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venerdì 8 settembre 2017
Capitalismo di libero mercato & capitalismo clientelare
di Richard Ebeling
Nella mente di molte persone in tutto il mondo, il termine "capitalismo" è sinonimo di ingiustizia, sfruttamento, privilegio e potere immeritati, e lucro immorale. Ciò che è spesso difficile da far capire, è che questa concezione mal riposta nel "capitalismo" non ha nulla a che fare con un libero mercato e una libertà economica, e soprattutto non ha nulla a che fare con un capitalismo laissez-faire.
Durante i giorni bui del collettivismo nazista in Europa, l'economista tedesco, Wilhelm Röpke (1899-1966), utilizzò il porto neutrale della Svizzera per scrivere e indire conferenze sui principi morali ed economici della società libera.
"Il collettivismo", metteva in guardia, "è il pericolo fondamentale e morale dell'occidente." Il trionfo del collettivismo significava "una tirannia politica ed economica, un'irreggimentazione e centralizzazione di ogni settore della vita, la distruzione della personalità, il totalitarismo e la meccanizzazione rigida della società umana."
Se il mondo occidentale dovesse essere salvato, disse Röpke, sarebbe necessario un "rinascimento del liberalismo [classico]" che scaturisce "da un desiderio elementare per la libertà e per l'individualità umana."
Qual è il significato del termine capitalismo?
Nel contempo, una tale rinascita sarebbe stata inseparabile dall'instaurazione di un'economia capitalista. Ma che cos'è il capitalismo? "Ogni volta che ci troviamo di fronte ad una difficoltà," diceva Röpke, ecco che "il capitalismo contiene così tante ambiguità da diventare inadatto per una valuta onesta."
Come soluzione, Röpke suggeriva di "fare una netta distinzione tra il principio di un'economia di mercato in quanto tale... e lo sviluppo reale che durante i secoli XIX e XX ha portato alla fondazione storica dell'economia di mercato."
Röpke continuò: "Se il termine 'capitalismo' dev'essere proprio utilizzato, allora dev'essere utilizzato con le dovute riserve e al massimo solo per designare la forma storica dell'economia di mercato... Solo in questo modo siamo al sicuro dal pericolo... di rendere il principio dell'economia di mercato responsabile per cose che sono da attribuire a tutta una combinazione storica... di elementi economici, sociali, legali, morali e culturali... in cui [il capitalismo] è apparso nel XIX secolo."
In tempi più recenti è diventata abitudine usare il termine "capitalismo clientelare", il che implica un "capitalismo" che viene distorto, abusato e manipolato da chi detiene il potere politico per trarre un vantaggio personale e uno per i gruppi con interessi particolari che desiderano ottenere ricchezza, ricavi e "quote di mercato", privilegi che invece avrebbero dovuto acquisire in un mercato aperto, libero e concorrenziale offrendo ai consumatori beni e servizi migliori rispetto ai loro rivali.
Capitalismo corrotto e capitalismo di libero mercato
Il capitalismo corrotto non è, purtroppo, una novità. Anche se nel XIX secolo la filosofia liberale classica della libertà politica e della libertà economica stava crescendo in influenza in Europa e in America, molte delle riforme verso una società più libera sono avvenute all'interno di un insieme d'idee, istituzioni e politiche che indebolirono l'istituzione di una società veramente libera.
Così, lo sviluppo storico del capitalismo moderno è stato "deformato" in alcuni aspetti essenziali fin dall'inizio. A quell'epoca le implicazioni e le esigenze di un'economia di mercato libera, trovavano opposizione e venivano sovvertite dai privilegi feudali residui e dall'ideologia mercantilista.
Anche se nei decenni centrali del XIX secolo molti dei fautori del capitalismo di libero mercato e del liberalismo individualista proclamavano la loro vittoria sul governo oppressivo e invadente, le nuove forze della reazione collettivista nascevano sotto forma di nazionalismo e socialismo.
Tre idee, in particolare, indebolirono i principi dell'economia di libero mercato e, di conseguenza, il capitalismo storico finì per contenere elementi totalmente in contrasto con l'ideale di laissez-faire – un capitalismo competitivo completamente separato dallo stato collettivista e assetato di potere.
