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mercoledì 12 luglio 2017
Banche centrali e creazione di denaro: c'è una qualche connessione?
di Frank Shostak
Secondo la teoria economica tradizionale, il sistema monetario amplifica le iniezioni monetarie iniziali: se la banca centrale inietta $1 miliardo nell'economia e le banche devono tenere il 10% in riserva rispetto ai loro depositi, ciò significherà che la prima banca presterà il 90% di suddetto miliardo. I $900 milioni, a loro volta, finiranno in una seconda banca di cui ne presterà il 90%. Gli $810 milioni finiranno in una terza banca che a sua volta ne presterà il 90%, e così via.
Conseguentemente all'iniezione iniziale di $1 miliardo, ci ritroveremo con $10 miliardi; cioè, l'offerta di denaro si espanderà di un multiplo di 10. Si noti che in questo esempio la banca centrale ha iniziato un pompaggio monetario di $1 miliardo, che a loro volta le banche hanno amplificato a $10 miliardi.
Tutto questo ha senso dato che le banche centrali nel mondo non hanno come target l'offerta di moneta, ma piuttosto il tasso d'interesse overnight (come il federal funds rate negli Stati Uniti e il call rate in Giappone). Inoltre in alcune economie, come in Australia, le banche non sono ancora costrette a detenere riserve rispetto ai loro depositi. Sicuramente il modello del moltiplicatore nei libri di testo d'economia non racconta tutta la storia.
Infatti gli economisti della scuola post-keynesiana hanno espresso dubbi sulla validità del pensiero tradizionale.[1] Nel quadro monetario attuale, dicono, il lavoro della banca centrale è quello di garantire che il livello di liquidità sul mercato monetario sia in sintonia con l'obiettivo legato al tasso d'interesse.
Per esempio, se in un giorno particolare le entrate fiscali dello stato superano gli esborsi, questo porta ad una carenza di denaro. Per evitare una corsa al denaro contante nel mercato monetario ed un successivo aumento del tasso d'interesse overnight, la banca centrale dovrebbe iniettare una quantità appropriata di denaro al fine di mantenere il tasso d'interesse nel range dell'obiettivo impostato. Si noti che la banca centrale qui sta eseguendo un atto di bilanciamento, o almeno così si sostiene.
La scuola di pensiero post-keynesiana sostiene che in contrapposizione al modello comune di moltiplicatore monetario, le banche centrali non perseguono attivamente un pompaggio monetario per influenzare i vari dati economici nell'economia – come abbiamo visto la banca centrale vuole semplicemente mantenere il mercato monetario ben equilibrato.
In realtà, essa sostiene che la storia del moltiplicatore sia una finzione impossibile. Sostiene che il pompaggio di riserve di liquidità da parte della banca centrale al fine di aumentare il ritmo dell'espansione del credito, creerà riserve in eccesso che a loro volta spingeranno il tasso d'interesse overnight a zero quasi istantaneamente.
Secondo questa logica sembrerebbe che la banca centrale non abbia nulla a che fare, almeno direttamente, con un'espansione dell'offerta di moneta. (In realtà, la maggior parte delle banche centrali sarebbe d'accordo con questa posizione). La fonte principale dell'espansione monetaria sarebbero le banche commerciali che, attraverso un'espansione dei prestiti, innescherebbero l'espansione dell'offerta di moneta. Per gli economisti post-keynesiani le passività delle banche commerciali sono considerate come denaro primario utilizzato dagli operatori non bancari. La domanda di prestiti più la disponibilità delle banche a concedere prestiti, determina la quantità di prestiti e quindi i depositi creati. Come è solito con la logica keynesiana, la domanda crea l'offerta.
Così, l'offerta di prestiti non è mai indipendente dalla domanda – le banche forniscono i prestiti solo perché qualcuno è disposto ad accettarli. In conclusione quindi, secondo i post-keynesiani la forza motrice dell'espansione del credito bancario e dell'espansione dell'offerta di moneta è un aumento della domanda di prestiti e il tutto non ha nulla a che fare con la banca centrale.
Il moltiplicatore monetario: mito o realtà?
Se si analizza la cosa in modo superficiale, ha senso concludere che le politiche delle banche centrali siano di natura passiva – la banca centrale mira solo a mantenere il mercato monetario in equilibrio. Un'attenta ricerca, però, rivela che la cosiddetta passività della banca centrale è un termine improprio. In realtà le banche centrali sono molto attive piuttosto che passive.
Infatti, senza l'attività delle banche centrali sarebbe impossibile per le banche commerciali espandere i prestiti ed innescare il processo del moltiplicatore (la creazione di credito “dal nulla”).
Diciamo che per un qualsiasi motivo le banche stanno sperimentando un aumento della domanda di prestiti. Inoltre supponiamo che l'offerta di fondi mutuabili rimanga invariata. Secondo i post-keynesiani le banche faciliteranno questo aumento. I conti dei depositi a vista dei nuovi mutuatari aumenteranno. Ovviamente i nuovi depositi verranno impiegati in diverse operazioni.
