Bibliografia

martedì 8 agosto 2017

Draghi non vede le bolle — Lasciate che ve le mostri io





di Daniel Lacalle


Mario Draghi ha nuovamente perso un'occasione eccezionale per correggere la politica monetaria. Ignorando gli enormi rischi creati dall'inflazione degli asset finanziari, ha affermato che "non ci sono segni di una bolla" e la Banca Centrale Europea (ECB) rimane fortemente concentrata sulla creazione dell'inflazione per decreto, negando gli effetti della tecnologia, della demografia e della sovraccapacità.

"Nessun segno di una bolla"? Ve ne mostrerò alcuni invece.

  • La percentuale del debito "acquistato" dalla BCE dei principali Paesi europei: Germania 17%, Francia 14%, Italia 12% e Spagna 16%. In tutti i casi, nel 2016 e nel 2015, la BCE è stata il più grande acquirente delle emissioni nette di suddetti Paesi.

Ponetevi una domanda: il giorno in cui la BCE smetterà di acquistarle, chi di voi comprerà obbligazioni europee a questi prezzi? Il primo segno di una bolla è l'assenza di domanda nel mercato secondario che compensi l'impatto della BCE. Ciò indica che il prezzo attuale è semplicemente inaccettabile in un mercato aperto, anche se viene confermata la storia della pseudo-ripresa, soprattutto perché i tassi non riflettono nemmeno un rendimento minimo reale, essendo al di sotto dell'inflazione.

  • Le obbligazioni ad alto rendimento dell'Unione Europea sono trattate a bassi rendimenti nonostante il fatto che i profitti e la capacità di rimborso del debito, secondo Moody's e Fitch, non siano migliorati in modo significativo.

  • Le azioni europee più grandi (Eurostoxx 50) sono trattate al 20X PE e all'8.3X EV/EBITDA, nonostante otto anni di guadagni piatti e declassamenti, che solo di recente si sono invertiti.

  • I multipli delle offerte per le infrastrutture sono aumentati di cinque volte in tre anni ad una media stupefacente del 16-19X EBITDA.

  • L'eccesso di liquidità nella zona Euro raggiunge già i €1,200 miliardi. Si è moltiplicata per quasi sette volte dal programma di "stimolo".



Tutto per l'inflazione

C'è un problema con l'enorme quantità di asset acquistati dalla BCE, il cui bilancio supera già il 25% del PIL dell'Unione Europea. Si potrebbe sostenere che all'inizio del programma di riacquisto gli asset rischiosi, in particolare le obbligazioni sovrane, avrebbero potuto essere più economiche a causa del rischio di rottura dell'euro e del sentimento generale negativo. Tuttavia tale affermazione non può essere avanzata oggi, con i rendimenti obbligazionari e il debito a livelli storicamente bassi. La politica monetaria è un incentivo perverso affinché si spenda di più e si aggiungano più debiti.

Naturalmente, ciò che la BCE si aspetta è l'arrivo del mantra dell'inflazione, quel miraggio espresso dal disavanzo e che nessun consumatore vuole.

Ma la ricerca dell'inflazione per decreto incontra la trappola della realtà. La disinflazione positiva generata dai progressi tecnologici si aggiunge al cambiamento logico dei modelli di consumo a causa dell'invecchiamento della popolazione e dell'elefante nella stanza: l'Unione Europea non ha mai avuto un problema di mancanza d'investimenti, ma di spesa in eccesso in decine di industrie e piani infrastrutturali che hanno lasciato alcuni effetti positivi, ma maggiore debito e sovraccapacità.

Ora che i prezzi stanno moderando di nuovo con la diluizione dell'effetto di base, si perde l'opportunità di moderare questo inutile stimolo monetario. Come ho spiegato alla CNBC il 29 maggio scorso, i supposti effetti positivi del programma di stimolo non possono farci ignorare l'accumulo di rischio in obbligazioni sovrane e societarie e l'impatto pericoloso sul settore finanziario.