“L'interesse nazionale” e le “politiche pubbliche”
Nei secoli XVII e XVIII, la nascita dello stato-nazione moderno in Europa occidentale generò l'idea di un cosiddetto "interesse nazionale" superiore rispetto agli interessi del singolo. Lo scopo delle "politiche pubbliche" era quello di definire ciò che serviva allo stato, e di limitare e dirigere le azioni degli individui lungo quei canali che sarebbero serviti a far progredire questo presunto "interesse nazionale".
Nonostante la scomparsa del concetto di diritto divino dei re e l'ascesa del concetto dei diritti (individuali) degli uomini, e nonostante la confutazione del mercantilismo da parte degli economisti di libero mercato nei secoli XVIII e XIX, i governi democratici hanno continuato a sostenere il concetto di un "interesse nazionale".
Invece di servire gli interessi del re, ora si postulava di servire gli interessi dei "popolo". Nel XX secolo le politiche pubbliche iniziarono ad occuparsi di "piena occupazione", livelli mirati di crescita economica, salari "equi" e profitti "ragionevoli", e investimenti pubblici in quelle attività ritenute appropriate per lo sviluppo economico.
Il capitalismo, dunque, venne considerato compatibile con uno stato interventista. Nel XIX secolo, in America spesso prese la forma di quelli che in seguito vennero definiti "miglioramenti interni" – lo stato finanziava e sovvenzionava "opere pubbliche" per costruire strade, canali e ferrovie, il tutto grazie ai soldi dei contribuenti i quali finivano nelle mani di aziende interessate a soddisfare la volontà dello stato piuttosto che quella dei consumatori.
Inoltre si manifestò attraverso il protezionismo commerciale destinato a favorire artificialmente le "industrie nascenti" con barriere tariffarie molto alte. Determinate aziende correvano dallo stato insistendo che non sarebbero mai potute crescere e prosperare se non fossero state protette dalla concorrenza estera, ovviamente a discapito dei consumatori che poi avrebbero avuto meno possibilità di scelta.
Ancora oggi esistono i progetti concernenti opere pubbliche, oltre ad una manipolazione dei modelli d'investimento attraverso politiche fiscali volte a proteggere le "start-up" considerate auspicabili dal punto di vista ambientale o essenziali dal punto di vista della "sicurezza nazionale". Senza dimenticare la regolamentazione economica pervasiva che controlla ed impone i metodi di produzione, i tipi e i gradi della concorrenza, e le associazioni e le relazioni che sono autorizzate in ambito commerciale a livello nazionale e internazionale.
Nell'uso fuori luogo dell'espressione "capitalismo americano di libero mercato" c'è poco che non sfugga al braccio lungo della stato altamente interventista, e l'applicazione del potere politico ha come risultato conseguenze impreviste che vanno a beneficio di pochi e a spese di molti.
Lo stato interventista nell'evoluzione storica del capitalismo è diventato agli occhi della maggior parte delle persone un presupposto imprescindibile per mantenere l'economia di mercato al servizio del cosiddetto "interesse nazionale".
Il settore bancario centrale: pianificazione monetaria centrale
Sia in Europa sia negli Stati Uniti, l'applicazione e la pratica dei principi di un'economia di libero mercato sono state compromesse dall'esistenza della pianificazione monetaria centrale incarnata nel settore bancario centrale.
Viste dapprima come un dispositivo per garantire un flusso costante di denaro a buon mercato e per finanziare le operazioni dello stato senza che quest'ultimo dovesse rivolgersi direttamente ai sudditi e ai cittadini attraverso l'imposizione fiscale, le banche centrali furono presto considerate come l'istituzione monetaria essenziale per la stabilità economica.
Ma l'economista tedesco, Gustav Stopler, spiegò molti decenni fa nel suo libro, This Age of Fable (1942), che il controllo statale sul denaro indebolisce la nozione stessa di un'economia di libero mercato:
"Pochi fautori del capitalismo di libero si rendono conto di quanto i loro ideali siano stati fatti a pezzi nel momento in cui lo stato ha assunto il controllo del sistema monetario. . . Un capitalismo 'libero' con responsabilità per la moneta e il credito nelle mani dello stato, ha perso la sua innocenza. Da questo punto in poi non è più una questione di principio, ma di aspettative, ovvero, fino a che punto si spigneranno le interferenze dello stato. Il controllo del denaro è il controllo supremo tra tutti i tipi di controllo statale."