Dopo qualche tempo le banche saranno tenute a cancellare i loro assegni ed è qui dove potrebbero verificarsi dei problemi. Alcune banche scopriranno che per incassare gli assegni saranno costrette o a vendere attivi o a prendere in prestito denaro da altre banche (ricordiamo che il bacino dei fondi mutuabili rimane invariato).
Ovviamente tutto questo metterà pressione sui tassi d'interesse del mercato monetario e a sua volta sull'intera struttura dei tassi d'interesse. Tassi d'interesse più elevati, a loro volta, rischiano di spingere i mutuatari marginali fuori dal “gioco”. Inoltre alcune banche andranno in bancarotta poiché non saranno in grado di onorare i loro assegni. In definitiva, questo tenderà a far abbassare il credito bancario, cosa che a sua volta compenserà l'espansione iniziale del credito.
Per impedire che il tasso d'interesse overnight superi l'obiettivo della banca centrale, essa sarà costretta a pompare denaro. Una volta che la banca centrale pompa denaro per raggiungere un obiettivo legato al tasso d'interesse, dà il via libera al processo del moltiplicatore monetario (creazione di credito “dal nulla”).
Questo accomodamento monetario non può essere etichettato come passivo – infatti è molto attivo. Al fine di proteggere il proprio obiettivo sul tasso d'interesse, la banca centrale è costretta a pompare denaro. Così il risultato concettuale, come illustrato dal modello del moltiplicatore, rimane intatto. L'unica differenza è che le banche avviano il processo di prestito, che poi viene accomodato dalla banca centrale.
Ne consegue che il cosiddetto moltiplicatore, o l'espansione del credito “dal nulla”, non può emergere senza il sostegno della banca centrale.
Se il processo del moltiplicatore richiede il sostegno della banca centrale, allora si può dedurre che in un libero mercato senza una banca centrale le probabilità che un tale processo possa emergere non sono molto elevate.
In un libero mercato, se una particolare banca cerca di espandere il credito senza il sostegno di un prestatore vero e proprio – cioè, cerca di perseguire il sentiero della riserva frazionaria – corre il rischio di non essere in grado di onorare i propri assegni, cosa che ne aumenta il rischio di fallimento.
Inoltre bisogna rendersi conto che in un libero mercato dobbiamo aspettarci alte probabilità che una banca venga “scoperta” a perseguire la riserva frazionaria, in quanto vi sono molte banche in concorrenza.
All'aumentare del numero delle banche e al diminuire del numero di clienti per banca, aumenteranno anche le possibilità che i clienti spendano soldi per beni di individui che hanno depositi in banche differenti. Questo a sua volta aumenterà il rischio che una banca che effettua prestiti a riserva frazionaria potrebbe non essere in grado di onorare i propri assegni.
Al contrario, al diminuire del numero di banche in concorrenza – cioè, all'aumentare del numero di clienti per banca – diminuiscono le probabilità di essere “scoperti” a perseguire la riserva frazionaria. Nel caso estremo, se ci fosse una sola banca, essa potrà perseguire il prestito a riserva frazionaria senza alcun timore di essere scoperta.
In un libero mercato, quindi, senza una banca centrale e con un numero ragionevole di banche commerciali, il fatto che le banche debbano incassare i loro assegni è probabile che rappresenti un deterrente sufficiente per la pratica della riserva frazionaria.
Conclusione
Possiamo quindi concludere che è irrilevante per il processo del moltiplicatore se la banca centrale prende come obiettivo la quantità di denaro o il tasso d'interesse. Ciò che conta è che la banca centrale è sempre pronta ad essere accomodante nei confronti dell'espansione del credito dal nulla delle banche commerciali.
Senza il supporto della banca centrale, le probabilità di un effetto moltiplicatore sono prossime allo zero – da qui l'idea che il moltiplicatore monetario non è applicabile in un'economia di libero mercato.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: http://francescosimoncelli.blogspot.it/
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Note
[1] Money and Inflation, L.Randall Wray – Jerome Levy Economics Institute.
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D'altronde, basta leggersi l'organigramma del board di una qualsiasi bc per rendersi subito conto di chi sono i privilegiati legali che ne usufruiscono per il proprio profitto. Ed in un vero libero mercato un qualsiasi privilegio legale non ha ragion d'essere.
RispondiElimina"nel caso estremo, se ci fosse una sola banca, essa potrà perseguire il prestito a riserva frazionaria senza alcun timore di essere scoperta." abbiamo la soluzione :)
RispondiEliminahttp://www.libreidee.org/2017/07/lagenda-occulta-della-post-umanita-da-mitterrand-a-macron/
EliminaIntrigante
si potrebbe pensare che il tizio delira. ma se si legge anche un solo passaggio tra scritti di attali (od un video su youtube), allora si capisce cosa è il delirio
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