Draghi, almeno, lancia avvertimenti

Il presidente della BCE non smette di informare i governi circa l'importanza delle riforme per alimentare la crescita, ridurre le tasse e ridurre gli squilibri, ma nessuno pare prestare attenzione. Quando Draghi avverte le banche circa le loro debolezze, esse non ascoltano. Quando ricorda ai governi spendaccioni che la politica monetaria ha una data di scadenza, essi sembrano guardare dall'altra parte. È l'ora della festa.

La politica monetaria è "come la Coca-Cola", ha dichiarato Jens Weidmann, presidente della Bundesbank. Una bevanda stimolante, ma ha troppo zucchero e non ha qualità curative reali.

Il problema di perdere questa opportunità per moderare la politica monetaria è che è estremamente improbabile che si prenderanno le misure necessarie per correggere gli eccessi quando non saranno più oggetto di dibattito ma evidenti a tutti i cittadini. Perché allora la banca centrale avrà paura di una correzione del mercato finanziario, dopo una bolla gonfiata dalle sue politiche.

I governi europei commettono un enorme errore pensando che la prosperità sarà generata dal debito e non dal risparmio. Ma commettono un errore ancora più grande se pensano che perpetuando gli squilibri, impediranno una crisi.

Durante l'ultima conferenza stampa Draghi ha dichiarato che "nessuno sa quando o come arriverà la prossima crisi: l'unica cosa certa è che arriverà".

Ciò che Draghi non ha spiegato è che la creazione artificiale di denaro scoperto, ben al di sopra della crescita economica reale, è sempre la causa di suddette crisi. Ma questo è un altro problema che sarà affrontato dal prossimo presidente della Banca Centrale, il quale offrirà la "nuova" soluzione... Sì, avete indovinato: ridurre i tassi e aumentare la liquidità.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/


2 commenti:

  1. Ciao Francesco,

    Ho la sensazione che siano Draghi e gli altri tecnocrati (e con loro i politicanti asserviti) ad essere in bolla. Sono completamente disconnessi dalla realtà che vedo io e non solo io.
    Finirà molto male.

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    1. Ciao Dna.

      A proposito di disconnessioni dalla realtà:

      1) P/E ratio S&P 500
      2) Real growth in the economy

      Prospettive contrastanti di una fantomatica ripresa economica che esiste solo nelle statistiche rilasciate dalle fabbriche di dati statali. Non c'è niente di concreto e nonostante i media dicano il contrario, le fabbriche stesse di dati sono costrette piano piano ad ammettere la verità. Le sale da gioco di Wall Street sono state inondate di denaro praticamente gratis, col quale la speculazione è diventata rampante. Solo le grandi aziende hanno potuto accedere a suddetto denaro, avviandosi in una spirale distruttiva fatta di riacquisti d'azioni proprie, fusioni & acquisizioni e LBO vari. Ciò che ne è scaturito è stata una pseudo-ripresa in cui tali aziende mostrano flussi di cassa esigui, o peggio negativi, a fronte di una produzione in eccesso che nessuno vuole.

      Si mantengono vivi posti di lavoro? Sì, ma a che prezzo? Al prezzo di consumare risorse economiche scarse che potrebbero essere utilizzate per usi più produttivi. In questo modo vengono sprecate, facendo salire i prezzi di quelle linee industriali che sfornano prodotti più richiesti dalla popolazione. Il cortocircuito nel mondo industriale, costellato da prezzi in discesa e prezzi in ascesa, porterà ad una resa dei conti in cui bisognerà scegliere se permettere all'intero tessuto industriale di zombificarsi oppure di direzionare in modo sano le risorse economiche scarse. Se continuare a fornire risorse a pachidermi inefficienti, oppure permettere un rafforzamento del bacino della ricchezza reale.

      Più tempo si prenderà per permettere questi esiti, tanto peggio sarà il risultato. E questo è tanto vero negli USA quanto in Europa, perché quando l'effetto placebo della politica monetaria scomparirà, i fallimenti di quelle aziende che sono stati tenute in vita in modo artificiale non sarà compensato dal miglioramento di quei settori ad alto valore aggiunto. I pianificatori centrali hanno deciso di penalizzare i settori ad alta produttività attraverso la tassazione e politiche monetarie e fiscali allentate.

      I lavori e le aziende che hanno cercato di proteggere scompariranno, e l'impatto sulla solvibilità delle banche e sull'economia reale sarà imponente.

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