Una volta che lo stato controlla l'offerta di moneta, ha la capacità di ridistribuire la ricchezza, creare inflazione e causare depressioni economiche e recessioni; falsificare la struttura dei prezzi e dei salari distorcere i valori e le scelte degli acquirenti e dei venditori; e generare un'errata allocazione del lavoro e del capitale in tutta l'economia, diffondendo quindi squilibri economici.
Quindi, a fronte di un'instabilità del mercato e di distorsioni causate dalla cattiva gestione della massa monetaria e del sistema bancario, le autorità politiche razionalizzano ancora di più l'intervento statale affinché "aggiusti" le conseguenze dei cicli di boom-bust create dalle stesse banche centrali.
La “crudeltà” del capitalismo e lo stato sociale
Le classi privilegiate della società pre-capitalistica odiavano il mercato. L'individuo è stato liberato dalla sottomissione e dall'obbedienza nei confronti della nobiltà, dell'aristocrazia e degli interessi terrieri.
Per questi gruppi privilegiati, un libero mercato significava la perdita di manodopera a basso costo, la scomparsa di un "giusto rispetto" da parte dei loro "sottoposti" e l'incertezza economica scaturita dal mutare delle circostanze di mercato.
Per i socialisti del XIX e XX secolo, il capitalismo era una fonte di sfruttamento e precarietà economica per "la classe operaia" che era considerata dipendente dai presunti capricci della "classe capitalista".
Lo stato sociale è diventato la "soluzione" per la presunta crudeltà del capitalismo, una soluzione che ha creato una vasta burocrazia e ha rimosso dalla società quello che significava la libertà: responsabilità e mutuo soccorso attraverso l'associazione volontaria e la benevolenza umana.
Un sistema "capitalista" con uno stato sociale non è più una società libera. Vengono penalizzati i laboriosi e produttivi attraverso le tasse e altri oneri di ridistribuzione in base alla logica del "vittimismo": altri nella società non ricevono il "giusto".
Vengono indeboliti lo spirito e la realtà della realizzazione individuale, e si diffonde una mentalità di "diritto" su ciò che altri hanno onestamente prodotto. E viene ripristinata la terribile idea che lo stato non dev'essere il protettore dei diritti individuali di ogni cittadino, ma l'arbitro che determina mediante la forza ciò che ognuno merita "giustamente".
La competizione pacifica e armoniosa del libero mercato nella ricerca dell'eccellenza e del miglioramento creativo, viene sostituita dal gioco del saccheggio reciproco poiché gli individui e i gruppi nella società cercano d'afferrare ciò che possiedono gli altri attraverso un sistema ridistributivo statale.
Il capitalismo di libero mercato è stato ostacolato e distorto
Il principio dell'economia di libero mercato non è mai stato raggiunto. Quello che viene chiamato oggi "capitalismo" è un sistema contorto e deforme di relazioni di mercato sempre più limitate, e processi di mercato ostacolati e repressi da controlli statali.
E all'apice del sistema del capitalismo "clientelare" interventista ci sono le ideologie del mercantilismo settecentesco, il socialismo e il nazionalismo del XIX secolo, e lo statalismo sociale paternalistico del ventesimo secolo.
In questo sviluppo deformato del "capitalismo storico", come lo definì Wilhelm Röpke, le istituzioni di un'economia di libero mercato o sono state indebolite o sono state soppresse.
Nel contempo, i principi e il significato reale di un'economia di libero mercato sono diventati sempre più incompresi. Ma sono questi che bisogna riscoprire se si vuole salvare la libertà e scrollarsi di dosso il fardello del "capitalismo storico".
I socialisti e i "progressisti" hanno rubato il concetto di liberalismo come filosofia politica dei diritti individuali e della libertà, del rispetto e protezione della proprietà privata acquisita onestamente, e della produzione e commercio pacifici e volontari. Il concetto di liberalismo è stato usurpato e trasformato nel grande fratello paternalistico che oggi controlla ogni aspetto della nostra vita in nome del "bene sociale".
