interferire con una scelta simile? Non dovremmo. Questo tipo di disoccupazione volontaria fu definito da Ludwig von Mises disoccupazione catallattica. Il suo opposto, invece, fu chiamato disoccupazione istituzionale. L’emersione di questo tipo di disoccupazione è legata a un intervento positivo (es. attivo) nell’economia.

Infatti, a seguito d’un’espansione artificiale dell’offerta di moneta, si creano attività in bolla che attraggono risorse materiali e umane. Finché l’espansione va avanti, queste bolle continuano a gonfiarsi, e i settori in cui vengono impiegate le suddette risorse scarse sembrano produttivi come qualsiasi altro. Quando l’espansione s’arresta, queste bolle scoppiano, e restano inoccupate quelle risorse ch’esse avevano attratto artificialmente. Affinché la struttura del mercato riallochi tali risorse in accordo con le forze di mercato, c’è bisogno di tempo. Tempo affinché possano sorgere nuove attività in grado d’assorbire le risorse disoccupate. Ma, soprattutto, c’è bisogno che il mercato sia lasciato in pace, affinché esso possa pulire gli errori commessi in precedenza.




Sempre più persone che raggiungeranno l'età del pensionamento vedranno infrante le promesse fatte dal governo. I contributi ceduti non saranno più lì una volta che arriverà l'età pensionistica.

Come riporta anche il sito web online di USATODAY:

E' difficile dire quanti lavoratori anziani siano costretti alla pensione. Ma negli Stati Uniti c'è un numero crescente di lavoratori anziani che non sono andati in pensione e stanno cercando un lavoro. Il numero di disoccupati americani con età superiore o uguale ai 75 anni è salito dalle 11,000 unità nel 1990 alle 75,000 nel 2012, secondo l'AARP.

Ovviamente questo non è solo un problema statunitense, vale per tutti i paesi del mondo. Anche l'Italia, ad esempio. Il nostro presente ci dice che l’INPS è in rosso di €14 miliardi. Ma non è finita qui. Qualche anno fa è stata conclusa la fusione dell’INPS coll’INPDAP e altri enti pensionistici — operazione che non ha fatto altro che portare passività. Sarà questa la causa dello schianto del sistema pensionistico? No, anche perché solo nel 2011 la sola INPS aveva spese per €283 miliardi. (Ed è una cifra destinata ad aumentare.) Ma questo macigno ha dato una sonora botta ai conti — macigno iniziato a rotolare tra gli anni Settanta e Ottanta, e che ora ha raggiunto vette spropositate, se si considerano i pensionati statali e i lavoratori statali.




E il rapporto di questo grafico continuerà a peggiorare nel tempo. Qual è stato l’approccio adottato dal governo per tentare di "risolvere" il problema? Leggiamo:

In materia previdenziale, il governo fa un colpo doppio: da una parte, attraverso una «regolarizzazione contabile», fa sparire il «buco» denunciato dal presidente dell’INPS, a seguito della fusione dell’INPDAP; dall’altra, aumenta i contributi per gli autonomi. Con un emendamento, il governo dichiara che non esiste alcun «buco» dell’INPS — come, invece, aveva segnalato nei giorni scorsi Antonio Mastrapasqua. Il presidente dell’istituto previdenziale aveva lanciato un «allarme» a seguito del peggioramento dei conti del suo istituto conseguente alla fusione coll’INPDAP (l’ente previdenziale dei dipendenti pubblici). In realtà, il governo sostiene che questo «buco» non esiste più. Tant’è che l’emendamento non prevede alcuna forma di copertura. Come dire: il governo ha offerto la reale interpretazione degli effetti della fusione tra i due istituti. E il «buco» è scomparso. Una «regolarizzazione contabile» che vale 25,2 miliardi.

In compenso, aumentano le aliquote previdenziali a carico dei lavoratori autonomi. Nel 2014, sarebbero dovute passare dal 20 al 21%; nel 2015, salire al 22%; nel 2016, al 24%. Con un emendamento, il governo ha deciso di portare dal 20 al 22% quella del prossimo anno; al 23,5% quella del 2015; resterà al 24% quella del 2016.