Ripristinare l'ideale del capitalismo di libero mercato
I socialisti con la parola "capitalismo" intendevano una serie di abusi. Ma significava anche un sistema d'impresa creativa composto da individui liberi e autonomi, ognuno perseguente i propri obiettivi pacifici attraverso il lavoro onesto, il risparmio e gli investimenti. L'uomo "self-made" del capitalismo era un modello ideale per i giovani d'America. Un uomo che era motivato dalla sua visione di sé come responsabile e indipendente, che poteva costruire qualcosa di nuovo, migliore e più efficiente in base al potenziale del ragionamento e delle sue azioni.
La sua ricchezza, se accumulata con successo, era guadagnata in modo onesto nel mercato delle idee e dell'industria, non saccheggiata e rubata con la forza e il potere politico. Nessun individuo viene derubato o sfruttato in un libero mercato, dal momento che tutto il commercio è volontario e nessun uomo potrebbe essere costretto ad operare uno scambio o ad associarsi con qualcuno che non è di suo gradimento.
La libera concorrenza fa sì che ognuno tenda a ricevere e guadagnare un salario che riflette la stima del suo valore produttivo agli occhi degli altri. Ogni individuo è libero di migliorare le sue doti e capacità affinché possa rendere i suoi servizi più preziosi agli occhi degli altri, e quindi guadagnare un salario superiore commisurato alle nuove competenze.
La ricchezza accumulata consente la formazione di investimenti e di capitali per la produzione di beni e servizi nuovi, migliori e più voluti dai consumatori, la maggior parte dei quali è composta da lavoratori salariati impiegata nella produzione e fabbricazione di tali merci sotto la guida di uomini d'affari e imprenditori di successo.
Il capitalismo di libero mercato incorona il consumatore come "re" del mercato, il quale determina se gli imprenditori debbano guadagnare profitti o subire perdite, in base a ciò che decidono d'acquistare e quanto spendere.
È il capitalismo di libero mercato che contribuisce a rendere ogni uomo e donna "capitano" del proprio destino, libero/a di scegliere quale lavoro e occupazione svolgere e libero/a di spendere il reddito guadagnato lungo quello stile di vita che dà senso e scopo alla propria vita.
Nessuna persona deve sopportare umiliazioni, abusi o mancanze di rispetto da parte di un burocrate o un funzionario politico che ha il controllo sulla sua sorte attraverso il potere pianificatore, normativo e ridistributivo dello stato.
Il capitalismo di libero mercato offre opportunità e scelte alle persone come consumatori, lavoratori e produttori, con la libertà di cambiare rotta quando i costi eccedono i vantaggi.
Il capitalismo di libero mercato, o laissez-faire, rende possibile tutto questo perché poggia su un fondamento filosofico profondo: il diritto dell'individuo alla propria vita, di viverla come vuole fintanto che rispetta il pari diritto degli altri a fare lo stesso.
Il capitalismo di libero mercato insiste sul fatto che non vi è "interesse nazionale" più elevato al di sopra degli interessi individuali dei singoli cittadini. Con un capitalismo di libero mercato, lo stato non dovrebbe controllare il denaro e il sistema bancario così come non dovrebbe controllare la produzione e la vendita di scarpe, sapone, o salame.
E il capitalismo di libero mercato richiede che la proprietà guadagnata onestamente debba essere protetta dal saccheggio e dal furto, e ciò include qualsiasi tentativo di giustificare il rubare a Pietro per ridistribuire a Paolo attraverso il potere coercitivo dello stato.
Il buon nome del "capitalismo" dev'essere ripreso e restaurato, così come il buon nome e il concetto di "liberalismo" dev'essere restituito ai sostenitori della libertà individuale e della libera impresa.
Ma questo compito richiede amanti della libertà affinché spieghino e chiariscano agli altri che quello che abbiamo oggi non è "capitalismo", e definirlo per quello che invece è veramente.
La realtà del "capitalismo storico", di cui parlava Wilhelm Röpke, è il "capitalismo clientelare" il quale dev'essere respinto in modo che gli uomini liberi possano un giorno vivere e beneficiare dal capitalismo di libero mercato, unico sistema economico coerente con una società libera.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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