Fumo negli occhi. Pattume spazzato sotto il tappeto. Siccome queste storie possono spaventare l’opinione pubblica, la classe dirigente corre al riparo, dicendo: "Se agiamo subito, è possibile riformare il sistema e far sì che vada avanti". Forniscono una speranza, lasciano che l’elettore venga trasportato dalle correnti del tempo verso futuri lontani, e lo lasciano in balia di sogni d’agiatezza e tranquillità garantiti solamente da un mucchio di cambiali. Il sistema pensionistico non ha bisogno di riforme: il sistema pensionistico è fallito. Fin dalla nascita. Perché? Perché è uno schema Ponzi. I soldi versati in contributi non sono al sicuro in una cassetta di sicurezza col vostro nome scritto sopra. Sono stati spesi. Sono andati. È cosi che agisce lo Stato: prende in prestito a lungo termine e spende a breve. Ecco perché ha bisogno di continui finanziamenti. Dietro al fondo delle pensioni c’è solo una pila di pagherò del governo — cartastraccia.

Data la sua natura di schema Ponzi, il sistema sta implodendo. Guardiamo il seguente grafico, che mette in relazione i costi delle pensioni rispetto al PIL, il livello di disoccupazione e la percentuale di pensionati rispetto alla popolazione in età lavorativa:




Secondo i dati OCSE del 2011, l’Italia aveva un tasso di disoccupazione pari all’11,1%, e la percentuale di pensionati rispetto alla popolazione in età lavorativa era del 33% (peggio solo il Giappone). Questo significa che l’11,1% dei contribuenti esce dall’equazione, e s’inserisce molto probabilmente in quei programmi assistenziali dello stato che prevedono benefici e vantaggi per i disoccupati. Con una spesa pubblica di circa il 50,4% del PIL, 3,3 milioni di scoraggiati, una disoccupazione giovanile al 41,6% e quella totale al 12,7%, i contribuenti in grado di pagare il sistema stanno finendo. (Senza contare l’oppressione fiscale e burocratica, nonché i dipendenti pubblici, che non creano entrate.) Diminuendo le persone in entrata, quelle in uscita si vedono ridotta la capacità da cui attingere per beneficiare delle pensioni. Di conseguenza, questo sistema (definito "pay as you go") ha bisogno d’un riassesto dei parametri per sopravvivere — ossia d’un cambio di contratto unilaterale che aumenta l’età cui si potrà andare in pensione. Lo Stato infrange la propria promessa parzialmente.

Chi ha vinto? Chi è morto e ha incassato gli assegni. Non conosco esempi italiani, ma ricordo il nome della prima beneficiaria del sistema pensionistico degli Stati Uniti: Ida May Fueller. Questa donna fu la prima a ricevere l’assegno della previdenza sociale (Social Security), il 31 gennaio 1940. Visse altri 35 anni, e in tutto quel tempo incassò gli assegni provenienti dallo stato. Nel 1937 iniziò a versare i contributi, e tre anni dopo raggiunse l’età per andare in pensione. Immise nel sistema 24,75 dollari; ne incassò 22.888,92. È questa l’essenza contabile di qualsiasi schema Ponzi: i guadagni dei primi investitori vengono finanziati coi fondi degli ultimi arrivati. Ma, a differenza d’un classico schema Ponzi, come quello per cui è andato in galera Madoff, quello dello stato ha una particolarità: è un’offerta che non potete rifiutare. Le persone sono coercitivamente costrette a finanziare un sistema palesemente truffaldino, e chi osa opporsi finisce in galera.

Poi, ricordiamolo, c’è l’essenza psicologica degli schemi Ponzi: sono come una droga. La visione che gl’individui hanno della realtà viene completamente distorta, e finché non rientreranno in possesso dei soldi spesi continueranno a credere nella sua fattibilità. È questo che induce le persone a esser fiduciose nel futuro ignorando il presente. Pensano di riuscire a riottenere i propri soldi, in un modo o nell’altro. Pensano di potercela fare. Sono ingenue. Credono nelle favole. Credono che lo stato sia venuto da loro con le migliori intenzioni, promettendo di condurle verso una pentola piena d’oro. Seguono un arcobaleno fasullo per tutta la vita, pensando che infine arriveranno all’agognato premio. Col passare degli anni, quest’arcobaleno s’è fatto sempre più lungo da percorrere, e sta sbiadendo. L’impossibilità statistica su cui sono fondati tutti gli schemi Ponzi rappresenterà un brusco risveglio per coloro che vedranno infrangersi in mille pezzi le promesse fatte dallo stato. E stavolta completamente.

L'Italia, insieme a Polonia e Spagna, rappresenta la biblica "scritta sul muro". Leggiamo da Reuters:

La Polonia trasferirà al proprio stato molti degli asset posseduti dai fondi pensione privati, riducendo il debito pubblico ma mettendo in dubbio il futuro dei conti (molti dei quali posseduti da stranieri) in questi fondi. [...]

L'organizzazione dei fondi pensione polacchi affermano che la manovra è incostituzionale perché il governo sta sequestrando asset privati senza offrire alcuna compensazione.

Annunciando la tanto attesa revisione delle pensioni garantite dallo stato, il Primo Ministro Donald Tusk ha detto che i fondi privati all'interno del sistema garantito dello stato potrebbero veder trasferiti i loro bond al sistema previdenziale statale, ma continuare a possederne l'equity.

Ha affermato anche che quello che è rimasto nei fondi pensione privati dei cittadini sarà gradualmente trasferito nelle casse statali nei 10 anni prima che i risparmiatori raggiungano l'età pensionabile.

I titoli finiti sotto l'egida pubblica verranno successivamente annullati. In sostanza, lo stato polacco cancella una porzione (es. all'incirca l’8%) del proprio debito pubblico, con conseguente riduzione della spesa per interessi, e “promette” ai futuri pensionati che pagherà loro la pensione. Con un tratto di penna, le cifre del debito e del deficit miglioreranno, rimandando nel futuro (e ad immancabili riforme del sistema previdenziale) la resa dei conti. Questo mix di contabilità creativa e repressione finanziaria è stato implementato anche dalla Spagna, nel vano tentativo di rallentare in ogni modo il proprio inevitabile default. Leggiamo sempre da Reuters:

Per la seconda in un mese, la Spagna ha intaccato il proprio fondo di riserva previdenziale per adempiere ai pagamenti delle pensioni, ha riferito il Ministro del Lavoro, mentre i costi della disoccupazione e dei pensionamenti drenano i fondi statali.

Il primo di luglio governo ha preso da questo fondo €3.5 miliardi ($4.6 miliardi), poi lo scorso lugli ha preso un ulteriore miliardo di euro. I pensionati spagnoli ricevono due assegni in estate e durante le feste natalizie.

La Spagna è stata costretta ad intaccare questo fondo l'anno scorso per soddisfare i costi delle pensioni, i quali ammontavano a circa €7 miliardi.

Un tasso record della disoccupazione, che ha superato il 27% nel primo trimestre, ed un numero crescente di pensionati a carico dello stato, rappresentano un fardello non indifferente sulle spalle dei fondi previdenziali spagnoli.

Dopo l'ultimo raid, il fondo possiede un patrimonio di €59.3 miliardi, o il 5.65% del prodotto interno lordo, ha riferito il Ministro.

In questo articolo apprendiamo come la dura realtà vada a smascherare tutte le favole raccontate dai pianificatori centrali che cercano di vendere fumo al proprio elettorato. Disegnano un quadro roseo della situazione per guadagnare tempo. Quello che abbiamo di fronte non è altro che uno stato insolvente che pur di sopravvivere un altro po', è costretto a condurre raid nei fondi pensione per continuare a pagare le pensioni. E ricordiamo che quasi tutto il denaro presente in questi fondi è investito in bond statali (per quanto riguarda la Spagna la percentuale è del 97%, ad esempio); questo significa che non appena salta uno di questi Paesi, seguono a ruota tutti gli altri.

Più in generale, è inutile domandarsi se lo stato andrà in bancarotta o no: è sicuro che accadrà. La vera domanda da porsi è: come accadrà? Chi sopporterà il dolore economico? I pianificatori centrali saranno in grado d’aumentare il tasso d’inflazione a tal punto da eliminarle gradualmente? O dichiareranno ufficialmente bancarotta? Si rifiuteranno di pagare i pensionati o i possessori di bond?


8 commenti:

  1. "... credono che riusciranno a fregare il sistema andando in pensione prima che esso salti in aria."

    Ecco, questo punto è interessante e controverso.

    Innanzitutto credono: l'aritmetica diventa un fastidioso optional, sebbene insegnata nelle gloriose scuole pubbliche non è corretto usarla per descrivere con freddi numeri cos'è realmente il "pubblico".

    Superato agevolmente l'ostacolo dei conti collettivi rimane la sospensione del calcolo individuale.
    Fa infatti poca differenza andare in pensione poco prima che il sistema salti rispetto a non andarci per niente.

    Schizofrenia condita con wishful thinking.

    R.G.

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  2. La "soluzione finale" più efficace la trovera' la singolarità intelligente artificiale prossima ventura. Ed i problemi del genere umano saranno solo in memoria.

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  3. https://medium.com/@donatello1/de-benoist-ribelli-e-ribellione-4cecbfc64d7

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  4. http://www.ereticamente.net/2016/11/lassassino-della-proprieta-privata-e-il-liberismo-mondialista-roberto-pecchioli-parte-i.html

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    1. http://www.ereticamente.net/2016/11/lassassino-della-proprieta-privata-e-il-liberismo-mondialista-roberto-pecchioli-parte-ii.html

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  5. È già tempo di promesse politiche in vista del prossimo giro di presa in giro a colpi di crocette da analfabeti sui fogli. Ciò che non si dice, ovviamente, è come l'ammontare delle passività consolidate spingerà per un inevitabile redde rationem. Le passività consolidate sono l’insieme degli impegni futuri, in valore attuale e a legislazione vigente, presi da uno stato nei confronti dei cittadini in termini di prestazioni pensionistiche al netto dei contributi. Le passività consolidate dell’Italia sono al 57% del PIL, mentre quelle medie dell’Eurozona sono al 266%. Questo significa che quando toccherà ai lavoratori di oggi percepire la pensione, potrebbe essere necessario rivedere al ribasso gli importi dovuti. Finora questo problema non è stato affrontato. Peggio è stato taciuto. La maggior parte delle persone non se ne preoccupa. Pensa che da qualche parte, in una qualche banca, esista un conto corrente col loro nome sopra e ad un certo punto nel tempo quel conto darà loro da vivere durante l'età della pensione.

    Niente di tutto ciò è realtà. Alla base dell'INPS non c'è altro che una pila di IOU statali attraverso i quali si tenta di finanziare queste passività. Problema: queste cifre aumenteranno nel tempo. Legislazione dopo legislazione si calcia il barattolo in avanti. L'illusione venduta ai contribuenti ancora regge. Anche perché, quale politico accaparrerà voti se dovesse ammettere l'ovvio? Ovvero, la necessità di aumentare le tasse e ridurre le spese delle prestazioni pensionistiche per permettere all'attuale sistema di andare avanti? Non è un caso che sia stata introdotta l'APE, un sotterfugio contabile per trasformare i contribuenti da creditori a debitori.

    Coloro che hanno compreso il funzionamento di questa gigantesca truffa sanno come andrà a finire: Grande Default. È sempre stata una truffa. I contribuenti hanno accettato i termini di questa truffa. Le generazioni passate hanno incassato gli assegni e lasciato l'onere del conto sulle generazioni attuali. Queste ultime cercheranno di fare lo stesso con quella successiva. Ma i termini sono cambiati, perché i nodi stanno venendo al pettine e agli elettori non piacerà "scoprire" d'essere stati ingannati. Ne frattempo verranno cambiate le carte in tavola, l'età pensionabile continuerà ad essere innalzata, i programmi assistenziali aumenteranno i loro requisiti per essere usufruiti, ecc. Un default mascherato, fino a quando non sarà più possibile mentire. Quando arriverà quel giorno, sarà meglio essere preparati, a meno di non voler essere lasciati con un pugno di mosche in mano.

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